Per l'udienza del mercoledì in Sala Nervi non è stato chiesto il Green pass perché si è trattato di una celebrazione liturgica. Basta una preghiera all'inizio e una alla fine per essere esentati dal lasciapassare? Si potrebbe estendere la preghiera anche a ristoranti e cinema, allora. Eppure in nessuna liturgia ci si fa i selfie col Papa. Nel frattempo regole e violenza liturgica sono imposte ai tutti i fedeli come un pesante fardello.
Vocabolario Treccani. Voce “coerente”: “Che non è in contraddizione, […] di persona fedele ai suoi principî o che agisce in modo conforme al proprio pensiero”. Mercoledì scorso erano in migliaia ad assistere alla catechesi di Papa Francesco nell’Aula Paolo VI, però brillava per la sua assenza la signorina Coerenza.
Infatti in Vaticano vige l’obbligo del green pass per partecipare a simili eventi, eppure mercoledì tale certificato non è stato chiesto. Fonti vaticane hanno spiegato che il certificato di sana e robusta costituzione anti-covid non serviva perché quella catechesi era “assimilabile a una celebrazione liturgica". Questo perché la catechesi è stata aperta da una lettura biblica e chiusa da una preghiera. Quindi, per coerenza logica (vogliamo rimanere in tema), se Tizio va al ristorante e prima di mangiare legge un versetto del Vangelo e chiude la cena con una preghiera, magicamente la cena diventa un momento "assimilabile a una celebrazione liturgica". E quindi non servirebbe il green pass per andare al ristorante. Analogamente per palestre, convegni, spettacoli, etc. Potrebbe essere un’idea da proporre al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione: in un batter d’occhio milioni di italiani riscoprirebbero Bibbia e preghiera.
A parte gli scherzi, una catechesi, seppur adornata da letture bibliche e preghiere, rimane un momento di formazione e non certo una celebrazione liturgica. Anche perché al termine della catechesi molte persone si sono fatte dei selfie con il Pontefice, gli hanno portato dei regali e chiesto autografi. Tutte cose che si vedono nelle celebrazioni liturgiche? Forse la definizione di celebrazione liturgica è cambiata dopo l’ingresso della Pachamama in Vaticano e non ce ne siamo accorti.
Mercoledì però, in Sala Nervi, l’immunità non è scattata solo per il green pass, ma anche per il distanziamento e le mascherine. Come in modo assai eloquente testimoniano queste foto presenti sul sito di Tgcom 24, le persone sedute in sala erano distanziate e con mascherine, ma quelle che invece, terminata la catechesi, si sono avvicinate, anche in massa, al Papa spesso non avevano la mascherina e di certo non avevano rispettato il distanziamento. Insomma se si tratta del Papa chiudiamo un occhio, anzi due.
Bell’esempio. Da più di un anno e mezzo quando varchiamo la soglia delle nostre chiese sembra di entrare in una sala operatoria, con regole stringenti, asfissianti e deprimenti: mascherine, guanti, distanziamento, disinfezione delle mani dei sacerdoti, pinze da comunione, sguardi languidi tra i fedeli per comunicare perlopiù inesistenti sentimenti di pace, obbligo di rimanere al proprio posto in piedi per ricevere la santa Eucarestia, via l’acqua dalle acquasantiere, se prendi in mano il foglietto della messa lo porti a casa (se invece tocchi un foglietto con su scritto 5 euro lo puoi lasciare a chi raccoglie le offerte), obbligo di entrata da una certa porta e uscita da un’altra, finestre e portoni aperti anche d’inverno (dicevano i vecchi: “Aria di fessura porta alla sepoltura. Aria di finestra colpo di balestra”), servizio d’ordine (sic) o di sicurezza (sic), come se fossero previste delle rivolte, percorsi guidati, frecce ed indicazioni come in ospedale. E dopo mesi e mesi di tale violenza liturgica, eccoli lì, in quel porto franco chiamato Sala Nervi, tutti sorridenti, smascherati e assembrati vicino al Papa.
Qualcuno una volta disse: “Legano pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito”.
di Tommaso Scandroglio per https_lanuovabq.it