L’Italia potrebbe toccare nel 2016 il 50% di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani, o almeno sfiorare tale quota simbolica. I dati arrivano a rilento e vengono vagliati e rielaborati con lenta meticolosità dall’Ispra che solo in questi giorni ha pubblicato i consuntivi del 2015. Dai quali emerge che “nel 2015, la percentuale di raccolta differenziata raggiunge il 47,5% della produzione nazionale, facendo rilevare una crescita di + 2,3 punti rispetto al 2014 (45,2%).”

L’Italia potrebbe toccare nel 2016 il 50% di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani, o almeno sfiorare tale quota simbolica. I dati arrivano a rilento e vengono vagliati e rielaborati con lenta meticolosità dall’Ispra che solo in questi giorni ha pubblicato i consuntivi del 2015. Dai quali emerge che “nel 2015, la percentuale di raccolta differenziata raggiunge il 47,5% della produzione nazionale, facendo rilevare una crescita di + 2,3 punti rispetto al 2014 (45,2%).” E’ un dato ancora abbondantemente al di sotto del 65% previsto dalla direttiva europea, ma comunque del tutto rispettabile a livello europeo dove solo Germania, Svezia e Belgio fanno nettamente meglio, mentre anche Francia e Gran Bretagna, per non parlare della Spagna, sono ancora  indietro nel cammino verso la “economia circolare”.

Ma andiamo con ordine, cominciando da un dato che solo per i più preparati addetti ai lavori è ovvio: il leggerissimo, millimetrico calo della produzione complessiva dei rifiuti solidi urbani. Nel 2015 abbiamo prodotto complessivamente 29 milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti, con una media di circa 487 kilogrammi pro/capite. Il calo della produzione complessiva è stato dello 0,4% ma in realtà, secondo le statistiche incrociate utilizzate da Ispra, c’è stato anche un calo della popolazione residente e quindi i rifiuti sono scesi solo dello 0,2% procapite. In pratica un kilo in meno a testa.

 

Le differenze notevoli di produzione procapite per regione o per area geografica dipendono da vari fattori, per esempio dalla quantità di turisti, che fa sballare le proporzioni con la popolazione residente, o dalla tipologia di rifiuti che dal circuito del commercio e dell’artigianato confluisce o meno nei rifiuti solidi urbani. In Emilia si calcola che la produzione media per abitante/anno sia superiore ai 600 kili, in varie zone del Sud è sotto i 400. Ma non necessariamente a maggiore sviluppo corrispondono più rifiuti e viceversa. Il “disaccoppiamento” tra produzione di rifiuti e trend degli indicatori socioeconomici è l’obiettivo principale del Programma nazionale di prevenzione dei Rifiuti varato nel 2013 dal Governo e sconosciuto ai più, anche se dovrebbe essere oggetto di educazione civica generalizzata. Ad attirare lo sguardo degli ambientalisti sono i risultati della provincia di Treviso, non certo una delle più povere province italiane, ma una di quelle, tra Enna e Ogliastra, con più bassa produzione procapite di rifiuti. I kili nel Trevigiano tra il 2014 e il 2015 sono passati da 361 a 351 a testa (e contemporaneamente la differenziata è balzata all’84%, uno dei migliori risultati al mondo).

Tornando ai dati nazionali hanno deluso, con il modesto calo dello 0,2 procapite, chi si aspettava una riduzione significativa dovuta o a politiche antispreco o semplicemente alla congiuntura economica. Secondo Ispra – che è venuta dopo Istat e altre rilevazioni – non c’è da stupirsi, anzi ci si poteva persino aspettare un piccolo aumento. “Infatti, a fronte del calo di produzione degli Ru (rifiuti urbani), si osserva un aumento sia del prodotto interno lordo (+1,4% a valori correnti e +0,7% a valori concatenati), sia delle spese per consumi finali sul territorio economico delle famiglie residenti e non residenti (+1,6 a valori correnti e +1,7% a valori concatenati.)” dice il rapporto. Ecco che guardando i rifiuti finalmente sciogliamo i dubbi su come realmente sono andate le cose l’anno scorso? Dal canto loro gli attivisti di Rete Rifiuti Zero fanno notare che comunque sono ormai stabilmente smentite le previsioni di chi ipotizzava una crescita costante e quasi metafisica dei rifiuti. In base a quelle previsioni si mettevano in cantiere sempre nuovi impianti di incenerimento ai quali si farebbe meglio a rinunciare per sempre.

Per quanto riguarda le raccolte differenziate in Italia sono arrivate al 58,6% per le regioni settentrionali, al 43,8% per quelle del Centro e al 33,6% per le regioni del Mezzogiorno. Alla regione Veneto va la palma della raccolta differenziata nel 2015 grazie al 68,8%, seguita dal Trentino-Alto Adige con il 67,4%. Entrambe le regioni sono già dal 2014 al di sopra dell’obiettivo del 65% fissato dalla normativa per il 2012. Seguono, tra le regioni più virtuose, il Friuli-Venezia Giulia (62,9%), seguita da Lombardia, Marche, Emilia-Romagna, Sardegna e Piemonte, queste ultime cinque con tassi superiori al 55%. Tra 45% e 50% si collocano Abruzzo, Umbria, Campania, Valle d’Aosta e Toscana. Liguria e Lazio sono di poco al di sopra del 35%, mentre superano il 30% la Basilicata e la Puglia. La Calabria è la regione che fa segnare la maggiore crescita della percentuale di raccolta differenziata, +6 punti rispetto al 2014, anche se il 25% la colloca ancora al penultimo posto tra le regioni, seguita solo dalla Sicilia (12,8%). Sfiorano i 5 punti di crescita Valle d’Aosta e Lazio.

Quanto alle province, i livelli più elevati di raccolta differenziata si rilevano, analogamente ai precedenti anni, per Treviso, che nel 2015 si attesta all’84,1%. Prossimo all’80% è il tasso della provincia di Mantova (79,9%) e pari al 78,4% quello di Pordenone. Al di sopra del 70% si collocano anche Belluno, Trento, Macerata, Parma e Vicenza. Le peggiori province italiane per la raccolta differenziata sono, invece, tutte in Sicilia: con valori inferiori o di poco superiori al 10%: Palermo (7,8%) Siracusa (7,9%), Messina (10,1%) e Enna (10,8%).

La tipologia di rifiuto che si raccoglie di più è sicuramente quella organica (umido e verde), che da sola rappresenta il 43,3% della raccolta differenziata in Italia. L’ ‘umido’ continua nel trend di crescita degli ultimi 5 anni: nel 2015 ha superato i 6 milioni di tonnellate ed è aumentato del 6,1% rispetto al 2014. A livello nazionale ogni abitante raccoglie in media oltre 100 kg di frazione organica a testa. Seconda tipologia più raccolta in modo differenziato è la carta e il cartone (22,5% del totale), con una leggera contrazione rispetto al 2014, – 0,1%. Dopo frazione umida e carta, è il vetro la terza tipologia di rifiuti più differenziata: pari a 1,7 milioni di tonnellate, va su del 3,3% rispetto al 2014. Seguono poi plastica (1,2 milioni di tonnellate), legno (695mila tonnellate), metallo (260mila tonnellate) e rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche Raee (223mila tonnellate). Per quest’ultima frazione, dopo l’andamento in calo rilevato tra il 2010 e il 2013, si rileva una crescita del +2,1% tra il 2013 e il 2014 del +4,3% nell’ultimo anno.

Infine un cenno alle grandi città dove il successo di Milano è superato da quello di Venezia e dove Roma sta cercando di superare Torino, ferma da anni poco sopra il 41%.

L'analisi di da ilfattoquotidiano.it