Pfas in VenetoUn tasso di mortalità spaventosamente alto. Falde acquifere contaminate. Centinaia di migliaia di euro spesi ogni anno per la depurazione. E un'azienda che rifiuta di risarcire i gestori del servizio idrico. L'azienda chimica Miteni, al centro dell'inchiesta sulla contaminazione da Pfas in Veneto, ha ricevuto mercoledì 8 marzo la visita dei carabinieri del Noe. I militari, su ordine della procura di Vicenza, hanno acquisito per tutta la giornata documenti relativi alle attività dello stabilimento di Trìssino, dal 2009 di proprietà della multinazionale tedesca Weylchem (gruppo Icig). Ma la storia dell'inquinamento di questo pezzo d'Italia e delle sue falde acquifere è lunga e parte da lontano.

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Miteni nel 2011-2012 ha interrotto la produzione di Pfas a catena lunga (otto atomi di carbonio), ma continua a produrre quelli a catena corta (quattro/sei atomi di carbonio), che hanno minori probabilità di accumularsi negli animali e nell'uomo. Lo studio del dottor Girardi si è concentrato sui lavoratori rimasti per almeno un anno nello stabilimento di Trìssino, dal 1968 fino a giugno 2016. In tutto 415 persone. Il loro tasso di mortalità è risultato superiore del 7% rispetto alla media della Regione Veneto. «Analizzando le cause di morte, abbiamo rilevato un eccesso di tumori al fegato, malattie cardiovascolari, cirrosi epatiche e diabete».

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Lo studio, ancora preliminare, non è statisticamente significativo. Quattrocentoquindici persone sono poche, per le leggi della matematica. Tuttavia, le concentrazioni di Pfas nel sangue dei lavoratori della Miteni sono tra le più alte al mondo. «Gli aumenti del rischio di mortalità che abbiamo rilevato sono dati di fatto», conclude Girardi, «e non sono così flebili come qualcuno vorrebbe lasciare intendere». Il problema della contaminazione da Pfas, d'altra parte, va ben al di là dei confini dello stabilimento di Trìssino. Anche se gli operai sono i più esposti in assoluto.

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Oltre agli scarichi industriali che finiscono nel fiume, infatti, e da lì nei campi coltivati, sotto l'azienda della Weylchem si trova una delle falde acquifere più estese d'Europa, separata dallo stabilimento da uno strato di ciottolame. Tant'è che nel 2013, dopo lo studio del Cnr, lo Stato ha deciso di correre ai ripari, chiedendo ai gestori locali del servizio idrico intergato di mettere in sicurezza l'erogazione dell'acqua potabile.

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  dall'articolo di Davide Gangale per lettera43.it

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