Per dirla con un autorevole dirigente della Cgil «è meglio che questa notizia esca adesso, perché se uscisse durante l’eventuale campagna referendaria per l’abolizione del Jobs act faremmo molta fatica a spiegarla alla nostra gente...».

La notizia in questione è questa: lo Spi-Cgil, il potente sindacato dei pensionati, a Bologna e in tutta l’Emilia-Romagna paga i propri lavoratori occasionali (quelli che lavorano meno di tre giorni alla settimana) con i voucher.

Già, con gli odiatissimi voucher, che nelle ultime settimane sembrano diventati l’emblema di tutti i problemi del mondo del lavoro. Una contraddizione pesante per chi sta conducendo una battaglia serrata per chiedere non una sacrosanta regolamentazione di una tipologia contrattuale di cui si è abusato negli ultimi tempi, ma la cancellazione tout court dei buoni lavoro. Ad andare dentro alle cose si scopre però che la contraddizione resta ma non è così drammatica, perché quando si ragiona sul merito delle cose al di là delle opposte battaglie ideologiche le posizioni si avvicinano. Il Corriere di Bologna, venuto a conoscenza che la pratica è diffusa nel sindacato dei pensionati della Cgil, ieri ha contattato il segretario regionale Bruno Pizzica. A caldo la sua risposta è stata questa: «Abbiamo l’indicazione dai livelli nazionali di non usare i voucher, i volontari che lavorano per noi poche ore al giorno al limite li paghiamo con i buoni pasto», spiega Pizzica. I buoni pasto? Poco dopo, però, molto onestamente il segretario regionale richiama e corregge il tiro: «Mi scuso, non mi occupo degli aspetti più organizzativi e non ero bene informato: quella dei ticket è una stupidaggine, è vero invece che utilizziamo anche noi i voucher, anche se continuano a non piacerci. Lo facciamo perché non abbiamo alternative».

Le alternative contrattuali ci sono sempre, ma non è nemmeno questo il punto. Il punto è che tra pochi giorni, l’11 gennaio per la precisione, la Consulta deciderà se ammettere o meno il referendum sull’abolizione del Jobs act e uno dei tre quesiti chiede proprio l’abolizione totale dei voucher.

La storia legislativa dei voucher è molto lunga e parte tredici anni fa, quando nel 2003 vengono introdotti dalla Legge Biagi. La liberalizzazione più forte però la fa il governo Monti appoggiato dal Pd guidato da Pierluigi Bersani, lo stesso che oggi definisce i voucher «mostruosi». Il resto è storia recente, il governo Renzi ha alzato la soglia annua entro i quali possono essere usati, portandola da 5 a 7 mila euro. A spiegare molto bene la situazione è il segretario dello Spi-Cgil di Bologna, Valentino Minarelli: «Ma quali ticket? Noi usiamo i voucher per i nostri volontari che fanno lavori occasionali, stiamo parlando di una cinquantina di persone. Parliamo di persone che guadagneranno 150 euro al mese, che lavorano solo qualche ora per noi».

Non vede una contraddizione rilevante nel fatto che si appoggia un referendum dove si chiede di abolire per sempre una forma contrattuale che il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha addirittura equiparato ai «pizzini» e poi la si utilizza? Minarelli non elude il problema, ma separa le questioni: da una parte c’è la battaglia referendaria e anche lui spera che i voucher siano aboliti e magari sostituiti con altre forme contrattuali. Ma al momento i voucher, nel mondo reale, sono meglio dell’alternativa, che è e resta il nero. «Noi siamo praticamente costretti a utilizzare i voucher — spiega Minarelli — anche perché in questo momento ci consentono di fare un’operazione legale e trasparente. Tutto il resto di cui si può parlare, dal ticket ad altri contributi, ci porterebbe di fronte ad una prestazione economica impropria ». Cioè al nero. Non bisogna dimenticare infine che, a differenza ad esempio del ticket per il pasto, un voucher da dieci euro prevede che 7,5 euro vadano al lavoratore, mentre il resto viene versato all’Inail e all’Inps.

Nei giorni scorsi il segretario della Cgil di Bologna, Maurizio Lunghi ha denunciato «l’abuso» dell’utilizzo dei voucher anche da queste parti. «I dati — ha detto — sono chiari: in Emilia- Romagna sono state attivate più di 18 milioni di ore con i voucher e il 30% solo a Bologna ». A comporre questi numeri, oggettivamente impressionanti, ha però dato un piccolo contributo anche la Camera del lavoro.

da http://corrieredibologna.corriere.it/   

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