MPSTra le tante "storie" che riempiono i libri di bilancio dei cattivi pagatori del Monte, forse quella di Sorgenia è la più emblematica. Mai come in questo caso, infatti, Siena è accompagnata nella sventura da tutte le banche del sistema creditizio italiano che alla fine hanno dovuto convertire in capitale parte dei circa 2 miliardi di debiti accumulati negli anni dalla Cir della famiglia De Benedetti. Insomma si sono messe a gestire l' impresa per recuperare le sofferenze. Come detto però oggi Sorgenia è un' altra cosa. O meglio è un' altra società. È di proprietà per l' 83% di Nuova Sorgenia Holding SpA (partecipata dalle banche) e per il 17% del Monte dei Paschi di Siena e proprio per spiegare l' assoluta discontinuità con il passato il presidente Chicco Testa ha accettato di parlare con Libero.

Presidente, una domanda preliminare. È d' accordo con la pubblicazione della lista degli insolventi di Mps? Insomma, se si chiedono soldi pubblici (6,6 miliardi per l' aumento di capitale) è giusto sapere a causa di chi ci troviamo in questa situazione.
«In linea di principio sono d' accordo, però mi permetta di evidenziare dei rischi che si corrono».

Prego.
«Mettiamo che la banca decida di pubblicare i primi cento nomi dei debitori insolventi del Monte. Mi chiedo, come sarà possibile distinguere tra l' azienda che aveva tutte le carte in regola per chiedere un finanziamento e poi alla fine non è riuscita a ripagarlo a causa della crisi e chi invece ha ottenuto un fido perché amico dell' amico o per motivi politici? È un distinguo importante. Insomma rischiamo di mettere alla gogna anche "il buon imprenditore" che già ha dovuto subire il peso del fallimento del suo lavoro. E soprattutto rischiamo di accentuare la stretta creditizia».

Certo, magari però con il Monte il rischio che la politica abbia "agevolato" il credito agli amici è un po' più consistente
«Sono d' accordo. Nel caso di Mps c' è l' aggravante di una banca con una forte connotazione politica e territoriale che non ha favorito l' indipendenza ed evidentemente ha autorizzato comportamenti non rigorosi. Ma purtroppo viene il dubbio che ogni banca abbia le sue "relazioni"».

In che senso?
«Nel senso che se si andasse a indagare nel giro delle relazioni degli altri grandi istituti, probabilmente si troverebbero delle situazioni simili a quelle di Mps. Diciamo che è un difetto del cosiddetto capitalismo di relazione. E anche le banche del territorio, quelle tanto difese della Lega, mi sembra che abbiano le stesse storture. Basti guardare a quello che è successo con gli istituti veneti».

Tornando a Sorgenia e a Mps. Le chiedo: a quanti artigiani sarebbe stato convertito il debito in azioni? Insomma, con i De Benedetti c' è stato un comportamento decisamente benevolo.
«Guardi, non voglio entrare in questa polemica. Le evidenzio solo che nel 2000 c' era la corsa di tutte le banche italiane a finanziare Sorgenia perché veniva considerata una società con grandissime prospettive e che alla fine la famiglia De Benedetti e gli altri azionisti ci hanno rimesso il capitale investito. E poi che oggi Sorgenia è tutt' altra cosa».

Cioè?
«La Nuova Sorgenia dal punto di vista della struttura azionaria e del management non c' entra nulla con la vecchia società. C' è un cacciatore di teste che ha scelto tutti i componenti del consiglio di amministrazione tra professionisti competenti e assolutamente indipendenti».

Ma resta il problema del debito.
«Oggi l' azienda è in bonis, le banche hanno convertito 400 milioni e messo altri 200 milioni in un prestito convertendo, insomma resta l' eredità di un debito da 1,2 miliardi che stiamo ripagando».

In che modo?
«Lo scorso anno (il passaggio alla nuova Sorgenia c' è stato a inizio 2015, ndr) abbiamo restituito alle banche, tra capitali e interessi, poco più di 100 milioni e quest' anno abbiamo una cassa superiore ai 300 milioni. Di questi, circa 170 dovrebbero servire (l' ultima parola spetta al cda) a tagliare il debito. Come vede siamo ripartiti e stiamo investendo sia sul mercato business che sul retail... Chiediamo solo di lavorare senza dover continuare a scontare "i peccati" del passato con il quale, mi ripeto, noi oggi noi non c' entriamo più nulla».

Tobia De Stefano per liberoquotidiano.it

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