E la prossima volta? Se dovesse prevalere il patriottismo di facciata, la retorica degli eroici soccorritori, la demonizzazione delle critiche, che garanzie ci sarebbero che alla prossima tragedia l'Italia si faccia trovare più preparata? Perché ormai un dato è certo: la tormenta senza fine che ha investito l'Appennino terremotato ha avuto conseguenze disastrose grazie a una impressionante serie di superficialità nei dispositivi che sul territorio dovrebbero fungere da presidi proprio contro violenze naturali di questo tipo.
Se l'albergo Rigopiano si è trasformato in una tomba per chi si trovava al suo interno, è stato per colpa della lentezza dei soccorsi, prodotta sia dalla carenza di mezzi sia dagli errori umani. E colpa della lentezza sono state anche le sofferenze di centinaia e centinaia di persone nei borghi rimasti isolati.
La ricostruzione delle ultime ore di vita dei turisti e del personale del Rigopiano è inequivocabile. Alle tre del pomeriggio di mercoledì tutti gli ospiti dell'albergo erano pronti a lasciare la struttura e a raggiungere una località sicura, perché per le 15 era stato annunciato l'arrivo di uno spazzaneve che avrebbe liberato la strada. L'arrivo del mezzo viene posticipato alle 19, ma a quell'ora dello spazzaneve non c'è neanche l'ombra. Tre ore dopo, la valanga distrugge l'albergo. E anche dopo la valanga, secondo alcune testimonianze, la prefettura di Teramo liquida come «infondate» le segnalazioni della tragedia che arrivano da più parti; e d'altronde anche la sala operativa della questura teramana, denuncia il sindacalista del Sap Gianni Tonelli, è inagibile dall'ultimo terremoto. Anche questo, inevitabilmente, rallenta i soccorsi. Quando i militari riescono a aprirsi un varco fino all'albergo, per la maggior parte degli ospiti non c'è più niente da fare.
L'aspetto più inverosimile è che gli spazzaneve, nella zona investita dalla perturbazione, ci sono. Ma come denuncia il sito Zonalocale, cinque mezzi di proprietà della provincia di Chieti non hanno potuto essere impiegati per il semplice motivo che non c'è nessuno in grado di guidarli: «In tutta la Provincia abbiamo solo 35 cantonieri, di cui alcuni non guidano (non hanno la patente? O hanno un certificato di invalidità? ndr), altri sono capi cantonieri», spiega il vicepresidente della Provincia. La sostanza è che i cinque, preziosi spazzaneve restano fermi al loro posto, in piena emergenza.
Dietro la paralisi dei soccorsi c'è sicuramente il limbo in cui la abolizione delle Province ha precipitato alcune funzioni cruciali: sia quelle legate alla protezione civile, sia la manutenzione delle strade, frantumata tra Comuni e Regioni, e che ha lasciato in stato di abbandono innumerevoli arterie in tutta la penisola; e c'è un altro «buco nero» normativo, emerso drammaticamente nelle ore di ieri: si scopre che tre elicotteri del Corpo forestale di Rieti non sono potuti alzarsi in volo perché dopo lo scioglimento del Corpo, previsto dalla riforma Madia e scattato il 13 settembre, nessuno ha deciso se assegnare i mezzi ai carabinieri (che hanno assorbito la Forestale) o a i Vigili del fuoco. Così nelle ore tragiche di questi giorni, gli elicotteri sono rimasti fermi a terra, nella base dell'aeroporto Ciuffelli, come i 5 spazzaneve di Chieti. Alla fine, deve arrivare l'esercito per cercare di salvare il salvabile. Resta la debacle di un sistema di protezione civile che, nonostante l'arrivo della perturbazione fosse annunciato da giorni, ha aspettato solo mercoledì per annunciare l'arrivo «nelle prossime ore» di dodici frese a turbina per ripulire le strade. Per gli sventurati del «Rigopiano» era troppo tardi.
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per ilgiornale.it