Nel tentativo di controllare l’opinione pubblica, il regime fascista si occupa ben presto anche dell’industria cinematografica, soprattutto per la capacità dei film di influenzare i comportamenti di massa. Già nel 1925, ossia tre anni dopo la Marcia su Roma, viene fondato l’Istituto Luce (acronimo di L’Unione Cinematografica Educativa) con il compito di produrre cinegiornali che documentino le opere del regime, le imprese dei gerarchi, le parate in armi, i raduni e ogni altro momento di aggregazione del Partito Fascista, oltre, ovviamente, le performace mussoliniane (Mussolini agricoltore, nuotatore, cavallerizzo ecc). Secondo la frase che viene attribuita allo stesso Mussolini («Il cinema è l’arma più efficace», rielaborata su quella pronunciata da Lenin «Il cinema è l’arte più importante»), la produzione viene ben presto indirizzata su due filoni principali: le opere di propaganda e le opere disimpegnate, le cosiddette commedie dei telefoni bianchi. Terzo filone (minoritario) è quello definito dalla critica delle opere “calligrafiche”. Si tratta principalmente di film desunti da opere letterarie (cfr. la sezione dedicata agli intellettuali e il cinema), formalmente ben curati, impeccabili sul piano formale, ma comunque distanti dalla realtà sociale del paese la cui rappresentazione sarebbe incappata nelle maglie della censura.
Tra autarchia e Cinecittà
L’Italia fascista limita molto anche l’importazione di film stranieri. Vietati quelli russi, per motivi ideologici, limitati principalmente a commediole disimpegnate quelli americani (la Hollywood dei generi) e francesi. Anche questa forma di autarchia contribuisce non poco alla provincializzazione e all’emarginazione della cultura italiana insieme al fatto che gli intellettuali antifascisti sono al confino o costretti all’esilio.
Uno dei pochi momenti in cui i cineasti italiani hanno modo di confrontarsi con film prodotti all’estero è la Mostra del Cinema di Venezia, voluta nel 1932 dal conte Giuseppe Volpi di Misurata, già governatore della Libia, presidente di Confindustria e ministro delle finanze. Per inciso, la Coppa assegnata ancora oggi ai miglior interpreti maschili e femminili dei film in concorso prende il suo nome. Pensata anche in chiave turistica (per allungare la stagione balneare al Lido dopo la fine di agosto), la Mostra permette di vedere pellicole che non sarebbero mai entrate nei circuiti della distribuzione. Un altro piccolo spiraglio aperto tra le strette della censura sono i cinecircoli, molti creati sotto l’egida dei Guf (Gruppi Universitari Fascisti) e i cineclub privati come quello milanese creato da Alberto Lattuada e dai fratelli Luigi e Gianni Comencini che sarà il nucleo della futura Cineteca Italiana. Piccoli, ma importanti veicoli attraverso cui arriva in Italia la cultura europea.
Altro momento importante per il regime è l’apertura, il 28 aprile 1937, degli studi di Cinecittà, a Roma, sulla via Tuscolana. La concentrazione in un unico punto della produzione nazionale, che negli anni precedenti si era sviluppata anche in altre città come Torino, Milano e Napoli, permette un controllo maggiore sulle pellicole. La costruzione degli studi era stata preceduta dalla creazione nel 1934 della Direzione Generale della Cinematografia, affidata al gerarca Luigi Freddi. Sotto questa istituzione finisce anche la Scuola Nazionale di Cinema, fondata nel 1935 che diventerà poi il Centro Sperimentale di Cinematografia (Csc), diretta da Luigi Chiarini con la collaborazione di Alessandro Blasetti e Umberto Barbaro.
La fronda nel nome di Mussolini
Importanti anche le riviste specializzate, tra cui «Cinema», fondata da Ulrico Hoepli nel 1936 e diretta dal 1938 al 1943 da Vittorio Mussolini, figlio secondogenito del duce, grande appassionato della settima arte. Paradossalmente, proprio la sua presenza, peraltro molto discreta, fa sì che la rivista ospiti una certa fronda alle scelte del regime e che in essa si formi una nuova generazione di critici e cineasti (tra gli altri Visconti, Antonioni, Lizzani, Pasinetti, Aristarco) destinati a emergere nel secondo dopoguerra dando vita alla stagione del Neorealismo. Altre riviste si occupano prevalentemente di quello che oggi chiameremmo gossip e al fenomeno del divismo. Tra gli attori e le attrici più amati dell’epoca: Amedeo Nazzari, Gino Cervi, Massimo Girotti, Osvaldo Valenti, Mario Ferrari, Fosco Giachetti, Vittorio De Sica, Enrico Viarisio, Memo Benassi, Assia Noris, Maria Denis, Clara Calamai, Doris Duranti, Luisa Ferida, Alida Valli, Isa Pola, Elsa De Giorgi, Elisa Cegagni. Tranne Valenti e la Ferida, compagni nella vita, fucilati dai partigiani, tutti continueranno le loro carriere anche dopo la caduta del regime, spesso con ancor maggiori fortune.
Filmografia
Per chi desidera approfondire il cinema del ventennio fascista, diamo un elenco dei titoli più significativi in ordine cronologico. Dove esiste, è indicato il link per visionarli su Youtube.
CAMICIA NERA (1932, Giovacchino Forzano)
Ambientato nelle paludi Pontine, prima dell’avvento del fascismo. Storie di povertà ed emigrazione trovano riscatto solo dopo l’instaurazione del regime e la bonifica del territorio. Si segnala per l’uso di attori non professionisti e per l’impiego di materiale di repertorio come il lungo discorso di Mussolini che inaugura la città di Littoria (Latina), posto a conclusione del film.
https://www.youtube.com/watch?v=aaU8nN0GiWI
GLI UOMINI, CHE MASCALZONI… (1932, Mario Camerini)
Commediola leggera, diretta con garbo e con interpreti efficaci (De Sica e Lya Franca). Il refrain della colonna sonora, Parlami d’amore, Mariù, cantata dallo stesso De Sica, diviene popolarissima in tutto il paese.
VECCHIA GUARDIA (1934, Alessandro Blasetti)
Rievocazione ed esaltazione della Marcia su Roma del 1922. Sottolinea con evidente intento apologetico i disservizi, l’instabilità politica e le tensioni sociali dell’Italia prefascista e la conseguente “rinascita” sotto il nuovo regime.
https://www.youtube.com/watch?v=aikonR_Bhi4
CAVALLERIA (1936, Goffredo Alessandrini)
Melodramma strappalacrime che ruota attorno al tema dell’interesse che prevale sull’amore. La storia è ambientata tra l’inizio del ‘900 e la Prima Guerra Mondiale. È il film che impone come star Amedeo Nazzari.
LO SQUADRONE BIANCO (1936, Augusto Genina)
Ambientato nella Libia coloniale, narra le gesta di un reparto di truppe locali contro tribù ribelli. Al comando dei meharisti ci sono ufficiali italiani, uno dei quali si è arruolato per una delusione d’amore. Molte le scene girate in loco, suggestive le riprese nel deserto. In sottofondo il contrasto tra la rude vita nelle colonie e le mollezze dell’alta borghesia rappresentata dalla donna da cui fugge l’ufficiale deluso.
https://www.youtube.com/watch?v=LH6cii2uixA
SCIPIONE L’AFRICANO (1937, Carmine Gallone)
Altro film “coloniale” che rilegge la storia in chiave d’attualità. Nel riprendere il filone antico-romano degli anni ’10 (vedi Cabiria), gli autori si prefiggono di esaltare le guerre del regime. Ne esce un’opera lunga, verbosa, debole nell’interpretazione che il pubblico non premia al botteghino.
LUCIANO SERRA PILOTA (1938, Goffredo Alessandrini)
Sceneggiato, tra gli altri, da Roberto Rossellini e Vittorio Mussolini, interpretato da Amedeo Nazzari, sempre più popolare. Narra le vicende sentimentali e sportive di un pilota italiano emigrato in Sudamerica e della sua impresa: il volo transatlantico tra Rio de Janeiro e Roma.
https://www.youtube.com/watch?v=W2d4wgoSFUE&index=10&list=PLzucmaZeOkpLmmyBJ4boIRFkIFUyxA3jY
ETTORE FIERAMOSCA (1938, Alessandro Blasetti)
Rivisitazione in chiave nazionalista e fascista dell’episodio cinquecentesco avvenuto durante la guerra tra Francia e Spagna per il dominio del Regno di Napoli. La star è un giovane e aitante Gino Cervi nei panni del Fieramosca.
https://www.youtube.com/watch?v=OEb3owZ6gbo
I GRANDI MAGAZZINI (1939, Mario Camerini)
Vittorio De Sica e Assia Noris erano i “fidanzati d’Italia” per le doti di spontaneità, glamour e ironia che trasmettevano attraverso i loro personaggi. Perfette incarnazioni di piccoli borghesi in cerca di promozione sociale.
ABUNA MESSIAS (1939, Goffredo Alessandrini)
Ambientato nell’Etiopia del 1879, si basa sulla figura del cardinal Massaia e la sua opera missionaria presso la popolazione dei Galla. A tre anni dall’invasione fascista dell’Etiopia, il regime tenta in qualche modo di giustificare in chiave storica l’intervento nel Corno d’Africa. Anche i ruoli dei personaggi locali sono affidate ad attori italiani, opportunamente truccati. Interessanti le parti “documentaristiche” sulle popolazioni locali.
L’ASSEDIO DELL’ALCAZAR (1940, Augusto Genina)
Guerra di Spagna. Le milizie franchiste resistono eroicamente nell’Alcazar di Toledo all’assedio delle truppe repubblicane. Fino alla vittoria finale. Toni esasperatamente faziosi nel rappresentare il cinismo e la brutalità dei repubblicani contrapposti al valore e all’abnegazione dei franchisti.
https://www.youtube.com/watch?v=UQv3nvVjFO0
LA CORONA DI FERRO (1941, Alessandro Blasetti)
Ambientato in un medioevo di fantasia, con tutti i luoghi comuni dei film in cappa e spada: tradimenti, congiure, amori, separazioni, tirannia, rivolte e una buona dose di kitsch.
https://www.youtube.com/watch?v=k_k5e0OGblc
PICCOLO MONDO ANTICO (1941, Mario Soldati)
Esemplare del genere “calligrafico”. Con l’Italia ormai entrata in guerra, la scelta di un produttore esordiente destinato a grandi fortune (Carlo Ponti) cade su un soggetto d’epoca con tutti gli ingredienti necessari per richiamare un pubblico in cerca di evasione.
https://www.youtube.com/watch?v=QBrQ_pFZKg0
GIARABUB (1942, Goffredo Alessandrini)
Drammatizzazione cinematografica della battaglia svoltasi nella località libica del titolo in cui emerge l’abnegazione e l’eroismo delle truppe italiane. Emblatico filmn di propaganda.
https://www.youtube.com/watch?v=5ZxlQCguabY
LA CENA DELLE BEFFE (1942, Alessandro Blasetti)
Dall’omonima commedia di Sem Benelli, ambientata nella Firenze del Magnifico. Parata di star del regime (Nazzari, Valenti, Calamai, Ferida, Benassi…) è un classico prodotto d’evasione nel momento in cui le vicende belliche cominciano a mettersi al peggio.
https://www.youtube.com/watch?v=jzZMYrWMPLw
QUATTRO PASSI FRA LE NUVOLE (1942, Alessandro Blasetti)
Considerato tra i film anticipatori del Neorealismo, ha tra gli sceneggiatori Cesare Zavattini. Storia piccolo borghese, rappresenta il lato più genuino della poliedrica attività di Blasetti, regista convintamente di regime.
T’AMERO’ SEMPRE (1943, Mario Camerini)
Melodramma con tutti gli ingredienti del genere: amori illeciti, figli della colpa, sperequazioni sociali che impediscono la felicità e buoni sentimenti che alla fine prevalgono sulle avversità della vita. Nel solco delle precedenti opere del regista.
https://www.youtube.com/watch?v=ldrLD2D9rI8
GENTE DELL’ARIA (Esodo L. Pratelli, 1943)
Il dissidio caratteriale e amoroso tra due fratellastri, si compone attraverso le vicende della guerra. Alla vigilia dell’armistizio e della caduta del regime, il colpo di coda della propaganda bellcista.
https://www.youtube.com/watch?v=dMkGWomtQ4o
I BAMBINI CI GUARDANO (1943, Vittorio De Sica)
Altro titolo annoverato tra gli anticipatori del Neorealismo. In realtà un classico melodramma che oggi appare piuttosto datato. Importante perché da qui inizia la collaborazione tra De Sica e Zavattini che figura tra i numerosi sceneggiatori.
https://www.youtube.com/watch?v=D2U6hqGZPso
da grey-panthers.it