capture 003 05062020 144451La Protezione civile ha diramato il bollettino legato ai casi di coronavirus in Italia, aggiornato alle ore 17 di oggi, 4 giugno. I contagiati complessivi dall'inizio dell'epidemia sono adesso 234.013, dei quali 161.895 sono guariti e 33.689 sono deceduti. In questo momento le persone affette dal coronavirus in Italia sono 38.429. 

Rispetto a ieri, i casi totali sono aumentati di 177 pazienti (ieri di 321) di cui 84 in Lombardia; gli attualmente positivi sono diminuiti di 868 persone (differenza tra casi, morti e guariti del giorno); i guariti sono cresciuti di 957 unità; i deceduti di 88 (di cui 29 in Lombardia). Sono 338 i malati in terapia intensiva, 15 in meno rispetto a ieri. Le persone in isolamento domiciliare sono 32.588 su 38.429: l'84,8% del totale. Eseguiti, in un giorno, 49.953‬ tamponi: il totale nazionale ora è di 4.049.544 tamponi per una cifra di 2.524.788 casi testati. In otto regioni, nelle ultime 24 ore, non si sono registrati nuovi casi. 

capture 007 05062020 145535In larga parte proprio dalla nostra percezione collettiva rispetto al rischio sul piano sanitario dipenderanno le scelte, politiche ma non solo, del prossimo futuro e le conseguenze su tutti gli altri piani, anche economico, occupazionale, geopolitico, della libertà e dei diritti

Sarebbe davvero assurdo minimizzare la minaccia che il coronavirus rappresenta – a livello globale – sotto tutti i punti di vista: non solo sanitario, ma anche economico, occupazionale, geopolitico, della libertà e dei diritti.

Eppure in larga parte proprio dalla nostra percezione collettiva rispetto al rischio sul piano sanitario dipenderanno le scelte, politiche ma non solo, del prossimo futuro e le conseguenze su tutti gli altri piani che ho citato. Per questo ritengo utile un’analisi scientifica che ci aiuti a superare l’angoscia del momento, per cercare di comprendere i reali livelli di rischio che ciascuno di noi vive.

Secondo le stime del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia ogni anno circa il 9% della popolazione è colpito dall’influenza, con un numero di morti diretti che oscilla tra i 300 e i 400 e con un numero di decessi che oscilla tra i 4 mila e i 10 mila per chi sviluppa complicanze gravi a causa dei virus influenzali.

Il tasso di letalità (ossia il rapporto tra morti e contagiati) si attesta quindi intorno allo 0,1%. Il tasso di letalità del coronavirus – al di fuori della provincia di Hubei, persino nel resto della Cina – è ritenuto inferiore allo 0,5%. Quindi in pratica, allo stato attuale delle conoscenze, potremmo dire che il coronavirus è letale per le persone contagiate 5 volte più della normale influenza. *

capture 002 05062020 144237Zangrillo, direttore della terapia intensiva al San Raffaele di Milano: "Troppe previsioni sbagliate dagli epidemiologi" L'ira del comitato scientifico. Per Richeldi un messaggio fuorviante. Locatelli: "Sconcertato". Ippolito: "Niente mutazioni"

La polemica scoppia nel pomeriggio. Quando Alberto Zangrillo, numero uno della Terapia intensiva del San Raffaele di Milano e medico personale di Silvio Berlusconi, ai microfoni di Mezz'ora in più , lo dice in modo tranchant : "Clinicamente il nuovo coronavirus non esiste più, qualcuno terrorizza il Paese". E ancora: "Non si può continuare a portare l'attenzione su un terreno di ridicolaggine, che è quello che abbiamo impostato a livello di Comitato scientifico nazionale e non solo, dando la parola non ai clinici e non ai virologi veri". Subito si infiamma il dibattito, con gli esperti del Cts e la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa che invocano cautela. Perché "il virus circola ancora ed è sbagliato dare messaggi fuorvianti".

Le parole di Zangrillo fanno riferimento, estremizzandola, all'ipotesi che il Sars-Cov-2 sia cambiato. Diventando più debole, e per questo responsabile di infezioni meno gravi: sostengono questa ipotesi Massimo Clementi, numero uno della Virologia dell'università Vita Salute sempre del San Raffaele - "Stiamo osservando pazienti con cariche virali nettamente inferiori rispetto alla prima metà di marzo, e che di conseguenza hanno una malattia in forma meno grave. Abbiamo appena ultimato uno studio con la Emory University di Atlanta" - ma anche Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive del San Martino di Genova: "Il virus potrebbe essere diverso, la potenza di fuoco di due mesi fa non è la stessa di oggi. Lo dico da medico sul campo, la presentazione clinica ed il decorso sono più lievi".

capture 237 28052020 103458Una donna su cinque potrebbe essere colpita da ictus cerebrale nell’arco della vita, già a partire dai 55 anni, con probabilità crescenti intorno ai 65 anni e punte massime tra gli 80 e gli 85 anni. Un problema sensibile sul quale la World Stroke Organization, promossa in Italia dalla Federazione A.L.I.Ce Italia Onlus, riporta quest’anno l’attenzione con lo slogan ‘I am a woman. Stroke affects me’ diffuso in occasione della Giornata Mondiale dell’Ictus Cerebrale, che ricorre il 29 Ottobre.

I NUMERI

Sono importanti: 200 mila casi ogni anno – 80 per cento di nuove manifestazioni e 20 di ricaduta di malattia -  di cui la metà interessano donne in età avanzata. A rendere il problema ancora più degno di attenzione sono le implicazioni e il rischio disabilità dell’ictus cerebrale: soprattutto difficoltà funzionali, motorie, di linguaggio con cui convivono oggi all’incirca 1 milione di persone. Il ‘colpo’, come viene comunemente chiamato l’ictus, è una lesione cerebro-vascolare causata dall'interruzione del flusso di sangue al cervello per una ostruzione o la rottura di un’arteria.

«Ma a differenza della malattia cardiaca o dell’infarto miocardico che dipende da una sola causa – spiega il dottor Marco Stramba-Badiale, direttore del dipartimento Geriatrico-Cardiovascolare e Laboratorio Sperimentale di Ricerche di Riabilitazione e Medicina Cerebrovascolare dell’Auxologico di Milano - l’ictus può essere determinato da più fattori: una emorragia; un episodio ischemico, ossia un embolo che si stacca da una placca aterosclerotica dei grossi vasi del collo (carotidi) o dal cuore per una aritmia cardiaca (fibrillazione atriale) e da una malattia dei piccoli vasi intracranici».

Quando un'arteria nel cervello scoppia o si ostruisce, fermando o interrompendo il flusso di sangue, i neuroni, privati dell'ossigeno e dei nutrimenti necessari anche solo per pochi minuti, cominciano a morire con una cascata a domino sull’evoluzione della malattia. Fondamentale diviene riconoscerne subito i sintomi e qualora l’evento accada intervenire il più precocemente possibile.

capture 227 27052020 101504Guariti da Covid-19 ma con strascichi sulla salute che potrebbero protrarsi a lungo. L'infezione da SarsCov2 potrebbe infatti determinare conseguenze a lungo termine sulla funzionalità respiratoria e talvolta comprometterla in modo irreversibile, soprattutto nei pazienti usciti dalla terapia intensiva. Tanto che nei pazienti più gravi colpiti da Covid-19, il 30% dei guariti avrà problemi respiratori permanenti di fibrosi polmonare. È questo il preoccupante scenario che arriva dal convegno digitale della Società italiana di pneumologia con StemNet, la Federazione delle associazioni di ricerca sulle cellule staminali, e il gruppo italiano staminali mesenchimali (Gism). 

Proprio questi disturbi, avvertono gli esperti, costituiranno una «nuova patologia respiratoria di domani e una nuova emergenza sanitaria» per la quale sarà necessario attrezzarsi per tempo, rafforzando le Pneumologie e prevedendo ambulatori e percorsi ad Hoc. Le prime osservazioni «rispecchiano da vicino i risultati di studi di follow-up realizzati in Cina a seguito della polmonite da SARS del 2003, molto simile a quella da Covid-19, confermando il sospetto che anche Covid-19 possa comportare danni polmonari che non scompaiono alla risoluzione della polmonite», spiega Luca Richeldi, membro del Comitato Tecnico e Scientifico, presidente della Società Italiana di Pneumologia (SIP) e direttore del Dipartimento di Pneumologia al Policlinico Gemelli di Roma. 

Nei luoghi al chiuso si è registrata la stragrande maggioranza dei contagi. Lo sostengono due ricerche non collegate tra loro, una a Hong Kong e l'altra in Giappone. come racconta un servizio di The Atlantic: su 7.324 casi documentati in Cina, c'è stato il riscontro di un solo focolaio all'esterno, che ha interessato un gruppo di uomini che stava parlando all'esterno di un piccolo villaggio. Secondo la ricerca giapponese, il rischio di infezione in ambienti chiusi è quasi 19 volte più elevato che negli ambienti all'aperto.


Spiega il professor Massimo Ciccozzi, responsabile dell'Unità di Statistica medica ed Epidemiologia molecolare dell'Università Campus Bio-Medico: «Indubbiamente nei luoghi chiusi la trasmissione del virus è più semplice. Questo però non ci esime dal mantenere comportamenti di grande prudenza anche all'esterno. Quando non è possibile mantenere una distanza di di 2-3 metri, è sempre utile indossare la mascherina».

Anche negli uffici andranno riviste molte scelte organizzative: come dimostrato da un focolaio in un call center in Corea del Sud, di solito il contagio, se è presente una persona infetta, avviene negli open space tra dipendenti che lavorano nella stessa sala. Per questo le autorità coreane hanno invitato le imprese a rispettare una diversa disposizione degli impiegati, in modo che non ci sia un dipendente di fronte all'altro e che vi siano pannelli di separazione. Inoltre, nei ristoranti ove possibile viene consigliato di preferire la scelta dei tavolini all'aperto.

capture 157 22052020 145300Con l’inizio della fase 2 del Covid-19, gli italiani possono ricominciare a uscire. Ma indossare la mascherina potrebbe causare disagi a chi è soggetto ad allergie respiratorie o riniti… Un vademecum spiega come convivere

Inizia la fase 2 e la possibilità di uscire dalle proprie case va a braccetto con l’obbligo di indossare la mascherina in tutti quei luoghi dove il distanziamento sociale non può essere garantito.

Chi soffre di asma allergico o rinite è però preoccupato che indossare una mascherina che copre le alte vie respiratorie possa ostacolare la respirazione.

Nemmeno a farlo apposta, ora che abbiamo un po’ più di libertà di movimento siamo nella stagione dei pollini.

Come fare quindi? L’associazione allergologi e immunologi italiani territoriali e ospedalieri (Aaiito) tranquillizza che le mascherine non rendono assolutamente più difficile respirare e propone un vademecum in cinque punti.

capture 126 20052020 110525Siamo il terzo Paese al mondo per numero di contagi, ma la maggioranza sembra più preoccupata di Salvini che dell’emergenza: e le misure che ha preso sono inutili o tardive

Su una cosa il bi-Premier Giuseppe Conte ha certamente ragione: l’aumento dei casi di coronavirus accertati in Italia è dovuto anche al maggior numero di controlli eseguiti negli ultimi giorni.

Statisticamente non c’è nulla di anomalo, il che rende ancora più inquietante il fatto che Giuseppi abbia ammesso di essere «rimasto sorpreso dall’esplosione del numero di casi»: soprattutto se si pensa che neanche un mese fa sosteneva che «i cittadini italiani devono stare sereni e tranquilli» – a conferma di quanto sia deleteria l’espressione “stai sereno”.

Il vero problema, comunque, – ed è un problema piuttosto serio – è che sulla crisi da COVID-19 il Governo non ha azzeccato una singola mossa. E l’aggravante è che non sembra neppure rendersene conto.

capture 106 18052020 181546Come curare l’artrosi, di che cosa si tratta
L’artrosi è una patologia degenerativa della cartilagine delle articolazioni, che provoca dolore e limitazioni nei movimenti. Ne vengono colpiti uomini e donne oltre i 40 anni di età ma soprattutto gli anziani, con un picco di incidenza tra i 75 e i 79 anni, ma non sempre questa malattia provoca sintomi.

Come curare l’artrosi, dove si manifesta
Le articolazioni maggiormente interessate dall’artrosi sono, generalmente: la schiena, l’anca, il ginocchio, le dita delle mani e dei piedi.

Come curare l’artrosi, le cause
Le cause dell’artrosi sono principalmente l’età, il peso eccessivo e la postura scorretta, ma concorrono a provocarla anche traumi, sport svolti a livello agonistico o impegnativi per il fisico, o il logorio delle articolazioni.

Secondo le ultime stime fornite dalla Società Italiana di Nefrologia, un italiano su dieci soffre, anche a sua insaputa, di una malattia cronica renale. Una dieta corretta puà fare la differenza? E in che modo?

Le malattie croniche renali sono patologie che, nella loro evoluzione progressiva, portano alla condizione irreversibile di insufficienza renale, cioè all’incapacità delle reni di svolgere la funzione di ‘filtro’, depurando l’organismo dalle scorie e dai sali minerali in eccesso.

Nelle condizioni più serie, il cattivo funzionamento delle reni rende necessario un trattamento sostitutivo, rappresentato dalla dialisi o dal trapianto di organo. Ma l’adozione di adeguati comportamenti legati in primo luogo alla dieta possono rallentare o aiutare a controllare meglio quest’esito estremo.

CAUSE E FATTORI DI RISCHIO

Una malattia renale, secondo gli esperti, richiede una diagnosi precoce e un trattamento mirato per prevenire o ritardare sia una condizione di insufficienza renale acuta o cronica, sia la comparsa di complicanze cardiovascolari a cui spesso è associata.

Sono infatti l’ipertensione e il diabete, non adeguatamente controllati dalla terapia farmacologica, l’ipertrofia prostatica, i calcoli renali o i tumori voluminosi a favorirne l’insorgenza in quanto riducono il normale deflusso di urina, aumentano la pressione all'interno dei reni e ne limitano la funzionalità.

O ancora il danno renale può essere determinato da processi infiammatori (pielonefriti, glomerulonefriti) o dalla formazione di cisti all'interno dei reni (malattia renale policistica) o dall’utilizzo cronico di alcuni farmaci, da alcool e droghe consumate in eccesso.