capture 107 06092020 092631Ci siamo. A meno di due anni dalle elezioni per il Quirinale è persino normale per la politica italiana trasformarsi in una maionese impazzita. Lo è già normalmente. Ma è in questo ultimo miglio che i rituali minuetti diventano grandi manovre e che l’istinto a complicare e a sovrapporre lievita a dismisura fino a sgonfiarsi magicamente nell’ora fatale dell’habemus presidente. Fu proprio in questo lasso di tempo che Cossiga cessò d’incanto l‘aplomb di grigio notaio degli intrighi parlamentari per diventarne l’implacabile picconatore. Le cause della sua metamorfosi non furono mai indagate, ma è certo che il biennio che precede l’elezione del Quirinale è popolato di spettri.

La scadenza del Quirinale manda in tilt la politica

Quello che terrorizza Giuseppe Conte ha le sembianze di Mario Draghi, da più parti invocato come il salvatore della patria altrimenti sommersa dal suo debito pubblico. Da quando ha lasciato la guida della Bce, Draghi è una sorta di moderno centauro: metà risorsa e metà minaccia. Il premier sente sussultare la propria poltrona di Palazzo Chigi ogni qualvolta l’ex-banchiere esterna. Lo fece a marzo per tracciare una via d’uscita alla crisi da Covid. Lo ha rifatto ad agosto dal meeting di Cl a Rimini. In entrambe le occasioni ha parlato più da politico che da sommo esperto di finanza: sì all’aumento del debito pubblico purché «buono», finalizzato cioè a nuovi investimenti.

 

Il premier terrorizzato dal banchiere

Un doppio brivido per Conte, il cui merito è stato quello di non far trasparire più di tanto la propria preoccupazione-irritazione. Presiede un governo formato in gran parte da scappati di casa e sa che perderebbe ogni confronto. Così ha scelto la resistenza gommosa da Prima Repubblica .«Draghi l’avrei visto bene alla guida della Commissione Ue, ma mi dissuase», ha raccontato alla festa del Fatto Quotidiano. Un promoveatur ut amoveatur senza successo che lo ha convinto a piazzare sulla barricata eretta a propria anche la poltrona del Quirinale. «Vedrei bene un Mattarella bis», ha rivelato senza curarsi troppo di come il Mattarella attuale avrebbe accolto le sue parole. Ma tant’è: nel biennio della maionese impazzita persino le gaffe diventano strategiche.

di Marzio Dalla Casta per www.secoloditalia.it