Nove nomi. Tra questi potrebbe esserci il successore di Vladimir Putin. Nel cerchio magico dello Zar ci sono solo fedelissimi ma la piega che sta prendendo la guerra in Ucraina e la situazione socioeconomica della Federazione potrebbe portare un cambiamento drastico al Cremlino. Le voci di golpe e di tradimenti delle alte sfere del potere russo si susseguono dall'inizio della guerra, è vero, ma la mobilitazione militare in Russia ha portato il conflitto a un nuovo livello.
Ma chi può rovesciare Putin? Il sito Politico Europe, emanazione nel vecchio continente della testata Usa, ha tracciato il profilo dei nove uomini che potrebbero tradire il capo. Tra questi un uomo di fiducia storico dello Zar, Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di Sicurezza ma già scelto in passato come presidente dallo stesso Putin. Secondo l'analisi, dopo lo scoppio del conflitto ha iniziato a mettere alla porta gli oligarchi preparando la sua scalata da Mosca. Il sindaco della capitale Sergei Sobyanin scelto proprio da Medvedev, è un altro nome "attenzionato".
Nella lista c'è Nikolai Patrushev, amico di Putin fin dai tempi del Kgb e segretario del Consiglio di Sicurezza. Una vita dietro le quinte. Suo figlio Dmitry Patrushev, è l'attuale ministro dell'Agricoltura e siede nel consiglio d'amministrazione di Gazprom.
Vladimir Putin lancia l’allarme su Zaporizhzhia, e su quella centrale nucleare che sarebbe oggetto degli attacchi ucraini, nel contesto della controffensiva avviata negli ultimi giorni dall’esercito di Kiev.
Secondo quanto riporta l’Ansa, per Putin gli attacchi ucraini sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, “compresi gli stoccaggi di scorie radioattive”, potrebbero avere “conseguenze catastrofiche”. Il presidente russo ha insisto sul fatto che vengano “esercitate pressioni su Kiev per far sì che interrompa immediatamente gli attacchi”. Nel contesto delicato dell’area, è intervenuta l’intermediazione francese. Il presidente Emmanuel Macron, però, si è concentrato sulla presenza russa nell’area, chiedendo a Putin di ritirare armi pesanti e leggere dalla centrale. Inoltre, l’Eliseo condanna “la prosecuzione delle operazioni militari russe in Ucraina ed ha ricordato l’esigenza che cessino al più presto, che venga avviato un negoziato e che siano ripristinate la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”. Sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, Macron ha parlato in modo generico della “necessità che venga garantita la sua sicurezza”, sostenendo che di partenza sia “l’occupazione russa” ad essere “la causa dei rischi che pesano oggi sull’integrità della centrale”.
Adesso spunta una lettera segreta della Regina Elisabetta, morta pochi giorni fa dopo 7o anni di regno all'età di 96 anni. E monta la "panna" in Rete. Ci sarebbe, adesso, secondo i tabloid britannici, una lettera segreta che non sarebbe mai stata letta. Si tratterebbe di un messaggio, scritto a mano dalla Regina Elisabetta II, rivolto ai cittadini di Sydney. La lettera pare sia nascosta in uno degli edifici storici della città e nessuno lo potrà leggere. Forse Re Carlo III, da poco proclamato, potrebbe decidere di sciogliere ogni dubbio leggendo quelle parole di Queen Elisabetta.
Ma ci sono altre curiosità legate a questa lettera, che è nascosta in una teca e nessuno - al momento - può leggerla. Le uniche parole leggibili sono: “Saluti. Nel 2085 d.C., apri questa busta e trasmetti ai cittadini di Sydney il mio messaggio per loro”. Chi conosce il contenuto del messaggio? In pratica nessuno. E la Regina Elisabetta non ha mai voluto svelare il messaggio di questa lettera. Nessuno sa nulla, nemmeno lo staff più vicino per anni ad Elisabetta.
Questa lettera è stata scritta in occasione della costruzione dell’edificio nel novembre del 1986. Occorrerà attendere 63 anni per sapere conoscere le parole di Elisabetta II. Intanto, Re Carlo III - da poco proclamato - sta girando il Regno Unito per commemorare l'amata Elisabetta II che pochi giorni fa ha lasciato tutti. E non solo gli inglesi la piangono, ma anche tutti gli altri Stati. La regina Elisabetta è stata una donna iconica, di polso, ma anche di forti sentimenti. Mai strillati con il volto, grazie alla sua compostezza.
Nuovo attacco all’Italia da parte della Russia. “La posizione della leadership italiana sulle sanzioni alla Russia è indecente", le dure dichiarazioni della portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. “L'Italia in questo momento difficilissimo probabilmente ha dimenticato chi ha teso a suo tempo una mano. E ora l'Italia, con tutta la sua leadership, è in prima linea in un attacco al nostro Paese. Questa non è la posizione dei cittadini italiani che scrivono di vergognarsi di chi li governa, di non associarsi a questa posizione, di comprendere la genesi di questa crisi, ma la dirigenza italiana ha preso posizione. Questa è semplicemente una posizione indecente", ha detto la Zakharova al programma Solovyov all’indomani della conferenza stampa con cui Mario Draghi è tornato a puntare il dito contro Vladimir Putin per la guerra in Ucraina.
Dopo le terrificanti immagini di Bucha e la strage effettuata dai soldati russi arriva anche una durissima accusa per l’Ucraina e il suo esercito. "Ci sono denunce di violenza sessuale da parte delle forze ucraine e delle milizie della protezione civile di Kiev”, l’annuncio di Rosemary DiCarlo, sottosegretario generale delle Nazioni Unite, parlando al Consiglio di Sicurezza. La missione di monitoraggio dei diritti umani dell'Onu in Ucraina sta verificando queste accuse, ha precisato la DiCarlo.
In generale più di un miliardo di persone nel mondo sono colpite dalla guerra della Russia in Ucraina. Sono circa 10 milioni le persone sfollate a causa dell'offensiva: si tratta “dello spostamento forzato di persone più rapido dalla Seconda guerra mondiale”. Il triste bollettino è segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, intervenuto anche lui al Consiglio di sicurezza.
Durissime accuse agli Stati Uniti, tra i principali responsabili della lunga guerra tra l’Ucraina e la Russia. Ad attaccare la Casa Bianca è Domenico Quirico, caposervizio esteri de La Stampa, ospite della puntata del 5 aprile di Tagadà, programma di La7 condotto nell’occasione da Alessio Orsingher: “Joe Biden non vuole assolutamente trattare con Vladimir Putin, sta ostacolando ogni tentativo di negoziato in modo scientifico. Ogni volta che c’è un avvio di una problematica trattativa attraverso la Turchia gli americani compiono qualche gesto o dicono qualche cosa per impedire che il negoziato si rassodi. Gli Usa stanno facendo una guerra diversa da quella che fanno gli europei. Gli Stati Uniti - svela Quirico - vogliono la caduta di Putin, non gliene importa niente di cosa succederà in Ucraina, è detto in maniera molto brutale, ma le cose bisogna dirle. Di quello che succede in Ucraina a Washington importa meno di zero. Se non che è un buon posto per indebolire l’avversario”.
“Lo scopo degli americani - continua ancora l’invettiva del giornalista de La Stampa - non è arrivare ad una sorta di coesistenza che salvi l’indipendenza dell’Ucraina e accontenti un po’ questo tiranno scatenato, il loro obiettivo è abbatterlo e sostituirlo alla guida della Russia. Gli europei fanno un’altra cosa e cercano di aiutare l’Ucraina per quello che è possibile, arrivando prima o poi ad un accordo che li sottragga a questo sanguinoso pasticcio senza troppe legnate e senza troppi danni. Sono due cose divaricate, non hanno alcun rapporto, gli americani - chiosa Quirico - hanno un altro obiettivo in testa, fanno un’altra cosa, vogliono far cadere questo signore che sta al Cremlino”.
"La Russia è vittima, come noi, della voglia di stravincere americana": il generale Marco Bertolini, ex comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze, offre un'analisi piuttosto lucida del conflitto in Ucraina, dove la notte scorsa è iniziata l'invasione ordinata da Vladimir Putin. Scendendo nel dettaglio, il generale spiega cosa ci sia alla base dell'ostilità della Russia: "Gli Stati Uniti non si sono limitati a vincere la Guerra Fredda ma l’hanno anche voluta umiliare prendendole tutto quello che in un certo senso rientrava nella sua area di influenza. Ha sopportato con i Paesi Baltici, la Polonia, la Romania e la Bulgaria: di fronte all’Ucraina che gli avrebbe tolto ogni possibilità di accedere al Mar Nero, ha reagito".
Secondo Bertolini, insomma, gli Stati Uniti avrebbero non poche responsabilità in questo contesto: "C’è stata un po’ di arroganza nello spingerli in un angolo, adesso hanno reagito", ha spiegato all'Adnkronos. Aggiungendo, poi, che anche in Ucraina non se la passano bene al momento: "C’è un problema di tenuta del regime, si è creata una situazione con un primo ministro abbastanza improbabile, uno che viene dal mondo dello spettacolo", ha detto riferendosi a Volodymyr Zelenskij, che prima di intraprendere la carriera politica era un attore e un comico.
“Liberi tutti” sia a Londra che – in misura simile – a Parigi, come riporta Tgcom24. Sarà la volta buona per la fine dell’emergenza?
“Liberi tutti” a Londra e Parigi
Liberi tutti, sia a Londra che a Parigi. In tutta l’Europa, in generale, le restrizioni calano. Chi è più avanti è ancora una volta la Gran Bretagna, con un mese di anticipo. La Francia, nel frattempo, revoca il super green pass alla fine di marzo. E il ritorno alla normalità sembra vicino anche negli Stati Uniti, dove a New York abbandonano le mascherine al chiuso.
Boris Johnson è il primo a dare un “liberi tutti” che in Gran Bretagna partirà dal 21 febbraio, data a partire dalla quale finiranno le restrizioni oltremanica. D’altronde i britannici erano già stati i primi a liberarsi delle mascherine a fine gennaio, quando il governo aveva deciso di puntare solo alle vaccinazioni riducendo al minimo le restrizioni. Anche l’obbligo di autoisolamento in caso di positività dovrebbe cadere a breve, se i dati continueranno ad essere incoraggianti.
Giallo sulla morte di Luc Montagnier. Nelle ultime ore si è sparsa la voce della morte del Premio Nobel per la Medicina. La notizia è stata lanciata con un tweet da FranceSoir che, però, per il momento non è stata confermata da altre fonti. Ma neppure è giunta una smentita dal diretto interessato. Nel tweet si legge: "Il professor Luc Montagnier, Premio Nobel per la Medicina 2008, è morto pacificamente l'8 febbraio 2022 alla presenza dei suoi figli. 18 agosto 1932 - 8 febbraio 2022".
Dal suo account personale su Twitter, il direttore di FranceSoir, Xavier Azalbert, ha ribadito la notizia e aggiunto ulteriori dettagli. Negli ultimi mesi Montagnier è diventato un punto di riferimento per tutto l'universo no-vax per le sue posizioni sui vaccini. Per questo il mistero che avvolge la sua morte continua ad alimentare il mistero.
L’Abc News ha sospeso Whoopi Goldberg dopo le sue affermazioni sulla Shoah. L’attrice premio Oscar, nonostante le scuse, non potrà partecipare per due settimane alla trasmissione The View, dove è fra le conduttrici in qualità di moderatrice dal 2007.
Il presidente dell’emittente televisiva americana Kim Godwin ha comunicato che sospenderà “con effetto immediato Whoopi Goldberg per due settimane per i suoi commenti “sbagliati e offensivi”, per le sue dichiarazioni secondo le quali “il genocidio nazista degli ebrei non riguardava la razza”.
“L’intera organizzazione di Abc News – ha aggiunto Godwin – è solidale con i nostri colleghi ebrei, amici, familiari e comunità. Queste decisioni non sono mai facili, ma necessarie. Lavoriamo in maniera inclusiva, rispettosa e trasparente e i commenti di Whoopi non sono in linea con questi valori”.
Ieri, scusandosi, la Goldberg aveva ammesso di aver “parlato male” nello show e aveva ammesso che “la Shoah riguarda davvero la razza, perché Hitler e i nazisti consideravano gli ebrei una razza inferiore. Le parole contano e le mie non fanno eccezione”.
L’attrice aveva affermato che l’Olocausto “non riguarda la razza ma la crudeltà dell’uomo sull’uomo” e aveva coinvolto “due gruppi di bianchi”. Parole che hanno suscitato una valanga di reazioni, tra cui quella di Jonathan Greenblatt, a capo della Lega Anti-Diffamazione, e il Museo dell’Olocausto negli Usa. La popolare attrice afroamericana si è poi scusata con un tweet: “Nello show di oggi, ho detto che l’Olocausto non riguarda la razza, ma la crudelta’ dell’uomo sull’uomo. Avrei dovuto dire entrambe”. “Il popolo ebraico nel mondo ha sempre avuto il mio sostegno e questo non verrà mai meno. Sono dispiaciuta per il dolore causato”, ha aggiunto l’attrice 66enne.
Era il 3 febbraio del 1998 quando un aeromobile da combattimento americano, decollato dalla base militare di Aviano, tranciò di netto i cavi della funivia del Cermis. Quel giorno non vi era nessuna pandemia o obbligo di green pass per turisti e sciatori. Le piste innevate sui monti della Val di Fiemme accoglievano turisti da mezza Europa e gli impianti di risalita riportavano gli stessi in quota per l’ennesima discesa. L’ultima.
A fungere da attrazione turistica, oltre la bellezza delle Dolomiti, erano ormai da diversi mesi le improvvise e incoscienti acrobazie che i caccia americani compivano sorvolando la Val di Fiemme. A bassa quota, sempre più bassa. Ma tra l’eccitazione dei vacanzieri ignari, incominciarono nella valle a levarsi voci di proteste: pastori e contadini trentini si lamentarono aspramente della pericolosità di simili incursioni aeree. “Vacche e capre le si spaventa e nol fa più il latte”, “cosa i fa che la guerra xe finia da un pezzo”, “prima o poi ghe scappa il morto”.
Cermis, “prima o poi ci scappa il morto”
A nulla valsero gli avvertimenti e le proteste dei valligiani contro una potenza, quella americana, arrivata fin qui nella seconda guerra mondiale per liberarci da un regime per poterlo sostituire con un altro. Nel 1998 in Italia non v’era la guerra. Essa però infiammava da diverso tempo a pochi chilometri dai nostri confini, lungo la sponda opposta del Mare Adriatico. In quel periodo i Balcani erano infatti un enorme campo di battaglia che non risparmiava confessioni religiose o etnie. Caduto il socialismo jugoslavo, genti e milizie iniziarono a massacrarsi tra loro per le rivendicazioni più svariate, a volte nobili, troppo spesso malvagie. L’Europa guardava preoccupata questa cruenta trincea alle sue porte. All’Italia sembrò di rituffarsi nel passato, nella sua storia che, proprio in quelle terre orientali tra le pietre del Carso e le onde della Serenissima, scrisse le sue pagine più buie.
Sulla testata Middle East Eye, che si occupa prevalentemente di notizie inerenti le dinamiche mediorientali, è da poco disponibile un articolo in cui viene allegata una lettera riguardante gli incontri tra l’ex Presidente americano George Bush e l’ex primo ministro britannico Tony Blair, prima dell’inizio della guerra in Iraq. I due leader si erano incontrati nel ranch texano dell’allora presidente statunitense, dal 5 al 7 aprile 2002, al fine di prendere alcune decisioni sul futuro intervento in Iraq contro il regime di Saddam Hussein.
La lettera che inchioda Bush e Blair
L’epistola in questione è stata scritta da David Manning, addetto alle politiche estere durante il governo Blair, ma al suo interno non vi sono informazioni sulla sicurezza del petrolio, né un piano per l’instaurazione di un governo democratico e tantomeno un progetto per mettere fine al terrorismo, come viene fatto notare in un altro articolo di Middle East Eye.
Ancora Donald Trump, ancora contro Joe Biden. Lo rende noto un’Ansa di stamattina, entrando nel dettaglio dell’ultima apparizione pubblica del tycoon.
Trump: “Biden ci porterà alla terza guerra mondiale”
Dopo le ultime invettive proferite in Arizona, stavolta Trump parla da Conroe, in Texas, ed è carico più che mai contro Biden. “Quello che Putin e la Russia stanno facendo con l’Ucraina non sarebbe mai accaduto con me presidente. Sotto il mio sguardo l’America era rispettata, forse più rispettata che mai”, afferma Trump, aggiungendo che con la “debolezza e l’incompetenza di Biden si rischia una terza guerra mondiale”.
Arrivano poi bordate contro la Nato, e di nuovo contro la gestione dell’immigrazione del presidente: “Dovrebbe inviare truppe al confine con il Messico: solo lo scorso anno cinque milioni di persone hanno attraversato il confine illegalmente”. E poi ancora: “Sotto il mio sguardo l’America era rispettata, forse più rispettata che mai. Biden ha tradito Israele e ha presieduto alla catastrofe dell’Afghanistan. Con me invece abbiamo costruito la più grande economia al mondo, distrutto l’Isis, riportato le truppe a casa e fronteggiato la Cina”,
Schiaffo della Corte Suprema a Joe Biden. Con una votazione contrastata, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha bloccato uno dei pilastri della politica del presidente Joe Biden nella lotta alla pandemia, che prevedeva l’obbligo di vaccino o test periodici per più di ottanta milioni di lavoratori del settore sanitario e dell’assistenza.
La decisione segna una vittoria per ventisei aziende sanitarie e per i ventisette Stati a guida repubblicana che si erano opposti al provvedimento. Negli Stati Uniti, dove sono morte più di 800 mila persone a causa del Covid, solo il 63 per cento del Paese risulta pienamente vaccinato, e di questi solo il 37 ha ricevuto la terza dose.
Via le mascherine dalle scuole e stop all'obbligo dei vaccini per i dipendenti pubblici. Il primo giorno da 74mo governatore della Virginia del repubblicano Glenn Youngkin è stato caratterizzato da 11 azioni esecutive tra ordini e direttive che azzerano molte delle misure anti-Covid presenti nello Stato americano ma anche la fine "dell'uso di concetti divisivi, tra cui teoria critica della razza, nell'istruzione pubblica".
In particolare, quest'ultima misura è la messa in pratica di una istanza crescente nella galassia Gop e ha a che fare con la Critical care theory (CRT) che secondo la Brookings Institution "non attribuisce il razzismo ai bianchi come individui o anche a interi gruppi di persone" (...) ma "afferma che le istituzioni sociali statunitensi (ad esempio il sistema di giustizia penale, il sistema educativo, il mercato del lavoro, il mercato immobiliare e il sistema sanitario) sono condizionate dal razzismo incorporato in leggi, regolamenti, regole e procedure che portano a risultati differenziati per razza”, riporta HuffPost.
l commissario per la salute di New York Mary Bassett ha ammesso di aver intenzionalmente presentato in maniera fuorviante le cifre sui ricoveri per Covid dei bambini. Questo per diffondere allarmismo sul virus, allo scopo di terrorizzare i genitori e convincerli a vaccinare i figli. «Volevamo far passare l’idea che tra i bambini stava esplodendo un’epidemia di infezioni. I numeri che avevamo diffuso erano contenuti, erano basati su 50 ricoveri. Ora sono qualcuno di più, ma rimangono numeri contenuti. Lo abbiamo fatto per spingere i pediatri e le famiglie a vaccinare i bambini», ha specificato la Basset nel corso di una conferenza stampa avvenuta lo scorso 27 dicembre.
I numeri sui bambini presentati in maniera fuorviante per spaventare i genitori
Basset si riferisce a una nota inviata ai medici dal Dipartimento della Salute dello Stato di New York alla vigilia di Natale, in cui si avvertiva di una «tendenza al rialzo» nei ricoveri pediatrici per coronavirus. L’aumento, si legge nel documento, si è concentrato nell’area di New York City, e si basa su dati raccolti tra il 5 dicembre e la settimana a partire dal 19 dicembre. La nota, però, non specificava il numero di bambini ricoverati in ospedale, limitandosi ad affermare che i ricoveri di New York City sono aumentati di «quattro volte» durante il periodo preso in esame. Con la dichiarazione del 27 dicembre la Basset riconosce quindi che il Dipartimento della salute dello Stato ha manipolato la diffusione dei dati per spaventare i genitori.
Oltre 600 residenti, zero vaccinati. Da quando il vaccino è diventato disponibile nessuno degli abitanti di Alpthal si è vaccinato. Non solo: tutti si dicono orgogliosi della loro resistenza. Sono poco più di 600 i residenti di questo comune svizzero del cantone di Svitto a circa mille metri sul livello del mare, conosciuto fino a pochi giorni fa solo per la sua vista spettacolare sulle Alpi e per essere tra le località di uno dei percorsi europei del Camino de Santiago. Da quando la notizia ha iniziato si è diffusa gli svizzeri hanno soprannominato la gente del posto “i ribelli del coronavirus”. Nella confederazione elvetica è vaccinato il 65% delle popolazione.
I medici che abitualmente frequentano il paese assicurano di averlo consigliato, soprattutto ai pazienti a rischio e agli anziani, ma che non è servito a nulla. L’intera cittadina diffida a tal punto del vaccino che le autorità sanitarie l’hanno inserita nel programma di vaccinazione effettuato tramite autobus, trasformati in centri di vaccinazione e che vanno a vaccinare negli angoli più remoti del Paese. Ma non è servito a niente.
Quando l’autobus è arrivato in città, il sindaco Adelbert Inderbitzin ha parlato a nome deI cittadini, con una frase eloquente: “Torna da dove sei venuto. Non c’è bisogno di vaccini qui.” Per il sindaco Inderbitzin una cosa è certa: chiunque voglia vaccinarsi può farlo nella vicina Einsiedeln. “L’autobus delle vaccinazioni si fermava nella nostra città e aspettava per ore senza che nessuno venisse a vederlo“, sosteneva il suo atteggiamento, “ho risparmiato loro più tempo di attesa perché sapevo che non sarebbe venuto nessuno“.
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