I virus sono organismi microscopici. Vengono chiamati nemici invisibili proprio perché sono subdoli. Riescono ad attaccare un organismo quando questo meno se lo aspetta e, in alcuni casi, sono pure in grado di scatenare pericolose pandemie. Come nel caso del Sars-CoV-2, rilevato per la prima volta nel dicembre 2019, a Wuhan, in Cina, ma chissà da quanto tempo in circolazione. Come e dove si è originato? Non lo sappiamo. Tre sono le opzioni più papabili: nella provincia dello Hubei, nei meandri del sud-est asiatico (la più probabile) o chissà in quale altro luogo. I virus sono quindi anche misteriosi. A maggior ragione se prendiamo in considerazione i virus animali che, di punto in bianco, e grazie a condizioni favorevoli, effettuano il salto di specie. La cosiddetta zoonosi, come ha spiegato nel dettaglio lo scrittore David Quammen nel fondamentale libro Spillover, uscito in Italia per Adelphi.
In casi simili, se pensiamo ancora una volta alla pandemia di Covid-19, è pressoché impossibile risalire all’origine dell’infezione. Per maggiori informazioni chiedere all’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), fresca di una lunga missione a Wuhan per rimettere insieme le tessere del mosaico e fare luce sulla nascita del Sars-CoV-2. A distanza di un anno, gli scienziati non hanno ancora prove certe. È partito tutto da un pipistrello? È l’ipotesi più probabile. Ma per quale motivo l’infezione si è scatenata a Wuhan? Chi ha portato il virus nel cuore di una delle megalopoli più moderne della Cina? È assurdo pensare che uno dei pipistrelli presenti tra la Cambogia, il Myanmar, la Thailandia e il Vietnam sia riuscito a volare per 1.200 chilometri fino alla provincia dello Hubei. Molto più facile che sia stato un essere umano a trasportare la bestiola notturna fin lì. Oppure il pipistrello potrebbe aver infettato un altro animale, l’eventuale ospite intermedio, a sua volta responsabile del contagio umano. Quale animale intermedio? Magari un pangolino, o un altro animaletto della foresta entrato in contatto con il pipistrello infetto, poi raccolto da un uomo e portato in città in qualche mercato. Tutte le piste sono al vaglio degli esperti.
La strategia dell’Europa sui vaccini è un fiasco. Decidono le aziende farmaceutiche, senza conseguenze. È troppo tardi per cambiare?
La strategia dell’Europa sui vaccini contro il COVID-19 si sta rivelando un vero e proprio fiasco. Ne parliamo ormai da settimane, e non soltanto perché le aziende farmaceutiche che hanno messo a punto i vaccini – e con le quali la Commissione Europea ha stretto accordi già a partire dalla seconda metà dello scorso anno – non stanno consegnando le dosi promesse, ma perché i contratti negoziati a livello europeo danno alle aziende farmaceutiche tutto il potere.
La Commissione Europea ha messo i soldi e si è assicurata milioni e milioni di dosi di tutti i vaccini più promettenti, ma a livello contrattuale si è messa in ginocchio. E la maggior parte dei contratti firmati non sono ancora stati resi pubblici nonostante il Parlamento Europeo chieda da mesi la massima trasparenza sugli accordi raggiunti.
I ritardi nelle consegne delle dosi si accumulano di settimana in settimana – l’Italia è stata costretta ad interrompere e rallentare la campagna di vaccinazione per mancanza di dosi – c’è ben poco che l’UE possa fare o che sta facendo, se non chiedere ai Paesi membri di avere fiducia e non andare a cercare i vaccini altrove, senza il supporto dell’UE.
“Ci hanno mentito. Hanno tenuto nascosto tutto”. Blindato dietro visiera protettiva e doppia mascherina, il dottor A. L. di Roma non ha dubbi sulle responsabilità dell’epidemia da coronavirus: è colpa della Cina. Dopo aver visitato 300 pazienti – “anche positivi” – e aver seppellito colleghi, il medico condanna senza pietà il ritardo con cui Pechino ha reso nota l’entità del contagio e la sudditanza politica dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms): “una marionetta nelle mani della Cina.”
L’opinione di A.L. trova largo consenso in Italia, dove – secondo uno studio condotto congiuntamente dell’Istituto Affari Interazionali (IAI) e dal Laboratorio di analisi politiche e sociali dell’Università di Siena – la maggioranza (ben il 79%) è convinta che la responsabilità della pandemia sia da attribuire alla Cina, mentre quattro rispondenti su cinque ritengono che Pechino dovrebbe anche ammettere le proprie responsabilità per la diffusione di Covid-19 nel mondo. Il motivo sta in quel mese di ritardo intercorso tra i primi casi e l’ufficializzazione della trasmissibilità del virus. Ovvero, il presunto insabbiamento da parte delle autorità di Wuhan, per non rovinare i festeggiamenti dell’imminente Capodanno cinese. Ma tra i molti errori qualcosa si salva. Come le capacità gestionali dimostrate dal sistema cinese, considerate un modello da seguire dal 63% degli italiani.
Il risultato del sondaggio, per quanto apparentemente dissonante, riflette in maniera cristallina il grande paradosso cinese. La Cina appare con le sembianze di un Giano Bifronte: focolaio della pandemia (salvo smentite), rimane il più grande paese in via di sviluppo del mondo con le sue tradizioni alimentari discutibili, il pallino per la censura e lo strabismo di un apparato amministrativo farraginoso che risente costantemente delle tensioni tra autorità centrali e periferiche. Talvolta, con l’effetto di ritardare la risposta in situazioni di crisi. Ma la Cina è anche il paese che per primo ha saputo domare il virus, formulando – con il plauso dell’Oms – soluzioni replicate (non sempre con ugual successo) in altre parti del mondo. Un risultato ottenuto grazie agli avanzatissimi apparati tecnologici (pensiamo agli occhiali termoscanner o alle mascherine autodisinfettanti) e alla mole di risorse statali dispiegate, tanto umane quanto economiche. Ovviamente l’establishment di Pechino ha fatto il possibile perché a prevalere, nell’opinione pubblica mondiale, fosse questo secondo aspetto. In alcune circostanze c’è riuscito, in altre no.
Il regime cinese ha messo in moto una grande macchina di comunicazione, per far dimenticare alcune cose e evidenziarne altre.
Dalle parti di Pechino non devono aver preso bene la decisione di Donald Trump di riferirsi al Coronavirus come il “virus cinese”. Una definizione che scarica in una sola direzione la responsabilità della diffusione della malattia (la cui pericolosità gli Stati Uniti hanno compreso molto tardi) e si scontra direttamente con la strategia contraria perseguita da Pechino: cancellare dal pianeta l’idea che la pandemia sia “colpa” della Cina.
Al contrario, approfittando della situazione ormai quasi sotto controllo (fatto salvo il rischio ricaduta), Xi Jinping ha le idee molto chiare su quale sia l’obiettivo da perseguire: presentare la Cina come un esempio di solidarietà e un modello da seguire per chiunque voglia sconfiggere l’epidemia, offuscando quanto più possibile il fatto che il Coronavirus si sia diffuso partendo dalla Repubblica Popolare anche a causa del colpevole ritardo con cui le autorità hanno riconosciuto ufficialmente ciò che stava avvenendo.
I mezzi per riuscire in questa difficile impresa sono, in patria, i media di stato. Ma a livello internazionale è ai social media occidentali che la Cina sta affidando la comunicazione, spronando i suoi diplomatici sparsi ai quattro angoli del globo a iscriversi a Twitter e altre piattaforme vietate in patria per diffondere il più possibile il messaggio giunto direttamente da Pechino. Che, sintetizzato al massimo, recita così: se c’è una cosa per cui la Cina va ricordata, è l’efficacia della sua risposta e la solidarietà internazionale dimostrata.
Il centrodestra continua a crescere, il centrosinistra continua a perdere consensi. La Supermedia settimanale di YouTrend per l’agenzia di stampa Agi, anche oggi certifica il costante declino dei giallorossi, Pd in testa. Di contro, i sondaggi confermano la costante crescita di FdI, che, si legge nel commento ai dati, «realizza un nuovo record». Complessivamente il centrodestra si conferma ampiamente coalizione maggioritaria, volando verso la maggioranza assoluta con il 49,3% dei consensi (+0,6%) contro il 37,2% di Pd, M5S e Leu (che perdono 0,7 punti).
YouTrend: per FdI «nuovo record» nei sondaggi
La Lega resta primo partito e, con una crescita di mezzo punto, raggiunge il 23,5%. Perde invece lo 0,4% il Pd che scende al 19,2%. Continua, poi, a crescere FdI, che guadagnando lo 0,2% si attesta, secondo la Supermedia di YouTrend, al 16,7%, «realizzando – si legge nel commento ai numeri – un nuovo record», rispetto alle edizioni precedenti dello stesso “sondaggione”. E ora bisognerà attendere i contraccolpi al terremoto che ha investito il Pd con le dimissioni di oggi di Nicola Zingaretti per vedere se, come già registrato da altri sondaggi, il partito di Giorgia Meloni supererà i dem anche nella Supermedia.
«A Zingaretti ho mandato un messaggino... ma gli italiani chiedono.... salute, vaccini, lavoro, rimborsi... spero che nel Pd non passino settimane a decidere chi deve fare cosa perché non abbiamo tempo da perdere». Lo ha detto il leader della Lega Matteo Salvini, oggi a Catania per l'udienza sul caso Gregoretti. «Mentre Pd e 5Stelle litigano su leadership e problemi interni, la Lega è interamente concentrata sui problemi degli italiani», ha aggiunto.
«Mi spiace per gli altri partiti che litigano ed è grave che il segretario del secondo partito in Italia si dimette perché nel Pd parlano solo di poltrone, detto da lui». Così Salvini parlando delle dimissioni di Zingaretti da segretario del Pd. «Fortunatamente la Lega è a servizio dell’Italia - dice - di Draghi e del Governo, ci stiamo occupando di vaccini e salute».
«Conto che la pace fiscale cancelli decine di milioni di cartelle esattoriali fino a 5.000 euro. Sto lavorando su questo» ha aggiunto Salvini. Le inchieste di Ragusa e di Trapani sulle Ong? «Siamo solo all’inizio», si dice convinto il leader della Lega
La terza serata del Festival di Sanremo, dedicata alle cover dei 26 artisti in gara, è stata vista da 7 milioni 653 mila spettatori, pari al 44,3% di share. Un risultato molto simile a quello della seconda serata, mercoledì 3 marzo. Nel dettaglio, come riporta davidemaggio.it, la prima parte - dalle 21 e 31 alle 23 e 49 - ha catturato l'attenzione di 10 milioni 596 mila spettatori (42,4%); nella seconda parte - dalle 23 e 53 all’1 e 59 - la kermesse ha appassionato 4 milioni 369 mila spettatori (50,56%). Un risultato dignitoso per il direttore artistico del Festival Amadeus, che comunque non riesce a raggiungere i numeri molto più alti dell'anno scorso.
La terza serata di Sanremo 2020, infatti, venne vista da 13 milioni 533 mila spettatori con il 53,6% di share nella prima parte e 5 milioni 636 mila con il 57,2% nella seconda. In media, la serata dei duetti dell'anno scorso aveva fatto registrare 9 milioni 836 mila spettatori e il 54,5%. Parlando del flop di quest'anno e del calo degli ascolti, Amadeus in questi giorni ha detto: "La gente è arrabbiata: c'è una situazione che non è paragonabile a nessun'altra e questo si riflette sui dati d'ascolto".
Il conduttore della 71esima edizione del Festival però non si abbatte: "I dati che leggo mi sorprendono in positivo: siamo in un mese in cui ci sono le partite, che tolgono dai 3 ai 5 punti, in un momento storico in cui c'è gente disperata. Ci sono persone che la sera non sanno se riescono a mettere il piatto a tavola: questo Paese è come se vivesse una guerra in questo momento". Dopo la serata dedicata alle cover, comunque, a posizionarsi in cima alla classifica è Ermal Meta con Caruso di Lucio Dalla. Sul secondo e terzo gradino del podio, invece, Annalisa e Willie Peyote.
In 239 si sono presentati in diverse zone d’Italia allo sportello postale per rivendicare il reddito di cittadinanza. Pin alla mano, autocertificazioni compilate, così come prevede la misura di sostegno economico fortemente voluta dai grillini, hanno chiesto e ricevuto l’attivazione delle card elettroniche prepagate sulle quali sono state accreditate le somme previste. Peccato però che non ne avessero diritto. Le indagini, portate a termine dai finanzieri del Comando Provinciale di Rovigo in collaborazione e in stretta sinergia con l’Inps, sono iniziate lo scorso dicembre quando le fiamme della Tenenza di Occhiobello hanno bloccato un tentativo fraudolento di riscuotere il reddito di cittadinanza da parte di 23 persone tutte provenienti dalla Romania.
Un’integrazione al reddito che i 23 romeni non avevo il diritto incassare. La legge infatti prevede che chi chiede questa tipologia di sostegno economico debba, alla data di presentazione della domanda, risiedere in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due 2 in modo continuativo. I finanzieri però non si sono fermati ai 23 romeni e hanno scoperto che il fenomeno era tutt’altro che episodico. Su 673 persone controllate, ben 239 non possedevano il requisito della effettiva residenza in Italia e, per tali ragioni, sono state tutte denunciate alle Procure della Repubblica di: Milano, Napoli, Roma, Cosenza, Lodi, Bari, Torino, Pavia, Massa, Agrigento, Foggia, Genova, Vercelli, Pisa, Latina, Imperia e Rovigo, rispettivamente competenti per il luogo di presentazione dell'istanza.
L’Inps ha provveduto a sospendere il pagamento ma le somme indebitamente percepite ammontano a 400 mila euro. Considerano che il reddito di cittadinanza viene corrisposto a decorrere dal mese successivo a quello di presentazione della domanda e per almeno 18 mesi prorogabili per ulteriori 18, il tempestivo intervento dei finanzieri ha anche impedito l’illegittima corresponsione di somme che oscillano fra un minimo di circa 1.875.000 euro e un massimo di 4.500.000 euro. In Italia, complice la pandemia da Covid 19, sono 1,3 milioni i nuclei familiari, circa 3 milioni di italiani, che hanno percepito il reddito di cittadinanza. L’importo medio è 528 euro.
Il contagio da coronavirus galoppa. E con quello i ricoveri: i posti occupati in terapia intensiva, stando al bollettino del 4 marzo, sono 2.475, ma soprattutto in 24 ore si sono registrati 232 ingressi totali. Ci si avvicina pericolosamente alla soglia critica dei 3mila ricoveri in intensiva, che è considerata soglia di allarme. E ancora, la curva epidemiologica ha ripreso incrementi esponenziali: siamo ufficialmente alle prese con la terza ondata. E infatti le regioni tendono pericolosamente verso la zona rossa, verso il lockdown: la Lombardia è già in arancione scuro e Guido Bertolaso, due giorni fa, ha confermato che tutta Italia "procede verso la zona rossa, Sardegna esclusa".
E il governo di Mario Draghi starebbe già valutando ulteriori chiusure, ulteriori strette, insomma nuovi provvedimenti. Compreso il lockdown nazionale. Obiettivo principale, limitare al massimo lo spostamento delle persone ed evitare i contatti. Secondo quanto ripetuto da Roberto Speranza e Mariastella Gelmini, ministri della Salute e degli Affari Regionali, "i prossimi quindici giorni saranno decisivi, dobbiamo monitorare l’effetto delle ordinanze sul cambiamento di fascia", ripetono come un mantra.
Da domani, sabato 6 marzo, sarà in vigore il primo decreto Draghi, che non prevede ulteriori restrizioni rispetto a quelle in atto, in particolare per le regioni collocate in zona gialla. Eppure, tra le nuove misure, si starebbe ragionando su un coprifuoco anticipato, portato alle 20 rispetto alle attuali 22. L'ipotesi era stata scartata da Draghi prima del varo del dpcm in atto da domani, o meglio il premier aveva deciso di prendere tempo in attesa di vedere l'evoluzione del quadro, che ora però sembra volgere al peggio.
E ancora, tra le ipotesi sul piatto, quella di limitare la possibilità di visita a parenti e ad amici, non soltanto all'interno delle zone rosse. Poi, c'è chi ha agito in autonomia, come la Lombardia: visite proibite anche in arancio scuro. Possibile che la scelta venga estesa su scala nazionale, con l'eccezione delle zone gialle.
Non ci crede. Pensa che sia uno scherzo. E invece è vero. Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia e voce spesso critica del Centrosinistra, apprende da Affaritaliani.it delle dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario del Partito Democratico. "Davvero non me l'aspettavo", commenta a caldo. Poi riflette: "So per certo che Zingaretti aveva opinioni irriferibili su alcuni suoi compagni di partito e so che i rapporti con una parte del gruppo dirigente erano pessimi, ma non mi aspettavo affatto che si arrivasse alle dimissioni. Zingaretti ha lavorato in queste settimane per un congresso che ridefinisse complessivamente la linea del partito, visti i nuovi scenari politici con la nascita del governo Draghi. Evidentemente la linea del segretario ha incontrato resistenze fortissime. Zingaretti immagino che non abbia avuto le garanzie di andare a un congresso vero e come Dio comanda, cioè aperto e finalizzato a un rinnovamento concreto".
Cacciari aggiunge: "Questa è la spiegazione che posso dare a caldo, ma su una cosa non ci sono dubbi: le dimissioni di Zingaretti sono l'ultimo atto per il Pd, una vera e propria catastrofe". Chi adesso come segretario? Orlando? Bonaccini? Nardella? "Non lo so davvero", afferma l'ex primo cittadino di Venezia. "Uno vale l'altro vista la situazione. Mi informerò con quelle due o tre persone di cui mi fido. Ma, ripeto, è una catastrofe ed è chiaro che l'immagine che viene fuori del Pd dalle dimissioni di Zingaretti è di un partito a pezzi", conclude.
Anche Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno commentato le dimissioni di Zingaretti da segretario del Partito Democratico. “Spiace che il Pd abbia problemi interni che costringono Zingaretti a dimettersi" dice il leader della Lega "ma noi oggi stiamo lavorando coi ministri della Lega per produrre vaccini in Italia, per rottamare 65 milioni di cartelle esattoriali, per far arrivare rapidamente i rimborsi attesi a 3 milioni di Partite Iva, professionisti e imprenditori. Dalle parole ai fatti”.
"Non entro nelle dinamiche interne di altri partiti e non lo farò nemmeno col Pd" scrive su Twitter Giorgia Meloni. "Ammetto, però, che dopo anni di malgoverno e dopo gli ultimi scandali sulle mascherine, avrei commentato volentieri le dimissioni di Nicola #Zingaretti da Presidente della Regione Lazio...".
Italia autosufficiente sui vaccini anti Covid. Il tema è al centro del tavolo del Mise e si sta procedendo “a individuare le aziende che dal punto di vista infrastrutturale e tecnologico potrebbero essere in grado, in un ristretto arco temporale di produrre vaccini in Italia. Anche sulla base di accordi commerciali con multinazionali detentrici dei brevetti”. E’ quanto ha spiegato ieri alla Camera Giancarlo Giorgetti, facendo il punto sulle modalità alle quali ricorrere. Tra queste “la riconversione degli impianti industriali esistenti” grazie ad “adeguati ausili pubblici” e “appositi contratti di sviluppo”.
Incontro tra Giorgetti e il commissario Ue Breton
Stamattina Giorgetti ha incontrato il commissario europeo Thierry Breton, al fine di discutere la disponibilità al trasferimento tecnologico dei brevetti, che è la condizione essenziale per poter poi procedere. Ciò – ha dettagliato Giorgetti – può essere realizzato anche attraverso la riconversione degli impianti esistenti e la strutturazione di filiere in grado di garantire tutte le fasi della produzione. Da supportare con adeguati ausili pubblici per le imprese interessate e che sul fronte della produzione necessitino di idonei bioreattori per la produzione del principio attivo del vaccino” o che “richiedano idonee strutture per l’infialamento” del siero. La riconversione dei siti richiederà un minismo di 4-8 mesi.
Sono oltre 250mila le dosi del vaccino di AstraZeneca che l'Italia ha proposto di bloccare sulla base del nuovo meccanismo europeo sul controllo dell'export
L'Italia ha bloccato l'export di un loto di vaccini di AstraZeneca versa l'Australia. Si tratta del primo caso in Ue di blocco di esportazione di dosi. Secondo quanto scrive il Financial Times, Roma ha deciso di impedire l'esportazione di 250 mila dosi di vaccino. L'Italia ha notificato a Bruxelles la sua proposta di blocco alla fine della scorsa settimana nell'ambito del meccanismo di trasparenza delle esportazioni di vaccini dell'Ue. La commissione aveva il potere di opporsi alla decisione italiana e non l'ha fatto, hanno spiegato alcuni funzionari italiani al Ft che fanno notare come non sia stata una decisione unilaterale italiana. Nell'ultimo vertice dell'Ue il presidente del Consiglio, Mario Draghi, aveva insistito sul blocco delle esportazioni fuori Ue per le aziende che non rispettano i contratti siglati con l'Unione.
La Ue s’arrende al vaccino Sputnik. La Russia si prende la sua rivincita sulla scettica Europa. E finalmente l’Ema accoglie l’assist di Mosca sul vaccino anti-Covid di Putin. L’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha avviato la valutazione del siero russo che, in base alle dichiarazioni rese in queste ore da Kirill Dmitriev, capo del fondo sovrano russo che ha finanziato lo sviluppo dello Sputnik, è pronto a sbarcare nel vecchio continente. E con decine di milioni di dosi. Per l’esattezza, stando a quanto riferito da Il Giornale sul suo sito, «le autorità russe sarebbero pronte a fornire ben 50 milioni di vaccini agli europei a partire da giugno. Presumibilmente in seguito al via libera definitivo di Bruxelles». Nato dall’evidenza che: servono i vaccini. Ovunque.
Ue e vaccino Sputnik: l’Ema valuta l’opzione russa
Dunque, dopo essersi letteralmente infilata in un cool de sac. dopo aver sommato errori su errori. Tra lacune e carenze, ritardi e disguidi, l’Unione Europea ha continuato a mantenere il punto con Mosca, ostracizzando il vaccino Sputnik finché ha potuto. Nonostante gli inviti al suo utilizzato avanzati in queste settimane in maniera bipartisan da Fdi a Zingaretti, da Salvini a Berlusconi. Passando per esperti e virologi di chiara fama. E culminando assai probabilmente nella telefonata di ieri intercorsa tra Mario draghi e la Von del Leyen, con il premier convinto dalla linea sovranista per la campagna vaccinale. Malgrado l’alternativa del vaccino di Mosca fosse sul tavolo, come valida possibilità ai sieri occidentali, in ritardo su produzione e consegne.
Di riffa o di raffa, al Festival di Sanremo spesso e volentieri rispunta la politica. È accaduto anche nella terza serata della kermesse dell'Ariston, quella dei duetti. A dare una spurzzatina politica al Festival ci ha pensato Madame, giovane cantante che si è presentata con la cover di Prisencolinensinainciusol, il famoso brano di Adriano Celentano del 1972. Brano controverso e che viene considerato il primo rap nella storia della musica italiana.
Madame ha scelto la canzone per parlare della "incomunicabilità" e lo aveva anche preannunciato su Twitter: "Questa sera mi vesto da professoressa - ha scritto la cantante su Twitter - professoressa Madame. Con Prisencolinensinainciusol e i miei amici di avventura vogliamo chiedere All Right? Il mondo avanza, il sistema scolastico no. Tutto Bene?". E sul palco, su cui è salita intorno all'una di notte in veste di professoressa, ecco comparire anche i famigerati banchi rotanti che ci riportano alla mente la disastrosa parentesi di Lucia Azzolina al ministero dell'Istruzione.
Già, perché durante la performance, degli attori si sono mossi seguendo il ritmo della musica girando sul palco proprio seduti ai banchi a rotelle. Ogni riferimento, insomma, non è sembrato puramente casuale. La scelta ha ovviamente scatenato i social network, che hanno cannoneggiato contro la Azzolina: "Madame sul podio già solo per aver portato sul palco dell'Ariston i banchi con le rotelle che finalmente sono serviti a qualcosa". E ancora: "Grazie Sanremo e grazie Madame per dare un senso alla spesa fatta per i banchi con le rotelle la scorsa estate", "Grazie a Madame almeno abbiamo capito a cosa servivano i banchi a rotelle". E questi sono soltanto tre tweet in un diluvio di sfottò contro la Azzolina.
Il virologo del San Martino di Genova, Matteo Bassetti si dichiara preoccupato. «Occorre fare attenzione per tutto marzo e correre con le vaccinazioni», dice, prefigurando lo scenario scenario di una terza ondata virulenta che, dichiara, «temo farà male». La situazione sembra sfuggire di mano: la curva dei contagi non decresce. Il dato dei ricoveri in terapia intensiva aumentano sensibilmente. Le varianti impazzano significativamente. E il virus amplia lo spettro del suo raggio d’azione coinvolgendo giovani e giovanissimi. Le scuole restano per lo più aperte, ma in molte regioni, e non solo sul fronte dell’istruzione, si procede in ordine sparso. E mentre l’esperto riassume lo status quo della nostra realtà epidemiologica e indica suggerimenti e chiarimenti su vaccini: somministrazioni. Il ricorso alla monodose per i guariti dal Covid e la predisposizione dei richiami a seconda dei prodotti disponibili, un dubbio aleggia pesantemente… Come accelerare? E ancora: le iniziative fin qui messe a punto, potrebbero non garantire la soluzione…
E’ iniziata oggi davanti al Tribunale di Firenze l’udienza preliminare per il rinvio a giudizio di Tiziano Renzi e Laura Bovoli, genitori dell’ex-premier Matteo Renzi.
Tiziano Renzi e Laura Bovoli sono indagati per bancarotta fraudolenta e false fatturazioni, reati per i quali nel febbraio 2019 erano finiti agli arresti domiciliari .
La misura cautelare venne poi revocata dal Tribunale del Riesame dopo 18 giorni.
L’inchiesta riguarda il fallimento delle cooperative ‘Delivery Service Italia‘, ‘Europe Service‘ e ‘Marmodiv‘, che si occupavano in particolare di volantinaggio e distribuzione di materiale pubblicitario.
Nel corso dell’udienza il procuratore aggiunto della Procura fiorentina, Luca Turco, ha depositato una memoria integrativa di una quarantina di pagine per rafforzare l’accusa nei confronti dei coniugi Renzi e di altri 16 imputati.
L’udienza preliminare è stata poi aggiornata dal gup al 10 marzo dopo che le parti avranno preso visione dei nuovi elementi portati dal pubblico ministero.
Secondo le accuse della Procura di Firenze, Tiziano Renzi e Laura Bovoli arebbero stati amministratori di fatto delle coop, tramite persone di fiducia o comunque condizionando le decisioni prese all’interno delle stesse società dedite, in particolare, al volantinaggio e alla distribuzione di materiale pubblicitario.
L'istruttoria per chiedere il rinvio sarebbe già pronta, ma il consiglio dei Ministri prende tempo prima di definire delle date ufficiali
Pare ormai quasi certo che le elezioni amministrative, originariamente in programma per la prossima primavera, verranno rinviate almeno al mese di ottobre.
In questa direzione sembrano infatti convergere sempre più numerose voci di corridoio raccolte nelle ultime ore e provenienti da fonti sia governative che parlamentari.
Lo spostamento sarebbe dovuto all'innalzamento della curva dei contagi da coronavirus e dai timori sempre più forti dello scoppio di una terza ondata, che sarebbe resa ancora più pesante, secondo quanto ritenuto da alcuni esperti, dall'incremento del numero di casi delle cosiddette "varianti".
È di otto persone accoltellate e ferite a Vetlanda, in Svezia, il bilancio di quello che la polizia ritiene essere “un attacco terroristico“.
L’aggressione è avvenuta intorno alle 15, non lontano dalla stazione ferroviaria di Vetlanda.
E, secondo i media locali, un giovane di 20 anni è stato ferito dalla polizia dopo aver accoltellato le 8 persone.
“Il movente non è ancora chiaro, l’uomo non è ancora stato interrogato”, ha detto Angelica Israelsson Silfver, portavoce della polizia, citata dal quotidiano Aftonbladet.
La stazione ferroviaria di Vetlanda è stata chiusa su richiesta della polizia, che ha dispiegato un vasto numero di agenti per effettuare pattugliamenti e controlli nella città di circa 13.000 abitanti.
Il ministro dell’Interno svedese, Mikael Damberg, ha definito l’attacco “terribile” e affermato che “al momento non è chiaro cosa sia successo e quale fosse il movente”
”La polizia – ha confermato il ministro dell’Interno della Svezia – ha arrestato un sospetto e avviato un’operazione per gestire gli sviluppi dell’attacco e ripristinare la sicurezza a Vetlanda”.
Non è la prima volta che la Svezia , considerata la nuova culla del terrorismo islamico in Europa per le sue generose politiche di accoglienza dell’immigrazione, finisce nel mirino del terrorismo.
Nel 2017 un ordigno era stato fatto esplodere, poco dopo la mezzanotte, davanti a una stazione di polizia a Helsingborg nel sud della Svezia.
Molti hanno ritenuto Valentino Mazzola, il più grande calciatore italiano di tutti i tempi, seppure i parametri e il modo di giocare abbiano subito di decennio in decennio modifiche sostanziali. Di certo, comunque il capitano granata aprì negli anni Quaranta la strada a un nuovo modo di interpretare il football sicuramente più evoluto di quello anteguerra che pure aveva regalato all'Italia due titoli mondiali. Mazzola era calciatore completo nell'accezione moderna del termine: uomo decisivo sia nella propria area sia in quella avversaria capace di unire a una tecnica di altissimo livello anche la potenza e straordinari mezzi fisici, che lo rendevano pericolosissimo anche di testa pur non essendo molto alto. Ma soprattutto aveva l'anima e il carisma del leader. Un'esempio. All'inizio della stagione 1948/49 Mazzola chiese al Presidente di aumentargli lo stipendio, ma questi si oppose, per non far si che nella squadra ci fosse chi guadagnasse di più, chi di meno. Allora Valentino Mazzola si ribellò saltando le prime due gare di campionato. A questo punto furono gli stessi giocatori del Torino a chiedere attraverso un documento l'aumento salariale per il campione. Era una mezzala tradizionale di quelle che correvano instancabilmente avanti e indietro per tutto il campo. Nato a Milano dove giocò per la Tresoldi nel 1939 fu ingaggiato dal Venezia e in tale squadra costituì una formidabile coppia d'attacco con Ezio Loik, insieme al quale passò al Torino nel 1942. Mazzola fu capitano e ispiratore dei granata tra il 1943 e il 1949, periodo in cui lo squadrone torinese si aggiudicò 5 scudetti consecutivi. Nel 1047 vinse il titolo di capocannoniere. Purtroppo, capitan Valentino e i suoi compagni non riuscirono a festeggiare quel trionfo. Infatti perirono a Superga a poche settimane dal termine del campionato. La sua carriera in azzurro, stroncata premutaramente dopo 12 partite e 4 reti.
Il Festival segnato dalla pandemia non decolla. Ieri la prima parte della seconda serata è stata seguita da 10.113.000 spettatori con il 41,2% di share. L’anno scorso la prima parte della seconda serata del Festival fu seguita 12.841.000 spettatori e il 52,5% di share.
Nella seconda parte della serata ieri gli spettatori sono stati 3.966.000 con il 45,7% di share. Mentre lo scorso anno la seconda parte della seconda serata fu seguita da una media di 5.451.000 spettatori con il 56,1% di share. La media ponderata dell’intera serata ieri è stata pari 7.586.000 spettatori con il 42,1%. L’anno scorso era stata di 9.693.000 spettatori con il 53,3% di share. Ma era un altro mondo. E forse questo festival spingerà ad una riflessione su quanto i lockdown hanno modificato la fruizione di audiovisivo, soprattutto per quanto riguarda la tv ’linearè, quella che si vede in diretta dal televisore.
La primavera è la stagione in cui alberi e fiori rilasciano polline nell’aria, il quale può viaggiare anche per molti chilometri.
Se sei sensibile alla polvere oppure al polline, situazione molto comune tra i sofferenti di allergia in Italia (1 milione di italiani nel 2011 secondo l’ANSA), la polvere del tuo materasso combinata con il polline può causare allergie più o meno fastidiose.
Vaccini per l’allergia?
Non esistono vaccini per eliminare permanentemente un’allergia, così in questo articolo vogliamo consigliarti alcune precauzioni da seguire per ridurre al minimo gli attacchi di allergia durante il cambio di stagione ed evitare il più possibile starnuti, naso che cola, congestione nasale, prurito al naso e gocciolamento, mal di testa... sintomi negativi derivati dall’allergia.
Un sintomo predomina sugli altri
Tieni presente che in qualche persona solo un sintomo predomina sugli altri, quindi se pensi di non soffrire di allergia al polline e ogni giorno ti ritrovi con uno di questi disturbi, probabilmente ti conviene effettuare dei test per stabilire con chiarezza se sei allergico al polline.
Ma ora veniamo ai consigli!
A cura di Aldo Maria Valli per aldomariavalli.it
È il 13 novembre 2018 quando l’arcidiocesi di Palermo notifica a don Alessandro Maria Minutella un decreto di scomunica datato 15 agosto 2018: “L’arcivescovo, monsignor Corrado Lorefice, dichiara le scomuniche latae sententiae, in cui lo stesso sacerdote è incorso per il delitto di eresia e per il delitto di scisma”.
Il provvedimento ha fatto seguito alla sospensione a divinis avvenuta nel 2017.
Anche se per la Chiesa è ormai ex parroco ed ex sacerdote, don Minutella non rinuncia a far sentire la sua voce. Definisce la Chiesa attuale “neoariana, neomodernista e neoluterana” e, respinta al mittente l’accusa di eresia, vi aggiunge quella di apostasia, mettendo duramente sotto accusa papa Francesco, da lui considerato pontefice non legittimo.
Come si può ben capire, siamo in presenza di un caso limite, pieno di risvolti che lo rendono quanto mai controverso. Inoltre don Minutella, per sua stessa ammissione, si esprime in modo alquanto dirompente. Ritengo tuttavia che alcune sue argomentazioni, al di là del modo in cui sono espresse, contengano elementi degni di essere presi in considerazione. Ecco dunque perché, anche in seguito alle richieste di non pochi lettori, ho deciso di porre a don Minutella alcune domande.
Continuano a crescere i numeri del contagio e dei ricoveri da Covid. I nuovi positivi nelle ultime 24 ore sono stati 20.884, a fronte dei 17.083 di ieri. I morti, poi, sono arrivati a 347, quattro in più di ieri. Il totale delle vittime da inizio pandemia arriva così a 98.635. E mentre da più parti si lancia l’avvertimento sulla terza ondata ormai praticamente già in atto, un nuovo preoccupante studio arriva dai pediatri: i bambini obesi hanno un rischio tre volte superiore di sviluppare forme gravi di Covid. Un allarme che si fa particolarmente importante alla luce della diffusione delle varianti. E delle statistiche sui bambini in sovrappeso nel nostro Paese.
Cresce il numero dei ricoverati
I tamponi effettuati nelle ultime 24 ore sono stati 358.884 contro i 335.983 di ieri. Il tasso di positività risale così al 5,8%, dal 5,08% di ieri. In aumento anche le persone ricoverate in terapia intensiva che sono 84 in più, per un totale di 2.411. Crescono i numeri anche dei pazienti nei reparti ordinari: 193 più di ieri per un totale di 19.763 (+193). I guariti nelle ultime 24 ore sono stati 14.068, che portano il totale degli italiani usciti dalla malattia da inizio pandemia a 2.440.218. Gli attualmente positivi sono, invece, 437.421, vale a dire 6.425 più di ieri, per un totale di contagiati da inizio emergenza pari a 2.976.274 persone.
Un bonifico da 125mila euro erogato a favore della Idro Social Shipping, società proprietaria della Mare Jonio, costituirebbe la prova principale racconta dagli inquirenti nell'ambito dell'indagine che coinvolge anche Luca Casarini
Per i magistrati di Ragusa sono due le prove principali a sostegno delle indagini rivolte verso Luca Casarini e altre tre persone legate a doppio filo alle attività della Mare Jonio, la nave dell'Ong Mediterranea Saving Humans.
Da un lato un bonifico da 125mila euro erogato dalla società danese Maersk Tankers alla Idra Social Shipping, proprietaria della Mare Jonio. Dall'altro una finta gravidanza che ha giustificato un trasferimento in elicottero di una donna risultata poi in un buono stato di salute, tanto da essere dimessa da un ospedale
L'Ungheria di Viktor Orban è, di fatto, da tempo fuori dall'Europa in tante cose. Lo è, ad esempio, da quando (nei mesi ‘caldi’ della crisi libica e siriana e dell’invasione di decine di migliaia di profughi da Nord Africa e Medio Oriente) Budapest ha di fatto unilateralmente 'sospeso' il trattato di libera circolazione all'interno dell’Unione Europea, vietando l'ingresso nel Paese agli immigrati; o, ancora, da quando ha 'chiuso' ermeticamente il suo Paese nella prima fase della pandemia di Covid a primavera 2020; o, pure, in tempi recentissimi, quando ha dato il via libera all'arrivo in Ungheria del vaccino russo Sputnik, fregandosene dei 'se' e i 'ma' dell'Agenzia europea del farmaco (Ema), di fatto agendo in modo del tutto unilaterale.
Per questo suo anti-europeismo di fondo, il suo partito Fidesz è stato da tempo sospeso dal Ppe, il gruppo dei Popolari europei al Parlamento europeo. Lui ha sempre fatto spallucce, restando di fatto anche a Strasburgo in una ‘terra di nessuno’ nella quale ha sguazzato a piacimento. E oggi, mercoledì 3 marzo, alla vigilia del voto sulla revisione dello statuto dei popolari europei che, secondo gli osservatori, potrebbe portare all'esclusione del partito magiaro, ha preferito battere sul tempo il Ppe annunciando l'uscita di Fidesz dal gruppo.
Un addio che potrebbe aprire a uno scenario con importanti ripercussioni sulla politica di casa nostra. Perché, con il probabile (a questo punto) passaggio di Orban al gruppo dei conservatori europei guidato da Giorgia Meloni (dove è già approdato l'ex leghista Sofo, compagno di Marion Le Pen), nel gruppo del Ppe a Strasburgo potrebbe aprirsi uno 'slot' per la Lega di Matteo Salvini. Silvio Berlusconi e il braccio destro dello stesso leader leghista, Giancarlo Giorgetti, da tempo premono perché Salvini si muova in quella direzione. Per la Lega si tratterebbe di uno spostamento epocale, che tra l’altro ricucirebbe drasticamente le distanze tra il Carroccio e Forza Italia.