capture 074 08052020 175522Ho passato 25 giorni senza dormire. E anche ora quando arrivo a casa non riesco a smettere di pensare agli occhi dei nostri pazienti. Gli occhi dei morti, quelli che non siamo riusciti a salvare, mi accompagnano tutte le notti. Questo è un virus maledetto, in 36 ore ti distrugge. Dobbiamo imparare a conviverci. Ma proprio perché è un virus che ti colpisce duro, alle spalle, non capisco questo accanimento contro la cura al plasma“.

Giuseppe De Donno, 53 anni, è il direttore della Pneumologia e dell’Unità di Terapia intensiva respiratoria all’ospedale Carlo Poma di Mantova che da inizio aprile – per lottare contro il coronavirus – sperimenta il plasma iperimmune. Tradotto: tratta i pazienti con il sangue dei contagiati che sono guariti. I numeri della sperimentazione non sono ancora enormi, circa un centinaio, ma nell’ultimo mese l’ospedale non ha avuto decessi tra le persone trattate: solo pazienti migliorati o stabilizzati.

 

Nessuno si è aggravato e – sottolinea De Donno –

non abbiamo registrato alcun effetto collaterale. Il plasma è sicuro. Non stiamo parlando di una pozione magica. I risultati dello studio stanno per essere pubblicati. A quel punto sarà la letteratura a parlare“.

L’idea di usare il plasma, peraltro sostenuta anche da Giulio Tarro, è partita da De Donno e Salvatora Casari, direttore di Malattie Infettive a Mantova, poi i protocollo è stato messo a punto da Cesare Perotti e Massimo Franchini, direttori di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale a Pavia e Mantova. Il primario di pneumologia, però, ancora non si capacita degli attacchi arrivati alla sua ricerca da parte della comunità scientifica:

Forse i miei colleghi non si rendono conto che divisi si perde. A meno che qualcuno davvero non ami perdere. La cura sta mostrando risultati eppure le critiche, mai nel merito, aumentano sempre di più“.

Perché secondo lei?

Non lo so forse perché sono un uomo libero, un medico di campagna che pensa solo a salvare vite umane. Forse il mondo accademico soffre perché la scoperta arriva da un piccolo ospedale e non da qualche rinomato laboratorio. Di certo se questa cura andrà avanti sarà per merito della rete ospedaliera. Che in Italia resta eccellente. Io non escludo che il plasma si possa utilizzare anche prima dell’insufficienza respiratoria. Negli Stati Uniti stanno pensando di fare dei cicli di plasmaferesi per proteggere il personale medico. Di certo abbiamo aperto una nuova era. Questo è un nuovo modello che potremmo utilizzare anche in futuro. A costi estremamente bassi“.

Il virologo Roberto Burioni mette in guardia dal rischio che il plasma trasmetta altre malattie e sostiene che sia una cura molto dispendiosa. Per questo suggerisce l’uso di un siero artificiale.

Burioni si comporta come se avesse la verità in tasca dicendo che è meglio un farmaco sintetizzato piuttosto che il plasma iperimmune e che secondo lui potrebbe trasmettere malattie, mentre è sicuro grazie ai controlli accurati e meticolosi che facciamo da sempre. Burioni risponderà di quello che dice, ma attaccare la sicurezza del plasma è folle. Fossi il presidente dell’Avis mi vergognerei. È inaccettabile che sia intervenuto mettendo in dubbio la nostra sperimentazione quando avrebbe solo dovuto dire con chiarezza che il plasma è sicuro: se inoculiamo un dubbio del genere, le donazioni crollano. E il plasma iperimmune in questo momento è la migliore arma che possediamo.

Ma è davvero una cura così costosa?

Assolutamente no: per ogni paziente si spendono 82 euro che sono il costo della sacca, del trattamento in laboratorio del plasma e del personale ospedaliero, più o meno quanto gli integratori per la palestra. Se sono tanti per salvare una vita non ho capito nulla della medicina. Poi, se le case farmaceutiche sono in grado di darci soluzioni migliori in tempi più rapidi a prezzi più bassi sarei il più felice della terra. Non credo che sintetizzare il plasma in laboratorio sia più economico. Questa è una cura democratica: arriva dal sangue donato dai guariti.

Il vaccino serve?

Io sono un sostenitore dei vaccini, ma sarà un lavoro lungo. Questo virus muta, ha diversi ceppi. Quello che ha colpito l’Italia non è lo stesso della Cina e in Lombardia stessa ci sono diversi ceppi, basta vedere come sono diversi i decorsi dei pazienti. A noi oggi serve subito un proiettile da usare per la fare acuta: una cura capace di seguire le mutazioni del virus. Il plasma lo fa. Poi, se dalle case farmaceutiche ne arrivasse uno più economico e più efficacie, ne saremmo felici.

Contro il coronavirus sono stati sperimentati diversi farmaci, perché solo per la cura al plasma si sollevano queste polemiche?

I farmaci per l’artrite sono stati usati senza fiatare, il plasma, invece, una cura che funziona senza effetti collaterali è contestata. Forse perché non muove grandi interessi. Però tanti ospedali stanno partendo con il nostro protocollo. È un buon segnale. Non so perché Burioni sia così negativo, ma di certo ha toppato ogni previsione fin dall’inizio della pandemia. E purtroppo ha condizionato molte scelte politiche. Noi ospedalieri non cerchiamo notorietà, vogliamo solo salvare vite umane.

Il governo ha sbagliato?

Era difficile reggere all’urto di un virus così terribile, ma forse avremmo salvato qualche vita in più se la politica avessero ascoltato di meno gli accademici in televisione e di più gli ospedalieri che facevano le notti in bianco inseguiti dagli occhi dei morti.

di Giuliano Balestreri per https://it.businessinsider.com