«Non ho più fiducia in te». Quando un amore ti rivolge questa frase guardandoti negli occhi vuol dire che la storia è già finita. Chiusa per sempre. Un giudizio definitivo senza speranza di recupero. Tradire la fiducia produce la perdita di credibilità, frantuma ogni certezza, e di colpo il traditore è rifiutato, guardato con disprezzo, giudicato come abusivo della propria buona fede e dei propri sentimenti e di conseguenza allontanato con rancore e ignorato con sdegno come persona ingrata, inattendibile e fedifraga. Ma, come diceva la famosa canzone, «di amore non si muore» e soprattutto la perdita dei vecchi amori col tempo si dimentica e ne nascono altri,nuovi come le belle stagioni.

Quello che non si dimentica invece è la perdita del proprio patrimonio per colpa di altri, l’esproprio dei propri risparmi accumulati a fatica, la rovina economica personale provocata non da una persona, ma da un’istituzione, quella sicura, quella che godeva, come succede in amore, della nostra massima fiducia: la nostra banca.

Oggi infatti il «non ho più fiducia in te» viene urlato forte in coro dal popolo italiano a tutti i nostri istituti di credito e finanziari, senza distinzione tra Banca Etruria, Banca delle Marche,Banca Veneta o Monte dei Paschi di Siena, e allora la questione è più grave e il problema dell’amore spezzato per sempre diventa nazionale e serissimo.

È un dato di fatto che gli italiani non hanno più alcuna fiducia nelle nostre banche, l’hanno persa in maniera definitiva soprattutto negli ultimi mesi, assistendo increduli a espropri, inganni e ruberie a danno dei risparmiatori o subendo personalmente una serie di ingiustizie, molte circonvenzioni e troppi cattivi consigli, con conseguenze economiche disastrose per i loro piccoli e grandi patrimoni.

Quegli istituti che una volta erano considerati un sicuro rifugio dei propri beni, una cassaforte inespugnabile dei propri soldi, una sede protetta dove poter ricavare anche dei profitti, oggi sono percepiti come sportelli di Bancomat che ingoiano avidi i nostri euro senza restituirceli, come una appropriazione indebita legalizzata, come se i nostri soldi depositati fossero loro, e il nostro denaro contante che versiamo per averlo a disposizione sul nostro conto corrente e sulle nostre carte di credito viene invece investito e usato dalla stessa banca secondo le proprie esigenze, a nostra totale insaputa. E il nostro patrimonio, grande o piccolo che sia, diventa improvvisamente virtuale, ovvero risulta intero sulla carta, ma non è più a nostra completa disposizione. Un amico banchiere una volta mi rivelò: «I tuoi soldi veri sono soltanto quelli che spendi, il resto non è più tuo realmente, ma della banca»; e se riflettiamo su quello che è accaduto, per esempio dentro il Monte dei Paschi di Siena con migliaia di risparmiatori ridotti sul lastrico, come potergli dare torto?

La fiducia personale, culturale e morale sociologicamente è figlia del soggetto con cui ci relazioniamo, a cui ci affidiamo, e la crisi fallimentare dei nostri istituti finanziari riflette la rottura di questo patto bilaterale d’intesa, con la banca che usa la liquidità versata e che ha in pancia come strumento per massimizzare solo il suo tornaconto e il suo profitto, abbandonando e ignorando chi quella liquidità ha contribuito a ingrassare e ne è in parte titolare, tradendo cinicamente e polverizzando senza remore in tal modo anche la fiducia riposta.

La mancata vigilanza da parte degli organi predisposti, il silenzio delle gerarchie e il disinteresse durato troppo a lungo della politica hanno fatto il resto, facendo precipitare la fiducia degli italiani verso il sistema bancario a livelli mai registrati prima.

La fiducia è un sentimento fragile e interiore che cresce gradualmente, che si costruisce con la razionale evidenza dei fatti, che ascolta poco l’istinto, che conta sulla confidenza e la complicità conquistata verso l’altro, e che nel tempo, superate le iniziali diffidenze, si tramuta in un affidamento incondizionato che non ha ombre, che non ha timori e che non prevede dubbi, che mano a mano diventa scontato come un patto di sangue, ma che come questo, quando viene rotto da un evento criminale, provoca di colpo un trauma, un’emorragia irrefrenabile e mortale di tutto quello che di buono e vitale conteneva,senza alcuna possibilità di tamponamento.

Che oggi la fiducia nelle banche in Italia sia crollata è sotto gli occhi di tutti, e lo dimostrano i dati di vendite, aumentati a dismisura, di casseforti blindate e ultra-sicure, per custodire la liquidità nelle nostre case,proprio come facevano i nostri nonni nascondendo i soldi sotto il materasso. Per toccare con mano la crisi di credibilità basta osservare qualunque anonimo cliente che si reca presso una qualsiasi agenzia di credito. Vi entra con sospetto, si aggira con circospezione attendendo il proprio turno, ansioso di controllare il proprio conto corrente e di verificare con i propri occhi che i risparmi (virtuali) siano ancora tutti certificati nell’estratto conto. E se il correntista vede avvicinarsi sorridente il direttore della filiale, che si congratula con lui e che gli suggerisce un investimento sicuro, o un finanziamento adatto alle sue esigenze, garantendo i tassi migliori sul mercato, perché è un peccato tenere quella liquidità ferma che non frutta interessi, ecco scattare subito in lui la domanda: «Oddio, dov’è la fregatura?» e sentire crescere dentro la preoccupazione per cercare di intuire al volo quale ambiguità si nasconde dietro le proposte del primo responsabile dell’agenzia, e cosa mai lo spinge ad accarezzare con tale interesse la fluidità e la crescita degli interessi del conto in loro affidamento.

Alcuni istituti di credito, pur di fare cassa e di alleggerire i conti dei propri correntisti, sono arrivati a improvvisarsi gioiellieri, proponendo a molti loro clienti di investire il loro denaro acquistando diamanti del Sudafrica, di diverso taglio e di vari carati, venduti virtualmente dalla banca stessa con certificati di autenticità e di valore e con la foto dei brillanti stampata, senza la possibilità di toccarli con mano e apprezzarne la luce e la limpidezza, ma con un prezzo superiore al loro valore e peso effettivo, tanto che se fossero stati comperati da Bulgari sarebbero costati la metà.

È cronaca di questi mesi la voragine di bilancio venuta alla luce nella contabilità di MPS,per aver sostenuto ingenti investimenti e garantito finanziamenti a soggetti e imprese, che non hanno in seguito mai onorato i prestiti ricevuti, che non avevano mai presentato le garanzie, contribuendo a causare una esposizione di diversi miliardi.

La banca toscana ha quindi trasformato nell’emergenza i debiti in azioni, rifilandole come fruttifere a ignari compratori e piccoli azionisti che si fidavano dell’istituto senese, essendo clienti da decenni, senza sapere che lo stesso era già in stato agonizzante.

Grazie al coraggio della tanto vituperata stampa, che ha avuto il merito di denunciarne la condotta scandalosa e l’uso spregiudicato dei beni altrui a vantaggio di pochi eletti e a discapito dei tanti piccoli risparmiatori, il fallimento della banca toscana è venuto a galla e con l’eco dello scandalo, subito dopo il referendum di dicembre, è scattata la grande fuga dei correntisti e dei risparmiatori per il timore di un crac, con la conseguenza che l’istituto di Rocca Salimbeni è stato costretto ad alzare pubblicamente bandiera bianca.

Il risultato? I conti in rosso di quei titoli oggi hanno bisogno del salvataggio da parte dello Stato, cioè di un’iniezione vitale di denari pubblici, vostri e nostri, per un ammontare di oltre 8miliardi di euro, perché le banche non si possono far saltare, perché non sono imprese come le altre, perché la vigilanza bancaria europea è tutta a trazione tedesca e perché tanto il conto arriverà indirettamente a tutti noi italiani contribuenti.
E in queste condizioni la fiducia perduta nei confronti di tutti gli istituti bancari si è estesa a macchia d’olio, come un virus, anche verso tutti i “potenti” d’Italia, verso i ricchi privilegiati che hanno tratto profitto dai prestiti non restituiti (a breve avremo l’elenco completo dei nomi), verso i governanti e soprattutto verso tutti i politici, perché è inconcepibile che i rappresentanti delle istituzioni non sapessero ed è indiscutibile che gli stessi avessero rapporti di vario genere e interesse con il terzo istituto del Paese.

Come è potuto succedere tutto questo? si chiedono in molti, ma la domanda vera da farsi è verso chi e cosa gli italiani volgeranno in futuro lo sguardo e le proprie speranze dopo aver perso irrimediabilmente la fiducia nelle banche,nella politica e nelle stesse istituzioni. E quale autorità, quale figura non ancora all'orizzonte, quale solido pilastro sarà in grado di rassicurarli, di riconquistarli e di fidelizzarsi con loro? E quante stagioni dovranno passare per sperare di veder nascere un nuovo amore?

Un Paese senza fiducia (e senza soldi), infatti, è come un amore tradito, senza alcuna speranza di recupero e destinato inevitabilmente a fallire. Che è un po’ come morire.

di Melania Rizzoli per liberoquotidiano.it 

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