axiom tChiunque desideri vedere un mondo alieno da vicino, lo scorso anno ha ricevuto un regalo emozionante. In agosto, alcuni ricercatori hanno segnalato la scoperta di un pianeta potenzialmente abitabile e di dimensioni simili a quelle della Terra, che orbita attorno al nostro più prossimo vicino stellare, Proxima Centauri, distante appena 1,3 parsec, o 4,22 anni luce. Come meta, è una tentazione che si potrebbe definire irresistibile. L'invio di un veicolo spaziale verso quel pianeta, chiamato Proxima b, offrirebbe agli esseri umani la prima opportunità di osservare un mondo al di fuori del sistema solare.


"Chiaramente sarebbe un enorme passo avanti per l'umanità se si potesse raggiungere il sistema stellare più vicino", dice Bruce Betts, direttore scientifico della Planetary Society a Pasadena, in California. I dati inviati da una sonda potrebbero rivelare se il mondo alieno possiede le  condizioni giuste per la vita, e forse anche se la vita c'è.

L'idea di raggiungere Proxima b non è mera fantascienza. In realtà, pochi mesi prima della scoperta del pianeta extrasolare, un gruppo di imprenditori e scienziati ha mosso i primi passi in vista di una missione verso il sistema stellare Alpha Centauri, che è un po' la "casa" di Proxima. Hanno presentato Breakthrough Starshot, un progetto finanziato con 100 milioni di dollari dall'investitore russo Yuri Milner, che dovrebbe accelerare notevolmente la ricerca e lo sviluppo di una sonda spaziale in grado di compiere il viaggio. Con la scoperta di Proxima b, il progetto ha visto un obiettivo ancora più allettante.

Arrivarci non sarà facile. Nonostante il nome, Proxima b, è pur sempre quasi 2000 volte più lontano dalla Terra di qualsiasi oggetto verso cui ci si sia mai messi in viaggio. Per arrivarci nell'arco della vita lavorativa di uno scienziato, una sonda dovrebbe raggiungere circa un quinto della velocità della luce e navigare su una rotta resa insidiosa dagli invisibili detriti presenti nel nostro sistema solare e nello spazio interstellare.


Poi dovrebbe raccogliere dati utili nel corso di un fly-by con il sistema di Proxima a 60.000 chilometri al secondo, e rimandare le informazioni lungo i quattro anni luce che la separano dalla Terra. Il tutto rappresenta a una sfida ingegneristica mostruosa, ma i ricercatori del progetto dicono che è possibile e si stanno muovendo verso questo obiettivo.

Altri gruppi stanno puntando a stelle vicine, ma nessuno ha la forza - o il denaro - di Breakthrough Starshot. Anche astrofisici che non sono coinvolti in Starshot concordano che il progetto ha una  possibilità realistica di realizzare una missione interstellare nei prossimi decenni, in parte grazie agli scienziati che hanno pubblicato molti articoli in cui hanno ragionato sui viaggi interstellari.

"Starshot prende le parti migliori di tutto questo materiale, e lo assembla in qualcosa di nuovo", dice Caleb Scharf, un astrofisico della Columbia University di New York City che non partecipa al progetto. I responsabili della missione prevedono di iniziare a finanziare i progetti per lo sviluppo della tecnologia entro pochi mesi, con l'obiettivo di lanciare una flotta di piccole sonde a propulsione laser nei prossimi 20 anni. Il costo complessivo, sperano i responsabili, dovrebbe aggirarsi sui 10 miliardi di dollari, e l'impresa richiederebbe ulteriori 20 anni per raggiungere Alpha Centauri.

Il lancio
La prima sfida per qualsiasi missione come Breakthrough Starshot è accelerare il veicolo spaziale a velocità interstellari. I razzi convenzionali sono fuori questione perché non possono immagazzinare  sufficiente enrgia chimica per il combustibile, dice l'astrofisico all'Università della California a Santa Barbara Philip Lubin, che fa parte del comitato consultivo per la gestione del progetto. "Con la chimica si arriva a Marte - dice - ma non alle stelle."

astronaut helmet cropped proto custom 28Così, Starshot si sta concentrando sullo sfruttamento della luce. E' noto da oltre un secolo che la luce trasporta quantità di moto e può dare una spinta agli oggetti. I ricercatori della Japan Aerospace Exploration Agency (JAXA) e della Planetary Society lo hanno dimostrato lanciando nello spazio grandi vele spinte dalla luce solare.

Ma la luce del Sole non è abbastanza potente per accelerare una sonda fino ad Alpha Centauri; il viaggio richiederebbe una vela enorme e quasi impossibile da controllare, dice Betts, che ha diretto un team che nel 2015 ha  creato una vela solare di 32 metri quadrati.

Starshot ha valutato più di venti idee per la propulsione al di fuori del sistema solare, ma "praticamente tutte" sembravano fuori portata, dice Pete Worden, direttore esecutivo del progetto.

Alla fine hanno puntato sulla proposta di Lubin, che prevede l'uso di laser. Nel 2015, Lubin ha prodotto un'ipotesi di piano di sviluppo per realizzare un veicolo spaziale per Alpha Centauri in 20 anni. L'idea è di usare una serie di laser collocati sulla Terra per generare un fascio abbastanza potente da spingere una piccola vela leggera.

La squadra di Starshot prevede di sfruttare razzi convenzionali per far arrivare le sue sonde fino all'orbita terrestre. Poi una schiera di laser in continuo da 100 gigawatt dovrebbe "sparare" da Terra verso sulla vela per diversi minuti senza interruzione, abbastanza a lungo da farla accelerare fino a 60.000 chilometri al secondo.

I responsabili di Starshot ammettono di contare su importanti innovazioni nel settore dei laser. Un centinaio di gigawatt sono una potenza un milione di volte superiore a quella dei grandi laser in continuo di oggi, che arrivano alle centinaia di kilowatt.

Un modo per aggirare questo divario sarebbe combinare la luce di centinaia di milioni di raggi laser meno potenti disposti in una matrice di almeno un chilometro di larghezza. Ma i fasci dovrebbero essere messi tutti in fase tra loro in modo che le loro onde luminose si somminino e non si annullino l'un l'altra. Quella laser è una delle tecnologie necessarie alla missione che richiede maggiore sviluppo.

Il veicolo spaziale
La sonda Starshot non somiglierà a nulla di quanto finora lanciato nello spazio. Immaginate una piccola collezione di elettronica, sensori, propulsori, macchine fotografiche e una batteria alloggiati su un chip di un centimetro quadrato circa collocato al centro di una vela circolare, o quadrata, larga circa 4 metri, il tutto per un peso di appena un grammo. Quanto più leggero è il veicolo, tanto più velocemente potrà accelerarlo una data forza.

Per massimizzare la velocità e ridurre al minimo i danni da laser, la vela deve riflettere quasi tutta la luce in arrivo, anche se potrebbe farne filtrare un pochino. Materiali adatti esistono già in forma di strati sottili di isolanti elettrici che possono riflettere fino al 99,999 per cento della luce in entrata, quindi vicino alla soglia necessaria.

Ma i ricercatori avranno bisogno di aumentare la produzione dei materiali esotici, e di abbassarne il costo. E devono anche studiare come risponderanno i materiali alle sorgenti di luce intensa necessarie, che potrebbero produrre effetti ottici imprevedibili.

In fase di accelerazione, la vela dovrà rimanere estremamente piana e rilevare attivamente, compensandole, le imperfezioni del fascio laser, in modo che il veicolo rimanga sulla rotta: anche una leggera deviazione nella fase iniziale potrebbe inviarla su una traiettoria molto diversa.

Un possibile modo per farlo è impostare la filatura della vela in modo che crei una forza centrifuga che la tiene tesa e far sì che le irregolarità del fascio si compensino sulla superficie velica. JAXA ha già dimostrato la possibilità di creare una vela solare stabilizzata, un concetto che "sembra estremamente promettente" per Starshot, dice Worden.

Articolo completo di Gabriel Popkin per Nature. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. 

 

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