capture 134 21052020 100534Chiamateli eroi, anzi Eroi. Più che una raccolta di racconti, il libro pubblicato a metà ottobre da Idrovolante edizione (282 pagine – 20 euro)  è un percorso tra il freddo delle trincee della Prima Guerra Mondiale e il calore di un patriottismo innato che richiamò, nel momento di partire per il fronte, la migliore gioventù italiana. Con L’Intraprendente abbiamo fatto due chiacchiere con l’editore del volume, Daniele Dell’Orco.

Daniele, un libro che cade in un anniversario importante, la vittoria della Prima Guerra Mondiale del nostro esercito contro l’Austria – Ungheria. Una ricorrenza tanto importante quanto ignorata…

«Ed è proprio per contrastare questo tentativo di far passare sotto traccia la nostra vittoria che abbiamo deciso di pubblicare questo testo. Eroi è prima di tutto un’operazione culturale».

In che senso?

«Raccogliendo 22 storie di soldati che hanno combattuto la Grande Guerra, abbiamo cercato di fornire una chiave di lettura diversa rispetto questo avvenimento: la guerra tout court ha assunto i contorni di qualcosa da rinnegare. Ma la prima guerra mondiale l’abbiamo vinta. Non è un operazione di revanchismo. E’ un tentativo di riconsiderare l’identità nazionale e il valore della Patria. Insomma, riappropriarsi di un’identità che la prima Guerra mondiale ha contribuito a formare. Noi siamo figli delle trincee».

 

Come avete fatto a risalire a queste testimonianze?

 «Abbiamo affidato l’operazione a tre curatori, Emanuele Merlino, Emanuele Mastrangelo ed Enrico Petrucci che, attraverso una lunga operazione di carattere storico e archivistico, sono riusciti a scrivere queste storie dei soldati, tutti medagliati tranne uno, che si distinsero per valore e ardimento. Per altro alcuni di loro, emigrati con le famiglie all’estero, sono ripatriati per difendere la loro nazione. Un fenomeno di cui si parla ben poco ma che ha avuto una grossa importanza per le file dell’esercito italiano».

Perché, a suo modo di vedere, la vittoria del primo conflitto mondiale è passata quasi inosservata in Italia?

 «Teniamo presente che uno dei più importanti sacrari militari, quello di Redipuglia, dal 2015 (anno in cui ricorreva l’inizio del primo conflitto), è chiuso e, quest’anno, è stato aperto solo in piccola parte il 4 novembre per la deposizione della corona d’alloro da parte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella per poi essere richiuso poco dopo. A mio avviso c’è stata una volontà di base che parte dell’identificazione della guerra come fatto negativo tuot court, senza tenere presente che in realtà, il popolo Italiano, al di là del Risorgimento, ha trovato proprio nella guerra la sua unità».

Quindi la vostra è un’operazione che commercialmente non ha avuto successo…

 «Tutt’altro. Siamo alla terza ristampa  e abbiamo già fatto oltre 30 presentazioni in tutta Italia. C’è una parte di pubblico che, ancora, ha necessità di leggere queste cose e che in questo senso è molto ricettiva».

di Federico Di Bisceglie per www.redazioneitalia.it