Travolgente come tanti, angosciante come pochi: “Robinù”, il documentario di Michele Santoro ha dell'incredibile, eppure quella che vediamo e sentiamo è una storia di tutti i giorni, un racconto che accomuna molte persone a Napoli e nel mondo.
Santoro, che possa piacere o no, ha toccato un nervo scoperto della nostra società. Napoli non è una città, sembra quasi uno Stato a sè, come San Marino o il Vaticano, dove le leggi e il modo di vivere apparentemente sembrano ben lontani da quelli italiani, ma ci si sbaglia, perché ciò che spinge a compiere questi gesti per la maggiore è uno status che trova le sue radici nel più comune degli esseri umani. Errori, stupidaggini, follie, si agisce per disperazione, per denaro, per potere, per divertimento e prima o poi qualcuno paga, a caro prezzo, e tornare indietro non è più possibile.
Famiglie distrutte da estranei, dai propri componenti, dalla società e dallo Stato, un caos che sembra non avere limiti e soluzioni. Se pur si conosce la parola malavita si cade dentro e si resta intrappolati: difficile è rimanerne fuori, ancor più doloroso è andarsene lontano.
Volti e nomi in questo film prendono vita: ragazzi giovani che incarnano molti loro coetanei cresciuti nello stesso ambiente, destinati, forse, allo stesso stile di vita malsano. Ragazzi di ieri, di oggi e purtroppo anche di domani, ragazzi che forse tornando indietro non la rivorrebbero questa vita, eppure sono molti, anzi troppi i giovani che ogni giorno vengono coinvolti, vengono trascinati senza neanche troppe difficoltà in questo labirinto di tuguri senza quel futuro che in tanti della nostra generazione cercano.
“Robinù” è un film d'importanza sociale (e per certi versi anche antropologica) ed è una vergogna che sia rimasto soli due giorni in sala. Questo è un caso che va oltre le politiche economiche del mercato: sono film che appartengono a una classe loro, che non è quella del film “difficile”, ma bensì quella dell'attenzione. Sono film che avvertono, che mostrano un pericolo, che danno voce a chi spesso non ce l'ha, che approfondiscono luoghi comuni, che cercano di comprendere ciò che non si riesce a spiegare, sono film semplici, ma umanamente importanti ed è per questo che meriterebbero una visibilità maggiore, un rapporto col pubblico più intenso.
Eleonora Gasparotto Nascimben per Manifesto 0