mose cerniere 675Nessun appalto: il Consorzio Venezia Nuova affidò i lavori per realizzare il cuore dell’infrastruttura che dovrebbe difendere la laguna direttamente al gruppo Mantovani. Nonostante i richiami della Ue. Lo scandalo delle cerniere del Mose che dovrebbero salvare Venezia dall’acqua alta non è solo il rischio di corrosione – aggravato dall’uso di materiali non idonei – denunciato da una allarmante relazione tecnica depositata al Provveditorato delle opere pubbliche del Veneto. E’ anche un appalto da 250 milioni di euro che all’epoca in cui imperversava il sistema del Consorzio Venezia Nuova, benedetto e diretto dall’ingegner Giovanni Mazzacurati, venne assegnato al gruppo Mantovani senza uno straccio di gara. In nome di una spartizione del denaro pubblico in una terra di nessuno dove le norme della trasparenza e della concorrenza non valevano.

Adesso tutti stanno discutendo dell’elevato rischio che la struttura delle paratie mobili possa collassare, a causa degli effetti dell’ambiente marino sugli acciai, le vernici e i sofisticati meccanismi che sono posti nel cuore del Mose, ovvero le due cerniere per ciascuna delle 78 paratie che formeranno la diga capace di contrastare l’innalzamento dell’Adriatico. In totale le cerniere sono 156 e costano la bellezza di un milione e mezzo ciascuna. In totale fanno circa 250 milioni di euro, un appalto che dal 2010 al 2016 è stato realizzato dalla società Fip di Selvazzano, impresa del gruppo Mantovani che fa capo alla famiglia di Romeo Chiarotto. Mantovani significa Piergiorgio Baita, l’ex amministratore delegato che ha fatto grande l’impresa di costruzioni, ma che è anche rimasto invischiato nello scandalo Mose, come più di vent’anni fa era stato coinvolto nella Mani Pulite veneta che aveva portato all’incriminazione dei ministri Gianni De Michelis e Carlo Bernini.

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Piergiorgio Baita, intervistato dalla Nuova Venezia, ha difeso la bontà dei lavori: “La corrosione c’è. Ma è un problema di manutenzione, non di esecuzione dei lavori, fatti al meglio dalle imprese come da progetto. Alcune scelte tecniche sono state fatte dal Consorzio e dai progettisti sopra le loro teste”. Come dire che eventuali colpe vanno cercate nella struttura tecnica del Consorzio.

Insomma, lo scaricabarile è cominciato. Ma il provveditore Roberto Linetti alcuni giorni fa ha dichiarato a ilfattoquotidiano.it: “I cittadini stiano tranquilli, se il materiale impiegato per realizzare le cerniere del Mose non sarà all’altezza delle aspettative, lo Stato si rivarrà, facendo causa, su costruttori e progettisti. Perché la collettività non può pagare errori commessi da altri”. Da parte sua il Consorzio ha precisato che la criticità principale costituita dalla “protezione catodica” degli elementi-femmina per evitare corrosioni non sussiste, poiché “è stata installata una protezione catodica provvisoria in grado di coprire il rischio di corrosione per un arco temporale di 10 anni.

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dall'articolo di Giuseppe Pietrobelli per ilfattoquotidiano.it

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