Migranti 2016"Bisogna andare alle radici dell’emigrazione e delle cause che la alimentano. Tendere la mano in Africa, ma anche avere il coraggio di battere i pugni sul tavolo a Bruxelles per denunciare la politica estera di Paesi amici. Una politica che produce miseria e consegna folle di clienti ai trafficanti.  L'Italia? È un paradiso ad appena quattro settimane dal Gambia, tre settimane dal Mali, due dalla Nigeria. E costa poco arrivarci: l’equivalente di trecento euro, non di più. Oggi non è come prima che le barche affondavano. Adesso non ci sono più pericoli perché la guardia costiera ti prende in mare e ti porta in salvo. Poi per due anni ti aiuta lo Stato italiano, giusto il tempo di ricevere il permesso di soggiorno e trovare un buon lavoro. Oppure te ne vai a Parigi, Berlino, Londra. Una volta che sei in Europa non ci sono più confini". Ecco la nostra fotografia. Siamo l’isola che non c’è.

Nel 2016 ce l’hanno fatta 181.436 persone. Dall’inizio del 2017, in meno di due mesi, siamo già a quota diecimila. E non è vero che il flusso sul fronte orientale si sia fermato, come Bruxelles vuole far credere per promuovere il suo “immigration compact” contro gli sbarchi, il patto pagato miliardi alla Turchia. L’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite, ha contato in Grecia dal primo gennaio 1.864 nuovi arrivi e, in proporzione al numero di abitanti, italiani e greci sono alla pari. Ma i viaggi, tutti i viaggi, hanno origine nelle parole: dall’idea che ci siamo fatti della destinazione. E noi, con i nostri funzionari prefettizi, i programmi di governo, il ministero degli Esteri, la nostra intelligence, abbiamo mai provato a rovesciare questa narrazione? Ad andare là, nei mercati all’aperto, nelle stazioni di autobus, davanti alle agenzie dove si vende il futuro, nelle chiese e nelle moschee, a raccontare come stanno davvero le cose? E magari a proporre un percorso di vita alternativo? La risposta ovviamente è no. Non abbiamo mai mandato nessuno.

dall'articolo di Fabrizio Gatti  per espresso.it

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