Lo scorso autunno la Commissione Ue aveva concesso più tempo a Matteo Renzi, in piena campagna elettorale, rimandando il giudizio definitivo sulla legge di Bilancio. Da allora tutto è cambiato: la fase della diplomazia e della mano morbida è finita. L’Italia deve mettere mano a una manovra aggiuntiva da almeno 3 miliardi, nella migliore delle ipotesi. E deve farlo rapidamente. La Commissione Ue invierà già lunedì 16 gennaio a Roma una lettera in cui chiede al governo di assumere impegni precisi sulla correzione dei conti entro il primo febbraio, data della pubblicazione delle nuove previsioni economiche.
In arrivo una lettera della Commissione che chiede al nuovo governo di prendere entro l'1 febbraio "impegni precisi" sulla correzione dei conti. Occorre trovare almeno 3 miliardi. Fonti del ministero del Tesoro ammettono che sono in corso contatti per "valutare i passi opportuni". Ma si giustificano: "Il debito/pil non cala per fattori fuori dal nostro controllo: deflazione e condizioni di mercato avverse alle privatizzazioni"
Lo scorso autunno la Commissione Ue aveva concesso più tempo a Matteo Renzi, in piena campagna elettorale per il referendum costituzionale, rimandando il giudizio definitivo sulla legge di Bilancio. Da allora tutto è cambiato: alle urne ha stravinto il no, il leader del Pd ha lasciato Palazzo Chigi e al suo posto c’è Paolo Gentiloni. La fase della diplomazia e della mano morbida è finita: come richiesto dall’Eurogruppo già il 5 dicembre a poche ore dalla debacle referendaria, l’Italia deve mettere mano a una manovra aggiuntiva da almeno 3 miliardi, nella migliore delle ipotesi. E deve farlo rapidamente.
La Commissione Ue invierà già lunedì 16 gennaio a Roma una lettera in cui chiede al governo di assumere impegni precisi sulla correzione dei conti entro il primo febbraio, data della pubblicazione delle nuove previsioni economiche. Come anticipato da Repubblica, per rispettare gli accordi sulla riduzione del deficit strutturale Bruxelles chiede all’esecutivo italiano di trovare una cifra pari allo 0,2% del pil, circa 3,4 miliardi. Si tratterebbe comunque di uno sconto rispetto alla correzione necessaria per chiudere il divario tra gli impegni presi lo scorso anno e i saldi che risultano dalla manovra varata da Renzi in ottobre.
“Sono in corso in questi giorni”, hanno fatto sapere fonti del ministero dell’Economia, “contatti con la Commissione per valutare i passi opportuni per evitare l’apertura di una procedura di infrazione a causa dell’elevato livello di debito pubblico e al tempo stesso scongiurare il rischio che interventi restrittivi sul bilancio compromettano la crescita riavviata nell’economia nazionale a partire dal 2014 ma ancora debole”. Il ministro Pier Carlo Padoan ha visto in mattinata Gentiloni per valutare la linea da tenere.
La riduzione del rapporto debito/pil, sempre secondo il Tesoro, non “registra ancora un’adeguata propensione alla contrazione” – al contrario, secondo la Commissione quest’anno salirà al 133,1% – a causa di “due fattori fuori dal controllo del governo”. Il primo è la deflazione, che fa calare il pil nominale e di conseguenza influenza negativamente il rapporto. Il secondo è l’andamento dei mercati finanziari, che impedisce di proseguire con le privatizzazioni. Il governo è disponibile alla “cessione di beni del patrimonio dello Stato a condizioni adeguate”, ma non ha intenzione di “svendere asset nazionali”, è la versione che filtra da via XX Settembre.