Dicono che a gennaio, quando il tribunale fallimentare ha messo la parola fine alla sua azienda, lui abbia pianto come un bambino. Trent’anni e più di lavoro cancellati per un debito di poche centinaia di migliaia di euro. Che non sono pochi, certo. Ma come dice qualcuno: «Per una azienda con trenta operai si potevano forse trovare soluzioni differenti».

  Gaetano Saviotti, 57 anni, proprietario della «Nuova Demolizione» di Rivoli, una società specializzata nello smontaggio e nel recupero di automezzi, si è ammazzato ieri mattina lanciandosi dal tetto di uno dei capannoni. Era entrato di nascosto, scavalcando il muro di cinta. Poi, non visto, è montato sul tetto e si è lasciato cadere.  Che storia quella di Gaetano Saviotti. Partito dal nulla da ragazzino aveva creato un’azienda che nei momenti migliori era arrivata a dare lavoro anche a cinquanta operai. Poi era arrivata la crisi e una parte era stata lasciata a casa, ma in trenta avevano continuato a smontare auto, camion e furgoni. A rivendere pezzi, a riparare mezzi per rimetterli su strada. Poi era saltato fuori quel debito con il proprietario della struttura: un anno di affitti non pagati. E c’erano stati anche altri guai: problemi con gli stipendi, crediti venuti meno con le banche. Fino a che la contabilità era finita in tribunale. Fallimento e chiusura dell’attività. Tutto ciò che c’era nei capannoni è stato venduto: centomila euro o poco più, ad un’azienda di Fermo, che proprio in questi giorni con i suoi tecnici sta smontando i carriponte e portando via l’attrezzatura migliore.  

Quando la società è morta, Gaetano Saviotti s’è trovato alle corde. Il matrimonio con la seconda moglie - da cui ha aveva avuto una bambina che oggi ha nove anni - è saltato. E dopo la sua attività ha perso anche la casa. In pochi - raccontano adesso - gli hanno dato una mano. Tra loro c’è Leopoldo - un amico di vecchia data - che lo ha messo in contatto con una comunità evangelica. Che gli ha offerto un tetto sulla testa e due pasti caldi al giorno. Poco? Forse, ma certamente meglio che vivere per strada.  

Le ultime foto che lo ritraggono risalgono a qualche settimana fa quando Leopoldo lo ha portato a cena per il compleanno. Pizza, birra, qualche risata. Passata la serata di festa era tornato quello di sempre. E ogni giorno andava in corso Allamano a guardare i capannoni della sua azienda, chiusa. Lo vedevano in tanti. Parlava con pochi.

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dall'articolo di  LODOVICO POLETTO  per lastampa.it 

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