Alla fine, quando sembrava che le cose stessero per chiudersi nel peggiore dei modi con l'addio al progetto e il "ci vediamo in tribunale", l’accordo è saltato fuori: lo Stadio della Roma si fa. Si fa a Tor di Valle. Ma senza le torri di Libeskind, sacrificate, insieme praticamente a quasi tutte le opere pubbliche, sull’altare ............... Poco dopo le 22.30, la Raggi e il direttore generale della Roma, Mauro Baldissoni, scendono le scale del Campidoglio: "Tre torri eliminate - scrive la sindaca su Facebook - cubature dimezzate, addirittura il 60% in meno per la parte relativa al Business Park; abbiamo elevato gli standard di costruzione a classe A4, la più alta al mondo; mettiamo in sicurezza il quartiere di Decima che non sarà più soggetto ad allagamenti; realizzeremo una stazione nuova per la ferrovia Roma-Lido. Abbiamo rivoluzionato il progetto dello stadio della Roma e lo abbiamo trasformato in una opportunità per Roma. Abbiamo sempre detto di essere favorevoli alla realizzazione dello stadio ma nel rispetto della legge e per il bene della nostra città. Ci siamo riusciti. ...........
Abbiamo evitato il progetto monstre ereditato dalla precedente amministrazione. A Tor di Valle nascerà uno stadio ma moderno, ecocompatibile, all'avanguardia dal punto di vista delle tecnologie ma soprattutto sarà un'opera che rispetterà molto di più l'ambiente e il territorio. E abbiamo previsto una convenzione con i costruttori: avranno priorità le opere di urbanizzazione utili alla città e ai romani, come la messa in sicurezza dell'area di Decima o il potenziamento della ferrovia Roma-Lido grazie a cui si accorceranno i tempi per andare e venire dal litorale di Ostia".
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Insomma, tutti contenti. Anche Beppe Grillo che ritwitta il post della Raggi anche se fino a ieri ironizzava sui salvagente da vendere con i biglietti ma, tanto, il rischio idrogeologico, tanto agitato da svariati esponenti 5Stelle, è subito sparito dagli schermi delle polemiche mediatiche. Con buona pace di chi, come la deputata Roberta Lombardi e dell'architetto Francesco Sanvitto, capo del tavolo dell'Urbanistica, schierati per il no e basta, alla fine un accordo arriva. Insieme alle torri di Libeskind, la cui scomparsa placherà le ire iconoclaste di Vittorio Sgarbi e di Italia Nostra, si tagliano praticamente tutte le opere pubbliche che davano origine a cubature a compensazione ma anche oggetto del pubblico interesse: rimangono in vita solo i progetti su via Ostiense-via del Mare, sulla nuova stazione di Tor di Valle e sulla messa in sicurezza del Fosso del Vallerano, quest’ultima obbligatoria e prioritaria se si vuole ottenere l’assenso al progetto dell’Autorità di Bacino del Tevere.
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fall'articolo di Fernando Magliaro per iltempo.it
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