capture 644 06032020 134709Fabrizio Corona ha speso una vita per apparire tra i primi risultati nella casella delle ricerche su Google mentre ora appare CORONAVIRUS

E’ arrivato il coronavirus in Italia. Due cittadini cinesi in una stanza d’albergo come in un serie televisiva che si rispetti, perché la realtà supera sempre ogni ipotetica costruzione romanzesca, lo hanno introdotto a loro insaputa. A un tiro di schioppo dal Colosseo.

Pazienti isolati in quarantena e situazione sotto controllo, questo riportano le agenzie di informazione. Decessi zero. Nel mondo digitale il virus invece ha già fatto la sua prima vittima e nessuno ne ha avuto contezza. E’ Fabrizio Corona che ha letteralmente "speso una vita" per apparire tra i primi risultati quando si digita la parola CORONA nella casella delle ricerche su GOOGLE mentre ora appare CORONAVIRUS.

 

Nella sezione notizie in poche ore il suo nome è precipitato a pagina quattro, ed è in caduta libera. Rimane invece aggrappato due pagine dopo (forse perché è un alpinista) Mauro Corona con la sua bandana. Una nota birra che ha lo stesso nome del virus sta subendo anche lei una contaminazione linguistica.

Secondo fonti del South China Morning Post, le ricerche sul web hanno avuto un'impennata lo scorso 9 gennaio, giorno in cui l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato ufficialmente che una serie di casi di apparente polmonite, a Wuhan, erano stati causati da un tipo di coronavirus fino ad allora sconosciuto. Ma con la diffusione dei casi accertati sono aumentate, parallelamente, anche le interrogazioni sui motori di ricerca relative alla "corona beer virus".

Dunque in Italia in poche ore l’algoritmo del più importante motore di ricerca del web ha fatto scivolare la vita di Fabrizio Corona in fondo ai risultati. L’infezione si è propagata alla velocità della luce sospinta da milioni di click.

C’è sempre una curiosità pelosa nella ricerca del primo paziente. Chi introdusse la peste a Milano? Manzoni dedica pagine appassionate nei Promessi Sposi all’individuazione del povero soldato,l’untore, che dà il via al contagio e che diventa la prima vittima. In questo caso una vittima non c’è e il cordone sanitario della Capitale ha funzionato. E invece no. Il coronavirus è il primo virus digitale a colpire mortalmente.Le infinite e dolorose vicende giudiziarie di Fabrizio, le sue peripezie televisive costate tempo, soldi e impegno interpretativo stanno affondando nella memoria digitale del web. Se i luoghi non sono un caso l’albergo è a poche centinaia di metri dalla Suburra, nell’Antica Roma luogo di traffici, crimini e immoralità e dove pare ci fosse anche un solido traffico di informazioni e manoscritti. Da lì la notizia si è diffusa come un fulmine al ritmo dei tasti pigiati sugli smartphone.

Corona che precipita nell’invisibilità digitale è come Sinatra con un raffreddore o Picasso senza i colori o una Ferrari senza carburante detta con ironia. Il paziente zero italiano, quindi, è lui. Sconfitto da una febbre arrivata dalla Cina con furore. 

di Patrizio J. Macci per www.affaritaliani.it