capture 007 27092021 105838“Carissimo babbo, parto volontario… sono certo che apprezzerai la mia iniziativa. Se fosse il contrario, saresti un cattivo padre e un cattivo italiano. Ma questo non lo sei mai stato, poiché in tutte e due le funzioni ti sei dimostrato il primo fra tutti, per me… ti bacio affettuosamente, mentre insieme gridiamo: Viva l’Italia!” recitano i passi più significativi della lettera che Ferdinando Camuncoli scrive al padre Ezio quando, spinto dal vigore giovanile e dal patriottismo, decide – con la speranza di arruolarsi nei paracadutisti – di combattere l’esercito invasore. Una seconda sarà indirizzata alla madre, la terza a due compagni di studio (“la parte migliore di noi è nella scia incandescente del riscatto”).

Ferdinando Camuncoli nella Folgore per difendere Roma

Affascinato dai racconti di El Alamein, nel gennaio del ‘44 entra in servizio. Addestrato prima a Perugia e poi Spoleto, stringe un rapporto particolare con il coetaneo Marco Fiocchi, erede di una nota famiglia produttrice di munizioni. Entrambi condivideranno gli ultimi istanti di vita.

Il reggimento di cui fa parte si schiera in difesa di Roma con tre battaglioni – Folgore, Nembo, Azzurro – per la maggior parte composti da giovani e giovanissimi, dislocati tra Ardea e Albano. Nella magnanima illusione – per dirla con il pittore riminese Luigi Pasquini – di fermare l’America, l’impresa appare sin da subito disperata. Esagerata la sproporzione nelle forze e nei mezzi, troppi gli oltre 3mila carri alleati, protetti dalla marina e coperti dall’aviazione.

 

Agli angloamericani per la verità non basta la supremazia militare. Roma è il simbolo da conquistare, la sua presa il grimaldello per umiliare l’orgoglio italico. E nel momento in cui l’Italia chiama quei folgorini sono lì, a offrire gli anni migliori per quel “qualcosa” che nessun bombardamento avrebbe mai potuto totalmente distruggere: lo spirito di un popolo che ha deciso di mettersi (almeno) al pari con le maggiori nazioni europee. Calpestare la città eterna vuol dire (cercare di) fare tabula rasa su millenni di storia, ergersi a sua difesa, al contrario, porsi dalla parte della civiltà, dell’arte e del diritto.

Trascinando col suo esempio

Il 2 giugno un reparto tedesco abbandona una piccola altura, la cui riconquista è affidata al Nembo, compagnia da poco sulla linea del fronte. L’assalto riesce, ma le perdite sono gravi: tra di loro Ferdinando Camuncoli, il quale si lancia, con coraggio, ripetutamente all’attacco. Cade, colpito mortalmente in fronte, così come gran parte dei suoi commilitoni. Sepolto inizialmente in una fossa comune, ora riposa – nuovamente schierato al fianco degli altri parà – al cimitero monumentale del Verano.

“Gravemente ferito dal piombo nemico a una spalla, ai compagni che volevano portarlo indietro rispondeva in modo sdegnoso. Sanguinante, al limite delle possibilità fisiche… primo si lanciava al contrassalto trascindando col suo esempio” il ricordo, onorato dalla medaglia d’oro al valore militare alla memoria: “Bellissimo esempio di abnegazione e amor patrio”. Contro la fobia del rischio zero, nel tempo di chi vorrebbe medicalizzare ogni aspetto della vita, noi rilanciamo in direzione contraria, riscoprendo un giovane italiano che – usando le sue stesse parole – non è rimasto dietro le persiane dell’attendismo.

di Marco Battistini per www.ilprimatonazionale.it