capture 065 21082020 152823La difesa di Roma, fino alla costruzione, nel VI sec. a.c., delle mura serviane, era basata sull'aggregazione di Etruschi, Latini, Sabini che abitavano i colli intorno al Palatino, nucleo centrale della città, ma ogni colle provvedeva da sè alla sua difesa militare, affidata più agli uomini che alle fortificazioni. I colli avevano però irte palizzate di legno, fossati e terrapieni tra Porta Collina e l'Esquilino, per una lunghezza di circa 7 km (60 stadi).

Si deduce che la popolazione preponderante fossero latini, ma che vi fossero effettivamente anche i troiani della leggenda, perchè Troia leggenda non fu, ed effettivamente i suoi scampati dovettero cercare rifugio sulle rive del Mediterraneo, e dove se non in un territorio già multietnico per cui non affetto da xenofobia?

SECONDO VARRONE

E' nota là dissensione, che fin dapprincipio insorse fra i due fratelli del luogo, sul quale meglio conveniva fabbricare la città: Roniulo scelse il Palatino e Remo un colle non lontano dal Tevere, che da lui poi fu detto Remuria, circa trenta stadi distante da Roma. L' autore però dell' Origine della Gente Romana dice che
 "Remuria stava cinque miglia lungi da Roma, differenza di poco momento: "Cum igitur - dice egli al capo XX. II. - inrer se Romiilus, et Remus de condenda e tractarent in qua ipsi parìter renurent Romulusque locii, qui sibi idoneus videretur, in monte Palatino designar et Romamque appellari vellet; contraque ìtem Remus in allo colle qui erat a Palatlo milìiìnis qunque enimdomque Incum ex suo nomine Remuriam appellaret " etc.

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CENNI BIOGRAFICI
Benito Amilcare Andrea Mussolini nacque il 29 luglio 1883 a Dovia di Predappio, Forlì. Da giovane fu un fervente socialista, seguendo le orme politiche del padre, ma fu espulso dal partito per il suo sostegno alla Prima Guerra Mondiale. Nel 1921 fondò il Partito Nazionale Fascista di cui divenne leader, governando il paese dal 1922, quando fu eletto presidente del Consiglio dei Ministri, fino alla sua destituzione nel 1943. Governò costituzionalmente fino al 1925 quando abbandonò ogni pretesa di democrazia e istituì una dittatura. Conosciuto come "il Duce", Mussolini fu figura chiave del fascismo italiano. Nel 1940 spinse l'Italia ad entrare nella Seconda Guerra Mondiale a fianco della Germania di Hitler, ma gli eventi non andarono secondo i piani. Arrestato per ordine del Re nel 1943, successivamente liberato dai tedeschi, vide la definitiva sconfitta delle forze italotedesche. Nel tentativo di fuggire da Milano fu catturato a Dongo da un gruppo di partigiani, e fucilato. Era il 28 aprile 1945.

capture 112 26072020 194327Rigurgiti negazionisti delle foibe a La Spezia, dove la decisione della Commissione toponomastica di intitolare uno spazio pubblico a Norma Cossetto ha fatto inalberare Rifondazione Comunista. La federazione provinciale del partito, in un comunicato tanto lungo quanto delirante, ha bollato la scelta come “una vergogna alla Pansa, che deve essere chiarita e contestualizzata, per comprendere cosa si cela dietro questa operazione”.

Se Rifondazione chiede di “ripassare la storia”…

“È opportuno ripassare la storia”, hanno quindi intimato i comunisti spezzini. Dunque ripassiamola, la storia. Norma Cossetto era una studentessa istriana; nel 1943, poco più che ventenne, fu violentata, uccisa, infoibata dai partigiani comunisti di Tito per il solo fatto di essere italiana. “L’operazione che si cela” dietro la scelta di intitolarle una via, dunque, altra non è che quella di restituire dignità alla memoria non solo di questa ragazza, ma di tutti i martiri italiani morti per mano dei macellai titini di cui la Cossetto è diventata il simbolo, venendo anche insignita della Medaglia d’Oro al merito civile dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

capture 041 08062020 165840Giuseppe Ungaretti (Alessandria d'Egitto 1888 - Roma 1970) fu un poeta italiano e volontario nella Grande Guerra. Nato in Egitto da genitori italiani, Ungaretti frequentò la prestigiosa scuola svizzera di Alessandria spostandosi successivamente a Parigi dove entrò in contatto con il mondo della letteratura, dell'arte e della poesia. Divenne amico di Guillaume Apollinaire e conobbe tra gli altri Pablo Picasso, Aldo Palazzeschi e Giorgio De Chirico. Collaborò con la rivista "Lacerba" fino al 1914, anno in cui decise di ritornare in Italia dove sostenne le politiche interventiste. Partecipò a diverse riunioni e manifestazioni e conobbe Benito Mussolini. L'anno successivo il Governo Salandra ufficializzò la guerra contro l'Austria-Ungheria e il poeta decise di arruolarsi come soldato semplice. La prima domanda venne rifiutata perché troppo anziano ma alla fine dell'anno, vista la necessità di uomini, fu accettata.

Ungaretti non si rese protagonista di azioni eroiche ma grazie alla sua poesia ha lasciato alcune delle pagine più toccanti della Grande Guerra. Abbandonati i sentimenti nazionalisti che lo avevano mosso fino a qualche mese prima, egli "prese coscienza della condizione umana, della fraternità degli uomini nella sofferenza, dell'estrema precarietà della loro condizione." (Mark Thompson, "La Guerra Bianca", Il Saggiatore, Milano, 2009, p. 200). Durante il riposo, in mezzo alle trincee del Monte San Michele o nelle retrovie della pianura friulana, iniziò a scrivere una sorta di diario in forma di poesia, composte da poche ma significative parole accompagnate da una data e da un luogo. Il suo amico (e poeta) Ettore Serra lo convinse a farsi consegnare i foglietti dove annotava questi suoi pensieri e nel 1916 ne fece stampare 80 copie intitolate "Il Porto Sepolto". Al suo interno si potevano leggere 29 poesie, alcune divenute poi famosissime come "Fratelli" oppure "San Martino del Carso". La maggior parte furono scritte a Mariano del Friuli, a Versa (frazione di Romans d'Isonzo) e nel Valloncello di Cima 4, sul Monte San Michele.
Dopo aver trascorso quasi due anni sul fronte carsico, la disfatta di Caporetto condusse Ungaretti in Francia. Gli accordi con la Triplice Intesa infatti prevedevano l'invio di un contingente italiano sul fronte occidentale, ad est di Parigi.
 

Approfondimenti su libri... e non solo

Vediamo insieme vita e opere principali di Giuseppe Ungaretti, grande esponente dell'Ermetismo che ha avuto un'enorme influenza sulla poesia italiana del Novecento.

Poeta, scrittore e accademico italiano, Giuseppe Ungaretti ha avuto una grandissima influenza sullo scenario poetico a lui successivo, ridefinendo il panorama letterario e virando verso l’Ermetismo.
La sua vita è spesso legata alla sua poetica, dato che è dalla sua esperienza personale che egli attinge il materiale per produrre la seconda, a toccarlo particolarmente fu l’esperienza in trincea. Durante la guerra il giovane Ungaretti, scopre una dimensione nuova della vita e della sofferenza tale per cui necessita di nuovi mezzi espressivi per descriverla in maniera adeguata.

Di seguito scopriamo meglio la sua vita, quali sono le esperienze che più lo hanno influenzato e cerchiamo di approfondire le sue opere più importanti. Ungaretti è infatti uno dei pilastri della letteratura italiana, un autore che non può essere trascurato.

capture 040 08062020 140334La vita e le opere di Giuseppe Ungaretti

Si tratta di uno dei poeti più importanti della letteratura italiana come Giuseppe Ungaretti. Andiamo alla scoperta dell’autore.

MILANO – Il 1° giugno del 1970 a Milano all’età di 82 anni si spegneva per una broncopolmonite Giuseppe Ungaretti, uno dei poeti più importanti della letteratura italiana. Precursore dell’ermetismo, tra le sue opere più importanti troviamo Soldati, scritta nel 1918.

Giuseppe Ungaretti poeta: le opere dello scrittore

Nato l’8 febbraio del 1888 ad Alessandria d’Egitto, Giuseppe Ungaretti si è avvicinato alla poesia e alla scrittura durante il suo periodo scolastico. L’infanzia per il futuro poeta non fu molto semplice, vista la morte del padre per un’idropisia quando aveva solo due anni.

Franzk Kafka, autore di romanzi e racconti come "La metamorfosi", "Il processo" e "Il castello", è uno dei massimi interpreti del Novecento. Esponente del romanzo esistenzialista e del realismo magico europeo, i suoi libri racchiudono gli incubi e i dolori di una vita drammatica - L'approfondimento sull'opera e la vita del grande scrittore

Franz Kafka, o – meglio – l’opera di Franz Kafka, ha avuto un’influenza talmente profonda nella letteratura europea e mondiale da meritarsi un aggettivo in grado di rifersi all’insieme delle tematiche sviscerate dai suoi libri più famosi. Un neologismo che possa identificarne l’assoluta unicità, la capacità di andare ben oltre la mera inserzione di elementi fantastici in una cornice quotidiana: “kafkiano”.

L’elemento magico che ritroviamo quando leggiamo Kafka, infatti, deriva soprattutto da una commistione di elementi grotteschi e surreali, la materializzazione in termini quasi psicanalitici ed esistenzialisti di un incubo.

Franz Kafka: prima di tutto un figlio

Kafka nasce a Praga, il 3 luglio del 1883, da una famiglia di origini ebraiche. È un ragazzino mingherlino e timido, il maggiore di sei figli, sottomesso all’autorità di un padre anaffettivo che non riesce a essere mitigata dalla madre, troppo debole per contrastare il marito. Dei risvolti psicologici – da manuale freudiano, potremmo azzardare – dell’infanzia e dell’adolescenza di Kafka, si ritrova eco in tutte le sue opere (e in particolare nella sofferta Lettera al padre scritta nel 1919): per questo motivo la sua storia famigliare è particolarmente importante per comprendere la sua carriera letteraria.

capture 166 22052020 211924Polemica per il post su Twitter della leader di Fdi in occasione dei 32 anni dalla scomparsa del fondatore del Msi. I commenti sul web: "Fu il firmatario delle leggi razziali e aderì alla Repubblica di Salò"

"Politico e patriota d'altri tempi, stimato da amici e avversari". Così la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, ha ricordato su Twitter, a 32 anni dalla sua morte, Giorgio Almirante, politico sì, ma anche firmatario delle leggi razziali nel 1938."Amore per l’Italia, onestà, coerenza e coraggio sono valori che ha trasmesso alla Destra italiana e che portiamo avanti ogni giorno. Un grande uomo che non dimenticheremo mai", scrive nel suo post Meloni, omettendo di ricordare che fu anche ministro durante la Repubblica di Salò e fondatore del Movimento sociale italiano, partito di chiara ispirazione fascista.
Parole che non hanno certo lasciato indifferente il popolo social e in pochi minuti la bacheca Facebook di Giorgia Meloni, così come Twitter, si sono riempiti di parole di sdegno e commenti ironici rispetto al post della leader di Fdi.
"Il 5 maggio 1942 #Almirante scriveva: 'llrazzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei... non c’è che un attestato col quale si possa imporre l’altolà al meticciato e all’ebraismo: l’attestato del sangue' " ricorda a Meloni @manginobrioches, mentre @nicolabruniati scrive "Noi invece non dimenticheremo mai che è stato un collaborazionista dei nazisti e un firmatario delle leggi razziali. Beata te che ce la fai a dimenticare. Beata te".
"Il patriota collaboratore dei nazisti" ricorda @melaniahamilton e @enzobarcel chiarisce "Patriota della Repubblica di Salò". @FPaffy polemizza: "Un fascista non poteva essere un Patriota. E' una contraddizione" e @EnneEsse taglia corto: "Infatti non lo dimentichiamo. In particolare l'abominio della 'difesa della razza' che condannò migliaia di ebrei italiani a deportazione e morte".

capture 165 22052020 211704Genova. La destra genovese ci riprova, l’ultima volta era stata nel 2018 con una mozione in consiglio comunale da parte di Fratelli d’Italia. Gianni Plinio (Casapound) e Giorgio Bornacin hanno chiesto al sindaco Marco Bucci di intitolare una via o una piazza, a Genova, a Giorgio Almirante.

I due esponenti dell’estrema destra, decani della politica cittadina, riportano alla memoria il 38esimo anniversario della scomparsa dello storico segretario nazionale del Msi, partito di ispirazione fascista, ed ex repubblichino. Il tutto quando mancano poche settimane al ricordo del 30 giugno 1960, il giorno in cui i movimenti di piazza a Genova impedirono lo svolgimento del congresso del Msi.

“E’ giusto e doveroso onorare un grande italiano come Giorgio Almirante – dicono Plinio e Bornacin, che aggiungono – siamo orgogliosi di aver militato nel Msi da lui guidato e di essere stati i suoi massimi collaboratori in Liguria”. I due proseguono: “Almirante gode tuttora anche della stima dei più leali tra i suoi avversari, era molto legato a Genova che lo applaudiva nei suoi affollati comizi in piazza della Vittoria e anche per il ricordo di Ugo Venturini primo caduto degli anni di piombo colpito a morte nell’aprile 1970 a poca distanza da lui”.

capture 163 22052020 204219«Vorrei tanto che, quando non ci sarò più, si dicesse di me quello che Dante disse di Virgilio: “facesti come colui che cammina di notte, e porta un lume dietro di sé, e con quel lume non aiuta se stesso. Egli cammina al buio, si apre la strada nel buio ma dietro di sé illumina gli altri”». Si tratta di una delle tante retoriche del più grande oratore politico italiano del dopo guerra: Giorgio Almirante.

Biografia – Laureato in lettere, Giorgio Almirante è stato il padre della Destra italiana, una Destra leale, democratica e persino cavalleresca. Le sue radici affondano nel fascismo, un partito scomparso ma ancora oggi molto discusso e combattuto da idee divergenti. Giorgio Almirante proveniva da una famiglia di origine aristocratica, e gli Almirante erano stati duchi di Cercepiccola, quando ancora il comune molisano si chiamava Cerza Piccola, 1691.

Nato a Salsomaggiore Terme il 27 giugno del 1914, e cresciuto in piena epoca fascista, giovanissimo aderì al partito di Mussolini, partecipando alla Seconda Grande Guerra e, anche alla distruzione del Partito Fascista, Almirante mai lo rinnegò, continuando anzi a rimanere fedele a Mussolini nonostante che nel 1943 il Duce fosse stato sfiduciato e incarcerato al Gran Sasso.

capture 135 21052020 100828Il 26 marzo 1944 un gruppo di soldati italo-americani venne trucidato ad Ameglia dopo il fallimento di una missione di sabotaggio. Ora un convegno a Roma ricorda la vicenda

Il 26 marzo del 1944, settantacinque anni fa, quindici soldati italoamericani furono trucidati dai nazisti ad Ameglia, in Liguria, dopo il fallimento di una missione di sabotaggio. Ragazzi nati da famiglie di migranti, che hanno combattuto e sacrificato la loro vita per la libertà di tutti noi. Quindici giovani eroi dei quali rimanevano appena i nomi incisi su una lapide in un borgo perso tra il mare e i monti.

Nel giugno scorso Repubblica ha raccontato la loro vicenda, la storia di una manciata di ragazzi che, come altre centinaia di migliaia, oltre settant’anni fa hanno lasciato le loro case, le loro famiglie in ogni angolo del mondo per combattere in Europa la guerra contro il nazifascismo.

Il 26 marzo, al Centro Studi Americani di Roma (via Caetani 32, ore 17), si terrà un convegno nel quale verrà dibattuta e approfondita la storia del “plotone perduto”: interverranno, tra gli altri, lo storico Massimo Teodori, il Procuratore generale della Corte militare d’appello, Marco De Paolis, il vicedirettore di Repubblica, Gianluca Di Feo, il vicedirettore di Rai Cultura, Giuseppe Giannotti e il presidente della Oss Society, Charles Pinck.

capture 134 21052020 100534Chiamateli eroi, anzi Eroi. Più che una raccolta di racconti, il libro pubblicato a metà ottobre da Idrovolante edizione (282 pagine – 20 euro)  è un percorso tra il freddo delle trincee della Prima Guerra Mondiale e il calore di un patriottismo innato che richiamò, nel momento di partire per il fronte, la migliore gioventù italiana. Con L’Intraprendente abbiamo fatto due chiacchiere con l’editore del volume, Daniele Dell’Orco.

Daniele, un libro che cade in un anniversario importante, la vittoria della Prima Guerra Mondiale del nostro esercito contro l’Austria – Ungheria. Una ricorrenza tanto importante quanto ignorata…

«Ed è proprio per contrastare questo tentativo di far passare sotto traccia la nostra vittoria che abbiamo deciso di pubblicare questo testo. Eroi è prima di tutto un’operazione culturale».

In che senso?

«Raccogliendo 22 storie di soldati che hanno combattuto la Grande Guerra, abbiamo cercato di fornire una chiave di lettura diversa rispetto questo avvenimento: la guerra tout court ha assunto i contorni di qualcosa da rinnegare. Ma la prima guerra mondiale l’abbiamo vinta. Non è un operazione di revanchismo. E’ un tentativo di riconsiderare l’identità nazionale e il valore della Patria. Insomma, riappropriarsi di un’identità che la prima Guerra mondiale ha contribuito a formare. Noi siamo figli delle trincee».

capture 122 19052020 171713I piani di Giulio Cesare nella Conquista della Gallia

Nel 58 a.C. Giulio Cesare ottenne il proconsolato¹ della Gallia Narbonense e della Gallia Cisalpina. Esse erano province di ben poco rilievo rispetto a quelle ricche orientali, che tutti aspiravano a governare per arricchirsi. Ma Cesare aveva un progetto preciso che spiegava le ragioni di questa scelta: intendeva avviare una grande campagna di conquista della Gallia, per guadagnare gloria, ricchezze e il controllo di un proprio esercito, premesse indispensabili per mettersi alla pari con la forza di Pompeo e Crasso e poter realizzare le sue ambizioni di potere.

L’avvio della Conquista della Gallia

Nel 58 a.C. Giulio Cesare si recò nelle province assegnate. Prese a pretesto per iniziare la guerra, come alleato dei Galli, alcuni sconfinamenti degli Elvezi, una popolazione dell’attuale Svizzera occidentale, e li sconfisse nella battaglia di Bibracte (58 a.C.), e poi dei Suebi (o Svevi), un popolo germanico proveniente dall’area del Mar Baltico. Dopo ancora le sue legioni attaccarono i Galli belgi, veneti, aquitani, tanto che sul finire del 57 a.C. gran parte della Gallia sembrava sotto il controllo romano.

Intanto a Roma…

Giulio Cesare, prima di lasciare Roma in mano a Crasso e a Pompeo, con i quali nel 60 a.C. aveva sottoscritto un accordo privato e segreto (all’insaputa del senato romano) di reciproco aiuto (il Primo Triumvirato), aveva preso le sue precauzioni: aveva infatti fatto eleggere tribuno un uomo spregiudicato e di stretta sua fiducia, Publio Clodio, che ottenne il favore della plebe urbana con una serie di elargizioni e fece esiliare Cicerone (sempre più apertamente anticesariano), con l’accusa di illegalità nella condanna a morte dei segaci di Catilina. In questa situazione il senato cercò il sostegno di Pompeo, preoccupato come Crasso dei successi di Cesare in Gallia, e fece inoltre richiamare Cicerone dall’esilio.
Cesare capì che era il momento di rinnovare gli accordi triumvirali; i tre si incontrarono a Lucca nel 56 a.C. e fu deciso che Cesare avrebbe avuto il proconsolato in Gallia per altri cinque anni e Pompeo e Crasso avrebbero avuto il consolato per l’anno 55 a.C. Pompeo sarebbe poi diventato proconsole in Spagna, Crasso proconsole in Oriente per combattere contro i Parti, che avevano fondato un vasto impero sull’altopiano iranico e in Mesopotamia e minacciavano i domini romani.

Notte del 23 ottobre 1942: il sole è tramontato da poco nel deserto egiziano, 100 chilometri a ovest di Alessandria, vicino al mare. A un tratto oltre mille cannoni di grosso calibro iniziano a martellare le postazioni tedesche e italiane.

Non si sa perché quel luogo si chiami El Alamein, in arabo ‘le due bandiere’; sta di fatto che da mesi nella zona si fronteggiano le forze dell’Asse e quelle degli Alleati: in gioco c’è il controllo del Nord Africa, via naturale per attaccare la ‘fortezza Europa’. La sproporzione a favore degli angloamericani comandati da Montgomery è tale che lo scontro dovrebbe chiudersi in poche, eppure Regio Esercito e Afrikakorps riescono a bloccare l’offensiva per giorni, a prezzo di perdite enormi. Un costo altissimo soprattutto per la Divisione Folgore: quando finalmente il 4 novembre le armi tacciono a ricevere l’onore delle armi sono poche centinai di soldati, unici superstiti di 5.000 loro compagni.

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