Su Rousseau trisUno strumento tirato fuori quando si vuole scaricare il peso delle scelte sulla base. Salvo due casi, ratifica le volontà dei vertici. Ma un No al Governo spazzerebbe via un'intera classe dirigente. Uno strumento tirato fuori all’occorrenza, in origine pensato per coinvolgere gli iscritti nel processo parlamentare, ma nei fatti diventato utile scappatoia quando le decisioni da prendere sono rischiose sul piano politico o compromettenti sul piano della credibilità. Insomma, quando si vuole scaricare il peso delle scelte sulla base. La volontà del Movimento 5 Stelle annunciata via blog di sottoporre al voto su Rousseau l’accordo di governo in fase di limatura con il Partito Democratico sta facendo registrare malumori crescenti sia tra i dem sia tra i grillini. Nel Pd Carlo Calenda ha annunciato le sue definitive dimissioni dopo il sostanziale ok del suo partito ad attendere il voto dei militanti M5S sulla piattaforma. I dem hanno etichettato nel tempo la piattaforma online come uno strumento “antidemocratico”, “eversivo” e contrario alla Costituzione.

È chiaro, quindi, che la decisione di aspettare l’esito della votazione online è un’ulteriore sconfessione delle proprie posizioni e assume il valore di un riconoscimento differito al ricorso alla democrazia diretta, sacrificando il primato di quella rappresentativa. 

Ma sono i 5 Stelle a vivere ore tormentate per il ricorso a Rousseau: molti dei nuovi eletti hanno contestato via social il ricorso alla votazione online in tempi così ristretti e durante una fase istituzionale delicata, a consultazioni in corso. Un malumore che tradisce la paura che gli iscritti possano bocciare l’intesa con il Pd, con evidenti ricadute sia per la sorte politica dei parlamentari sia per l’immagine stessa del partito. 

Nel corso del tempo, la piattaforma Rousseau ha assunto la funzione di mera convalida delle decisioni che i vertici grillini si preparavano ad assumere. Spesso anche i quesiti sono stati presentati in maniera sibillina, per nulla disinteressata o ingannevole. Fa scuola il voto di febbraio scorso sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini per il Caso Diciotti chiesta dal Tribunale dei ministri di Catania: se si voleva votare sì all’autorizzazione allora bisognava cliccare sul “No” e viceversa. Durante le tante votazioni si sono verificati  più volte guasti tecnici, attacchi hacker, difficoltà nell’accesso, attese estenuanti e problematiche di ogni sorta. Critiche sono state mosse anche dal Garante della privacy sulla vulnerabilità del sistema a gennaio e maggio 2018.  

I voti più delicati sulla piattaforma si sono comunque rivelati una ratifica delle decisioni già prospettate dai vertici del Movimento. Quello che ha registrato il record di preferenze espresse è stato proprio sulla conferma del ruolo di capo politico di Di Maio dopo la sconfitta alle Europee: il 30 maggio scorso con 56.127 preferenze espresse, la piattaforma ha registrato la maggior partecipazione dell’intera storia di Rousseau. Quando il vicepremier fu indicato per la prima volta come leader dai grillini, durante la kermesse di Rimini del 2017, a votare sulla piattaforma Rousseau furono 37.442 iscritti. 

Anche il contratto di governo tra M5S e Lega fu sottoposto al voto della base. Il 18 maggio 2018, i militanti diedero il via libera all’alleanza con il partito di Matteo Salvini approvando a schiacciante maggioranza (94% di sì) il contratto. Solo in due casi i militanti votarono in dissenso rispetto alle indicazioni dei vertici: nel gennaio 2014, quando ancora si votava sul blog di Beppe Grillo (Rousseau è andato a regime nell’aprile 2016), circa 16mila persone votarono per l’abrogazione del reato di immigrazione clandestina e 9mila per il mantenimento. Prima del voto Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio avevano sconfessato pubblicamente i senatori che aveva presentato, facendolo approvare, un emendamento per la depenalizzazione del reato. Dopo il voto, lo stesso Casaleggio padre quasi esultò: “Così è chiaro a tutti che non decidiamo io e Grillo”. 

Qualche settimana dopo, la base sconfessò nuovamente sia Grillo sia Casaleggio che si erano detti contrari alla “farsa” delle consultazioni con il premier incaricato Matteo Renzi. Sulla partecipazione all’incontro trasmesso in streaming come quello precedente tra Bersani e Crimi, anche i parlamentari grillini si divisero in assemblea. La palla passò quindi al voto online: un responso sul filo di lana, con 20.843 favorevoli alle consultazioni e 20.397 contrari. 

Il voto su una alleanza con il Pd, il partito di “Bibbiano”, delle “lobby” e dei “banchieri” rischia però di riproporre i precedenti del 2014: il timore che l’accordo con i dem venga bocciato è forte tra i dirigenti grillini e nel tentativo di contenerlo è stato fin da subito messo in chiaro che il premier dell’eventuale governo giallorosso resterà Giuseppe Conte, l’uomo che al momento gode della maggior fiducia all’interno del Movimento sia tra i leader che nell’elettorato, e vero leader emergente anche in prospettiva futura. Una eventuale bocciatura dell’accordo di governo metterebbe non solo la parola fine alle mire di governo dei 5 Stelle per i prossimi anni ma rappresenterebbe soprattutto un dirompente atto di sfiducia per tutto il vertice del Movimento. In altre parole, la pietra tombale sulla leadership di Di Maio. Per questo c’è chi, soprattutto nell’area vicina a Roberto Fico, non è tanto convinto di lasciare l’ultima parola sulla delicata trattativa Pd-M5S alla piattaforma gestita dalla Casaleggio Associati...