Il deficit di "sostituzione naturale" tra nati e morti (saldo naturale) nel 2020 raggiunge in Italia -335 mila unità, valore inferiore, dall’Unità d’Italia, solo a quello record del 1918 (-648 mila), quando l’epidemia di "spagnola", in coincidenza con la fine della Prima Guerra Mondiale, contribuì a determinare quasi la metà degli 1,3 milioni di decessi registrati in quell’anno. Lo spiega l’Istat nella sua nota sull’andamento demografico nel 2020. Invece, il nuovo record minimo delle nascite (405 mila) e l’elevato numero di decessi (740 mila) causato soprattutto dalla pandemia di Covid aggravano la dinamica naturale negativa che caratterizza il nostro Paese. Il deficit di nascite rispetto ai decessi è tutto dovuto alla popolazione di cittadinanza italiana (-386 mila), mentre per la popolazione straniera il saldo naturale resta ampiamente positivo (+50.584).
Il 31 dicembre 2020, data di riferimento della terza edizione del Censimento permanente, la popolazione in Italia conta 59.236.213 residenti, in calo dello 0,7 per cento rispetto al 2019 (-405.275 individui). Questo calo è attribuibile prevalentemente alla dinamica demografica tra il primo gennaio e il 31 dicembre 2020: infatti, il saldo dovuto al movimento demografico totale (saldo naturale più migratorio), desumibile dalle fonti anagrafiche, ha fatto registrare 362.507 unità in meno. Il conteggio della popolazione abitualmente dimorante, effettuato sulla base dei "segnali di vita amministrativi", ha poi determinato un ulteriore aggiustamento statistico pari a -42.768 unità: si tratta di un saldo dovuto alla differenza tra unità conteggiate in aggiunta rispetto alla popolazione iscritta in anagrafe (correzione dell’errore di sotto-copertura anagrafica) e unità in detrazione (correzione dell’errore di sovra-copertura anagrafica).
Anthony Fauci tranquillizza tutti sulla variante Omicron. “Quasi certamente non è più grave della variante Delta. Secondo qualche indicazione potrebbe anche essere meno grave. In ogni caso ci vorranno almeno un altro paio di settimane in Sudafrica e poi, man mano che avremo più infezioni nel resto del mondo, potrebbe volerci più tempo per vedere qual è il suo livello di gravità”, le parole dello scienziato americano all’AFP. Il consigliere medico del presidente Usa Joe Biden ha suddiviso le conoscenze e le incognite su Omicron in tre aree principali: trasmissibilità, quanto riesce a sottrarsi all'immunità da infezioni e vaccini precedenti e gravità della malattia.
La nuova variante, afferma Fauci, “è chiaramente altamente trasmissibile, molto probabilmente più di Delta, l'attuale ceppo globale dominante”. I dati epidemiologici accumulati in tutto il mondo indicano anche che le reinfezioni sono più alte con Omicron. Gli esperimenti di laboratorio che hanno testato la potenza degli anticorpi dei vaccini attuali contro Omicron dovrebbero arrivare nei "prossimi giorni, massimo una settimana. Quasi certamente non è più grave della Delta. C’è qualche suggerimento che potrebbe anche essere meno grave, perché se si guarda alle statistiche del Sudafrica il rapporto tra il numero di infezioni e il numero di ricoveri sembra essere inferiore a quello avuto con Delta".
Fauci ci ha tenuto a sottolineare che è importante non sopravvalutare questi dati perché la popolaziona presa in considerazione è composta da giovani e quindi hanno meno probabilità di essere ricoverati. "Penso che ci vorranno un altro paio di settimane almeno in Sudafrica per capire l’effettiva gravità. Un virus più trasmissibile che non causa malattie più gravi e non porta a un'ondata di ricoveri e morti è il miglior scenario possibile. Lo scenario peggiore è che non solo è altamente trasmissibile, ma causa anche una malattia grave e poi si assiste ad un'altra ondata di infezioni che non sono necessariamente attenuate dal vaccino o dalle precedenti infezioni delle persone. Non credo che questo scenario peggiore si verificherà, ma non si sa mai” ha concluso Fauci.
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Il direttore dello Spallanzani contro l'ipotesi di prorogare lo stato d'emergenza: «Quasi 2 anni fa agli italiani abbiamo detto non abbiate paura, erano i giorni del ricovero della coppia cinese. Oggi, come allora, diciamo agli italiani non abbiate paura, usciamo dall’emergenza, riprendiamoci la vita e non torniamo indietro». Così il direttore dell’Inmi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, durante la cerimonia di accensione dell’albero di Natale dell’Istituto, donato dai Carabinieri. Presente anche l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato.
Le sue dichiarazioni arrivano proprio nelle ore in cui il ministro della Salute Roberto Speranza ha ammesso l'esistenza di una riflessione in corso in seno al governo sul possibile prolungamento dello stato d'emergenza, attualmente prorogato solo fino al prossimo 31 dicembre.
È partita ieri l'operazione vaccinazione dei bambini, con una circolare del ministero della Salute che spiega che dal prossimo 16 dicembre anche nella fascia di età 5-11 anni sarà possibile ricevere una mini dose a cui ne seguirà una seconda a distanza di almeno 21 giorni dalla prima. Per i piccoli più fragili prevista anche una immediata terza dose, che sarà disponibile a 28 giorni della seconda. Quindi questo gruppo di bimbi fragili riceverà ben tre dosi in meno di due mesi, record assoluto da quando è partita la campagna vaccinale in Italia e in tutto il mondo. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ieri ha lanciato un appello ai genitori perché inizino le prenotazioni e risolvano eventuali dubbi parlando al pediatra di fiducia invece di leggere la qualunque sui social. «Su una materia così delicata», ha spiegato il ministro, «bisogna fidarsi di chi ha dedicato una vita a questa materia. Non ci si può fidare di un social network, non ci si può affidare a un talk show o a una battuta televisiva: affidiamoci alle persone che per competenza, per storia, per esperienza hanno tutti gli elementi per poter valutare. Abbiamo una grande fortuna ad avere alcuni dei pediatri e dei medici migliori a livello globale, questo ci viene riconosciuto da tutti, fidiamoci di loro».
Oramai è una costante dall'inizio dell'incubo pandemia. Ad ogni evoluzione della cronaca sanitaria attorno al maledetto morbo cinese, cambia copione della gazzarra del mondo scientifico. Ma non il senso delle cose, che è quello di un ribollire di voci ed esternazioni con il pericolo di disorientare ancor di più il cittadino-medio oramai sempre più estenuato. Così, si apre il capitolo, della quarta dose. Perché mentre gli italiani in questi giorni tornano negli hub per la terza puntura (un nutrito numero di convertiti sulla via di Damasco anche per la prima) il confronto si porta avanti sul lavoro. Di «possibilità concreta» di quarta iniezione ha parlato Franco Locatelli, coordinatore del Cts, parlando alla convention di Courmayeur di SkyTg24. Innestandosi in un dibattito dove già si schierano i favorevoli, i perplessi, i né né.
Al primo segmento appartiene sicuramente Fabrizio Pregliasco, docente all'Università Statale di Milano, che all'AdnKronos osserva: «Viste le tempistiche di elevata protezione pari a 6 mesi, è possibile che dovremo eseguire altre vaccinazioni. Vedremo com' è l'andamento epidemiologico, ma penso che questa vaccinazione potrà essere considerata un appuntamento annuale come l'antinfluenzale». E sempre tra i favorevoli si annovera Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie infettive al San Martino di Genova. Secondo lui, «è evidente che nel 2022 faremo una quarta dose. Bisogna solo capire quando, non credo si farà nei primi mesi del nuovo anno per chi ha fatto e sta facendo la terza dose», specificando poi che «dovremo attendere i risultati degli studi, vedere quanto dura l'immunità del ciclo completo con tre dosi e poi valutare quando ci sarà bisogno della quarta». Inoltre, quanto all'impatto sulla società di una ulteriore iniezione «non dovrebbe essere un problema», dice Bassetti. «Se fare la quarta dose significa avere i numeri attuali di Covid 19 e continuare a convivere con il virus depotenziandolo, non credo che i cittadini italiani avranno problemi se gli si dirà di vaccinarsi per la quarta volta nel 2022». Stesso lato anche per l'infettivologo Massimo Galli. Servirà la quarta dose?, gli hanno chiesto in un'intervista a La Stampa. «Alla fine penso di sì. Temo che la terza dose non sarà la risposta definitiva alla pandemia, per quanto utilissima».
Willem Hanekom smonta i timori sulla variante Omicron del Covid. Il direttore dell'Istituto di ricerca del Sudafrica è stato intervistato dalla Bbc e ha tranquillizzato tutto il mondo sulla mutazione del virus sequenziata per la prima volta in Africa: “La variante Omicron è altamente trasmissibile, ma ha meno dell'1% di possibilità di reinfezione e in genere si traduce in una malattia più lieve. Il virus si sta diffondendo in modo straordinariamente veloce nel Paese”.
“Finora - prosegue il professore - sappiamo tre cose. La prima cosa è che il virus si sta diffondendo in modo straordinariamente veloce in Sudafrica, l'aumento dei casi è molto più forte di quanto non sia stato nelle ultime tre ondate quindi sembra che Omicron sia in grado di propagarsi molto facilmente. Praticamente tutti i casi che vediamo in Sudafrica in questo momento sono Omicron. La seconda cosa - ha sottolineato Hanekom in collegamento con la tv inglese - su cui abbiamo dati sono le reinfezioni, una persona che ha avuto il Covid ha circa l'1% di possibilità, o forse anche meno dell'1%, di essere nuovamente infettato. Infine, gli unici dati che abbiamo finora suggeriscono che la variante può manifestarsi maggiormente nelle persone più giovani e soprattutto nei giovani non vaccinati e, nel complesso, finora è apparsa più lieve. Ma, ancora una volta, voglio dire che dobbiamo essere cauti. questi sono i primi giorni”.
Frattura nel Cts. la clamorosa smentita di Abrignani sulla quarta dose di vaccino: nessuna necessità
“Intanto pensiamo a fare la terza, poi si per il futuro si vedrà. Non c’è nessuna evidenza che possa essere necessaria una quarta”. Sergio Abrignani infiamma lo scontro tra scienziati su un’altra dose aggiuntiva di vaccino contro il Covid, andando a smentire ciò che ieri aveva detto Franco Locatelli. Il presidente del Consiglio superiore di sanità e coordinatore del Comitato tecnico scientifico, di cui fa parte anche l’immunologo milanese, si era esposto in maniera importante: “Una quarta dose del vaccino contro il Covid è una possibilità concreta”. Una tesi che Abrignani smonta dalle colonne del Corriere della Sera: “La quarta dose non è la regola nella storia dei vaccini. La maggior parte delle vaccinazioni contro malattie infettive prevenibili prevedono due dosi a distanza ravvicinata e una terza distanziata, dopo 6-12 mesi. Proprio come sta succedendo per il Covid. Le prime due servono a indurre una forte risposta immunitaria che agisce subito, il richiamo serve a rinforzare la memoria immunitaria e a renderla duratura. Dobbiamo ricorrere a una terza iniezione non perché il virus sia riuscito ad aggirare il vaccino, ma perché c’è bisogno di allungare la memoria del sistema immunitario”.
La "causa scatenante" delle trombosi correlate al vaccino AstraZeneca è stata individuata. La scoperta arriva da uno studio anglo-americano sviluppato dall’Università di Oxford a cui hanno collaborato ricercatori della stessa casa farmaceutica e che ha verificato "come una proteina del sangue si unisce ad un componente chiave del vaccino".
Potrebbe pertanto essere "l’innesco" che ha causato i casi, rari, di coaguli del sangue dopo la somministrazione del vaccino anti-Covid AstraZeneca. Nella ricerca - riporta la Bbc - è coinvolta l’università di Cardiff. Secondo Alan Parker, uno dei ricercatori dell’Università di Cardiff: "Quello che abbiamo è la causa scatenante (’trigger’), ma ci sono altri passaggi che devono accadere dopo". Da chiarire come questa nuova evidenza possa impattare con l'uso del siero anglo-svedese. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science Advances.
Per la prima volta da inizio pandemia nel bollettino di sorveglianza Iss del 24 novembre il maggiore numero di contagi Covid si registra in chi aveva completa copertura vaccinale. I non vaccinati sono solo il 37,7% del totale, mentre la maggiore parte dei contagiati (59,7%) è registrata fra chi ha avuto ciclo completo di vaccinazione (compreso uno 0,6% che aveva ricevuto la terza dose di vaccino), mentre il 2,6% aveva comunque ricevuto una dose.
A “L’Aria che Tira” scoppia il caso degli italiani bloccati in Marocco dopo l’allarme sulla variante Omicron del Covid-19 e Andrea Delmastro, esponente di Fratelli d'Italia, bacchetta il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “E’ colpa sua, non del virus”. Myrta Merlino ha aperto la diretta del suo approfondimento sull’attualità, mercoledì 1 dicembre, con uno sfogo: “Sembra di essere tornati a un anno fa. Il pasticcio sulla scuola, gli italiani bloccati all’estero” e dà la parola a Claudia Lanteri, connazionale in attesa di rimpatrio.
La donna denuncia la totale assenza di informazioni e supporto e Delmastro di Fratelli d’Italia accusa il Ministro Di Maio di disinteresse e sciatteria: “Cara Myrta, è sbagliato il titolo: non ‘noi italiani bloccati in Marocco per Covid’, ma per colpa di Di Maio, è da maggio 2020 che io e FDI abbiamo presentato una risoluzione per far applicare il meccanismo europeo di protezione civile che, in casi come questi, compresa la pandemia, prevede voli charter Alitalia rimborsati al 75% dalla Comunità europea per andare a prendere gli italiani fermi nel resto del mondo. La Germania lo fa, noi non lo facciamo! E’ vero che errare è umano, anzi con Di Maio è umanissimo, ma così non va bene. Anche Di Maio dovrebbe metterci una pezza, sono bloccati per colpa del nostro Ministro degli Esteri”.
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