Arresto sconvolgente a Milano: un 50enne, amministratore unico di una nota azienda farmaceutica, è finito in manette con l'accusa di aver narcotizzato una giovane studentessa, averne abusato sessualmente e scattato alcune fotografie per documentare il fatto. Ad eseguire l'operazione i carabinieri del nucleo operativo della compagnia Milano Porta Monforte, a suggello di una indagine coordinata dal Dipartimento tutela della famiglia, dei minori e di altri soggetti deboli della procura di Milano.
Contro l'uomo i carabinieri hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per "violenza sessuale aggravata, sequestro di persona e lesioni personali aggravate nei confronti di un 50enne, amministratore unico di una nota azienda farmaceutica milanese. A far scattare l'inchiesta è stata la stessa studentessa universitaria, 21 anni: la violenza sarebbe avvenuta al termine di un incontro tra imprenditori per uno stage. La giovanissima ha raccontato di aver perso completamente i sensi dopo aver bevuto un semplice caffè.
Il sospetto è che alla bevanda possa essere stata aggiunta una sostanza stordente, forse la famigerata "droga dello stupro" diventata tristemente famosa anche per via del caso delle ripetute violenze ammesse da un altro esponente del facoltoso "bel mondo" delle notti milanesi, l'imprenditore digitale Alberto Genovese, anche lui attualmente in carcere, reo confesso per una serie di abusi ai danni di giovanissime ragazze invitate alle sue feste nell'attico Terrazza Sentimento, con vista su piazza Duomo, e nella sua villa a Ibiza, in Spagna. La 21enne ha raccontato agli inquirenti di essersi poi risvegliata a casa, stordita, con addosso i vestiti indossati la sera precedente.
“Io sono Giorgia” al top nelle vendite: tiratura record da 100mila copie. E ora la sinistra andrà ai matti
“Io sono Giorgia” è un successo editoriale. I numeri sono stellari. In soli 10 giorni dall’uscita il libro della leader di FdI per i tipi della Rizzoli è balzato al secondo posto della classifica dei libri più venduti della settimana. Nella top ten stilata da Nielsen il libro, sugli scaffali dall’11 di maggio, è infatti secondo in classifica. Con una tiratura di 100mila copie e 5 edizioni. Una galoppata a passo di carica. Il volume è preceduto, sul podio, solo dal romanzo di Lucinda Riley, ‘La sorella perduta’, new entry svettata in cima alla classifica. “Io sono Giorgia” farà ancor più perdere il senno alla sinistra.
“Io sono Giorgia” della Meloni: performance stellare
Una grande soddisfazione, un successo che va oltre le previsioni. I maligni diranno che le polemiche innescate dal rifiuto della libraia romana di acquisirlo non ha fatto altro che aumentare la curiosità dei lettori. Altri ancora diranno che le cattiverie che Selvaggia Lucarelli ha scritto sul Fatto recensendo “Io sono Giorgia” ne avranno alzato le quotazioni. La realtà è diversa – comunque la sinistra vorra rigirarla – e la performance esaltante nelle librerie certifica qualcosa di più e di diverso. Che una leader di destra lontana dal mainstream corrente abbia interessato un pubblico così vasto vuole dire che l’appeal con il popolo dei lettori è scattato. Ed è scattato su basi che non sono solo politiche. Essere seconda nella classifica dei libri più letti dopo un romanzo vuol dire che il libro è bello, pieno di valori, pieno di vita vissuta. In una parola un libro vero. La sinistra ha di che preoccuparsi anche del cammino di Giorgia Meloni “scrittrice”.
L’ultimo fascismo cercò la bella morte
Andarono a cercar la bella morte molti dei volontari e delle ausiliarie che si arruolarono nella Repubblica Sociale Italiana. Motto d’impronta dannunziana, divenuto poi canto e simbolo di ardimento e baldanza disperata. A cercar la bella morte s’intitolò pure un romanzo di Carlo Mazzantini sulla sua esperienza a Salò. La morte dei fascisti fu l’ultimo libro, postumo, di Giano Accame che si arruolò ragazzo nella Rsi in extremis. Repubblichino per un giorno, inquieto intellettuale di destra sociale per una vita, uso alle eresie e agli incontri trasversali; ma quando morì, nel 2009, volle farsi seppellire con la camicia nera.
La bella morte è ora il titolo di un libro di Gianni Oliva dedicato agli 800mila “uomini e le donne che scelsero la Rsi” in uscita da Mondadori. Oliva è uno storico e un giornalista della sinistra torinese; viene dal Pci, col Pd ha coperto ruoli pubblici. Pur restando in una visuale partigiana, non rinuncia alla verità storica, vuol conoscere le ragioni, le passioni e le versioni di chi stava dall’altra parte; si avvale delle loro testimonianze e riparte dalla ricerca di Renzo De Felice. E infatti, come già aveva fatto con le foibe e altre opere sulla guerra civile, Oliva ha scritto, per dirla con Prezzolini, “un necrologio onesto” dell’ultimo fascismo.
Chi andò a Salò con Mussolini? Oliva distingue i militari che ci andarono per “rifiuto del tradimento e fedeltà alla parola data” dai militanti fascisti che oltre la fedeltà volevano vendicarsi dei traditori e dei voltagabbana. A loro si unirono molti giovanissimi, nati e cresciuti nel mito del duce e del fascismo. La parola che li accomunò fu Onore. Il rispetto per i vinti, richiesto tempo fa da Violante e da Ciampi, è ormai negato: oggi è tempo di condanne eterne e mali assoluti.
Chi era Giorgio Almirante
Il leader politico di estrema destra che durante la guerra fu un collaborazionista dei nazisti e a cui il comune di Verona vuole dedicare una strada
Poche settimane fa il comune di Verona ha deciso di intitolare una via a uno storico leader della destra radicale italiana, Giorgio Almirante, morto nel 1988, ex dirigente del regime fascista e collaborazionista dei nazisti, divenuto nel dopoguerra fondatore del Movimento Sociale Italiano (MSI).
In Italia esistono già diverse vie e piazze Almirante, ma la notizia ha causato particolari polemiche poiché lo stesso consiglio comunale di Verona ha votato pochi giorni dopo per dare la cittadinanza onoraria alla senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti. Segre ha detto che le due scelte del comune di Verona sono incompatibili. «La città di Verona, democraticamente, faccia una scelta e decida ciò che vuole, ma non può fare due scelte che sono antitetiche l’una all’altra», ha scritto Segre.
Il dibattito su Almirante dura da decenni, in parte a causa della sua lunghissima carriera politica – fu parlamentare per quarant’anni, dal 1948 fino alla sua morte – ma soprattutto a causa della sua storia personale estremamente controversa. Durante il regime fascista, Almirante fu un importante dirigente del partito, autore di articoli razzisti e antisemiti; dopo la guerra non rinnegò mai la sua fede fascista, la sua ostilità alla democrazia e la sua ammirazione per Benito Mussolini.
33 anni fa moriva Giorgio Almirante, storico uomo politico della destra italiana
Giorgio Almirante nacque a Salsomaggiore, in provincia di Parma, il 27 giugno 1914. Il padre, attore, direttore di scena di Eleonora Duse e di Ruggero Ruggeri e poi regista del cinema muto, apparteneva ad una famiglia di attori e di patrioti, con ascendenti appartenenti all’alta nobiltà di Napoli. Il piccolo Giorgio visse quindi i suoi primi anni seguendo la famiglia da una città all’altra, fino a che gli Almirante si stabilirono a Torino, dove intraprese studi regolari. Successivamente, si trasferì con la famiglia a Roma, dove si iscrisse all’università nella Facoltà di Lettere.
Parallelamente agli studi, intraprese la carriera di cronista praticante presso “Il Tevere”, quotidiano fascista diretto all’epoca da Telesio Interlandi. Vi rimase fino al luglio 1943, ormai trentenne. Conseguita la laurea in lettere e l’abilitazione all’insegnamento di materie classiche, dopo sei anni di praticantato gratuito, viene nominato da Interlandi caporedattore e, poco dopo, anche segretario di redazione della nuova rivista “La Difesa della razza”, inizialmente diretta dallo steso Interlandi.
Cresciuto dunque in piena epoca fascista, come gran parte dei suoi coetanei, militò nelle organizzazioni giovanili fasciste, ma durante il regime non andò oltre la carica di fiduciario del GUF della facoltà di lettere dell’università di Roma. Quasi cinquant’anni dopo, avrebbe ammesso di essere stato allora razzista e antisemita in buona fede e per motivi politici (come molti giornalisti italiani poi passati all’antifascismo); la collaborazione alla “Difesa della razza fu”, di tutta la sua vita, l’unica esperienza che sconfessò completamente, pur conservando un ottimo ricordo di Interlandi. Inoltre, è noto che Almirante, durante il periodo della Repubblica di Salò, salvò dalla deportazione in Germania un suo amico ebreo e la famiglia di questo, nascondendoli nella foresteria del ministero della Cultura popolare a Salò.
Intanto, scoppia la seconda guerra mondiale, evento che vedrà Almirante coinvolto anima e corpo. Infatti, essendo stato richiamato alle armi come sottotenente di complemento di fanteria, viene mandato in Sardegna a comandare un plotone di guardia alla costa, un compito non certo esaltante. Almirante, invece, desiderava partecipare attivamente alle operazioni di guerra; si offrì dunque volontario per il fronte dell’Africa settentrionale, e a tal fine si fece nominare corrispondente di guerra. Raggiunse Bengasi alla fine dello stesso mese di giugno dove visse le alterne fasi della guerra fino a tutto il 1941, ottenendo la croce di guerra al valor militare. Tornato poi a Roma, riprese il suo posto di caporedattore del Tevere.
Non dovete far vedere i poveri in tv! La democrazia autoritaria di Monica Cirinnà
Si potrebbe quasi pensare che il concetto di democrazia, così come è stato argomentato dalla senatrice Monica Cirinnà, sia «leggermente» autoritario. Ospite di una trasmissione mattutina sulle reti Mediaset, pare quasi infastidita nel dover commentare le lunghe file alla mensa Caritas.
Gli aiuti alle famiglie italiane da parte del governo, sono stati tempestivi ed adeguati, taglia corto la senatrice. Milioni di italiani, temiamo invece non siano del medesimo avviso. Sulla povertà in crescita, non ha quasi certamente avuto modo di consultare i dati forniti dalla Caritas stessa, che parla invece di un aumento di poveri del 24% in soli 7 mesi.
Il meglio del dibattito però è successivo. Quando redarguisce il conduttore. Il motivo? Mediaset è una azienda di Berlusconi, Forza Italia è al governo e dunque certe cose non dovrebbero forse esser mostrare. «Mediaset è al governo» dice con tono perentorio la Cirinnà. Viene da pensare che la senatrice non consideri granché i giornalisti, riducendoli ad uno strumento utilizzabile a convenienza.
Il pensiero che la povertà non vada mostrata, per non danneggiare l’immagine del governo, non pare un bel segnale democratico. Ora appurato che Silvio Berlusconi non è più l’editore di Mediaset e da parecchi anni, ci sfugge come un programma d’informazione, possa «essere al governo». Non sarebbe forse più opportuno per i piddini, che vantano di essere forza guida di governo, redimere, questa volta si il termine è azzeccato, un vero «programma di governo»?
Elezioni a Roma, Gualtieri è diventato superman? Calenda smaschera il Pd: leggete questi, di sondaggi!
Gli ultimi sondaggi erano tutt'altro che incoraggianti. La corsa dell'ex ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, alla carica di sindaco di Roma per il Pd sembrava ad ostacoli, con percentuali di gradimento da lista civica. Eppure, sorpresa delle sorprese, le rilevazioni viste sulla stampa di oggi vedono il candidato dem in grande spolvero tanto da darlo come favorito per il Campidoglio.
Ma a contestare quei dati arriva Carlo Calenda che rovina la festa al centrosinistra. Il leader di Azione candidato sindaco indipendente - e che il Pd ha rifiutato di sostenere - va all'attacco del "copia e incolla di un sondaggio commissionato da PD a società sconosciuta nell’ambito dei sondaggi politici. Sorpresona: Gualtieri Superman. Quelli allegati sono invece gli unici sondaggi indipendenti fatti da società specializzate nei sondaggi politici. Aiutatemi a far circolare", scrive su Facebook Calenda che fornisce i risultati di alcuni sondaggi politici visti nei giorni scorsi dai quali è possibile trarre indicazioni diametralmente opposte da quelle suggerite dalla rilevazione su super-Gualtieri.
In un sondaggio che dà il gradimento di Calenda al 19 per cento, alle spalle della sindaca Virginia Raggi e prima di Nicola Zingaretti e Guido Bertolaso, l'ex ministro del governo Conte bis sprofonda addirittura al 7,6 per cento. Anche Vittorio Sgarbi prenderebbe di più.
In altri due "cartelli" di istituti diversi sull'ipotetico ballottaggio Gualtieri perderebbe contro Bertolaso, mentre alle stesse condizioni la spunterebbero Zingaretti e Calenda ma non la Raggi.
Immigrazione, il caso a Verona: "Trovare subito 1.200 case per i profughi". Matteo Salvini: "Ecco perché bloccare gli sbarchi è un dovere"
"Con milioni di Italiani in grave difficoltà, bloccare ingressi, sbarchi e sprechi è un dovere". Un tweet con la foto di un articolo del quotidiano l'Arena che pubblica la notizia che a Verona si cercano alloggi per 1200 profughi. Um tema sempre attuale per il leader leghista anche alla luce dei recenti fatti accaduti in Spagna: "Quando un governo di sinistra, come quello spagnolo, respinge in Marocco 5mila clandestini che erano entrati abusivamente nel territorio nazionale, perché la stessa cosa non può farla l’Italia? Considerata l’ennesima nave tedesca che sta facendo rotta a Palermo, chiedo al governo italiano di comportarsi esattamente come quello spagnolo per difendere i confini", aveva spiegato un paio di giorni fa.
E sempre Salvini aveva cercato di suonare la sveglia al ministro Luciana Lamorgese sui migranti. "Aspettiamo notizie dal Viminale...". La delegazione del governo spagnolo a Ceuta, enclave spagnola in Marocco, infatti aveva riferito che il numero di immigrati senza documenti che sono riusciti a entrare illegalmente a Ceuta nel corso della giornata era di 6mila unità.
Un "record" , senza precedenti. Tante sono le persone che avevano attraversato il confine nella città spagnola di Ceuta, con i primi arrivi iniziati lunedì, ha detto il governo spagnolo. Circa 1.500 delle persone arrivate si ritiene siano adolescenti. Il premier spagnolo Pedro Sánchez ha cancellato un viaggio previsto a Parigi: "La mia priorità in questo momento è riportare la normalità a Ceuta", aveva scritto su Twitter. Unità dell'esercito spagnolo sono state quindi schierate su parte delle spiagge dell'enclave di Ceuta per frenare gli arrivi in massa di migranti dal Marocco.
Vaccini, Giovanni Toti contro il generale Figliuolo: "Niente marxismo applicato al coronavirus"
"Penso che il generale Figliuolo non abbia poi torto. Però, bisogna intendersi... Sono 16 mesi che si sente tutto e il suo contrario. Fughe in avanti, ricerca di visibilità da parte di qualcuno... Io leggo la lettera di Figliuolo come un richiamo alla sobrietà e alla ragionevolezza. Se è un benefit per l'ombrellone o la seggiovia, vacanza inclusive vaccino compreso, è una sciocchezza. Ma ci sono categorie per cui ha un senso: mamme con figli che si spostano per l'intera estate, stagisti degli istituti alberghieri...". Così Giovanni Toti parla della lettera con cui il commissario ai vaccini invita le Regioni a mettere fine agli "annunci di azioni non coordinate con la struttura commissariale".
Toti torna sulla figura di Figliuolo: "Insiste sul rispetto di criteri rigorosi e io sono d'accordo. Anche se in queste settimane ci sono state alcune decisioni un po'... ondivaghe. Da un lato si chiede di rispettare rigorosamente il criterio anagrafico, dall'altro si apre ai "vaccino day" o agli "AstraZeneca day". Il confronto è stato meno fair di quanto sperato. Ma le Regioni hanno approvato tutti i dpcm all'unanimità e il governo ha impugnato solo un provvedimento regionale, quello della compianta Jole Santelli, anche perché le Regioni sono nate per avere metodi e prassi diverse rispetto ai diversi territori, cosa che non si può contrabbandare per inefficienza. Spesso hanno dato risposte assai più convincenti di quelle dei governi", spiega sempre Toti.
Toti si spiega meglio: "Non vorrei si preferisse appiattire verso il basso, il modello sovietico, tutti uguali e tutti un po' peggio. Noi abbiamo voluto Draghi pensando a un Paese che cresca nella libertà da lacci e lacciuoli. Non marxismo leninismo applicato al Covid", conclude il governatore della Liguria.
Dopo 15 anni Enrico Letta è restato lì Il suo programma? Fare piangere i ricchi
Era così nel 2006, quando arrivò a fare il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del peggiore governo che ricordi la storia repubblicana in questi decenni: il secondo guidato da Romano Prodi, con Vincenzo Visco alle Finanze e Fausto Bertinotti tirato a bordo. Enrico Letta è restato là, al governo delle 100 tasse che da queste fu travolto in meno di un lampo con tutta l'Italia in piazza. Come se quella batosta fosse stata del tutto inutile dopo 15 anni Letta jr è tornato al punto di partenza, a quel infelice manifesto politico della sua maggioranza di allora con la frase tremenda “Anche i ricchi piangano”.
Ai ricchi vuole togliere oggi come allora con la sua proposta di patrimoniale rimandata rumorosamente al mittente da Mario Draghi, e probabilmente oggi come allora finirebbe per togliere soprattutto ai poveri: il governo dell'Ulivo che aveva quei propositi da Robin Hood sgarrupato, finì per levare parte dello stipendio a italiani che guadagnavano meno di mille euro, facendo un pasticcio clamoroso con la riforma fiscale che sostituì detrazioni a deduzioni elevando l'imponibile su cui si effettuava il prelievo fiscale. Pur avendo in testa solo le tasse, che sono la loro passione, non ne capirono nulla e fecero quella grande frittata.
Disastro M5S all’anagrafe di Torino: «Per la carta d’identità elettronica si aspetta anche 7 mesi»
È un disastro tutto targato M5S quello dell’anagrafe torinese. Mentre l’Ue si appresta a varare la Green Card per consentire gli spostamenti e il premier Mario Draghi si spende personalmente per il turismo interno, i cittadini torinesi rischiano di rimanere inchiodati dove sono. Almeno se contano sulla carta d’identità elettronica: a Torino per averla «si aspetta anche 7 mesi». La denuncia arriva dall’edizione cittadina della Stampa, che solleva il caso. Una vicenda che, si diceva, porta la firma del M5S vergata non solo dal sindaco Chiara Appendino, ma anche dall’ex ministro all’Innovazione, Paola Pisano. Era lei, infatti, l’assessore torinese al Digitale che prometteva una svolta nell’anagrafe. Ma, stando a quanto riferito dal quotidiano, l’unica svolta che si è registrata nel tempo è stata quella della sua carriera, con la promozione a Palazzo Chigi.
“La Stampa”: «A Torino 7 mesi per la carta d’identità»
Dopo aver riferito che per ottenere un appuntamento per la carta d’identità digitale a Torino si può attendere tra i tre e i cinque mesi, con punte che toccano i sette a seconda dell’ufficio di riferimento, La Stampa ricorda che il problema a Torino è annoso. Così, mentre in città come Genova o Milano, la pratica si risolve nel giro di qualche giorno, all’ombra della Mole non c’è soluzione che tenga. Ci hanno provato con i totem, che dopo un primo fallimento ora vengono rilanciati. Ci hanno provato con le anagrafi nelle edicole, che però si sono rivelate un altro flop. E ci hanno provato chiudendo alcuni uffici per rinforzarne altri, ma, scrive sconsolato Lodovico Poletto che firma l’articolo, «è finita come è finita». Pare, dunque, di capire che sia stato un bel disastro.
Omnibus, la liberalizzazione dei vaccini non serve. Il prof Abrignani svela la verità su brevetti e tecnologia
Si discute sul tema dei vaccini negli studi di Omnibus, il programma mattutino condotto da Alessandra Sardoni e Gaia Tortora. Nella puntata di venerdì 21 maggio è ospite il professor Sergio Abrignani, immunologo del policlinico universitario di Milano e componente del Comitato Tecnico Scientifico. In merito alla liberalizzazione dei brevetti sui vaccini anti-Covid proposta dal presidente americano Jhon Biden, si è detto contrario. Secondo l’immunologo il problema principale che si incontrerebbe nell’esportare i brevetti sarebbe proprio la qualità della produzione di questi sieri. Le tecnologie a disposizione nei paesi in via di sviluppo non sarebbero in grado di fornire un prodotto idoneo alla somministrazione. I limiti produttivi non sarebbero tanto legati alla liberalizzazione dei brevetti bensì alle capacità produttive e agli alti standard qualitativi necessari per produrre il vaccino anti-Covid, soprattutto nei sieri a mRNA come quello di Pfizer/BioNTech o di Moderna.
Dunque, la sola condivisione delle formule prodotte dalle case farmaceutiche non risolverebbe il problema se le competenze necessarie alla produzione non garantiscono uno standard idoneo a non mettere al rischio la salute delle persone. Abrignani interviene così: “La liberalizzazione dei vaccini non servirà a nulla. Già farli in Italia, Spagna e in Francia, questi vaccini “high tech” di oggi è terribilmente complicato. Il trasferimento di queste tecnologie in paesi sottosviluppati è complicato, il problema non è tanto la liberalizzazione. Io suggerirei un forte investimento per darlo a tutti al mondo, ma che lo facessero nel mondo occidentale perché una produzione su cinque va già male qui. Tutti i ritardi che abbiamo è perché anche nel mondo occidentale, il più evoluto, ascoltiamo continuamente i ritardi di vaccini come Pfizer, Novavax e Moderna hanno fallito nei lotti di produzione.” – spiega Abrignani.
La patrimoniale non piace neppure alla sinistra. Persino Michele Santoro la stronca
La tassa patrimoniale è un boomerang per la sinistra. L'idea storica rilanciata dal segretario del Pd Enrico Letta non piace neppure ai rappresentanti più autorevoli del pensiero rosso. Come Michele Santoro.
Ospite di Propaganda Live su La7, durante la lunga intervista con Zoro, il giornalista si è detto contrario all'idea di applicare la patrimoniale ai contribuenti più ricchi. E gli utenti che già lo immaginavano rilanciare l'idea di Letta rimangono delusi a giudicare dai tweet.
Calenda sferra l’attacco a Gualtieri: «Rappresenta il Pd romano che ha affossato la Capitale»
Volano gli stracci nel centrosinistra per la conquista del Campidoglio. Carlo Calenda, da mesi in campagna elettorale con i suoi tour per i quartieri della Capitale, spara a zero su Roberto Gualtieri. Il candidato sfornato dal Pd, che Letta ha preferito a Nicola Zingaretti. Che non ha mai sciolto il nodo del rapporto con i grillini. Per il leader di Azione l’ex ministro del governo Conte non è credibile nella sua battaglia per il riscatto della Capitale. Messa in ginocchio dall’amministrazione della sindaca Raggi.
Calenda: “Gualtieri è l’erede del Pd che ha affossato Roma”
“Tra me e Gualtieri ci sono due differenze sostanziali. Intanto io sono mesi che lavoro passo passo andando in giro per i quartieri. Facendo proposte su tutti i municipi. Sui rifiuti, sui trasporti. È stato un lavoro corale e molto profondo”, dice Calenda. Ospite a Non stop news sul Rtl. Ma soprattutto, incalza, “Gualtieri si porta dietro una classe dirigente. Che è quella del Pd locale. Che è parte delle ragioni del declino di Roma”. Il Nazareno capitolino in questi 5 anni è stato nella cabina di regia della giunta. Come può proporsi a rilanciare la Capitale?
ornella mariani
Ornella Mariani è sannita.
Negli anni scorsi è stata Opinionista e controfondista anche di prima pagina; curatore di Terza Pagina per testate nazionali; autore di saggi e ricerche sulla Questione Meridionale.
Ha pubblicato:
• saggi economici vari;
• (Pironti) Per rabbia e per amore;
• (Pironti) E così sia;
• (Bastogi) Viaggio nell’entroterra della disperazione;
• (Controcorrente) Federico II di Hohenstaufen ( 1° e 2° edizione);
• (Adda) Morte di un eretico;
• (Mephite) Matilde;
• (Mephite) Giuditta;
• (Mephite) Costanza;
• (Mephite) Profili di perle.
Collabora a siti vari di storia medievale ed in particolare con l’A.C.I.M.
Ha in corso l’incarico di coordinatore per una Storia di Benevento in due volumi, (720 pagine) commissionata dall’Ente Comune di Benevento e diretta dal Prof. Enrico Cuozzo.
Ornella Mariani: «Non è un governo di incapaci, è un governo di criminali»
La scrittrice Ornella Mariani, ospite della trasmissione Notizie Oggi, è stata protagonista di un intervento durissimo nei confronti di Conte e del governo che sta facendo il giro del web.
Che fosse una donna senza peli sulla lingua lo aveva già dimostrato. Ospite a Notizie Oggi, su Canale Italia, ha letteralmente demolito Conte e il governo. Il video è stato condiviso più di 13.000 volte.
«Siamo in una situazione che è veramente apocalittica. Con un premier che non so dove abbia studiato. Uno che nell’ennesimo Dpcm confonde il ristoro con l’indennizzo. Non so dove si sia laureato perché anche in quinta elementare lo sanno».
«Non avremmo avuto 35mila vittime se avessimo fatto alla cinquantesima un’autopsia». Perché, per la scrittrice, sarebbe emerso subito che il protocollo era sbagliato. E qualcuno si sarebbe accorto di aver trasformato «i medici in strumenti involontari di morte».
Il governo negli scorsi mesi non avrebbe svolto il suo dovere nonostante abbiamo pagato «fior di quattrini a non si sa quanti esperti e di cosa, per trovarci nella stessa situazione della primavera tra un annuncio e un proclama».
Covid, gli italiani sono alla fame per colpa della crisi: 6 famiglie su 10 non arrivano a fine mese
La crisi del Covid ha avuto effetti devastanti in Italia. Più della metà delle famiglie italiane ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese: è quanto emerge dall'ultima indagine della Banca d'Italia sulle famiglie italiane relativa agli effetti della pandemia. "Oltre il 60 per cento dei nuclei dichiara di avere difficoltà economiche ad arrivare alla fine del mese, 10 punti percentuali in più rispetto al periodo precedente la pandemia; la percentuale è aumentata di oltre 20 punti (al 65 per cento) per i nuclei il cui capofamiglia è un lavoratore autonomo", spiega la Banca d'Italia. "Poco meno del 40 per cento delle famiglie - prosegue - riporta che negli ultimi dodici mesi si è verificato che il reddito familiare non fosse sufficiente a coprire le spese; quasi la metà di queste riferisce che in assenza di reddito o trasferimenti non disporrebbe di risorse finanziarie proprie per far fronte ai consumi essenziali nemmeno per un mese".
"Nei prossimi tre mesi poco più di un quarto delle famiglie pensa di ridurre i consumi non durevoli, contro una percentuale di circa un terzo nell’edizione di novembre. La flessione della spesa - prosegue l'analisi - sarebbe più pronunciata per i nuclei il cui reddito è diminuito tra gennaio e febbraio e che hanno più difficoltà a fronteggiare le spese mensili; riguarderebbe però anche parte (circa un quinto) di coloro che si aspettano un incremento di reddito nel 2021".
Teodosio Losito, nuova inchiesta per "istigazione al suicidio". Manuela Arcuri convocata in Procura
Continua la passerella di vip nel palazzo di giustizia di Roma. Stamattina Manuela Arcuri è stata convocata in Procura per essere sentita come persona informata sui fatti in relazione alla morte di Teodosio Losito, lo sceneggiatore di fiction campioni di ascolti su Mediaset (da "L’onore e il rispetto", a "Pupetta" e "Il bello delle donne"), trovato morto nella sua casa romana l'8 gennaio 2019.
Sul caso all'epoca non si indagò, perché venne subito classificato come suicidio. Non venne eseguita nemmeno l'autopsia. Tuttavia, ora, il pm Carlo Villani ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio, in seguito alla denuncia presentata dai familiari di Losito, dopo aver ascoltato le frasi dette da Rosalinda Cannavò (in arte Adua Del Vesco) nella casa del Grande Fratello Vip.
Stando a quanto da lei rivelato in diretta tv lo scorso settembre, dietro la morte dello sceneggiatore e produttore televisivo romano (deceduto a 53 anni), ci sarebbero una serie di misteri. L'attrice ne aveva parlato con il collega ed ex compagno Massimiliano Morra. "Tu hai visto cosa è successo? Noi infatti ci siamo rivisti a quell’evento, tu eri in disparte dietro - ricorda Rosalinda - Io da quel momento sono scappata da loro, di nascosto. Io non ero lì quando è successa quella cosa. Quella cosa brutta l’ho scoperta il giorno dopo alle 7 del mattino. Lui mi mandò un messaggio. Io gli volevo bene e so che anche tu ne volevi a lui. Ho subito fatto il suo numero e purtroppo non mi rispondeva, ovviamente. Io se rimanevo facevo la sua fine. Tu non sai cosa ho passato! Ero veramente sola e avrei fatto quella fine lì".
Copasir, Volpi lascia la presidenza. Salvini: «Ora si dimettano i rappresentanti degli altri partiti»
Sembra avviarsi alla conclusione la querelle sulla presidenza del Copasir (il Comitato parlamentare di controllo sui Servizi) che da mesi vede da una parte FdI e dall’altra la Lega. Come infatti annunciato dallo stesso Matteo Salvini, «il presidente Raffaele Volpi e il senatore Paolo Arrigoni hanno lasciato l’incarico nel Copasir». Il leader leghista ha quindi aggiunto: «Ora attendiamo le dimissioni di tutti gli altri componenti e la nomina di un altro comitato». A marcare la distanza tra i due alleati è stata l’interpretazione della legge istitutiva del Copasir, la 124 del 2007. La normativa è chiara nello stabilire che la presidenza del Comitato sia da attribuire all’opposizione. «Finalmente. Ora si applichi legge, presidenza a opposizione», è infatti la reazione del deputato FdI, Federico Mollicone.
Si dimette anche il leghista Arrigoni
La stessa Lega aveva potuto eleggere Volpi solo perché nel 2019 aveva lasciato il governo. Lo stesso dovrebbe fare oggi Fratelli d’Italia quale unico partito di opposizione. Finora la Lega ha nicchiato forte del precedente della presidenza D’Alema, che resistette anche all’ingresso del Pd in maggioranza. È anche vero, tuttavia, che a differenza di quello presieduto da Draghi, il governo Monti era formato esclusivamente da tecnici. Le dimissioni odierne segnano dunque una svolta, sebbene i toni che le accompagnano sembrano ancora risentire delle recenti polemiche. Il fatto stesso che Volpi e Arrigoni abbiano tenuto a far sapere che «si attendono istantanee dimissioni di tutti gli altri componenti del Copasir» e che fino a qual momento «non parteciperanno alla votazione di nessun presidente» ne è corposo indizio.
Ddl Zan e femminicidio
L’ intervista con nothing4 ha posto l’accento su una non banale riflessione, riguardo l’estensione del diritto dell”identificativo di genere anche in persone che non hanno effettuato una transizione. Nella riflessione è emerso soprattutto l’aspetto di come le persone che invece hanno effettuato questa la transizione possano sentirsi svilite nel loro percorso a fronte di persone che si identificano in un particolare genere solo per “sensazione”. Ho riflettuto molto attorno a questo punto e ho deciso di spingere l’aspetto alla sua più estrema manifestazione : come si dovrebbe comportare la legge quando viene a confrontarsi con casi come il femminicidio, quando un uomo che si “sente” donna compie un delitto contro le donne? Il femminicidio il cui neologismo è su carta “l’omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna viene uccisa da un individuo di sesso maschile per motivi basati sul genere” oltre ad essere un definizione specifica è stata anche una battaglia portata avanti per valutare le “aggravanti” della pena connessa a questa tipologia di reato. Una legge che estenda il diritto legato al genere anche in soggetti privi del processo di transizione è pronta ad affrontare non solo i diritti, ma anche i doveri e le pene connesse a tali individui? perché parliamoci chiaro l’assenza di un parametro oggettivo per stabilire il genere di appartenenza, e l’estensione di questo concetto a chiunque si “senta in un modo” piuttosto che in un altro, risulta fallace sotto moltissimi aspetti. Un bravo avvocato potrebbe tranquillamente appellarsi a queste normative quantomeno confuse per alleggerire la pena del proprio cliente.
«Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore»
Nella conferenza tenuta il 4 luglio 1950 all’Istituto Italiano di Cultura a Londra, poi pubblicata nella raccolta di saggi To Criticize The Critic col titolo What Dante Means To Me, Eliot affermò che il debito che lo legava a Dante era «di tipo progressivamente cumulativo»[1]: mentre la lettura di scrittori quali Jules Laforgue e Charles Baudelaire aveva contrassegnato un periodo limitato della sua vita, pur offrendogli insegnamenti preziosi per la sua carriera poetica, lo studio del Fiorentino aveva accompagnato ogni fase della sua maturazione artistica, arricchendosi di nuovi significati lungo il suo percorso letterario e spirituale. Nel saggio appena citato ammetteva inoltre di non riuscire a definire del tutto nemmeno a se stesso in cosa fosse consistito quel debito, lasciando ipotizzare uno sconfinamento più o meno cosciente dal campo delle lezioni tecnico-letterarie indicate in quella sede.
Non è dunque semplice chiarire la misura e la qualità dell’influenza dantesca su Eliot, sulla cui opera, in prosa ed in poesia, l’ombra dell’Alighieri si allunga anche laddove non vi sono riferimenti espliciti, suggerendo una funzione simile a quella che Virgilio aveva avuto per Dante: «Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore»[2].
Nell’opera eliotiana osservata retrospettivamente, inoltre, mentre sono riscontrabili prove evidenti di un approfondimento graduale, contemporaneamente è possibile leggere fin dagli esordi affermazioni che rimandano inequivocabilmente agli sviluppi futuri. Questo empasse può essere risolto solo presupponendo un ripensamento continuo da parte del poeta di motivi, di nuclei di pensiero, di esigenze artistiche e spirituali presenti da sempre ma la cui armonizzazione veniva costantemente «minata» da esperienze filosofiche e intellettuali di segno opposto, alimentando un conflitto interiore che si riverberò sulla produzione poetica fino a The Waste Land.
Strage di Bologna, i senatori di FdI: «Desecretare i documenti. Via il segreto di Stato»
«Si chiede di sapere se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga opportuno riconsiderare il segreto di Stato ed il segreto funzionale su tutti i documenti riguardanti, direttamente o indirettamente, le gravi stragi che hanno caratterizzato il periodo degli “Anni di piombo“ della storia del Paese, ed in particolare quanto ancora classificato e secretato sulla vicenda della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980». Così in un’interrogazione parlamentare presentata ieri dai senatori Fdi Claudio Barbaro, Nicola Calandrini, Giovan Battista Fazzolari, Daniela Santanchè, Patrizio Giacomo La Pietra, Isabella Rauti e Achille Totaro, chiedono la desecretazione dei documenti relativi alla strage di Bologna e di Ustica.
Attraverso un’interrogazione parlamentare
«Si ricorda – scrivono i senatori di Fratelli d’Italia – che il segreto di Stato non può essere opposto ai fatti di strage, ai sensi della legge n. 124 del 2007. Nonostante ciò, non solo permane il segreto sulle evidenze della morte in Libano dei nostri connazionali Toni e de Paolo, la cui scomparsa è probabilmente legata alle stragi di Bologna e di Ustica, ma numerose documentazioni sono ancora sottoposte al “segreto funzionale“, che impedisce di utilizzare i documenti presenti negli archivi delle Commissioni d’inchiesta, come ad esempio quelli delle commissioni”Mitrokhin“, “Stragi” e “Moro“. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sostanziale “arbitro” del segreto opposto da qualsivoglia autorità politica o amministrativa, è l’unico che può disporre la desecretazione di tali documenti».
Terrorismo, «morto il leader di Boko Haram»: la conferma dagli 007 nigeriani
Il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, è morto. A confermarlo è stata l’intelligence nigeriana, citata dai media locali, secondo cui il leader del gruppo terroristico sarebbe morto negli scontri tra i suoi uomini e i militanti dello Stato islamico della provincia dell’Africa occidentale (Iswap).
In Nigeria si temono scontri tra fazioni di terroristi
Dopo la notizia della morte di Shekau, il ministero della Difesa nigeriano ha emesso l’allerta per tutti i comandi e le forze dispiegate nello stato nord-orientale di Borno, temendo che gli scontri tra l’Iswap e Boko Haram possano proseguire. L’Iswap è la fazione secessionista di Boko Haram appoggiata dall’Isis, emersa come la forza dominante nell’insurrezione jihadista che dura ormai da più di 10 anni. Secondo le stime ufficiali, sono più di 40mila le persone uccise e oltre 2 milioni quelle sfollate per il conflitto nel nord-est della Nigeria. I combattimenti si sono estesi anche in parti confinanti di Ciad, Camerun e Niger.
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