capture 049 05022021 095859Che il Covid-19 lasci strascichi significativi per lungo tempo dopo aver superato la sintomatologia più o meno severa ed essersi negativizzati è stato confermato da numerosi studi nel corso del mesi. Adesso una nuova indagine, pubblicata sugli Annals of Internal Medicine, ha scoperto che circa un terzo dei pazienti che hanno ricevuto un test positivo al Sars-CoV-2 continuano ad accusare sintomi anche dopo sei settimane dalla formale guarigione, cioè dal o dai tamponi negativi.

I punti importanti del lavoro dell’università di Ginevra sono un paio.

Primo, questi strascichi riguarderebbero anche persone senza particolari patologie pregresse. Il secondo è la varietà di questi sintomi persistenti: si spazia infatti dalla stanchezza duratura al dolore al petto, senza contare (ma non sono queste le rilevazioni dello studio ginevrino) i danni ai polmoni – come ha confermato un altro studio su 10 pazienti condotto dai ricercatori dell’università di Oxford con una nuova tecnica di scansione – e quelli neurologici di cui molto si parla negli ultimi tempi. Secondo un altro studio ancora, stavolta tedesco, il virus riuscirebbe infatti a insinuarsi nel cervello delle persone passando attraverso il naso, più precisamente attraverso le cellule dell’epitelio olfattivo a cui si lega e con le quali può viaggiare lungo le fibre nervose, gli assoni, che collegano i neuroni periferici al cervello. Lo fanno anche diversi altri virus come Herpes simplex 1 o Varicella Zoster, che transitano dagli epiteli ai nervi della spina dorsale o del trigemino.

Il long Covid, insomma, è una realtà di cui i medici dovranno prendere maggiore consapevolezza. Sono infatti ancora troppo pochi i percorsi terapeutici follow up specifici, che accompagnino e monitorino i pazienti una volta considerati guariti e dimessi. Secondo il gruppo di medici ed epidemiologi svizzeri – che ha esaminato i dati di 700 persone con test positivo, anche asintomatiche, di età media 43 anni e che al momento della diagnosi non erano in gravi condizioni – circa un terzo delle persone ha continuato ad accusare uno o più sintomi anche dopo sei settimane. Lo studio non si è lanciato oltre i 45 giorni di monitoraggio: potrebbe quindi anche darsi che i disturbi siano durati di più. Fra i pazienti il 70% non aveva particolari fattori di rischio. Per cui se la Covid-19 può manifestarsi in modo più o meno severo, o anche non manifestarsi del tutto, al culmine dell’infezione, le conseguenze che lascia dopo la negativizzazione riguardano una bella fetta di positivi, fra i quali quelli che al momento della positività avremmo definito asintomatici.

Ma quali erano nel dettaglio questi sintomi? La stanchezza anzitutto, nel 14% dei casi, poi l’affanno (9%) e la perdita dell’olfatto e del gusto (12%). Problemi temporanei che tuttavia possono appunto durare a lungo. Il 6% spiegava di avere ancora tosse e il 3% mal di testa. Il tutto senza appunto considerare problematiche più profonde, impossibili da riportare in autodiagnosi, ma che altri studi hanno appunto individuato in diversi organi e apparati, dal cuore ai reni fino, appunto, al cervello. Sempre in quest’ultimo caso, un’ulteriore indagine statunitense, pubblicata su Neurology Clinical Practice, rivista scientifica della American Academy of Neurology, ha scoperto come anche i pazienti che si ammalano in modo non grave possono andare incontro a complicazioni neurologiche come ictus, crisi epilettiche e disturbi del movimento.

di SIMONE COSIMI per  www.vanityfair.it