Israel Corrado DebenedettiUn’affermazione quella fatta da Israel Corrado Debenedetti domenica nel corso del convegno sugli ebrei italiani e il sionismo in Castello, promosso dal Meis, che ha fatto storcere il naso a molti e non è passata inosservata.  Una dichiarazione che accende i riflettori su una vicenda storica su cui ci sono ancora molti spunti da chiarire e verificare con attenzione. Cosa intendeva dire e a quali episodi si riferiva Debenedetti con questa sua affermazione nell’ambito di un appuntamento che aveva la finalità di portare alla luce le testimonianze concrete di chi è sfuggito alle persecuzioni razziali, rischiando anche di morire solo perché ebreo? Per sciogliere i dubbi lunedì mattina, prima che partisse per tornare in Israele, dove abita dal 1949, abbiamo chiesto spiegazioni a Debenedetti di questa sua affermazione e lui ha ribadito quanto espresso in sede di convegno.

 

«Mussolini ha salvato circa tremila ebrei - spiega Debenedetti, confermando la sua teoria - perché ha costruito il campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia a Cosenza, al sud. Se lo avesse fatto al nord Italia, probabilmente quegli ebrei che erano internati non si sarebbero salvati. Il campo fu costruito nel 1940 e all’interno sono stati deportati soprattutto ebrei e anche qualche cinese. Era un vecchio campo usato per i prigionieri turchi nella prima guerra mondiale. Gli internati in quel campo di concentramento in Calabria furono poi liberati con l’arrivo delle truppe alleate».

Debenedetti ricorda anche il suo periodo ferrarese, ha vissuto la sua infanzia e la sua gioventù in via de Romei 8 e ha frequentato le scuole statali fino all’avvento delle leggi razziali.

«Quando ci hanno cacciato da scuola perché ebrei - ricorda Debenedetti - siamo andati a scuola di via Vignatagliata nel ghetto, ricordo che come insegnanti avevamo anche Giorgio Bassani, a sua volta cacciato come insegnante dal liceo Ariosto».

A soli sedici anni, nel 1943, Israel Corrado Debenedetti ricorda ancora quando fu incarcerato esclusivamente perché ebreo. E ieri mattina, durante il sopralluogo al Meis ha rivisto la sua cella.

«Che emozione ho avuto? Beh, devo dire che la muratura e un po’ cambiata rispetto a oltre settant’anni fa, però ho provato tanta emozione nel salire quei gradini che portano alla cella».

Quel sedicenne ferrarese ebreo rischiò quell’anno di essere trucidato nella rappresaglia nazifascista davanti al muretto del Castello.

«Mi trovavo in carcere in quella tragica notte - racconta Debenedetti- e quando ho visto che hanno portato via quattro persona tra cui l’ex senatore Arlotti, qualcuno disse che li stavano salvando, invece poi al mattino abbiamo saputo che invece erano stati condotti al macello. Io sono rimasto in carcere fino al 15 gennaio 1944 quando mi vennero concessi gli arresti domiciliari nella mia abitazione di via de Romei. A liberarmi secondo me ha contribuito molto mia nonna Emilia Tedeschi Vita Finzi, che andò a protestare vivacemente negli uffici della prefettura in Castell. o, dicendo che era una vergogna tenere incarcerato un ragazzo di 16 anni che non aveva fatto nulla. La cacciarono fuori in malo modo, ma evidentemente quella sortita ha fatto breccia nel cuore di qualcuno, visto che il mattino seguente mi hanno liberato. Ho passato poi gli ultimi mesi della guerra nel Ravennate, prima a Faenza e poi Brisighella».

Alla fine del conflitto Israel Corrado si iscrive alla facoltà di chimica, ma dopo due anni, nel 1949, decide di partire con la moglie e andare in Israele.

«Perchè sono partito? Per prima cosa volevo abbandonare l’Italia, nazione che aveva tradito gli ebrei e secondo perché volevo costruire una società nuova e più giusta proprio in Isreale. Qualche volta sono tornato a Ferrara in questi anni e l’ho trovata sempre bella, ha preservato il suo fascino. Qui ho ancora tanti ricordi, alcuni belli altri drammatici».

L’anziano ebreo ferrarese ha una risposta anche per gli studenti dell’Uds che domenica mattina contestavano il convegno sugli ebrei con slogan antisionisti, rivendicando la liberazione della Palestina.

«A quei ragazzi - replica - devo dire che se contestato la politica di destra del governo isrealiano mi trovano pienamente d’accordo. Contrario sulle critiche all’esistenza dello stato di Israele. Sono stati tra i primi italiani a credere in quello stato e tra i primi a partire lasciando la mia Ferrara».

di GIAN PIETRO ZERBINI per https://lanuovaferrara.gelocal.it  del 13 DICEMBRE 2016