verde alors gretaA Greta Thunberg, la bambina prodigio e la nuova faccia del movimento giovanile per combattere i cambiamenti climatici, hanno raccontato una favola millenarista sulla fine imminente del pianeta per colpa dell’essere umano. Greta, nata quindici anni fa a Stoccolma, ha imparato la favola e la racconta da un un po’ ai rappresentanti dei governi alle Nazioni Unite e ai big della finanza e della tecnologica al World economic forum di Davos accusandoli di averci “messo in questo casino”.

Greta dice alle élite che “noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no”, che “siete rimasti senza scuse e noi siamo rimasti senza più tempo”. Per questo invoca “giustizia climatica” per il popolo. Lo scorso agosto Greta ha pedalato sulla sua bicicletta fino al Parlamento svedese, tre settimane prima delle elezioni, sedendosi sui ciottoli del marciapiede con un cartello dipinto a mano “sciopero per il clima”. Lo scorso venerdì migliaia di studenti, in oltre settanta paesi, hanno imitato l’iniziativa, hanno saltato le lezioni, e hanno letto fuori dalle scuole la preghiera climatica della bambina che vuole salvare il mondo. La genesi dello “school strike” è in un post su Twitter dell’account “We don’t have time” – non abbiamo più tempo (sottinteso: per salvare il pianeta) –, una start-up fondata e guidata dal comunicatore Ingmar Rentzhog che ha come logo un orologio a pochi istanti dallo scoccare della mezzanotte, l’ora “x” della fine dei giorni. Il tweet del 20 agosto con la bambina sola davanti al palazzo del potere ha tra i “tag” il movimento giovanile per la giustizia climatica “Zero Hour” (l’ora zero), la sua fondatrice adolescente Jamie Margolin, e il Climate Reality Project del pioniere della rivolta contro il climate change Al Gore. Rentzhog, fondatore di una società di comunicazione svedese per servizi finanziari, la Laika, è membro dell’organizzazione dell’ex vicepresidente democratico Al Gore e da lui è stato istruito a Denver nel 2017 e a Berlino l’anno scorso. Al Gore è partner della “We don’t have time” di Rentzhog. A simpatizzare per la campagna di Greta c’è insomma la stessa compagnia che nell’ultimo decennio ha raccontato al mondo “La scomoda verità” (è il titolo del docu-film di Gore del 2006) del riscaldamento globale contro i politici e gli accademici che ridimensionavano o negavano la minaccia, i “deniers”. Con Greta il messaggio diventa più minaccioso: dice che il tempo è scaduto. Si era prefigurato, lo scorso 1° agosto, l’Earth overshoot day, il punto di non ritorno, per cui senza basi scientifiche veniva prevista la “fine delle risorse nutritive” planetarie. L’umanità ha superato con successo quella previsione (siamo ancora vivi). Ora i nemici di Al & Greta non sono più i negazionisti ma quelli che ritardano la soluzione del problema, i “delayers”. La sfida per gli amici di Greta è cambiare modello di sviluppo entro il 2030 – in soli dieci anni – eliminando i combustibili fossili dalla generazione di energia: “Dobbiamo lasciarli sotto terra e dobbiamo focalizzarci sull’uguaglianza”, prega la bambina.

da ilfoglio.it