Anziani con abitazioni di valore e reddito basso. E’ questa una nuova contraddizione che si sta palesando nell’arcipelago della «disuguaglianza italiana»: sono circa 1,3 milioni i nuclei di anziani che dispongono di un reddito inferiore a 20 mila euro l’anno e però possiedono una casa che ne vale almeno 200 mila. Ancora più alta è la percentuale di anziani (21%) che abitano in casa di proprietà e hanno una capacità di risparmio basso o nullo.

 

L’argomento è stato approfondito dal professor Luca Beltrametti che ha preparato un apposito studio («House rich, cash poor») per la Fondazione Cariplo con l’obiettivo di favorire una riflessione sulla ricchezza immobiliare (statica) degli anziani made in Italy e su come possa essere messa in circolo. Sia per sostenere il reddito e le spese sanitarie dei legittimi proprietari sia per favorire figli e nipoti al tempo giusto e non solamente dopo, ovvero sotto forma di eredità a seguito della scomparsa di genitori e progenitori. Lo studio sarà presentato a Milano domani 2 ottobre, il giorno della «festa dei nonni» e potrà interessare il mondo del secondo welfare ma anche la finanza innovativa.

Procediamo per gradi. La necessità di rendere liquida una parte o la totalità della ricchezza rappresentata dalla casa di abitazione oggi, secondo Beltrametti, «è più forte che in passato per una pluralità di ragioni». Le politiche pensionistiche sono meno generose di una volta, la vita media si allunga e aumenta il rischio di trascorrerne una parte in condizioni di non autosufficienza, aumentano il numero degli anziani che non hanno figli e quindi hanno anche basse motivazioni a lasciare un’eredità e, infine, la disoccupazione giovanile spinge molti ragazzi a inventarsi un lavoro con tutto quello che ne consegue in termini di necessità di risorse. Nonostante tutti questi motivi (aggiungiamo anche le tasse) resta però bassa la percentuale di anziani interessati a rendere liquida la loro ricchezza immobiliare e Beltrametti ne parla come di «un puzzle da risolvere». Come?

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dall'articolo di Dario Di Vico per corriere.it

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