capture 044 12042021 111016PCI, PC, PRC: alla sinistra del Pd c'è una miriade di partiti che restano divisi nonostante abbiano gli stessi ideali e, spesso, non arrivino all'1%

Una volta le cose erano più facili. Qualcuno era comunista -come insegna Gaber -, qualcun altro democristiano e qualche altro socialista. C’erano anche i liberali e i repubblicani, certo, ma non erano molti. I comunisti, invece, erano molti.

E oggi, che fine hanno fatto? Dov’è finito quel terzo di Paese che si destreggiava con la falce ed il martello, cantando Guccini a pugno chiuso? Certo, il Pd fa la voce grossa a sinistra, ma è un po’ poco, come stile e idee, per raccogliere quell’eredità là.

I vecchi nostalgici comunisti si meritano qualcosa di più forte. Andiamo a vedere, allora, cosa offre il panorama dei partiti alla sinistra del Pd.

«La Chiesa non può che essere reazionaria; la Chiesa non può che essere dalla parte del Potere; la Chiesa non può che accettare le regole autoritarie e formali della convivenza; la Chiesa non può che approvare le società gerarchiche in cui la classe dominante garantisca l'ordine; la Chiesa non può che detestare ogni forma di pensiero anche timidamente libero; la Chiesa non può che essere contraria a qualsiasi innovazione anti-repressiva (ciò non significa che non possa accettare forme, programmate dall'alto, di tolleranza: praticata, in realtà, da secoli, a-ideologicamente, secondo i dettami di una “Carità” dissociata - ripeto, a-ideologicamente - dalla Fede); la Chiesa non può che agire completamente al di fuori dell'insegnamento del Vangelo; la Chiesa non può che prendere decisioni pratiche riferendosi solo formalmente al nome di Dio, e qualche volta magari dimenticandosi di farlo; la Chiesa non può che imporre verbalmente la Speranza, perché la sua esperienza dei fatti umani le impedisce di nutrire alcuna specie di speranza; la Chiesa non può (per venire a temi di attualità) che considerare eternamente valido e paradigmatico il suo concordato col fascismo».

capture 014 09042021 153133Le origini delnome dell'isolasi perdono tra realtà e leggenda. Tra le ipotesi più suggestive c'è quella che fa derivare il nome Procida dal greco "prochetai" cioè giace; infatti se si guarda attentamente la morfologia dell'isola ci si accorge che essa sembra giacere coricata e sdraiata nel mare. Altri ancora fanno derivare il nome da quello di una nutrice di Enea di nomeProcida,che quivi fu da lui sepolta.

Le prime notizie su Procida risalgono, secondo le testimonianze più attendibili, all'VIII secolo A.C. quando, provenienti dall'isola di Eubea,i coloni Calcidesi vi approdarono con il loro bagaglio culturale, in campo artistico e culturale.

E' poi la volta dei Romani che alle isole flegree preferirono la terraferma come sito di villeggiatura, in quanto la loro natura vulcanica mal si prestava alla grandiosità costruttiva dell'architettura romana. Soltanto Capri, per le sue rocce calcaree, ebbe l'onore di assurgere a sede imperiale.

Durante l'alto medioevo, l’isola fu frequentemente battuta dai pirati saraceni che razziarono gli abitanti. Tra le incursioni più devastanti si ricordano quelle dei corsari musulmani capitanati da Barabarossa.

E proprio ad una delle tante incursioni saracene è legata la leggenda diSan Michele Arcangelo, divenuto poi patrono dell'isola. Dopo le incursioni saracene le coste dell'isola si riempirono di torri di guardia e le tipiche case rurali sparse nell'entroterra isolano e quelle costiere dei pescatori vennero abbandonate per il più sicuro promontorio della Terra Murata(precedentemente detta Terra Casata poiché in quest’area si riunivano le case dei procidani per meglio difendersi dalle incursioni Saracene) che, con i suoi 91 m di altezza, costituiva l'unico punto difendibile dell'isola.

capture 013 09042021 104052Fu uno dei delitti più efferati e più odiosi nel "triangolo della morte": il 13 aprile del ’ 45 il quattordicenne che si preparava al sacerdozio, beatificato da Papa Francesco nel 2013, venne torturato e ucciso da un partigiano. Oggi la figlia Meris Corghi chiede perdono per il delitto. Il vescovo di Reggio Emilia Camisasca lo ha definito “un miracolo”.

Il vescovo di Reggio Emilia Massimo Camisasca lo ha definito “un miracolo”. Si tratta del perdono richiesto e ottenuto da Meris Corghi, la figlia del partigiano che, il13 aprile del ’ 45, uccise il giovane seminarista Rolando Rivi, il martire beatificato da Papa Francesco il 5 ottobre del 2013, che allora aveva solo 14 anni. Uno dei delitti più efferati e più odiosi compiuti nel “triangolo della morte” a ridosso della liberazione, per troppo tempo rimossi dall’ opinione pubblica prima che il richiamo dell’ ex partigiano Otello Montanari e il suo famoso “chi sa parli” desse il via al risveglio delle coscienze e anche a una riscrittura della storia di quegli anni.

capture 007 09042021 092532La nascita di Littoria  è direttamente legata alla prima fase dei lavori di bonifica dell’Agro Pontino. Il 6 novembre 1931 l’Opera Nazionale Combattenti (O.N.C.) prende possesso del primo lotto di 17.797 ha, trasferiti in proprietà con il RD 28 agosto 1931; il 7 novembre arrivano i primi 1300 operai per il disboscamento; il 7 aprile 1932 Mussolini visita i lavori e dà il via alle operazioni di dissodamento. Nel corso di questa visita, Mussolini da un balcone dell’abitato di Quadrato (nucleo di alloggi per gli operai impiegati nei lavori), annuncia che sorgerà prestissimo, proprio li, una borgata per 5.000 abitanti dal nome Littoria. Littoria nascerà dunque all’altezza del Km 76 della via Appia, baricentrica rispetto alla parte nord del territorio, nel primo lotto di bonifica (circa 10.500 ha dei Comuni di Cisterna e Sermoneta). I collegamenti viari non destano problemi: già il nucleo di Quadrato era sorto all’incrocio di quattro strade. La linea ferroviaria più vicina è la Ci­sterna-Sezze. Su questa viene inserita la nuova stazione, cui Littoria è collegata da uno stradone di 9 km.

capture 060 08042021 105012Ammettiamolo, le ricorrenze sono una pesante rotture di scatole. Come i compleanni e gli appuntamenti dal dentista. Del resto, Santa Romana Chiesa da due millenni ci ossessiona con gli onomastici e il calendario dei Santi. Ogni giorno ha il suo patrono, il suo defunto, il suo Santo protettore. Amen.

Di peggio vi sono solo le commemorazioni politiche del morto di turno. È una malattia trasversale che puntualmente colpisce sinistra, centro e destra. Una tassa. Puntualmente vi sono i necrofori che ricordano il de cuius designato. Poi vi sono i decennali, i ventennali, i trentennali e avanti così. Il calendario della sfiga. Ovviamente, i laudatores se ne fregano delle volontà del defunto e delle sensibilità dei familiari e, per sentirsi vivi, celebrano e si autocelebrano.

Quest’anno tocca al dottor Guevara, morto 50 anni fa a La Higuera, un paesino di merda della Bolivia. L’ultimo posto in cui ogni persona sana di mente vorrebbe vivere e crepare. Ma andiamo con ordine. Il medico argentino era finito in quel buco puzzolente inseguito dalle sue illusioni e, soprattutto, dai tanti rancori che lo attanagliavano. Un suicidio annunciato.

La vita del “Che” assomiglia ad una stramba giostra: nei Cinquanta, questo figlio della buona borghesia di Rosario risalì in sella alla sua moto, la “Poderosa”, l’intera America Latina scoprendo le miserie e le tragedie di un continente sfruttato, umiliato, stremato. Poi il Guatemala, il Messico e l’incontro con Raoul e Fidel e l’avventura a Cuba.

capture 058 08042021 102247Al fine di permettere la Sua iscrizione ai servizi relativi ai contenuti generati dagli utenti (di seguito ugc) e consentirLe di accedervi Le chiediamo di prendere visione e di accettare le condizioni generali che disciplinano l'accesso ai servizi offerti.

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capture 055 08042021 095850Nel 1919, cento anni orsono, nascevano il Partito popolare di Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi e i Fasci italiani di combattimento, per opera di Benito Mussolini. Ancora oggi la sua figura desta grandi dibattiti, ammirazione ed odio.

Francesco Agnoli, docente di storia, ha ripubblicato per l’occasione “Dio non esiste” (in libreria dal 7 novembre: https://www.fedecultura.com/Dio-non-esiste-p155591061 ), un opuscolo del futuro duce, scritto nel 1904, con una sua ampia postfazione.

capture 017 06042021 104142E la pandemia Covid 19 chi la condannerà? Come la ricorderanno i posteri?

Redazione- In “Miseria della filosofia” di Karl Marx così si legge:  Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile divenne oggetto di scambio; il tempo in cui quelle stesse cose che fino allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate – virtù, amore, opinione, scienza, coscienza, ecc. – tutto divenne commercio. È quello il tempo della corruzione generale, della venalità universale, o, per parlare in termini di economia politica, il tempo in cui ogni realtà morale e fisica viene portata al mercato per essere apprezzata al suo giusto valore. Il caso vuole che oggi si baratta anche la morte. La pandemia in corso ne è un chiaro esempio. Inizio la trattazione partendo dal film Nuremberg del regista Yves Simoneau, mandato in onda mercoledì 2 dicembre scorso, in prima serata, nell’ambito della trasmissione Atlantide, condotto da Andrea Purgatori su La7 tv. Il film racconta il processo di Norimberga, apertosi il 21 novembre del 1945 e durato un anno con ben 400 udienze, in cui furono rievocati, raccontati e documentati i crimini compiuti dai nazisti contro l’Umanità durante la seconda guerra mondiale, guerra fortemente voluta e cercata da Hitler. Il conflitto si concluse  con l’agghiacciante bilancio di 55 milioni di morti e 35 milioni di feriti. La responsabilità fu unicamente della Germania di Hitler. A Norimberga il Procuratore Capo statunitense Robert Houghwout Jackson, Procuratore Generale degli U.S.A., nonché  politico,   insospettabile ed imparziale, pronunciò l’arringa d’apertura d’accusa al cospetto del Tribunale Militare Internazionale. Fu scelta Norimberga per il processo poiché Berlino, tutta rasa al suolo, non offriva siti ove riunirsi per celebrare l’importante appuntamento con la Storia.Norimberga era anche la città simbolo del nazismo. Si pensi alle Leggi di Norimberga, promulgate il 15 settembre del 1935, con cui furono imposte le leggi razziali contro gli ebrei. Il processo fu celebrato nel Reichsparteitagsgelände, nome complicato che a molti di noi dice poco. Il Reichsparteitagsgelände era un complesso di campi e di edifici molto vasto dove si tenevano, oltre alle parate militari naziste, congressi di partito e manifestazioni collaterali come mostre agricole ed esibizioni sportive. Fu progettato e costruito dall’architetto Albert Speer su incarico di Adolf Hitler. Rappresentò uno dei luoghi più famigerati della storia: il centro delle adunate naziste di Norimberga. L’area servì anche come accampamento per tutto il personale militare e paramilitare. Era equipaggiata per la fornitura di pasti, acqua ed elettricità. Le adunate dell’era nazista si tennero qui dal 1933 al 1938.

Al processo di Norimberga il Procuratore Capo Jackson, al fine di documentare in modo definitivo ed inconfutabile gli orrori dei campi di concentramento, dei forni crematori, delle sevizie anche contro i corpi inerti e inermi dei morti, impiegò (prima volta nella Storia) i filmati realizzati dagli stessi tedeschi nei campi di sterminio. La proiezione di quei filmati produsse un vero e proprio shock fra gli astanti al processo, compresi gli imputati gerarchi nazisti, i quali negarono fermamente di essere a conoscenza dei misfatti perpetrati con tanta inaudita crudeltà.  Gli strumenti multimediali usati dal Procuratore Jackson a Norimberga anticiparono di mezzo secolo le tecnologie informatiche usate dal pm Di Pietro durante il processo “Mani pulite” a Milano.Su “la Repubblica” del 19 novembre scorso così scrive lo storico Shawcross, figlio del giudice che fu a capo del Collegio d’accusa britannico a Norimberga nel processo contro i criminali nazisti: “Punire i massacri:  la lezione dimenticata di Norimberga”.  Per Shawcross Norimberga “Fu una pietra miliare, ma le atrocità continuano … “

capture 239 31032021 145937Sottotitolo :  NON FU LIBERAZIONE MA STRAGE DI POPOLO
Nel 1943 il Generale francese di origini algerine Alphonse Juin al comando del Corpo di spedizione francese di “liberazione” in Italia autorizzò le truppe, in caso di vittoria, “senza che si lasciasse vivo un solo nemico”, a fare ciò che volevano, con le donne, le case, il vino, e qualsiasi altra cosa.
Questo il testo del delirante comunicato :

 Soldati !
Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia.
Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c'è un vino tra i migliori del mondo, c'è dell'oro.
Tutto ciò sarà vostro se vincerete.
Dovrete uccidere i tedeschi fino all'ultimo uomo e passare ad ogni costo.

Sono passati 100 anni da quell'abbandono del congresso socialista nel Teatro Goldoni di Livorno che portò alla nascita del Partito Comunista Italiano

capture 014 13032021 175232Il Partito Comunista Italiano compie quest’anno 100 anni, proprio a pochi giorni dalla scomparsa di Emanuele Macaluso, e a pochi mesi da quella di Rossana Rossanda, due volti storici del PCI. Nel giorno del centenario ne ripercorriamo la storia.

Livorno, 21 gennaio 1921. Centinaia di militanti socialisti radunati davanti al teatro Goldoni attendono di entrare in sala. I maggiori esponenti del partito arrivano alla spicciolata: c’è Filippo Turati, barba folta e sorriso bonario. Tutto il contrario di Amadeo Bordiga, un 32enne dall’aria severa e il volto glabro. Un giovane occhialuto di nome Umberto Terracini sfoggia una bombetta scura e conversa senza sosta (è un avvocato). A breve partirà il diciassettesimo congresso del Partito Socialista Italiano, che si preannuncia teso: all’ordine del giorno c’è l’espulsione della minoranza riformista, una delle condizioni prescritte dai delegati bolscevichi per aderire all’Internazionale comunista (organizzazione internazionale dei partiti comunisti). Nessuno lo sa, ma di lì a qualche ora nascerà il Partito Comunista d’Italia, destinato a diventare il più grande partito comunista dell’Europa occidentale.

Partito Comunista Italiano, come tutto ha avuto inizio

Pochi anni prima, la Rivoluzione d’ottobre ha rovesciato il governo provvisorio sorto sulle ceneri del regime zarista e instaurato la Repubblica Socialista Federativa Sovietica. Ora i partiti socialisti d’Occidente devono decidere a loro volta se seguire l’esempio russo o solidarizzare con «il mondo borghese» e «i partiti della socialdemocrazia gialla». La frazione comunista guidata da Bordiga si fa portavoce dei diktat sovietici: espellere i centristi, cambiare nome in “partito comunista” e creare una struttura militare clandestina. La sua mozione però viene sconfitta con appena un terzo dei voti. A quel punto, la minoranza abbandona il teatro Goldoni e si riunisce nel vicino teatro San Marco, dove nasce il Partito Comunista d’Italia. Tra coloro che “officiano” il rito ci sono tre futuri segretari – Amadeo Bordiga, Antonio GramsciPalmiro Togliatti – e il 27enne Umberto Terracini, che nel 1947 contribuirà a scrivere la Costituzione.

capture 003 12032021 153244Il Movimento Sociale Italiano (dal 1972Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale) è stato un partito politico fondato il 26 dicembre 1946 da reduci della Repubblica Sociale Italiana (come Giorgio AlmirantePino Romualdi) ed ex esponenti del regime fascista (come Arturo Michelini e Biagio Pace). Il simbolo del partito fu scelto nel 1947: la “fiamma tricolore”, emblema degli “arditi” della prima guerra mondiale. Il partito si sciolse il 27 gennaio 1995, confluendo, in maggioranza, nella rinnovata Alleanza Nazionale.

Storia

[modifica] Inizio difficile

Il partito, che ebbe Almirante come primo segretario, che ebbe inizialmente l’appoggio del generale fascista Rodolfo Graziani, ebbe il suo battesimo elettorale nel 1948, quando ottenne il 2.01% dei voti alla Camera dei deputati e lo 0,89% al Senato della Repubblica, eleggendo sei deputati (Almirante, Roberto Mieville, Michelini, Giovanni RobertiGuido Russo Perez e Luigi Filosa) e un senatore (Enea Franza).

Con la scomparsa della lista dell’Uomo Qualunque, il MSI aumentò discretamente i suoi consensi soprattutto nel Sud Italia, dove i proprietari terrieri lo sostennero in risposta alle occupazioni e alle proteste contadine dei braccianti sostenuti dal PCI.

capture 001 12032021 105732Qui riporto il completo operato di Benito Mussolini, nei suoi vent’anni di governo; come noterete è lungo ma spero che avrete la pazienza di leggerlo, per comprendere a fondo le opere di un uomo, prima amato e poi odiato dal suo stesso popolo.

l decennio si apre con la breve ma intensa crisi del 1921, legata alla caduta internazionale della domanda e della produzione e aggravata dagli squilibri nei rapporti economici tra Stati e dalle difficoltà legate alla riconversione dall’economia di guerra a un’economia di pace.
In quell’anno, la disoccupazione cresce di oltre sei volte rispetto all’anno precedente. La ripresa si manifesta già nei primi mesi del 1922, e alla fine dell’anno la disoccupazione risulta riassorbita per un terzo.
Dal 1922 al 1926 si ha un periodo di rapida espansione economica, soprattutto nel settore industriale. La produzione manifatturiera cresce del 10% l’anno.
Il nuovo ministro delle finanze Alberto De Stefani avvia una politica di disimpegno dello Stato dall’economia, pur non rifiutando di intervenire per salvare banche e industrie in difficoltà. Vengono così definitivamente smantellati i controlli e i vincoli statali inaugurati durante la guerra, sono privatizzate le aziende pubbliche in attivo, viene ridotta l’incidenza delle imposte dirette.
L’obiettivo di De Stefani è riportare in pareggio il bilancio dello Stato: per far questo egli punta su una drastica restrizione della spesa pubblica, che in soli quattro anni scende dal 35% al 13% del reddito nazionale. La riduzione del disavanzo pubblico, comportando una minore richiesta di finanziamenti da parte dello Stato, fa sì che il denaro dei risparmiatori si orienti verso gli impieghi industriali. Contemporaneamente si assiste alla svalutazione della lira rispetto alle maggiori monete. Ciò consente una crescita della competitività delle merci italiane sui mercati internazionali.
La domanda risulta trainata soprattutto dalle esportazioni e dagli investimenti industriali, giacché i consumi privati ristagnano. La crescita annua di questi ultimi è infatti di poco superiore al 2%. I salari crescono meno della produttività, nonostante la riserva di manodopera si riduca. Il numero dei disoccupati ufficiali scende infatti dalle 600 000 unità del 1921 alle 100 000 del 1926. La stabilità dei salari, pur in presenza di una forte crescita economica, è soprattutto effetto del nuovo clima politico e del monopolio fascista sui sindacati.

capture 162 13022021 173150Cento di questi anni: tanto è durata sinora la coda del fascismo eterno che gli italiani non hanno ancora finito di scaraventarsi addosso l' un l' altro. Un secolo esatto ci separa dal 23 marzo del 1919, quando Benito Mussolini fondò il suo partito in piazza San Sepolcro a Milano, esattamente nell' intersezione tra il cardo e il decumano dell' antica città romana che dopo molti decenni avrebbe preteso il primato morale della nazione. Se siamo ancora qui, a parlarne e scriverne, non è soltanto perché andiamo matti per gli anniversari a cifra tonda. È che la nostra memoria si fa sempre meno selettiva e sbiadisce nell' indistinto, sicché oggi torna utile rivangare nelle pozzanghere del Novecento per trovarvi il parallelo definitivo con la realtà presente e le presunte reincarnazioni di quell' epoca. Un giochino azzardato in varie circostanze dagli altrettanto eterni cantori della resistenza, spesso devoti al "fascismo dell' antifascismo" di pasoliniana memoria. E così, dal "fanfascismo" degli anni Settanta al populismo contemporaneo passando per il craxismo degli Ottanta e il berlusconismo dei Novanta, insistiamo a non capirci o a non volerci intendere sui fondamentali. GIUDIZIO LIQUIDATORIO Per l' accademia e per gli annali della Repubblica il fascismo è morto e sepolto e storicizzato, come disse nientemeno che Silvio Berlusconi l' anno scorso in un lampo di lucidità preelettorale. Eppure, mentre i trapassati annuiscono invano dall' oltretomba, il catalogo dei viventi insiste nel giudizio liquidatorio e nell' allarme sul nuovo regime in vista, oppure bascula tra la damnatio memoriae (il lauraboldrinismo che voleva rimuovere gli obelischi del duce, per dirne una) e l' imitazione grottesca delle pose mussoliniane ancora in voga in certe residuali catacombe nere. Esempio banale. Nel 1995, dopo aver professato per una vita la dottrina missina del «non rinnegare e non restaurare», Gianfranco Fini s' illuse di potersi sedere alla tavola dei giusti espellendo il fascismo, dall' oggi al domani, come un calcolo renale (copyright Marcello Veneziani); i commensali finsero di credergli. A distanza di oltre un ventennio, un liberale berlusconiano come Antonio Tajani si fa spellare vivo per aver ammesso che il fascismo qualcosa di buono deve pur averlo fatto: «Fino a quando non ha dichiarato guerra al mondo intero seguendo Hitler, fino a quando non s' è fatto promotore delle leggi razziali, a parte la vicenda drammatica di Matteotti, ha fatto delle cose positive per realizzare infrastrutture nel nostro Paese, poi le bonifiche». Dal "male assoluto" al "bene relativo", da Fini a Tajani, il passo delle oche può essere breve ma in mezzo c' è un mondo di equivoci e dismisure.

capture 102 09022021 104343"Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti".

Biografia  Storiche arguzie d'oltremanica

Sir Leonard Winston Churchill Spencer, uno dei più importanti uomini di Stato della storia inglese, nasce a Woodstock, nell'Oxfordshire, il 30 novembre 1874.

I genitori provengono da due ambienti molto diversi tra loro: Lord Randolph Churchill, il padre, appartiene alla migliore aristocrazia britannica, mentre la madre, Jenny Jerome, è figlia del proprietario del New York Times; il sangue americano che scorre nelle vene di Winston ne farà sempre un fervente sostenitore dell'amicizia dei popoli anglosassoni e dei particolari vincoli che legano tra loro Gran Bretagna e Stati Uniti.

 

Trascorsa l'infanzia in Irlanda, studia presso la celebre scuola di Harrow e nel 1893 è ammesso alla scuola di Sandhurst, nonostante la sua scarsa inclinazione allo studio. Il giovane cadetto insegue sogni di gloria. Nominato sottotenente nel IV battaglione ussari, parte come osservatore al seguito dell'esercito spagnolo incaricato di reprimere la rivolta di Cuba. Poi è inviato in India e partecipa a una campagna contro le tribù afgane alla frontiera nord-occidentale: questa spedizione gli ispirerà il suo primo libro. In seguito fa poi parte di una missione come ufficiale e corrispondente di guerra del Morning Post nel Sudan dove assiste alla carica a cavallo dei dervisci nella battaglia di Omdurman che farà da spunto al suo secondo servizio giornalistico. Tentato dall'attività politica, Churchill si ritira dalla vita militare e si presenta come candidato alle elezioni a Oldham. Non è eletto, ma nuove occasioni gli si offriranno in Africa del Sud. La guerra del Transvaal è appena scoppiata e Churchill si reca in quei luoghi e vi assiste in qualità di corrispondente di guerra.

capture 080 07022021 094238Negli Anni Venti e Trenta del secolo scorso il fascismo si servì dell’architettura e dell’urbanistica come strumenti per diffondere i propri ideali. Il giudizio storico su Benito Mussolini e la doverosa memoria dei crimini commessi dal fascismo non deve far dimenticare che la scena architettonica italiana di quegli anni fu tra le più interessanti d’Europa. Sarebbe forse più corretto affermare che, da un certo punto di vista, fu l’architettura italiana di quegli anni a usare il fascismo, e non viceversa, per spingersi verso livelli di armonia, tecnica e funzionalità mai raggiunti prima.

Tra il 1920 e il 1940 nelle città italiane si respirava aria di innovazione e sperimentazione, con Roma e Milano che ospitavano i più lungimiranti architetti dell’epoca, alcuni dei quali giovanissimi, che hanno lasciato opere che testimoniano un livello nelle costruzioni e nelle arti plastiche che si ritrova raramente negli altri paesi europei. L’intento di questi architetti fu di conciliare la tradizione romana con il modernismo più avanzato. Che fosse lo Stato fascista a commissionare le opere poco importa nella valutazione estetica e artistica: il risultato è una serie di opere pionieristiche, da ammirare e valorizzare ancora oggi.

capture 076 07022021 092933SI PARLA DI
Cavour, Garibaldi, Pio IX, Napoleone III, mai visti così… ed è subito scandalo Cartoline «proibite» con i grandi della patria messi in burletta: un’edizione vietatissima di soli mille esemplari è andata a ruba, esaurita in pochi giorni

La storia ha molte facce: quella dei grandi quadri con scene di battaglia e di fondamentali incontri fra statisti, ritratti di condottieri; i disegni dei feriti e dei coniugi affranti per la divisione imposta dalla guerra, i feriti nelle campagne e nelle infermerie; il tripudio della folla per il vincitore. Ma non solo. All’istituto di storia patria del Risorgimento, che ha sede a Roma all’interno dell’altare della Patria, fra i mille fascicoli ce n’è uno voluminoso intitolato «Stampe e caricature oscene» nel quale la regina Maria Sofia, consorte di Francesco II di Borbone ovvero il «Franceschiello» re delle due Sicilie, appare come la nonna delle nostre contemporanee Moana Pozzi e Cicciolina. Infatti la giovanissima fotografa Costanza Diotallevi, forse napoletana, nel 1862 realizzò un antesignano fotomontaggio erotico (sviluppo cui forse non pensava Niepce nell’inventare il sistema fotografico cinquant’anni prima…) nel quale la regale Maria Sofia, detta «l’aquiletta bàvara», appare nuda e in una posa non propriamente artistica. Ma perché? Certamente per spregio e per ironizzare sulla forte moglie del Franceschiello. Parentesi storica. Dato il rapido avanzare di Garibaldi e dei suoi, i Borboni nel 1861 si rifugiarono a Gaeta e di qui ripararono a Roma, protetti dal papa Pio IX: assieme fomenteranno il brigantaggio, soprattutto in Abruzzo. A Roma i comitati liberali stringono d’assedio il Vaticano con il comitato d’azione, decisi a «diventare italiani»: proteste e attentati fanno la loro parte (con repressioni e decapitazioni) ma anche la satira ha il suo grande ruolo. Così, nel 1862, viene inviato il fotomontaggio al Papa, Francesco II, Vittorio Rmanuele, Napoleone III, alle corti d’Austria e Baviera, a ministri e diplomatici nonché al Sacro Collegio: lo scandalo, certificano i documenti, fu enorme per le «ignobili fotografie» la cui autrice venne identificata e, subito, si pentì denunciando in cambio dell’impunità molti rappresentanti dei comitati. Corsi e ricorsi della storia… Ma la sventurata vincenda non poteva spegnere la vis satirica/erotica che aveva in Maria Sofia il suo obiettivo preferito. Così niente più foto ma una serie di «stampe da camera» di autore naturalmente ignoto ma databili fra il 1862 e il 1863, cioè subito dopo il mea culpa della Diotallevi (che immaginiamo trovatella cresciuta in austeri orfanotrofi, dato il cognome): disegni di mano felice, colorati e doviziosi di particolari, diciannove dei quali vengono ora proposti in una bella edizione «a cartolina» edita dalla romana SPQR Libri nella collana «Delizie Libertine» a cura di Enrico Sturani, collezionista con oltre duecentomila cartoline sul genere: «Risorgimento allegro», stampato in mille esemplari già ricercatissimi.
Incisioni colorate a mano, assolutamente insospettabili nella Roma che stava per essere assorbita dallo Stato Italiano, riproposte con tutta la loro carica di ironia e giocosità.
Questi piccoli capolavori da camera aprono una breccia nella facciata grigia e seriosa del nostro Risorgimento, sinora rimasti sconosciuti.
Protagonista di pressoché tutte le illustrazioni è naturalmente «l’aquiletta bàvara» ritratta in ambienti e situazioni diverse, ma sempre in pose e atteggiamenti inequivocabil. Ecco due esempi descritti da Sturani “In la fedeltà premiata” nel personaggio centrale si può individuare Francesco II che premia la fedeltà dimostratagli da un distinto signore in in scuro concedendogli le grazie della regal consorte. Il personaggio in questione è il capo dei briganti della zona di Sora, 800 uomini che avevano il quartier generale nei monasteri di Trisulti e di Casamari.
Costui era considerato il “generale” di tutti i briganti; era un guardaboschi del re di Napoli: Luigi Alonzi, entrato in clandestinità col mitico soprannome di Chiavone. Francesco II gli era molto grato per la fiera resistenza che opponeva ai Sabaudi». «Maria Sofia – prosegue Enrico Sturani – è protagonista di un’altra tavola a carattere più esplicitamente antipapale.


capture 065 06022021 102501I trattati di Parigi furono dei trattati di pace firmati nella capitale francese il 10 febbraio 1947 dopo la fine della seconda guerra mondiale.

La sottoscrizione dei trattati fu preceduta da una conferenza di pace che si svolse parimenti a Parigi, tra il 29 luglio e il 15 ottobre 1946 durante la quale ci fu il memorabile discorso del nostro primo ministro Alcide De Gasperi tra il freddo ed ostile atteggiamento dei rappresentanti delle potenze vincitrici. Il suo discorso fu fermo e dignitoso, indicando le nuove linee della politica estera italiana in termini democratici ed europeistici. De Gasperi volle separare la responsabilità morale del popolo italiano da quella del regime fascista, chiese una pace giusta, non punitiva, fondata sui valori della libertà politica, della democrazia, della libertà dal bisogno.
Il suo appello non ebbe, tuttavia, l'esito sperato. Il Trattato di pace, sottoscritto dai rappresentanti italiani il 10 febbraio 1947, impose all'Italia clausole pesanti. La forza dell'esercito veniva limitata a 165.000 soldati e 65.000 carabinieri; l'aviazione non poteva superare 25.000 uomini e 350 aerei; anche la marina era ridotta a 25.000 uomini e un tonnellaggio notevolmente ridimensionato. Le unità eccedenti venivano assegnate ai paesi vincitori, anche se Gran Bretagna e Stati Uniti rinunciarono, dopo la ratifica del Trattato, alle loro quote.
Le clausole finanziarie prevedevano pesanti riparazioni che l'Italia avrebbe dovuto versare ai paesi con i quali era entrata in conflitto. In particolare appariva particolarmente onerosa la richiesta di 600 milioni di dollari da parte dell'Unione Sovietica, successivamente, ridotte a 100 milioni di dollari.

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 37/16 del 26 aprile 2016, Madonna del Buon Consiglio

Elenco parziale dei sacerdoti uccisi dai partigiani comunisti e dimenticati dalla storiografia ufficiale

Don GIUSEPPE AMATEIS, parroco di Coassolo (Torino), ucciso a colpi d’ascia dai partigiani comunisti il 15 marzo 1944, perché aveva deplorato gli eccessi dei guerriglieri rossi.
Don GENNARO AMATO, parroco di Locri (Reggio Calabria), ucciso nell’ottobre ’43 dai capi della “repubblica rossa” di Caulonia.
Don ERNESTO BANDELI, parroco di Bria, ucciso da partigiani slavi a Bria il 30 aprile 1945.

capture 513 23012021 091230 Perché non introdurre in legge Fiano anche apologia comunismo? Storia va letta a 360gradi, non in unica direzione”. Lo scrive su Twitter Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati. Insomma, Brunetta ha centrato il vero problema della legge che la maggioranza sta furiosamente cercando di approvare. Sulla vicenda interviene anche Fratelli d’Italia: “È strabiliante notare come proprio alla vigilia della pubblicazione del libro di Renzi L’Italia va avanti, il Pd alzi la canizza su una pericolosissima minaccia che si aggira per l’Europa. No, non è il terrorismo islamico, non è l’immigrazione. È il fascismo”. È quanto ha dichiarato il capogruppo di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale, Fabio Rampelli, a proposito della legge a prima firma Fiano che inserisce nel codice il reato di propaganda fascista. “Questo è il modo del Pd di guardare avanti per il futuro dell’Italia, introdurre nel nostro ordinamento i reati d’opinione, anzi, un unico reato d’opinione perché si potrà impunemente inneggiare a Stalin e a Osama Bin Laden. La verità è che taluni personaggi del Pd restano profondamente illiberali, faziosi e comunisti dentro”, ha aggiunto il parlamentare di Fdi. “Invece di pensare ai drammi del Paese, vogliono introdurre una norma anacronistica, inutile e senza senso, vogliono cancellare la storia, una cose folle, da matti”, dice da parte sua Alessandra Mussolini, parlando della legge Fiano, sul reato di apologia del fascismo, oggi in discussione alla Camera. Per l’eurodeputata di Forza Italia “Fiano, che è uomo di Renzi, dimostra la pochezza culturale e politica di questa classe dirigente”. “Ma che senso ha una legge così – si domanda la Mussolini -. Io sarei allora un reato vivente” e arriveremo al punto che “un pelato con mascella volitiva si dovrà autodenunciare”. “Io – ricorda Mussolini – a casa ho di tutto, busti e fasci, perché fanno parte della mia storia, di quella della mia famiglia, che faccio mi autodenuncio?”.

Oltre 200 milioni di vittime
Questo il tragico bilancio del Comunismo realizzato.
L'ateismo marxista ha combattuto Dio e ucciso l'uomo.

Dai loro frutti li potrete riconoscere (Mt 7,20). La verità di questa massima evangelica, sempre attuale, ci porta a formulare un giudizio di severa condanna del Comunismo.

La considerazione dei frutti, o, perlomeno, dato lo spazio limitato di un articolo, del più tragico di questi: l'altissimo numero di vittime che il comunismo ha provocato ovunque si è instaurato, obbliga ogni spirito libero a condannare nei termini più rigorosi una ideologia che, anzichè difendere le classi umili, ha finito con il far pagare, a prezzo della loro vita, proprio a milioni di poveri e di innocenti la follia di un progetto diabolico che pretendeva di costruire una società senza Dio.

Basti ricordare, per fare un primo esempio, la lotta guidata da Stalin ai contadini piccoli proprietari che comportò nel 1929 e 1930 la deportazione-sterminio di 10 milioni di kulaki, più di 5 milioni di subkulaki, cui seguirono 6 milioni di morti di fame nella conseguente carestia 'artificiale' del 1931-32 (con molti casi di cannibalismo). In questa lotta vennero dunque sacrificate complessivamente 21 milioni di persone.

Quante furono in totale le vittime in Unione Sovietica? Stando a quanto afferma il professore di statistica Kurganov, tra il 1917 e il 1959, cioè nei primi 42 anni di dominio comunista, le perdite umane dovute alle deportazioni nei campi di sterminio, alle condanne ai lavori forzati, alle fucilazioni di massa o alle carestie provocate dall'arresto e dalla deportazione di milioni di contadini furono più di 60 milioni. A confermare questo numero spaventosamente elevato di vittime, superiore di oltre dieci volte al numero degli Ebrei perito a causa dell'Olocausto, va ricordato che il 28 ottobre 1994, in un discorso al Parlamento russo (Duma), Solgenitsin ha affermato che i morti dovuti al comunismo furono 60 milioni: nessuno, sia in Parlamento che fuori, ha sollevato obiezioni.

capture 462 25112020 095707LE 100 OPERE DEL DUCE

E’ stato fatto più in vent’anni di Fascismo che in settant’anni di democrazia”.

Eccone un elenco schematico:

ACQUA: per tutta la vita Mussolini cercò acqua potabile e creò innumerevoli acquedotti, i più famosi Pugliese e Peschiera;
AGRICOLTURA: la sua prima occupazione che continuò e promosse per tutta la vita fu l’agricoltura;
AEREONAUTICA: la trovò quasi inesistente e la portò tra le migliori d’Europa;
ALBERI: istituì la Forestale;
AMMINISTRAZIONE: non sapeva amministrare i suoi soldi ma per quelli dello Stato fu modello;
ANALFABETISMO: eravamo i primi in Europa,siamo diventati ultimi nell’Analfabetismo;
ANIMALI: puniva chi li maltrattava;
ARCHEOLOGIA: sviluppò l’archeologia in tutti i suoi rami;
ARCHIVI: dal 1923 istituì gli Archivi Statali;

capture 072 02092020 113952Perché scoppi una guerra e si occupino terre altrui occorre sempre ci sia una causa, caso contrario si chiama invasione. Molti storici “contro corrente”, per fare un esempio, ritengono che la spedizione dei Mille con la conquista dell’Italia meridionale e la consegna di questa a Re Vittorio Emanuele II a Teano, sia stata un’invasione bella e buona, giacché Vittorio Emanuele mai aveva pensato di dichiarare guerra a Francesco II di Borbone, re delle due Sicilia e peraltro suo cugino da parte di madre.


Nel settembre del 1939 la mente di Hitler era tutta protesa a scatenare una guerra, mancava però il seme da cui far nascere il conflitto. Un progetto in verità l’aveva, suggerito dai suoi migliori collaboratori, consisteva nell’ iniziare il tutto attraverso l’invasione della Polonia. In previsione di ciò, lungo la terra di confine aveva già schierato abbastanza truppe da concludere bene e presto il colpo di mano.

Ma il motivo? Semplice, se il “casus belli” mancava allora non c’era che da crearlo. E così fece il Führer nell’agosto del 1939, avvalendosi dell’operazione ideata da Himmler (comandante delle forze di sicurezza di Hitler), perfezionata da Heydrich (direttore della Gestapo) e gestita da Muller che della stessa gestapo era il più alto responsabile dopo Heydrich.