UberA Trafalgar Square il fiero Nelson intirizzito sulla colonna sarebbe ormai più utile come pizzardone. Sotto di lui è ingorgo continuo. «Impacchettati come lemming dentro scintillanti scatole di metallo», come cantavano i Police, esseri umani esasperati al volante si incuneano con rabbia in ogni minimo varco per tornare a incolonnarsi subito dopo e maledire il traffico. Un minuto in movimento, tre minuti fermi. «Non è mai stato così folle» ammette l’autista Uber che mi lascerà a destinazione dopo quaranta minuti per un viaggio che doveva prenderne quindici. È vittima – meno corse, meno soldi – ma anche carnefice, dal momento che i taxi privati come quello che guida sono aumentati del 64 per cento negli ultimi tre anni (oltre 81 mila, di cui 30 mila Uber, contro i 22 mila classici, e numericamente immutati, black cab). Aggiungete poi la moltiplicazione dei furgoncini per le consegne, indotto dell’e-commerce, e una quantità sbalorditiva di lavori stradali. Il risultato è una metropoli involontariamente a passo d’uomo.

«Quando anche qui, come a Pittsburgh, le nostre auto si guideranno da sole, ci sarà almeno il vantaggio di non farsi sangue marcio per questi abominevoli rallentamenti» chiosa amaro Adel, citando la sperimentazione partita a settembre in America che rischia di rottamarlo nel futuro prossimo. L’unica notizia che lo conforta è la recente decisione di un tribunale che ha stabilito che quelli come lui, nonostante ciò che sostiene Uber, non sono independent contractors ma workers, parasubordinati anziché autonomi. Sentenza «storica», «pietra miliare» ha commentato il Guardian. Una prima mondiale. «Significa che, se facessi causa anch’io» si accende il guidatore «dovrebbero riconoscermi il salario minimo e la maggiorazione per il festivo!».

dall'articolo dell' per repubblica.it 

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna