Corte CostituzionaleIl primo punto rilevante è la conferma della costituzionalità del premio, che resta alla Camera l'ancoraggio maggioritario superstite. La soglia del 40% è ritenuta "non manifestamente irragionevole" perché nella sentenza 1/2014 si era chiesta una soglia minima per far scattare il premio. Non sappiamo a che soglia ci si dovrebbe nel caso fermare come minimo necessario, ma questa sentenza non preclude affatto l'ipotesi di abbassarla. Non è neanche irragionevole che si sommino in uno stesso sistema premio e soglia di sbarramento, anche perché in questo caso la soglia del 3% è definita "non irragionevolmente elevata" (p. 64).

Quanto al no al ballottaggio, si chiarisce che il No non è affatto relativo al "ballottaggio in sé" (p. 73), ma a questa specifica forma ricorrendo a vari argomenti. I primi due appaiono però sussidiari: ossia la necessità di una maggiore discontinuità tra primo e secondo turno anche aprendo alle coalizioni tra un turno e l'altro (p. 72) e la possibilità di introdurre una soglia per evitare "un consenso esiguo" (Ivi), ma l'argomento chiave è quello della irragionevolezza del ballottaggio in una sola Camera. È "la posizione paritaria" (p. 74) tra le due Camere che rende irragionevole col ballottaggio "una sproporzionata divaricazione tra la composizione di un delle due Assemblee" e il voto (p. 73). Sarebbe invece pienamente costituzionale un sistema tutto basato sul doppio turno in collegi uninominali (p. 74), così come lo è nei comuni, agganciato all'elezione diretta del sindaco (p. 75).

Il sì ai capilista bloccati è giustificato perché la sentenza 1/2014 aveva censurato solo le liste bloccate lunghe che rendevano impossibile la conoscibilità dei candidati, mentre qui i collegi sono "di dimensioni ridotte", l'unico bloccato è il capolista "il cui nome compare sulla scheda elettorale (ciò che valorizza la sua preventiva conoscibilità da parte degli elettori") e del resto ciò è coerente con la "posizione assegnata ai partiti politici dall'art. 49 Cost".

Nessuno spazio quindi alla retorica politica degli ultimi anni che ha erroneamente e rigidamente identificato per le elezioni politiche le preferenze col potere di scelta degli elettori, in controtendenza rispetto ai referendum del 1991 e del 1993 dove ne era stato denunciato l'uso lobbistico e correntizio, oltre agli aspetti degenerativi. Resta il problema dei pluri-eletti rispetto ai quali la Corte ammette di aver dovuto scegliere, per poter avere una legge auto-applicativa, l'unico criterio alternativo all'opzione presenta nella legge, ossia il sorteggio, ben sapendo che potrebbero esservene di migliorii, tra i quali però deve scegliere il Parlamento (p. 89).

Infine il monito che è molto asciutto ed essenziale: si tratta di armonizzare, non di rendere identici, due sistemi già non troppo diversi (il premio della Camera è bilanciato dagli sbarramenti alti al Senato). Esso è in continuità con quello del Presidente Mattarella: spinge ad una riforma, ma senza voler in alcun modo entrare nei conflitti tra le forze politiche e dentro di esse sulla data del voto e sulle modalità concrete con cui operare tale scelta.

articolo di per huffingtonpost.it  

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