capture 027 12092021 101606In un articolo uscito il primo novembre del 2001 (che si può agevolmente trovare in rete), Edward Said, cioè il classico esempio di studioso ideologizzato all’eccesso che va sempre più di moda nei campus americani, a commento delle tesi di Huntington, e a ridosso dell’attentato dell’11 settembre, già dal titolo indicava la strada che un Occidente invertebrato, travolto da un’autocolpevolizzazione parossistica (ma ciò vale anche per l’Europa, sia chiaro), avrebbe percorso e continua a percorrere anche oggi, nel ventennale dell’attacco alle Twin Towers. Il titolo era: più che di civiltà è scontro di ignoranze.

L’11 settembre e gli abbagli di certa stampa correct

Al di là delle patetiche osservazioni sulla “rozzezza” di scrittura e “ineleganza” di pensiero che contrassegnerebbero l’opera di Huntington, l’articolo, innanzitutto e ovviamente, derubricava gli attentatori a un “piccolo gruppo di militanti usciti di senno”, a una “piccola banda di fanatici impazziti”, e quindi con evidenti “motivazioni patologiche”, per poi continuare sugli immancabili grandi servigi resi all’Europa dalla cultura islamica (con la stoccata di prammatica alle tesi di Henri Pirenne), sino al solito frasario retorico sul mondo fluido, sull’inanità dei confini, sui pacifici milioni di islamici in Europa (“che c’è di così minaccioso in questa presenza?” è la domanda rassicurante), sulla “sorprendente interdipendenza del nostro tempo”, sulla comune eredità abramitica, sul fatto che tutti, “occidentali, musulmani e altri”, nuotino, “allo stesso modo” si badi, nelle stesse acque, sul conradiano Cuore di tenebra al solito utilizzato in chiave anticolonialista, sul mischiare impunemente jihad e crociata, dimenticando (guarda caso…) che la prima sta nel Corano, ma la seconda non sta nei Vangeli, e che le crociate (a prescindere da come le si giudichi) furono comunque, e indubitabilmente, una risposta persino tardiva a cinque secoli di incessanti attacchi islamici.

 

Non c’è solo l’Occidente sul banco degli imputati

Per cui, in definitiva, le ignoranze del titolo finivano con l’essere un’intera civiltà (l’Occidentale) ancora arroccata su di un inaccettabile senso di superiorità, da un lato, e un pugno di terroristi fuori di testa, dall’altro.
In breve, le tesi di Huntington andavano rigettate, allora e oggi, perché irriducibili al quadro ideologico dominante, che vede solo l’Occidente (e l’Europa) sul banco degli imputati, schiacciato dal peso delle sue colpe storiche, e spinto ad abbracciare una visione irenica ed ecumenica che non conosce nemici e conflitti, e specialmente il nemico islamico. Un Occidente senza nemici, dove l’unico nemico ammissibile dev’essere se stesso, da combattere con un eterno mea culpa.

Ma la pretesa di non voler avere nemici non mette al riparo da chi ha deciso che sei il suo nemico. Serve solo a renderti sempre più impotente. Perciò la lezione di Huntington non va dimenticata. E perciò le tesi del politologo americano continueranno ad essere così urtanti e dirompenti, come tutta la grande tradizione realista che non ha mai rimosso il conflitto e il nemico, considerandoli, anzi, una ‘regolarità’ del politico con la quale, piaccia o meno, e a onta di tutte le menzogne e le mistificazioni ideologiche, si sarà sempre chiamati a fare i conti.

di Giovanni Damiano per www.ilprimatonazionale.it