cambiamenti climatici cropFacciamo finta che guerre, sconvolgimenti geopolitici, crisi finanziarie e l’onnipresente cambiamento climatico scompaiano dagli scenari apocalittici che dominano il dibattito internazionale. Immaginiamo che l’uomo, dopo aver pericolosamente camminato sul baratro, abbia finalmente imparato a governare se stesso e ad avere rispetto della Natura: qual è, allora, il destino ultimo dell’Homo sapiens? Quali sono e saranno i pericoli che lo minacciano e che non sono evitabili? 

 

 

A studiare questi interrogativi è Paolo De Bernardis, autore di «Solo un miliardo di anni? Viaggio al termine dell’Universo» (Il Mulino). Professore di Astrofisica e Cosmologia all’Università La Sapienza di Roma, Accademico delle Scienze e Linceo, affiliato all’Infn, è stato responsabile, tra l’altro, della missione «BOOMERanG», che ha permesso di generare, per la prima volta, una mappatura ad alta risoluzione dell’Universo primigenio. 

«Abbiamo una serie di appuntamenti con la Natura, alcuni sicuramente infausti, ma impossibili da eludere - spiega - Tra migliaia di anni, se esisteremo ancora, dovremo fare i conti non solo con l’età della nostra ormai anziana specie, ma anche con quella del Sistema Solare, la cui evoluzione ci sottoporrà a gravi prove di sopravvivenza, tutte indipendenti da cause antropiche». 

Cominciamo, allora, questo sconvolgente viaggio nel futuro remoto. «Tra un miliardo di anni, in fase di tarda senescenza, la nostra stella aumenterà gradualmente il flusso di energia, tale da rendere impossibile la vita sulla Terra: gli oceani evaporeranno, provocando un fortissimo effetto serra, che aumenterà la temperatura di centinaia di gradi». 

Di questo ineluttabile scenario, oggi, ce ne possiamo fare una ragione, dati i tempi lunghi. Ma appuntamenti più vicini, dettati ancora una volta dall’orologio cosmico, dovrebbero suggerirci, invece, di pensare come farci trovare pronti. Prosegue De Bernardis: «L’orbita terrestre non resterà stabile. A modificarla sarà la somma delle perturbazioni a carico del Pianeta, dovute alle forze gravitazionali esercitate dagli altri corpi del Sistema Solare. È già successo miliardi di anni fa, quando i pianeti più periferici, come Giove e Saturno, sono migrati nell’orbita attuale da altre più esterne». 

Già in questo momento ulteriori pianeti stanno deviando il girotondo della Terra attorno al Sole: «Al momento l’eccentricità dell’orbita terrestre rispetto a un cerchio perfetto si attesta all’1,6%, ma in conseguenza delle perturbazioni varierà, in futuro, tra lo 0% - cerchio perfetto - fino al 5%, con un’ellissi più spinta». L’effetto dell’alternarsi delle stagioni diverrà più marcato e violento. E sarà compatibile con la vita? Può darsi. Ma, senz’altro, uno scostamento del genere - precisa il cosmologo - avrebbe effetti molto maggiori di quelli che stanno verificandosi con i cambiamenti climatici. E spiega: «Proprio in conseguenza di questi fenomeni perturbativi l’uomo ha già vissuto una glaciazione, circa 10 mila anni fa, avvenuta in conseguenza di un abbassamento della temperatura di circa 10 gradi: è, dunque, uno scostamento maggiore rispetto ai 2-3 gradi, in senso opposto, dovuto al cambiamento climatico oggi in atto e di origine antropica». 

Ma come ci dovremmo comportare di fronte a una nuova glaciazione? «Le tribù dei nostri progenitori - ricorda il professore - se la sono cavata scavando caverne e lavorando le pelli per coprirsi, ma al prossimo appuntamento sarebbe diverso». L’umanità non sarà quella di poche decine di migliaia di abitanti di 10 mila anni fa, ma molto più numerosa e avrà bisogno di enormi quantità di risorse. 

Qualunque sia il destino che, prima o poi, renderà inospitale la Terra, De Bernardis mette in chiaro un altro appuntamento da cui l’umanità non potrà esimersi: la colonizzazione di altri pianeti. Abbiamo scoperto molti «gemelli» della Terra, ma troppo lontani. La meta più abbordabile resta, al momento, Marte. «Là dovremo ricorrere alla coltivazione di piante che incorporino anidride carbonica, di cui la debole atmosfera del Pianeta Rosso è satura, e che rilascino ossigeno». Ma - aggiunge - la scommessa sarà capire come modificare l’atmosfera di Marte, senza costringerci al confinamento in claustrofobiche calotte d’aria. 

C’è però un ulteriore problema. Se la gravità di Marte è solo un terzo di quella terrestre, questa non è sufficiente a trattenere l’ossigeno, che, comunque, si disperderebbe. E allora la sfida tecno-scientifica sarà ottenere una miscela di gas capace di «ancorarsi» al Pianeta Rosso. E a quel punto sarà su Marte che. finalmente, prospereremo? In realtà, non per sempre: è bene sapere - conclude De Bernardis - che in un futuro ancora più remoto la nostra Galassia si fonderà con quella di Andromeda, formando un’enorme ellittica. Tutto ciò in attesa della cosiddetta «morte termica» dell’Universo, quando lo spazio intero, espandendosi, si raffredderà e poi si spegnerà inesorabilmente. 

In un gelido e buio nulla. 

Marco Pivato per Tuttoscienze.it  

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