DIECI COSE RUSSO CATTELANGli ascolti di "Dieci cose" restano bassi, eppure la Rai difende Walter Veltroni. È lui che ha ideato il programma, e secondo una lettera spedita in Commissione di vigilanza «ormai da tempo è impegnato in attività professionali nel campo della produzione autoriale attraverso libri, film, documentari». Un autentico fuoriclasse, secondo viale Mazzini, che non rivela i costi dello show ma ricorda che l'ex sindaco di Roma è così bravo da aver lavorato anche «con operatori diversi» dalla tv di Stato. È la risposta all'interrogazione presentata dal senatore leghista Jonny Crosio, che chiedeva lumi sulle cifre del progetto. Ipotesi informale: più o meno un milione a puntata, circa 500mila euro ogni sessanta minuti. L'esordio dello show veltroniano è andato male: 10% di share nonostante la prima serata di RaiUno. Un bilancio che aveva fatto gridare l'azzurro Maurizio Gasparri: «Chiudetelo!».

 Il bis non ha invertito la tendenza: sabato 22 ottobre ha fatto l'11,2%. Milan-Juve, su Sky, ha sfiorato il 15. Canale 5 con "Tu Si Que Vales" ha toccato il 22,2%. Eppure viale Mazzini aveva una fiducia granitica in "Dieci cose", il cui produttore esterno - ha ricordato la Lega - è la società Magnolia fondata dal Pd Giorgio Gori: «La Rai ha ricevuto e valutato positivamente le proposte presentate da Veltroni» ha fatto sapere la tv di Stato.

Proposte «che in particolare sono state ritenute di interesse dai direttori di RaiUno e Rai Cultura in quanto coerenti con lo sviluppo editoriale dei relativi canali». La lettera è arrivata il 19 ottobre, quando era già stato certificato il flop dell' esordio veltroniano. Risultato: il lumbard Crosio ha depositato un' altra interrogazione, lamentando l' assenza di risposte sui costi del programma: «Forse in Rai si sono confusi con un altro» elenco di domande, «quelle di Rampelli».

Inferocito, il senatore ha scritto una lettera a tutti i membri del cda e alla presidente Monica Maggioni. E annuncia: «Dirò a Grasso di tutelare il sottoscritto e il Parlamento, non è accettabile avere risposte così evasive».

Gasparri torna alla carica: «Ma perché la Rai vuole uccidere RaiUno che è la rete ammiraglia, quella che deve portare il valore aggiunto, i proventi pubblicitari, e che in gergo si dice "deve pagare gli stipendi" a tutta l' azienda?». E ancora: «La gestione di Campo Dall' Orto ha già massacrati le altre reti».

A inizio ottobre, Veltroni aveva respinto le polemiche sui costi di "Dieci cose" proprio con Libero: «Per tutte le informazioni sul programma dovete rivolgervi a RaiUno o a Magnolia. Io ho solo fornito l'idea del programma. Non ho voluto essere autore né altro».

Una linea ribadita in una successiva intervista a Repubblica: «Lo show del sabato come la fiction è la portaerei della Rai, ma i costi sono un tema che non mi riguarda». A proposito di ascolti, prima che andasse in onda la puntata numero uno, Veltroni spiegava: «L'equazione "quantità è qualità", l'idea che una cosa sia bella se ha tanto pubblico contrasta con l' industria culturale. (…) "L' Isola dei famosi" fa ascolti e non è bello.

Una mia fissazione è ripristinare l'indice di gradimento, che non deve sostituire l'Auditel ma affiancarlo».

Insomma: il programma costa perché è di qualità, anche se il popolino non capisce e guarda i reality. Qualche linguaccia potrebbe dire: l'autocritica veltroniana è come il pubblico di "Dieci cose". Inesistente.

di Matteo Pandini per “Libero Quotidiano”