Secondo il dossier ambientalista, gli alimenti fuorilegge (cioè con almeno un residuo chimico che supera i limiti) sono solo una piccola percentuale: l’1,2% nel 2015, era lo 0,7% nel 2014. Molto più alta, però, la contaminazione legale tra verdura, frutta e alimenti trasformati: 36,4% del totale. La presidentessa Rossella Muroni: "Lo studio evidenzia gli effetti di uno storico vuoto normativo, manca una regolamentazione specifica rispetto al problema del simultaneo impiego di più principi attivi sul medesimo ortaggio". Il tè verde fa bene, a meno che non risulti contaminato da un mix di 21 diverse sostanze chimiche. Stesso discorso per le bacche, tanto di moda nelle diete. Peccato che alcuni campioni analizzati in un laboratorio della Lombardia contenessero fino a 20 molecole chimiche differenti. Anche nell’uva da tavola e da vino, tutta di provenienza nazionale, sono stati trovati residui anche di 7, 8 o 9 sostanze contemporaneamente. Sebbene i prodotti fuorilegge (cioè con almeno un residuo chimico che supera i limiti di legge) siano solo una piccola percentuale (l’1,2% nel 2015, era lo 0,7% nel 2014), tra verdura, frutta e prodotti trasformati, la contaminazione da uno o più residui di pesticidi riguarda un terzo dei prodotti analizzati (36,4%).
È quanto emerge nel dossier di Legambiente Stop pesticidi, che raccoglie ed elabora i risultati delle analisi sulla contaminazione da fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e trasformati, realizzati dalle Agenzie per la Protezione Ambientale, Istituti Zooprofilattici Sperimentali e Asl. “Lo studio evidenzia gli effetti di uno storico vuoto normativo” ha dichiarato la presidente di Legambiente Rossella Muroni, secondo cui “manca ancora una regolamentazione specifica rispetto al problema del simultaneo impiego di più principi attivi sul medesimo prodotto”. Da qui la possibilità di definire “regolari”, e quindi di commercializzare senza problemi, prodotti contaminati da più principi chimici contemporaneamente se con concentrazioni entro i limiti di legge. “Senza tenere conto – ha spiegato la presidente – dei possibili effetti sinergici tra le sostanze chimiche presenti nello stesso campione sulla salute delle persone e sull’ambiente”.
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I PRODOTTI CONTAMINATI – Anche quest’anno, la quantità dei residui di pesticidi che Agenzie per la protezione ambientale e Istituti zooprofilattici sperimentali hanno rintracciato resta elevata. Nel 2015 i laboratori pubblici accreditati hanno analizzato 9608 campioni (da agricoltura convenzionale) tra prodotti ortofrutticoli, trasformati e miele a fronte dei 7132 analizzati nel 2014. Salgono leggermente i campioni irregolari (1,2% nel 2015), mentre i prodotti contaminati da uno o più residui contemporaneamente raggiungono il 36,4% del totale, quindi più di un terzo. La percentuale di campioni regolari senza alcun residuo, invece, in leggero rialzo rispetto al 58% del 2014, si attesta al 62,4%. Tra i casi eclatanti, i prodotti di provenienza extra Ue come il tè verde con 21 residui chimici e le bacche con 20, ma anche il cumino con 14 diverse sostanze, le ciliegie con 13, le lattughe e i pomodori con 11 o l’uva con 9 principi attivi. Ancora una volta la frutta è il comparto dove si registrano le percentuali più elevate di multiresiduo e le principali irregolarità.
Uva, fragole, pere e frutta esotica (soprattutto banane) sono i prodotti più spesso contaminati dalla presenza di residui di pesticidi. Circa un terzo dei campioni (30,1%) analizzati dal laboratorio del Lazio, contiene uno o più residui di sostanze attive. Per quanto riguarda l’uva, tutti i campioni analizzati dai laboratori del Friuli Venezia Giulia presentano uno o più residui. In Liguria in un campione regolare sono stati rilevati fino a sette residui, mentre in Puglia si è arrivati anche a 9. Situazione simile anche in Sardegna, dove l’uva da tavola risulta essere sempre contaminata da più residui, in Umbria e Veneto, che registra la presenza di multiresiduo nel 62,5% dei campioni analizzati. In Emilia Romagna risultano contaminate il 46,1% delle insalate e l’81,6% delle fragole.
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dall'articolo di Luisiana Gaita per ilfattoquotidiano.it