Censura Rai? Se c’è stata, viene da sinistra. Lo sottolinea Matteo Salvini informando i suoi follower sul curriculum di Ilaria Capitani, la vicedirettrice di Rai3 che a un certo punto interviene nella telefonata che Fedez ha reso pubblica.
Il curriculum di Ilaria Capitani
Già caporedattrice del Tg2, Ilaria Capitani è giornalista politica e sportiva. Nata a Napoli nel 1967, durante gli studi alla scuola di giornalismo vince una borsa di studio al Corriere della Sera, dove lavora per cinque anni occupandosi di cronaca e sport, e collaborando alle pagine del supplemento Salute. Nel 1991 arriva in Rai: per tre anni lavora con Aldo Biscardi al programma Il processo del lunedì, poi passa a È quasi goal con Claudio Ferretti e Sandro Ciotti.
Nel 2006 fu portavoce del sindaco Veltroni
Sgarbi fulmina Fedez: “Non sei un artista ma un militante”. La Rai: “Telefonata tagliata ad arte”
“Se decidi di partecipare al concerto del Primo Maggio parli di lavoro, non fai un comizio per attaccare i tuoi avversari. Diversamente, il tuo ruolo non è quello dell’artista, ma di un militante che utilizza il servizio pubblico per propagandare le proprie idee politiche”. E’ durissimo Vittorio Sgarbi su Twitter, dopo il comizio andato in scena ieri al Concertone del Primo Maggio, con accuse di censura rivolte alla Rai dal rapper e un monologo politico rivolto contro la Lega e contro la legge Zan.
La Rai smentisce Fedez: “Telefonata tagliata, nessuna censura”
Dopo le accuse lanciate ieri da Fedez, “la direzione di Rai3 conferma di non aver mai chiesto preventivamente i testi degli artisti intervenuti al concerto del Primo Maggio – richiesta invece avanzata dalla società che organizza il concerto – e di non aver mai operato forme di censura preventiva nei confronti di alcun artista”. E’ quanto si legge in una nota rilasciata dopo il video pubblicato su Twitter dal rapper con la registrazione della telefonata con la Rai 24 ore prima dell’evento.
Quando Fedez cantava su Tiziano Ferro: “Ha mangiato più wurstel che crauti…”
Alla lista di frasi omofobe letta da Fedez dal palco del Primo Maggio in tanti, soprattutto da parte della Lega, hanno replicato rinfacciandogli il testo di una canzone del 2011, “Tutto il contrario”, in cui ci sono rime dedicate a Tiziano Ferro. Il cantautore di Latina subisce uno sfottò non proprio gentile da parte di Fedez. Ecco i versi che lo riguardano: “Mi interessa che Tiziano Ferro abbia fatto outing/Ora so che ha mangiato più wurstel che crauti/Si era presentato in modo strano con Cristicchi/”Ciao sono Tiziano, non è che me lo ficchi?”.
Tiziano Ferro parlò di atto di bullismo nei suoi confronti, le scuse di Fedez
Tiziano Ferro aveva parlato di un atto di bullismo e il rapper milanese si era scusato osservando però che il testo era stato scritto quando lui non aveva neanche 20 anni e che si intitolava “Tutto il contrario” perciò conteneva pensieri che in realtà erano tutto il contrario di ciò che pensava il suo autore. Scuse un po’ farraginose, che infatti non convinsero Tiziano Ferro e che appaiono ancora oggi poco convincenti, soprattutto da quando Fedez si è fatto paladino e portavoce del ddl Zan. In caso di approvazione del testo di legge che lui tanto difende, la canzone in cui cita Tiziano Ferro potrebbe subire un processo per omotransfobia? Un interrogativo che si pongono in tanti e che anche Fedez dovrebbe cominciare a porsi.
Terroristi rossi, il delirio di Bifo Berardi: «Italiani infami». Meloni: «Vergognati, sei disgustoso»
“Queste sono le vergognose parole di Bifo Berardi – ex militante di Potere Operaio, movimento di estrema sinistra – in merito agli arresti dei criminali rossi. Berardi, le tue parole sono disgustose, così come la loro storia sanguinaria. L’Italia non dimentica”. Giorgia Meloni non può tollerare tali infamie. Ecco cosa ha avuto il coraggio di dichiarare questo “galantuomo”, all’epoca finito in carcere per l’omicidio di un carabiniere; e scarcerato dopo una marcia di protesta di 10 mila persone in piazza Maggiore, a Bologna.
Terroristi rossi, Bifo Berardi: “Italiani infami”
“Il popolo italiano è un popolo di infami. Lo sapevamo già. La sete di vendetta è soltanto la dimostreazione della infamia del popolo italiano. Quasi senza eccezioni”. L’infamia è solo la sua. Quest’uomo – se si vanno a vedere le biografie- passa per essere un “filosofo”. Senza parole. I commenti indignati al post della Meloni giungono a raffica: “Questa persona è l’esempio provato che questa gente deve scontare fino in fondo ogni goccia di sangue versato”. Un altro utente Fb aggiunge: “E’ sacrosanto inseguire queste persone fosse anche in capo al mondo per inchiodarle alle proprie responsabilità e dinanzi ai volti delle famiglie delle loro vittime. Squallidi criminali che si credono intellettuali“.
Primo Maggio, Fedez: "Cosa mi hanno chiesto i vertici Rai", a muso duro con la Lega. Terremoto politico al concertone
La partecipazione di Fedez al concertone del Primo Maggio è diventata un caso prima ancora dell'effettiva esibizione del cantante. Il rischio che l'artista usi quel palco e la diretta Rai per discorsi di tipo politico è molto alto. Fedez, infatti, ha spesso usato i suoi canali social per parlare di politica. Ultimamente si era espresso a favore del ddl Zan attaccando il senatore leghista Andrea Ostellari, presidente della commissione Giustizia al Senato. I primi a non starci sono stati i membri della Lega, che prima della performance del rapper hanno diffuso una nota: "Se Fedez userà a fini personali il concerto del 1 maggio per fare politica, calpestando il senso della festa dei lavoratori, la Rai dovrà impugnare il contratto e lasciare che i sindacati si sobbarchino l'intero costo dell'evento".
A stretto giro è arrivata la risposta del cantante, che su Instagram ha scritto: "E' la prima volta che mi succede di dover inviare il testo di un mio intervento perché venga sottoposto ad approvazione politica, approvazione che purtroppo non c'è stata in prima battuta o meglio, dai vertici di Rai 3 mi hanno chiesto di omettere dei partiti e dei nomi ed edulcorarne il contenuto. Ho dovuto lottare un pochino ma alla fine mi hanno dato il permesso di esprimermi liberamente". Pare proprio, insomma, che le intenzioni di Fedez siano quelle temute dal Carroccio: usare il palco del Primo Maggio a fini politici.
In un'altra storia sempre su Instagram, poi, il cantante ha voluto precisare: "Ovviamente da persona libera mi assumo tutte le responsabilità e le conseguenze di ciò che dico e faccio. Buon Primo Maggio". Poi di nuovo la Lega nel mirino. Riprendendo il comunicato diffuso dal Carroccio in via preventiva, infatti, Fedez ha commentato: "Un artista può esprimere liberamente le sue idee sopra un palco? O deve prima passare al vaglio della politica?".
Cancro alla prostata, che cosa ci dicono gli ultimi studi
La ricerca scientifica nella cura di malattie e, di conseguenza, per vivere meglio e più a lungo. In questa puntata il professor Lloyd Trotman, vicedirettore del Cold Spring Harbour Laboratory, centro di ricerca sul cancro con sede a New York, ci fornisce alcune informazioni di base sul cancro alla prostata. «È una malattia che colpisce molti uomini», sottolinea l’esperto. «Negli Stati Uniti sono circa 200mila quelli a cui viene diagnosticato un cancro alla prostata ogni anno. C’è però il 5 per cento di possibilità di una versione più aggressiva che si traduce in circa 30mila decessi in Usa ogni anno». Quanto alle attuali sfide della ricerca il professor Trotman è ottimista: «Ci sono alcuni progressi significativi: una combinazione di analisi genetica e un’analisi dei “markers” che indicano la progressione della malattia, ma poi c’è anche, e non dovrebbe essere trascurato né negato, un’analisi del Dna ereditato». A seguire, la giornalista Laura Avalle intervista Veronica Maya, conduttrice televisiva di programmi di maggior successo targati Rai, impegnata in progetti in sostegno della ricerca scientifica, come lei stessa racconta: «È tanti anni che racconto la straordinaria macchia di Tennis&Friends, messa in campo dal Policlinico Gemelli di Roma, che ogni anno offre check up gratuiti. Oltre 25 le specialistiche che scendono in campo, quindi è davvero una straordinaria possibilità di andarsi a controllare in modo gratuito e approfondito: dalla vista al cuore, ai polmoni, all’apparato genitale, anche per i bambini. Il Covid in questo ci ha paralizzati, ha portato tanta paura e ha la priorità su tutto, con la conseguenza che tante persone, che dovrebbero portare a termine i loro screening e le loro cure, hanno deciso di non entrare più in un ospedale, rimettendoci così la salute e, nei casi più gravi, la vita stessa. Significa che le sane abitudini che avevamo acquistato sulla prevenzione si stanno perdendo e questo è pericoloso».
La tragica storia di Luisa Ferida: innocente, fu fucilata dai partigiani con il bimbo in grembo
Qualcuno l’ha ricordata in occasione del 25 aprile, per rammentare che anche ombre si affastellano su quella data. In molti sui social la stanno ricordando in queste ore, in cui ricorre l’anniversario del suo assassinio. Luisa Ferida, al secolo Luigia Manfrini Farné, era un’attrice di successo, aveva 31 anni ed era incinta a uno stadio avanzato quando il 30 aprile 1945 venne fucilata a Milano dai partigiani. La sua unica colpa era quella di essere la compagna dell’altrettanto noto attore Osvaldo Valenti, a sua volta giustiziato quel giorno: aveva aderito alla Rsi e si era arruolato nella X Mas «in quanto simbolo di dignità e onore». Tanto bastava.
Una sentenza già scritta
Per Valenti e Ferida, come per molti che fecero la stessa fine, i partigiani, che in questo caso erano quelli della divisione “Pasubio”, al comando di Giuseppe Morozin, che rispondeva al nome di battaglia di “Vero”, celebrarono un processo sommario, con una sentenza di fatto già scritta: morte. Secondo quanto riferito dallo stesso Morozin anni dopo, fu Sandro Pertini in persona a spingere per l’esecuzione. Anche per quella della Ferida.
Indecente primo maggio a Trieste con le bandiere titine. Gasparri: “Scelta da criminali”
“È incredibile che ancora una volta ci sia gente che sfili il 1 maggio, festa del lavoro, con la bandiera della Jugoslavia con la stella rossa per le strade di Trieste. Un simbolo di vergogna e di oppressione. Che ricorda proprio in un maggio di molti decenni fa la strage che i comunisti jugoslavi di Tito attuarono sul confine orientale e nella città di Trieste. Ostentare questo simbolo è una scelta da criminali. Da fiancheggiatori di un terrorismo di cui ancora si portano le tracce dolorose a Trieste e altrove. Chi festeggia il lavoro con queste bandiere è un autentico criminale. E come tale va denunciato”. Lo dichiara il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri.
Che cosa accadde a Trieste il primo maggio 1945
Esattamente il primo maggio 1945, le truppe di Tito entrarono a Trieste dando inizio ai tragici 40 giorni di occupazione comunista della città. In quei giorni, migliaia di persone furono massacrate con la sola colpa di essere italiane.
Ddl Zan, la sentenza di Adinolfi: «È morto. Pd e M5S lo vogliono solo per i loro bisogni elettorali»
Polemiche su polemiche, una propaganda mediatica a tappeto. I cosiddetti vip che scendono in campo, le trasmissioni zeppe di demagogia. «Io lo dico da mesi, il ddl Zan – con l’attuale quadro politico – è morto. Non c’è alcuna possibilità che venga approvato un provvedimento che fende in due la maggioranza di governo». A dirlo all’Adnkronos è Mario Adinolfi, commentando le polemiche sul relatore della Lega Andrea Ostellari. «È irresponsabile», dice il fondatore del Popolo della Famiglia, «da parte del Pd e del Movimento 5 Stelle, per un mero bisogno elettorale ideologico mettere a rischio l’azione del governo Draghi in un momento così determinante per il paese».
«Sul ddl Zan la Lega aprirebbe la crisi»
Adinolfi, contrario dalla prima ora al ddl Zan, spiega meglio il concetto: «È chiaro», scandisce, «e io anche come Popolo della Famiglia me lo aspetto. Se fosse messa alle strette, la Lega sulla questione aprirebbe la crisi, perché è una questione di principio che attiene alla libertà dei cittadini. E su questo tipo di temi si aprono le crisi di governo». Pd e Movimento 5 Stelle, per il giornalista, «stanno cercando in tutti i modi di tirare la corda su un provvedimento contestato persino nel centrosinistra. E persino da esponenti del mondo Lgbt, Arcilesbica, Platinette a molti altri».
Fedez: dove vive e quanto guadagna al mese
Fedez, rapper italiano, vive a Milano in un attico favoloso
Fedez occupa un posto di spicco mondiale tra i rapper e produttori discografici italiani. In questi anni si è procurato fama e successo, ma anche molte critiche, visto il suo modo di vivere contraddittorio.
Fedez
Scrivere notizie di Fedez non è così semplice, come sembra.
Lo stravagante produttore e discografico ha solo 29 anni ma alle spalle ha una marea di gossip, critiche e follower. Durante una sua esibizione all’Arena di Verona, città dell’amore, in cui il rapper presentava il suo lavoro “Comunisti col Rolex”, ha chiesto la mano a Chiara Ferragni, fashion Blogger ed influencer di successo. La coppia, in attesa del loro primo figlio, è stata in ansia in seguito ad una visita di controllo della Ferragni in quanto il bambino ha avuto dei problemi di crescita.
Lo stesso artista ha smentito il costo, ammettendo che ” non è affatto costata 2 milioni ma molto di più”. Il grande personaggio non si cura minimamente delle critiche mosse nei suoi confronti.Fedez vive in una dimora di lusso a Milano e questo è stato motivo di molte critiche. Si tratta di una casa situata a City Life di Milano, una zona tra le più rinomate della metropoli lombarda.
Covid, medici di famiglia furibondi: «La misura è colma, non ci mandano le dosi e straparlano»
«Basta. Siamo stanchi e arrabbiati. Si parla tanto di coinvolgere i medici di famiglia nelle vaccinazioni ma poi non ci distribuiscono le dosi. E questo quasi ovunque in Italia. Si parla di potenziare il territorio ma poi ci considerano i burocrati che debbono certificare il lavoro degli altri, firmando Green Pass. Ci viene impedito di lavorare ma poi siamo accusati di essere dei nullafacenti. La misura è colma. Siamo pronti anche allo stato di agitazione. E ne discuteremo nel prossimo consiglio nazionale». Lo afferma Silvestro Scotti (Fimmg).
Medici di famiglia, è rivolta
«Ora», dice all’Adnkronos Salute, «siamo addirittura i nemici degli albergatori e del turismo che si rifiutano di firmare i Green Pass. Un’accusa assurda. Noi firmiamo le certificazioni e gli atti medici che facciamo noi. Così come dovrebbero farlo le altre categoria di medici. Perché si punta il dito contro di noi che ai nostri pazienti rilasciamo le certificazioni?». Scotti rincara: «Siamo stanchi di essere il capro espiatorio delle inefficienze degli altri. A breve ci sarà un consiglio nazionale Fimmg in cui ci confronteremo».
Speciale Foibe – 1 / Quanti morti in fondo all’abisso?
Roma, 4 feb – Quando si affronta il dramma delle foibe ci si scontra subito con un quesito brutale: quanti furono i morti? Ora, la contabilità cimiteriale è una pratica tetra e in verità piuttosto noiosa, molto efficace nella comunicazione propagandistica ma poco utile a capire la complessità dei fenomeni. E tuttavia, poiché la storia si fonde spesso con la politica, ragionare di numeri risulta alla fine inevitabile.
Il gruppetto scomposto che è andato a interrompere lo spettacolo di Simone Cristicchi a Firenze ha diffuso volantini e comunicati in cui possiamo leggere passi del genere:
Il “moto di odio e di furia sanguinaria” [si sta citando una frase di Napolitano – ndr] dovrebbe riferirsi alle 798 vittime ufficialmente ritrovate nelle cosiddette foibe, cioè le cavità carsiche presenti in territorio giuliano e istriano, fra il 1943 e il 1945. Infatti, nonostante i numeri sparati a caso di volta in volta dai vari esponenti politici, dall’estrema destra alla sinistra più ossequiosa, gli unici corpi ritrovati furono quelli che il maresciallo dei Vigili del Fuoco Harzarich ripescò nel biennio ’43-’45 (ribadiamo: fonte ufficiale fascista, quindi interessata ad amplificare l’accaduto). Poi più nulla. A ben vedere, in un contesto territoriale e temporale in cui morirono 50 milioni di persone, parlare di “moto di odio e di furia sanguinaria” sfiora il controsenso.
Primo Maggio, Mario Draghi "decapitato" a Torino: l'orrore in piazza che imbarazza la sinistra di governo
Tensione a Torino, dove la manifestazione parallela a quella organizzata dai sindacati nella sala Carpanini del Comune di Torino è degenerata in scontri tra manifestazioni e forze dell’ordine. Il caos è scoppiato in piazza Castello, sotto la sede della Regione Piemonte: il corteo, composto principalmente da centri sociali, No Tav e anarchici del Fai, era partito da piazza Vittorio per poi ricongiungersi con altri manifestanti in piazza Castello, dove tra l’altro era spuntato anche un fantoccio di Mario Draghi, che aveva subito una macabra decapitazione da parte di una ghigliottina di fortuna.
Un episodio simbolico che ha urtato la sensibilità di molte persone, nonché un messaggio un po’ fuori dalla realtà italiana attuale: perché “decapitare” il presidente del Consiglio che è l’unica personalità autorevole che in politica si sta spendendo in prima persona per risollevare le sorti di un Paese devastato dall’epidemia di coronavirus e dalla crisi economica? Tra l’altro in piazza con i soliti facinorosi di sinistra c’erano anche esponenti di Pd e Liberi e Uguali: alla faccia degli alleati di governo…
Tra l’altro in piazza non è che ci fosse molta gente, dato che le celebrazioni ufficiali della festa del lavoro si tenevano in un’altra piazza e in collegamento con maxi schermo con la sala Carpanini del Comune di Torino, scelta come luogo dei comizi finali della manifestazione a causa delle restrizioni previste dall’emergenza coronavirus.
Roma, Comune scandaloso: fa chiudere un'edicola per aver occupato 30 centimetri di suolo pubblico
Dove non arriva il virus ci pensa il Comune. Non bastavano la pandemia, il crollo dei consumi, il lockdown, le disposizioni anti-Covid. A far chiudere le attività commerciali adesso ci si mette anche la burocrazia. Trenta centimetri, è questa la misura del crimine commesso da Claudio Gardini. Trenta centimetri di suolo pubblico occupato da un espositore di riviste spostato fuori dalla sua edicola per evitare assembramenti all'interno e rispettare le norme sul distanziamento. L'iniziativa è costata cara. Da mesi viene permesso a bar, ristoratori e negozi di allargarsi il più possibile all'esterno per limitare al minimo la permanenza dei clienti nei luoghi chiusi. Ma per rivenditori di libri e giornali, categoria già piegata dalla crisi dell'editoria ed ora allo stremo sotto i colpi del virus, la regola evidentemente non vale. Per quei trenta centimetri in più il titolare è stato costretto dai funzionari del III Municipio di Roma ad abbassare le saracinesche per tre giorni. Risultato: fatturato in fumo, clienti infuriati, riviste e quotidiani invenduti. Scontata la pena, siamo tornati all'edicola. In cambio dei quattrini persi il titolare dell'esercizio, alle prese con svariate casse di resi e di consegne arretrate, si è dovuto accontentare della solidarietà dei suoi clienti. Un affetto che, purtroppo, non sempre è sufficiente a garantire la sopravvivenza dell'attività. Solo a Roma negli ultimi cinque anni hanno chiuso 350 edicole. Quella di Gardini, per ora, andrà avanti. Sempre che il Comune non si presenti di nuovo con le sue scartoffie a comminare multe e sanzioni per qualche centimetro di troppo.
Gli ex M5S pronti allo scontro frontale: «Mai a sinistra con Conte». Di Battista dietro le quinte
Gli ex M5S puntano a dare vita a un nuovo soggetto politico, che ricalchi il grillismo delle origini che si proclamava «né di destra, né di sinistra». All’indomani dell’intervento con cui, in una iniziativa organizzata da Goffredo Bettini, Giuseppe Conte ha ribadito la collocazione a sinistra del M5S, i fuoriusciti hanno rilanciato sulle loro pagine Facebook un comunicato che suona come una risposta all’ex premier.
Il comunicato degli ex notabili M5S contro Conte
Fra i promotori dell’iniziativa ci sono Nicola Morra e Barbara Lezzi, Alessio Villarosa e Cristian Romaniello. Sulle loro bacheche si legge che «oggi molti teorizzano un fronte “ampio e competitivo”, di sapore progressista, di cui dovrebbero essere assi portanti il Pd e il M5S. Si è sempre sostenuto che alla copia si preferisca l’originale e che il rischio dell’omologazione sia sempre dietro la porta per chi rivendica la propria differenza e poi non è capace di difenderla con coerenza. Prevediamo la fine di un sogno per molti. E di un incubo per molti di più». I firmatari del post quindi promettono che «continueremo a lavorare» per il cambiamento contro gli «specialisti del potere» e il «familismo amorale che alimentano».
Boom di consensi per Marine Le Pen, i sondaggi parlano chiaro: in un solo mese guadagna l’8%
Poco meno di un mese fa, aveva lasciato la guida del Rassemblement National per poter essere «la candidata di tutti i francesi». Ora i sondaggi le danno ragione: in un mese appena Marine Le Pen ha guadagnato 8 punti percentuali, arrivando così al 34% dei consensi, conquistanti trasversalmente tra i cittadini di tutti gli orientamenti.
I sondaggi premiano Marine Le Pen
Ad accendere i riflettori sulla forte avanzata di Marine Le Pen è stato un sondaggio Kantar-OnePoint per Figaro Magazine. La presidente del Rassemblement National si colloca al secondo posto, dopo Edouard Philippe al 46%, fra le personalità che i francesi vorrebbero «vedere svolgere un ruolo importante nel corso dei mesi e degli anni a venire».
Stacchio sta col gioielliere: «È lui la vera vittima. I banditi sapevano a cosa andavano incontro»
Dopo la notizia dell’avviso di garanzia per omicidio colposo per eccesso di legittima difesa arrivato a Mario Roggero, Graziano Stacchio sul gioielliere di Grinzane Cavour non ha dubbi: è lui la vera vittima. Perché, spiega all’Adnkronos il benzinaio di Vicenza– che il 3 febbraio del 2015 sparò a un bandito, uccidendolo, per rispondere al fuoco dei malviventi che avevano assaltato l’oreficeria vicina – sa bene quale calvario ha appena intrapreso il commerciante che ha risposto col fuoco ai rapinatori che hanno preso d’assalto il suo negozio. «Certe cose non le dimentichi mai più – dichiara infatti il benzinaio –. Ne parlavo con mia moglie. Quel tipo di vicende te le tieni dentro per sempre»…
Stacchio sul gioielliere piemontese non ha dubbi: è lui la vittima
«La vera vittima è il gioielliere – incalza Stacchio – è lui che ha subito la violenza. È una follia solo pensare che per salvarsi uno si debba procurare una pistola». «Quando poi c’è un affetto di mezzo – spiega il benzinaio – nel suo caso la famiglia, nel mio fu un senso di solidarietà verso quella ragazza, non ci capisci più nulla. Diventi una bestia e ti butti contro ogni tipo di pericolo. Di fronte a un’ingiustizia il cervello non ti fa ragionare. E lui si è trovato in quelle condizioni, come successe a me. Quegli uomini hanno scelto di fare i banditi, sapevano a cosa andavano incontro. Mario no. Mario è la vittima reale, perché ora, di fronte anche a tutto questo caos mediatico, si porterà dentro tutto».
Belen Rodriguez, "quanto ha intascato per un'ospitata in Rai": ecco l'interrogazione parlamentare, "schiaffo agli italiani in crisi"
In Commissione di Vigilanza Rai è stata presentata una richiesta formale di chiarimento riguardo al presunto super compenso che Belen Rodriguez avrebbe percepito per partecipare a Canzone Segreta lo scorso 9 aprile. Secondo indiscrezioni di stampa, la showgirl argentina avrebbe percepito circa 100mila euro per prendere parte al programma condotto da Serena Rossi su Rai1. Una cifra davvero sproporzionata, che la società di produzione Blue Yazmine ha già smentito: “Il compenso realmente riconosciuto all’artista è nettamente inferiore ed in linea con i suoi precedenti in Rai”.
Nel frattempo alcuni parlamentari, in particolare della Lega, hanno deciso di portare la questione all’attenzione della Commissione di Vigilanza: “Se confermato - fanno sapere gli onorevoli leghisti nella loro interrogazione - si tratterebbe di una remunerazione assolutamente fuori mercato. In un momento così delicato per il Paese, sarebbe davvero uno schiaffo a tante famiglie, lavoratori, commercianti e imprenditori piegati dalla pandemia e dalla crisi economica”.
Anche perché Belen Rodriguez non aveva svolto alcun ruolo particolare all’interno del programma andato in onda su Rai1, dove anzi aveva sostanzialmente fatto presenza: si era limitata - come previsto dal format - ad assistere a un’esibizione a sorpresa in suo omaggio, alla quale avevano partecipato il padre Gustavo, i fratelli Cecilia e Jeremias, la cantante Syria e l’amica Laura Chiatti. “Nulla che giustificasse un compenso particolarmente alto”, ha scritto Davide Maggio che ha riportato la notizia sul suo sito.
Gli assassini
Nessuno degli aggressori di Sergio provò un benché minimo senso di orrore, di smarrimento o di pentimento dopo l’aggressione. Pur sapendo che quel ragazzo che avevano colpito era morto, nessuno pensò di costituirsi o di abbandonare il branco assassino, anzi, continuarono a pestare “fascisti” anche nei giorni in cui Sergio era all’ospedale e, un anno dopo, erano ancora tutti insieme ad assaltare un bar dove ferirono decine di persone una delle quali rimase tutta la vita paralizzata. La loro unica “preoccupazione”, semmai, era quella di non farsi prendere; preoccupazione inutile perché né la polizia, né tanto meno la magistrata mossero un dito per cercare gli assassini di quel ragazzo “scomodo”. Fu solo per caso che, dieci anni dopo, nel corso di un processo a Prima Linea, saltò fuori un gruppo di pentiti che accusarono il servizio d’ordine di Avanguardia Operaia di aver assassinato Sergio Ramelli. Solo così, uno dopo l’altro, saltarono fuori i nomi dei responsabili e, tra essi, anche quelli di esponenti politici “di spicco” di Democrazia proletaria. Tutti furono arrestati e confessarono, gettando nello sgomento giornalisti e uomini politici di sinistra.
Le Sardine spargono veleno e criminalizzano chi ricorda l’assassinio di Sergio Ramelli
Mancavano, si sono presentate all’appello. Anche le Sardine hanno aggiunto la loro voce al trito repertorio di banalità, allarmi fasulli, vere e proprie idiozie intorno alla commemorazione che ogni anno si svolge a Milano per Sergio Ramelli, in occasione dell’anniversario del suo brutale assassinio da parte di un gruppo di militanti di Avanguardia operaia. Così oggi si sono sentite in dovere di scrivere sulla loro pagina Facebook che «il fascismo non è un’opinione, è un crimine». Dimenticando (o forse non sapendo) che l’unico crimine di questa circostanza fu l’omicidio di un 18enne, colpevole di aver espresso un’opinione.
Le Sardine a criminalizzano il ricordo di Ramelli
Certo, bisogna riconoscere alle Sardine una straordinaria capacità funambolica, poiché alla consueta criminalizzazione di chi ricorda Ramelli sono arrivate partendo dall’idea che «oggi il neonazifascismo è anche sinonimo di negazionismo». «Circa 800 militanti di estrema destra si sono ritrovati in via Paladini a Milano, per commemorare la morte di Sergio Ramelli. Molti senza mascherina. Sì, perché oggi il neonazifascismo è anche sinonimo di negazionismo. Tutti – hanno avvertito – con il braccio alzato in un saluto romano».
Coccole degli intellò agli ex Br e appello a Macron: non fare il lepenista. C’è pure Valeria Bruni
Gli intellò francesi non cambiano posizione. Come già avvenuto con Cesare Battisti si schierano con gli ex terroristi di cui l’Italia chiede l’estradizione. Se prima a fare pressioni presso Sarkozy c’era in prima fila la moglie Carla Bruni ora troviamo, attiva sullo stesso fronte, la sorella Valeria Bruni.
L’appello degli intellò a Macron: c’è pure Valeria Bruni
Valeria Bruni Tedeschi – scrive il Corriere – difende di nuovo Marina Petrella e gli altri «esuli», come vengono definiti in un lungo appello pubblicato ieri da Libération . «Presidente Macron, rispetti l’impegno della Francia nei confronti degli esuli italiani», è il titolo del testo. Tra i firmatari ci sono importanti nomi del mondo intellettuale francese, che già allora si erano schierati a favore di Battisti e compagni: i cineasti Jean-Luc Godard e Costa-Gavras, la scrittrice Annie Ernaux, l’attrice e regista Valeria Bruni-Tedeschi, come si è detto, più nuovi protagonisti della letteratura come Edouard Louis o Éric Vuillard, prix Goncourt 2017.
Botte da orbi nella redazione di RaiSport. Sangue e un naso rotto, un giornalista in ospedale
Pugni, sangue e un naso rotto nella redazione di RaiSport a Saxa Rubra. Una scazzottata tremenda quella avvenuta tra due giornalisti sportivi, tale da causare il ricovero in ospedale di uno dei contendenti con il naso fratturato.
Tutto è avvenuto venerdì pomeriggio quando in redazione è scoppiato un litigio sulle cui cause sta indagando la polizia intervenuta tempestivamente dagli uffici di Saxa Rubra, proprio nella sede Rai e nella stessa palazzina della redazione sportiva.
Gli agenti si sono trovati davanti il giornalista ferito al naso che aveva perso molto sangue e lo hanno affidato alle cure del 118 intervenuto con un’ambulanza per il trasporto in ospedale. Tutta da ricostruire la dinamica della lite. Il cronista che ha colpito il collega, secondo quanto si apprende, si occuperebbe di boxe mentre l’altro di calcio. Circostanza che è emersa nei primi accertamenti degli investigatori che hanno accompagnato quello non ferito in ufficio per essere sentito in merito al litigio.
Il giornalista colpito non ha presentato denuncia, per il momento. Se non dovesse farlo non si esclude che l'aggressore venga denunciato d’ufficio per lesioni personali, anche se in questo caso molto dipende dalla prognosi del collega ferito.
ILCORTO.EU
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