L'imposizione del green pass è una misura politica e gli scienziati non sono stati neanche interpellati dal governo di Mario Draghi a riguardo. Questo sembra emergente dai documenti mostrati martedì 8 febbraio a Fuori dal coro, il programma di Rete 4. Il direttore e Mario Giordano è furibondo: "Questa è una mail di uno dei più importanti esponenti del CTS, il comitato tecnico-scientifico, che dice che il green pass è una misura politica" sbotta il giornalista mostrando alcuni stralci di una email.
Comunicazioni in cui "questo esponente del comitato tecnico-scientifico, quindi rappresentante della scienza, si dice sconcertato di una delle ultime decisioni del governo, a gennaio - attacca Giordano - che è una decisione politica, dice e lo scienziato". Da due anni ogni restrizione decisa dall'esecutivo è stata prese "in nome della scienza", oggi c'è la prova che spesso e volentieri non è così. "Lo dice la scienza una mazza, se è sconcertato questo figurarsi quanto siamo sconcertati noi" dice ancora Giordano.
Ma cosa dice la mail che risale a gennaio 2022, quando con il Dl Covid è stato appena introdotto l'obbligo vaccinale. Un "altissimo rappresentante del comitato tecnico-scientifico" e "ascoltato consulente del ministero" scrive così in questa email: "Le confesso che anch'io sono sconcertato a fronte di certe decisioni, rispetto alle modalità in cui vengono prese. Le cito ad esempio il nostro mancato coinvolgimento" nell'ideazione delle misure. Insomma, lo dice la scienza ma gli scienziati del Cts non sono stati neanche interpellati.
I morti si potevano salvare, l'accusa della Gismondo sul Covid
I morti per Covid vanno distinti da quelli che, invece, muoiono per altre cause pur essendo positivi al Covid. È questa la posizione di Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze all’ospedale Sacco di Milano. La dottoressa, ospite della puntata di mercoledì 9 febbraio di "Stasera Italia", ha ancora una volta lanciato un allarme, così come il collega virologo Matteo Bassetti: la conta dei morti da Covid viene fatta male. “Ormai da quasi due anni dico che i numeri di questa pandemia sono stati calcolati in maniera errata. Vorrei sottolineare che ancora negli ospedali si ha questa conta dei decessi senza distinzione tra morti con Covid e morti per Covid”.
Oltre a questo, la Gismondo sottolinea l’importanza delle cure che, se somministrate con criterio e nelle giuste tempistiche, possono salvare molte vite. “Vorrei anche cogliere l’occasione per sottolineare un fattore molto importante di cui non si parla – afferma la dottoressa - Io mi chiedo se alcuni di questi morti, non certamente tutti, avrebbero potuto non essere morti ma guariti se finalmente si usassero gli antivirali e le terapie delle quali si parla poco. Per l’accesso a queste terapie c’è una burocrazia così lunga da vanificare il loro utilizzo”.
I negazionisti delle Foibe assaltano la sede di FdI di Fermo. Meloni: “Di questo odio nessuno parla”
Non è una coincidenza, ma una certezza: nella sede di FdI di Fermo in questi giorni era prevista la cerimonia in ricordo delle Foibe, cerimonia su cui è calata la furia dei negazionisti di sinistra. “Sono entrati sfondando la porta con un piede di porco e hanno completamente devastato la sede di Fratelli d’Italia a Fermo. Ma di questa violenza, di questo odio, non ne sentirete parlare dal mainstream. Spero che tutte le forze politiche condannino l’ennesimo attacco nei confronti di una sede di FdI”. La denuncia su Facebook arriva direttamente dal presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, all’indomani del gravissimo atto vandalico compiuto da ignoti all’interno della sede di Fermo di Fratelli d’Italia.
Foibe, l’assalto alla sede di FdI di Fermo
“Mi auguro che i responsabili siano presi e puniti. Non ci facciamo intimidire dall’odio politico”, commenta Emanuele Prisco, commissario regionale Fdi nelle Marche. L’ingresso della sede, dove storicamente si è sempre riunita la destra fermana, è stato forzato e sono stati strappati i manifesti al suo interno e messa a soqquadro l’intera sala. In questi giorni, infatti, si sarebbe dovuta tenere lì la manifestazione in ricordo dei Martiri delle Foibe organizzata da Gioventù Nazionale, l’organizzazione giovanile di FDI. “Si tratta di un atto gravissimo, soprattutto perché il livello del dibattito democratico continua a scadere sempre più velocemente in quella lotta senza quartiere di epoche buie della storia repubblicana. Abbiamo piena fiducia nel lavoro di Forze dell’Ordine e della magistratura che sono già al lavoro per individuare i colpevoli”, aggiunge Emanuele Prisco, commissario regionale Fdi nelle Marche.
Foibe, la Lega allerta il ministro Messa: «Il rettore Montanari si fa beffa del Giorno del Ricordo»
«Tomasi Montanari fomenta divisioni e politicizza lui stesso una vicenda che dovrebbe essere consegnata allo studio della storia e al rispetto di quanti su quel confine persero la vita». A sostenerlo, almeno questa volta, non è il Secolo d’Italia, ma un’autorità di governo nella persona del sottosegretario Tiziana Nisini. L’esponente leghista davvero non le manda a dire al rettore dell’Università per Stranieri di Siena, segnalatosi già nell’estate scorsa per il suo negazionismo sulle foibe. E che ieri è tornato sull’argomento annunciando un convegno che si presenta ambiguo sin dal titolo. Eccolo: “Uso politico della memoria e revanscismo fascista: la genesi del Giorno del Ricordo“.
Nel mirino il convegno organizzato da Montanari
Persino un bambino s’accorgerebbe che il vero obiettivo di Montanari è parlare d’altro. Di tutto, forse, tranne che della tragedia che si abbattè sugli italiani di Istria, Fiume e Dalmazia alla fine del secondo conflitto mondiale «Vorrei ricordare a Montanari – ha aggiunto la Nisini – che la legge che istituisce il Giorno del Ricordo non ha come scopo solo quello di onorare la memoria delle vittime innocenti e degli esuli. Ma ha anche quello di creare una memoria condivisa sulle vicende che interessarono il nostro confine orientale». La sottosegretaria non è l’unica del suo partito ad strigliare Montanari.
La protesta No Vax dei camionisti canadesi raccoglie in due giorni 3,5 milioni di dollari
Partito a gennaio per protestare contro l’obbligo vaccinale per i camionisti che fanno la spola tra Canada e Stati Uniti, il Freedom Convoy è diventato un più ampio movimento di protesta che sta raccogliendo sostegni politici e fondi anche dagli Stati Uniti.
Un sito di crowdfunding raccoglie 3,5 mld di dollari per Freedom Convoy
Basti pensare che dopo non aver potuto ricevere i diversi milioni di dollari raccolti con GoFundMe, ora il movimento – animato da molti gruppi dell’estrema destra nordamericana – si è rivolto ad un sito cristiano di crowdfunding che in due giorni ha raccolto oltre 3,5 milioni di dollari.
Proteste anche davanti al Parlamento della Nuova Zelanda
Sulla scia della protesta di Ottawa, centinaia di manifestanti sono scesi in piazza anche davanti al Parlamento della Nuova Zelanda. Bloccando la circolazione nel centro di Wellington. Il “convoglio per la libertà” con camion e camper si è radunato fuori dal Parlamento a Wellington in vista del primo discorso dell’anno del primo ministro Jacinda Ardern.
Lollobrigida: “Poco credibile chi dice di essere alternativo alla sinistra e poi ci governa assieme”
“Esistono due centrodestra: uno tra la gente, che è fatto di valori e di programmi ed è maggioritario in Italia, e un altro parlamentare che si è frantumato”. Lo ha detto in un’intervista a Il Messaggero il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida.
“FdI è rimasta coerente, gli altri no”
“La responsabilità – spiega Lollobrigida – non è certo di Fratelli d’Italia, che è rimasta nel centrodestra, ma di chi oggi governa insieme al Pd, all’estrema sinistra e al Movimento 5 Stelle e ha scelto di votare nuovamente un presidente della Repubblica che per storia è espressione del centrosinistra. Abbiamo chiesto coerenza e lealtà ai nostri alleati: noi eravamo sempre sulla stessa posizione mentre loro l’hanno cambiata. Quando si andrà a votare, gli elettori sapranno premiare chi li rappresenta meglio”.
Multa ai figli del capo di gabinetto di Gualtieri. Loro ostentano il classico “lei non sa chi sono io”
Fermati, i figli del capo di gabinetto del sindaco Gualtieri ostentano un classico “lei non sa chi sono io”. Peccato (per loro) che non basti: la multa scatta lo stesso. Ogni tanto ritornano, quelli del «Lei non sa chi sono io». Quelli che, per evitare rimproveri e sanzioni, scomodano l’albero genealogico. E rivendicano trattamenti ad hoc in nome di un blasone politico che nella loro mente si tramanderebbe di padre in figlio. E così, dato che tutto il mondo è Paese – tanto per citare un altro motto immarcescibile divenuto di uso corrente – anche la capitale può vantare i suoi illustri eredi e portabandiera del celebre detto che allude, neanche tanto alla lontana per la verità, a nobili discendenze prodromiche a trattamenti speciali quando si tratta di reprimende e sanzioni. Nel caso specifico di cui dà notizia l’Adnkronos, allora, i due malcapitati – in questa circostanza – sono i figli del capo di gabinetto del sindaco di Roma
Whoopi Goldberg, sospesa da Abc News per le sue affermazioni sull’Olocausto: non fu razzismo
L’Abc News ha sospeso Whoopi Goldberg dopo le sue affermazioni sulla Shoah. L’attrice premio Oscar, nonostante le scuse, non potrà partecipare per due settimane alla trasmissione The View, dove è fra le conduttrici in qualità di moderatrice dal 2007.
Il presidente dell’emittente televisiva americana Kim Godwin ha comunicato che sospenderà “con effetto immediato Whoopi Goldberg per due settimane per i suoi commenti “sbagliati e offensivi”, per le sue dichiarazioni secondo le quali “il genocidio nazista degli ebrei non riguardava la razza”.
“L’intera organizzazione di Abc News – ha aggiunto Godwin – è solidale con i nostri colleghi ebrei, amici, familiari e comunità. Queste decisioni non sono mai facili, ma necessarie. Lavoriamo in maniera inclusiva, rispettosa e trasparente e i commenti di Whoopi non sono in linea con questi valori”.
Ieri, scusandosi, la Goldberg aveva ammesso di aver “parlato male” nello show e aveva ammesso che “la Shoah riguarda davvero la razza, perché Hitler e i nazisti consideravano gli ebrei una razza inferiore. Le parole contano e le mie non fanno eccezione”.
L’attrice aveva affermato che l’Olocausto “non riguarda la razza ma la crudeltà dell’uomo sull’uomo” e aveva coinvolto “due gruppi di bianchi”. Parole che hanno suscitato una valanga di reazioni, tra cui quella di Jonathan Greenblatt, a capo della Lega Anti-Diffamazione, e il Museo dell’Olocausto negli Usa. La popolare attrice afroamericana si è poi scusata con un tweet: “Nello show di oggi, ho detto che l’Olocausto non riguarda la razza, ma la crudelta’ dell’uomo sull’uomo. Avrei dovuto dire entrambe”. “Il popolo ebraico nel mondo ha sempre avuto il mio sostegno e questo non verrà mai meno. Sono dispiaciuta per il dolore causato”, ha aggiunto l’attrice 66enne.
La strage americana del Cermis, una ferita ancora aperta
Era il 3 febbraio del 1998 quando un aeromobile da combattimento americano, decollato dalla base militare di Aviano, tranciò di netto i cavi della funivia del Cermis. Quel giorno non vi era nessuna pandemia o obbligo di green pass per turisti e sciatori. Le piste innevate sui monti della Val di Fiemme accoglievano turisti da mezza Europa e gli impianti di risalita riportavano gli stessi in quota per l’ennesima discesa. L’ultima.
A fungere da attrazione turistica, oltre la bellezza delle Dolomiti, erano ormai da diversi mesi le improvvise e incoscienti acrobazie che i caccia americani compivano sorvolando la Val di Fiemme. A bassa quota, sempre più bassa. Ma tra l’eccitazione dei vacanzieri ignari, incominciarono nella valle a levarsi voci di proteste: pastori e contadini trentini si lamentarono aspramente della pericolosità di simili incursioni aeree. “Vacche e capre le si spaventa e nol fa più il latte”, “cosa i fa che la guerra xe finia da un pezzo”, “prima o poi ghe scappa il morto”.
Cermis, “prima o poi ci scappa il morto”
A nulla valsero gli avvertimenti e le proteste dei valligiani contro una potenza, quella americana, arrivata fin qui nella seconda guerra mondiale per liberarci da un regime per poterlo sostituire con un altro. Nel 1998 in Italia non v’era la guerra. Essa però infiammava da diverso tempo a pochi chilometri dai nostri confini, lungo la sponda opposta del Mare Adriatico. In quel periodo i Balcani erano infatti un enorme campo di battaglia che non risparmiava confessioni religiose o etnie. Caduto il socialismo jugoslavo, genti e milizie iniziarono a massacrarsi tra loro per le rivendicazioni più svariate, a volte nobili, troppo spesso malvagie. L’Europa guardava preoccupata questa cruenta trincea alle sue porte. All’Italia sembrò di rituffarsi nel passato, nella sua storia che, proprio in quelle terre orientali tra le pietre del Carso e le onde della Serenissima, scrisse le sue pagine più buie.
Il Garante dei minori di Trento fa a pezzi il green pass: violente limitazioni ai diritti fondamentali
«È semplicemente inammissibile, per un Garante dei diritti dei minori, non dare voce a quelle che sono le espressioni di grave disagio e legittima protesta a causa delle ulteriori e gravi limitazioni dei diritti fondamentali della persona. Rivolgo il mio personale disappunto e indignazione per quello che si può definire come un cervellotico e assurdo meccanismo di controllo sociale, il cosiddetto green pass nelle sue molteplici declinazioni». Così Fabio Biasi, Garante dei minori di Trento, che ha scritto a presidente della Provincia, al commissario del governo e all’Autorità garante per l’infanzia in merito alle misure di contenimento della pandemia per quanto riguarda trasporti scolastici, accesso alle attività sportive e ricreative, mense, regole di accesso alle scuole di ogni ordine e grado e quarantene differenziate a seconda dello stato vaccinale degli studenti.
«I provvedimenti introdotti dall’esecutivo centrale, purtroppo con il generale sostegno delle autonomie locali, comportano in un continuo crescendo, gravi, violente e ingiustificate limitazioni ai diritti fondamentali di tantissimi ragazzi - si legge nel documento -. Il tutto viene scientemente alimentato da una perdurante e martellante narrazione mediatica tesa a indicare i bambini quali diffusori della malattia con conseguente loro colpevolizzazione. Ricordo che le persone non sono numeri anonimi e freddi da inserire in tabelle per far fronte a compiti decisionali».
Anche gli intellettuali di sinistra si accorgono che la schwa è una follia. E parte la raccolta di firme
Una raccolta firme «a difesa della lingua nostra». È comparsa su Change.org dopo che il ministero dell’Istruzione ha usato la schwa (ə) in un documento ufficiale: una procedura concorsuale universitaria per l’abilitazione a professore universitario di Organizzazione aziendale. La vocale indistinta che abolisce le differenze di genere si trovava nel settore delle discipline economico-giuridiche. Avevamo ripreso l‘ennesima deriva omologante in ossequio al pensiero unico di cui aveva dato notizia la Verità neri giorni scorsi. Ebbene, qualcosa si è mosso e deve avere risvegliato le coscienze di molti intellettuali che si sono resi conto della deriva. La petizione, lanciata da Massimo Arcangeli (linguista e scrittore, ordinario di Linguistica italiana all’Università di Cagliari), prende in esame un estratto del verbale pubblicato dal Miur.
La petizione degli intellettuali contro la schwa su change.org
Guerra dichiarata contro l’uso della schwa, in questo caso applicata alla parola professore. Nell’invito a firmare si parla di «una pericolosa deriva, spacciata per anelito d’inclusività da incompetenti in materia linguistica, che vorrebbe riformare l’italiano”. “Promotori dell’ennesima follia, bandita sotto le insegne del politicamente corretto; pur consapevoli che l’uso della “e” rovesciata non si potrebbe mai applicare alla lingua italiana in modo sistematico». Il linguaggio inclusivo, la neolingua che fa strage delle identità non aveva mai oltrepassato la soglia di documenti scolastici ad indicare i vari percorsi “alias”. Un’emblema delle battaglie Lgbt che la sinistra intellettuale ha sempre avallato in qualche modo. Ora che la lettera Schawa è entranta in un documento del Miur anche a sinistra si è determinato un cortocircuito, un rigurgito di bile.
Walter Ricciardi, Alessandro Giuli: il menagramo scorbutico che ci vedeva tutti morti di Covid. Perché ci vuole richiusi
«Nulla sarà più come prima del Covid-19», ripete ancora Walter Ricciardi con sguardo tetro da ogni pulpito mediatico disponibile. Manca soltanto l'anatema penitenziale - «pentitevi!» - e l'ordine perentorio di convertirsi alla chiesa della rassegnazione. Non è chiaro se Ricciardi sia un politico travestito da scienziato o viceversa. Di certo il cilicio del menagramo scorbutico e millenarista è il suo abito d'ogni giorno; e il Coronavirus è lo svaporante dio a cui rivolge il suo pervicace atto di fede quotidiano. Oggi, stando alle sue fideistiche previsioni, dovremmo essere all'incirca tutti mezzi morti o comunque sommersi da 300mila contagi giornalieri. E invece niente, la variante Omicron sembra aver ripiegato voltando le spalle al docente d'Igiene all'Università Cattolica di Milano, consigliere principale del ministro della Salute, Roberto Speranza, e uno dei principali protagonisti del rito della disperazione andato in scena quotidianamente durante la prima ondata pandemica, quando ogni sera alle 18 la Protezione civile e il Cts diramavano e commentavano lividi il bollettino di morti, contagiati e ospedalizzati. Consuetudine rimasta oggi solo sulla carta e contro cui Regioni, imprese, scuole e una parte autorevole del mondo scientifico reclamano un cambiamento sostanziale.
Giunti ormai alla terza dose vaccinale e in presenza di "portatori sani" virali non ammalati, basta con i vecchi parametri che ci costringono nel purgatorio dei colori giallo-arancio-rosso e delle quarantene intermittenti, smettiamola di computare gli asintomatici bis o trivaccinati, scegliamo unità di misura più congrue rispetto alla necessità di coabitare con il Sars-CoV2 senza abbassare la guardia ma sbloccando l'Italia a rischio d'impoverimento cronico. Ma soprattutto, se è vero che il picco è oltrepassato e a fine marzo dileguerà anche lo stato d'emergenza, perché insistere con l'anacronistico Green pass mentre il resto del mondo se ne disfa e impara a convivere col virus piuttosto che morire di paura?
Il Financial Times boccia i politici italiani ma esalta la Meloni: “Si distingue e cresce”
“Bisogna fare uno sforzo speciale per far apparire i politici della Prima repubblica in buona luce, ma la scorsa settimana i politici della Seconda ci sono riusciti”. Parte da questo commento caustico l’analisi del Financial Times sul voto per il Quirinale, commento intitolato “Una classe politica egoista evita il disastro all’ultimo minuto“, vale a dire “il collasso del governo riformista di Mario Draghi”. “Ma lascia gravi dubbi – scrive l’editorialista Tony Barber – sulla capacità dei politici di professione italiani di fare appello a un più alto senso di responsabilità mentre il Paese si trova in una fase critica del suo sviluppo”. Una bocciatura completa per la classe politica italiana, ma il quotidiano economico-finanziario britannico salva l’opposizione, l’unica, quella coerente che “è sempre più popolare” e si distingue da tutti gli altri. Quella di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia.
Giuseppe Conte, blitz della Finanza a casa del leader M5s: fatture e consulenze, in ballo 400mila euro
Si mette male per Giuseppe Conte. Oltre allo scontro con Luigi Di Maio, il capo politico dei Cinquestelle rischia di avere guai con la giustizia. Di recente, infatti, gli uomini della Guardia di Finanza di Roma, su ordine della procura, hanno bussato alla sua porta in cerca di documenti importanti. La perquisizione ha riguardato le cosiddette consulenze d'oro che l'avvocato del popolo ha svolto per alcune società del gruppo Acqua Marcia già di Francesco Bellavista Caltagirone. Si parla di incarichi tra i 300 e i 400mila euro, non pagati, avuti nel 2012 e 2013. Libero lo scorso settembre si era già occupato dell'inchiesta che imbarazza l'ex premier con un articolo di Paolo Ferrari dal titolo "I verbali di Amara inguaiano anche Conte", in cui si raccontava di come il faccendiere al centro, tra l'altro, della fantomatica loggia Ungheria con cui magistrati e varie personalità avrebbero pilotato i processi, interrogato a dicembre del 2019 dai pm d Milano avesse tirato in ballo anche le consulenze super pagate date ad avvocati, professori e "amici degli amici". Tra questi, appunto, Giuseppe Conte e il suo mentore, professor Guido Alpa, che si sono sempre dichiarati estranei ad ogni addebito.
Ora, però, a conferma di quelle rivelazioni, ci sono nuove indagini da parte della procura di Roma, infatti, come riporta anche oggi il quotidiano Domani, sia che Conte che Alpa nelle scorse settimane hanno subìto delle perquisizioni e c'è un nuovo fascicolo, per ora, senza indagati arrivato da poco sulla scrivania della magistrata romana Maria Sabina Calabretta, la quale ha ereditato la pratica dai colleghi di Perugia che indagano da mesi sulle dichiarazioni dell'imprenditore Piero Amara. Costui aveva detto, in interrogatorio, di avere raccomandato alcuni avvocati a Fabrizio Centofanti, al tempo potente capo delle relazioni istituzionali del gruppo Acqua Marcia. Secondo Amara le nomine erano condizione fondamentale «per riuscire a ottenere l'omologazione del concordato stesso» dai giudici del Tribunale di Roma.
Lockdown, "impatto nullo" su morti e contagi da Covid. Lo studio: Speranza ci ha rinchiuso per niente?
L'impatto del lockdown? Devastante sulla tenuta economica e sociale di un Paese, ma praticamente "nullo" su quello della salute pubblica nel quadro della lotta al Covid. Lo afferma un nuovo studio sulla prima ondata della pandemia condotta dalla Johns Hopkins University. I "blocchi" hanno ridotto la mortalità per Covid "dello 0,2% negli Stati Uniti e in Europa", spiega il tabloid britannico Daily Mail riportando i dati della ricerca. "Sebbene questa meta-analisi concluda che i blocchi hanno avuto effetti minimi o nulli sulla salute pubblica, hanno imposto enormi costi economici e sociali laddove sono stati adottati - sottolineano i ricercatori -. Di conseguenza, le politiche di blocco sono infondate e dovrebbero essere respinte come strumento politico pandemico". Un colpo mortale a quello che è sempre stato il vanto dell'ex premier Giuseppe Conte e del ministro della Salute Roberto Speranza, ancora in carica, grandi sostenitori dello strumento delle chiusure, tanto da applicarlo su scala nazionale, per due mesi, da 9 marzo 2020 per quasi due mesi, e considerando la misura decisiva nel contenimento di contagi e vittime.
Secondo i ricercatori coordinati da Steve Hanke, uno dei fondatori della Johns Hopkins School of Applied Economics, Jonas Herby e Lars Jonung, economista svedese, a fronte di benefici "al massimo marginali" ci sono stati "effetti devastanti" sull'economia e sulla società. Le chiusure "hanno contribuito a ridu
Salvini si droga? Un giornale insinua, la reazione del leader della Lega è furiosa: “Vergogna, querelo”
Salvini e la droga: l’attacco al leader della Lega stavolta non è politico, ma arriva da un giornale, “Il Riformista“, diretto Piero Sansonetti, che lascia intendere cose molto sgradevoli sul piano personale che scatenano la reazione del leader leghista.
Alla lettura di quell’articolo “ho capito io quello che avete capito voi? Uscirei spesso dall’ufficio, durante le riunioni, per andare a drogarmi in bagno e tornare pimpante…. Accetto tutto, ma non questo”. In un lungo post Matteo Salvini replica così a quanto scritto “nell’articolo del Riformista del 29 gennaio a firma di tale Angela N.” dove “si legge di ‘commenti pesanti sulle frequenti necessità di Salvini di assentarsi un attimo, giusto un attimo, per poi tornare rinfrancato e pimpante'”.
Salvini e la droga, le vergognose insinuazioni del Riformista
La frase che insinua che Salvini faccia uso di droga, da parte del giornale “garantista”, “Il Rifosmista”, è questa: “Due colonnelli della fronda leghista, seduti in attesa sui divanetti rossi, svelenano tra loro commenti pesanti sulle frequenti necessità del segretario, di assentarsi un attimo, giusto un attimo, per poi tornare rinfrancato e pimpante”. Parole inequivocabili, purtroppo.
Quirinale, ne esce bene solo Giorgia Meloni: ma quanto durerà?
Dalla pessima tragicommedia del Quirinale l’unica a uscire senza le ossa rotte è Giorgia Meloni. In un centrodestra che, come si è già detto, si trova a rimediare una delle figure peggiori possibili di fronte al proprio elettorato.
Il Quirinale e la posizione di Giorgia Meloni
Fratelli d’Italia ha se non altro mantenuto il punto in questa occasione, come lo aveva tenuto già in passato nel non dare seguito e appoggio incondizionato al governo di Mario Draghi. Intendiamoci, è un processo assolutamente nella norma. Nella corsa al Quirinale il partito della Meloni non ha fatto altro che seguire la propria linea, in una condizione di minoranza parlamentare, ancora lontana da consensi “certificati” che ormai diversi sondaggi danno intorno al 20% dei voti.
La dinamica è fin troppo conosciuta da tempo: una formazione politica ha lo slancio e la possibilità di manifestare dissenso solo in condizioni di basso o medio riscontro elettorale. Ed FdI, alle elezioni politiche del 2018, aveva ottenuto meno del 5%. Uno spazio che, non essendo ancora importante, solitamente permette e rende più semplice esprimersi in modo discontinuo.
Le mire della Cina sui porti italiani: il caso Trieste
Trieste, le mire della cinese Cosco
Volantino Br venduto per 32mila euro: il feticismo del terrore rosso
E così il volantino Br sul sequestro di Aldo Moro è stato venduto. E per una cifra record, come riporta l’Ansa. Soprattutto se consideriamo che soltanto qualche settimana fa l’offerta maggiore si aggirava intorno ai 5.500 euro. I reperti storici possono riguardare argomenti benefici come evidentemente criminali. Ma è una riflessione complicata.
Volantino Br su sequestro Moro: venduto per 32.760 euro
Il volantino delle Br che rivendicava il sequestro Moro è stato venduto all’asta per 32.760 euro. Per meglio dire, una copia a ciclostile del documento originale con il quale le Brigate Rosse comunicarono il rapimento dello statista democristiano, successivamente all’uccisione della sua scorta in via Fani: era il 16 marzo 1978. L’articolo costituiva il lotto numero 43 di un catalogo (“Autografi & Memorabilia”) ed è stato acquistato nel pomeriggio di ieri, durante la vendita organizzata dalla casa d’aste Bertolami Fine Arts di Roma: una messa in vendita che aveva suscitato molte polemiche.
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