Luigi Zanda PdLuigi Zanda auspica un nuovo Pd rispetto alle ultime esperienze di governo. Ai microfoni della Repubblica, il tesoriere Dem ripercorre gli ultimi anni della gestione del partito e detta la sua linea per il rilancio. Lotta alle diseguaglianze, con particolare attenzione al Sud, all’ambiente, all’Europa, ma anche alle grandi infrastrutture come la Tav, intrattenendo rapporti più stretti con le grandi democrazie in funzione anti-nazionalista. E non risparmia critiche alla corrente renziana e all’ex presidente del Consiglio: “Aveva promesso che in caso di sconfitta (al referendum, ndr) avrebbe abbandonato la politica, ma non l’ha fatto”. Sulla questione dei conti, Zanda non ha dubbi nel dire che è l’Unione europea a essere dalla parte della ragione: “Hanno miracolato l’Italia non avviando la procedura d’infrazione. In cambio, l’Italia ha promesso rigore nella legge di bilancio. Non dobbiamo mancare alla parola data”. Zanda risponde a chi accusa il Pd di essere il partito dell’austerità, dicendo che è invece la formazione “dei bilanci in regola”, a differenza di altre realtà, su tutte Lega e Movimento 5 Stelle attualmente al governo: “Lega e Cinque Stelle – continua – hanno in comune un disegno autoritario e stanno erodendo la democrazia, sia con comportamenti volgari che con un sistematico assalto ai valori democratici. In Europa, Salvini e i suoi amici conteranno poco e niente perché hanno perso”.

 

La formula del Pd, invece, secondo le idee del tesoriere che, si capisce anche dalle sue parole, non sono condivise da una bella fetta del partito, deve essere la lotta alle diseguaglianze: “Il Pd è la vera forza di contrasto ai gialloverdi e ne combatte la politica di odio e discriminazioni. Ma Zingaretti ha vita difficile perché nel partito ha una maggioranza del 70% e nei gruppi parlamentari le percentuali sono rovesciate a causa delle scelte fatte per le liste delle politiche”.

Gli errori nella gestione del partito ci sono stati, lo sa anche Zanda che tira in ballo anche l’ultima gestione Renzi per spiegare l’ascesa di Matteo Salvini: “Se vogliamo capire, dobbiamo ripensare alla fine delle ideologie, ai venti anni di berlusconismo, alla crisi economica più grave dopo quella del 1929 e via via fino alla sconfitta al referendum costituzionale del 2016 che è stata preceduta da una campagna elettorale troppo personalizzata“. E a chi gli fa notare che quella campagna l’ha condotta Matteo Renzi, il tesoriere risponde: “Era Renzi il segretario Dem e il premier. Quella campagna ha allontanato dal centrosinistra una parte molto vasta del nostro elettorato. L’ex leader Dem aveva inoltre promesso che in caso di sconfitta avrebbe abbandonato la politica, ma non l’ha fatto”.

da ilfattoquotidiano.it