Di Maio M5SLa sentenza di ieri non entra nel merito della validità o meno del contratto fatto firmare da Beppe Grillo a Virginia Raggi. E i sorrisi trattenuti dai parlamentari, appena giunta la notizia, raccontano di un sospiro di sollievo collettivo, non solo per le ricadute politiche che sarebbero state disastrose nel caso in cui il ricorso fosse stato accolto, ma anche perché, per ora, lo strumento del contratto, del codice di comportamento, delle penali, delle multe, resta intatto in mano ai 5 Stelle. Anzi, potrebbe essere presto rilanciato anche a livello nazionale, sulla scorta di quello romano e di quello degli europarlamentari.  

L’idea, che si discute ai vertici del M5S, ma che trova l’apprezzamento della gran parte di deputati e senatori, è di allargare il suo utilizzo anche in Parlamento, in vista delle elezioni per la prossima legislatura che si terranno entro un anno. Sarebbe una decisione più radicale delle precedenti, perché l’articolo 67 della Costituzione, che vieta il vincolo di mandato, non parla di amministrazioni locali ma cita solo ed esclusivamente i membri del Parlamento. In realtà questi accordi pre-elettorali anche dentro il M5S sono considerati perlopiù un’arma deterrente, «simbolica» dicono, per inchiodare gli eletti alle proprie responsabilità e additarli come incoerenti e bugiardi se dovessero cambiare gruppo senza dimettersi. Il paragone che molti utilizzano è quello dei video. Lo spiegano, assieme, un deputato e un membro dello staff della comunicazione: «È come se li costringessimo a prendersi un obbligo morale davanti a una telecamera, per poter rinfacciar loro ogni volta quella registrazione. L’effetto del contratto è lo stesso. Ci permetterà di chiedere: se non ti dimetti, allora perché lo hai firmato?». Per i grillini è un altro modo di parlare al proprio pubblico, «e i nostri attivisti - spiegano - vogliono questo tipo di garanzie». 

Nei giorni scorsi, tra i parlamentari e lo staff si ragionava sulle conseguenze di una possibile bocciatura in tribunale. «E’ un patto tra privati - spiegava la deputata Giulia Sarti - Un codice etico, appunto, che potrebbe anche non avere valore coercitivo dal punto di vista legale, se così diranno i giudici, ma in assenza di vincolo di mandato serve a evitare il più alto tasso di trasformismo in Europa». L’auspicio, di Sarti e dei colleghi, è vedere scritto a chiare lettere il vincolo di mandato in Costituzione: «E se andremo al governo lo introdurremmo con una riforma costituzionale». Fino ad allora, o perlomeno fino a un pronunciamento contrario dei giudici, i 5 Stelle continueranno a usare questi escamotage utili, ha ammesso anche Luigi Di Maio, «ad aggirare l’assenza del vincolo mandato». L’ex membro del direttorio ha in mente il Portogallo come esempio da seguire: «Se come laggiù fosse scritto in Costituzione che un politico che cambia partito va a casa, non ci sarebbe bisogno delle nostre regole».

di Ilario Lombardo  per lastampa.it 

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