Niente panico sui mercati perla vittoria del centrodestra guidata da Fratelli d'Italia. I mercati hanno fatto spallucce e gli analisti hanno spiegato che «non c'è un caso Italia». Gli investitori hanno al contrario apprezzato più il fatto che dalle urne sia uscita una maggioranza chiara. Dunque lo spauracchio dello spread e della fuga dei capitali, brandito dalla sinistra a corto di argomenti concreti, non ha sortito alcun effetto. Milano (con Londra) proprio ieri è stata l'unica piazza finanziaria a chiudere con il segno più (Ftse Mib +0,67%) mentre il resto d'Europa è rimasto in negativo preoccupata da una possibile recessione causata dalla crisi energetica e dalla politica aggressiva della Bce, confermata dalla presidente Christine Lagarde. E sono state proprio le parole del capo di Eurotower ad aver provocato tensioni nel mercato dei titoli di Stato e ad aver spinto all'insù lo spread tra Btp e Bund che ha chiuso in rialzo a 242 punti, ai massimi da maggio 2020, rispetto ai 229 dell'apertura. Tradotto: sul mercato secondario significa che il tasso del decennale si è attestato al 4,516% rispetto al 4,41% dell'apertura dopo aver toccato il livello più alto da settembre 2013. Movimenti più legati alla situazione internazionale, ai timori di recessione e alle parole del capo della Banca centrale europea, che ha mandato un alert ai mercati con la possibilità di nuovi rialzi dei tassi di interesse.
Se, insieme con le elezioni politiche, si fosse votato domenica scorsa anche per le regionali nel Lazio, il centrodestra avrebbe stravinto. Dati alla mano, la coalizione di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi ha ottenuto il 44,82%, contro il 26,12% del centrosinistra. Una partita senza storia. Per quanto riguarda il voto di lista, Fratelli d’Italia ha preso il 31,44%, Forza Italia il 6,87%, la Lega il 6,11%. Quanto al centrosinistra, il Pd ha ottenuto il 18,32%.
I dati però dicono anche altro. A Lazio 1, comprendente Roma città, il centrodestra ha ottenuto il 37,6% contro il 31,5 del centrosinistra. Mentre a Lazio 2 - le province del Lazio - il centrodestra ha superato quota 50%, attestandosi sul 53,14% contro il 20,64% della sinistra. Il Pd, però, andava in coalizione con Alleanza Verdi e Sinistra (3,89%), +Europa di Emma Bonino (3,33%) e Impegno Civico di Luigi Di Maio (0,58%). Fuori dalla coalizione di centrosinistra, il movimento 5 Stelle (14,8%) e il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi (media regionale dell’8,54%: 11,09 a Lazio 1 e 5,95 a Lazio 2). Se tutti i partiti dell’area progressista andassero uniti la partita per le elezioni regionali sarebbe apertissia e si risolverebbe con una sfida all’ultimo voto. Il tema delle alleanze tiene banco in un Partito democratico dilaniato da polemiche e scontri interni che coinvolgono anche il gruppo capitolino.
La vittoria di Fratelli d'Italia alle elezioni politiche del 2022 campeggia sui siti web delle principali testate mondiali. «Il partito di estrema destra di Giorgia Meloni guida le votazioni in Italia - si legge sul Nyt -. I primi risultati suggeriscono che potrebbe essere il prossimo primo ministro italiano, la prima donna a ricoprire la carica e la prima con radici post-fasciste. I risultati finali non sono ancora disponibili e ci vorranno ancora settimane prima che si insedi il nuovo parlamento italiano e si formi un nuovo governo». Per Le Monde, «Giorgia Meloni e il suo partito post-fascista Fratelli d’Italia ottengono un successo strepitoso». Il prestigioso quotidiano transalpino pubblica una lunga biografia della leader di destra nella quale si sottolinea che «Meno vivace e imprevedibile del suo rivale Matteo Salvini, che a lungo l’ha emarginata, Giorgia Meloni è riuscita a tenere insieme la borghesia, orfana di Silvio Berlusconi, e la destra radicale. Ancora più forte, colei che incarna fisicamente la romanità, è riuscita a non risvegliare l’atavica sfiducia del nord del Paese nei confronti della Capitale, e questo spiega la sua spettacolare ascesa».
L'ultima notte del re. Roger Federer ha giocato a 41 anni la sua ultima partita da professionista, l’ha fatto in doppio con il suo grande amico e rivale di sempre Rafa Nadal. La coppia ormai ribattezzata sul web ’Fedal’ è stata sconfitta dagli americani Frances Tiafoe e Jack Sock, che si sono imposti con il punteggio di 4-6, 7-6, 11-9 nella sfida tra Europa e Resto del Mondo alla Laver Cup. Al termine dell’incontro, il campione svizzero si è sciolto in lacrime e al centro del campo ha ricevuto l’abbraccio di compagni, avversari e del pubblico.
Quando i giocatori di entrambe le squadre sono stati presentati prima dell’incontro all’Arena O2, Federer è stato l’ultimo ad emergere da un tunnel che porta sul campo. I tifosi, già abbastanza rumorosi per Nadal, Novak Djokovic, Andy Murray e gli altri, si sono alzati per una lunga standing ovation dedicata a Federer mentre sollevavano le fotocamere del telefono per catturare il momento. L’addio al tennis della leggenda svizzera, vincitore di 20 titoli del Grande Slam, segue quello di Serena Williams, vincitrice di 23 titoli major in singolare, agli US Open tre settimane fa dopo una sconfitta al terzo turno. Inevitabilmente quando due campioni di quel calibro smettono di giocare ci si interroga sul futuro di un gioco che entrambi hanno dominato per decenni.
Federer ha annunciato il suo addio nel corso di un toccante videomessaggio sui social la scorsa settimana, spiegando che il suo ginocchio destro, operato per ben tre volte, non è in grado di permettergli di continuare a giocare. In totale Federer ha vinto 103 titoli nel tour maschile, con 1.251 vittorie in partite di singolo, secondo solo a Jimmy Connors nell’era Open. Tra gli altri record, quello del più anziano numero 1 del Mondo a 36 anni nel 2018 e le 10 finali consecutive del Grande Slam, vincendone otto, dal 2005 al 2007.
Papa Francesco è tornato a chiedere "ai capi delle Nazioni la forza di volontà per trovare subito iniziative efficaci che conducano alla fine della guerra" in Ucraina. Lo ha fatto durante l'Angelus a Matera rivolgendo il suo pensiero al "popolo martoriato". Bergoglio ha parlato anche di Birmania: "Si vede che è di moda bombardare le scuole" ha spiegato a proposito dell'istituto colpito.
Nel collegio più blindato di Napoli, quello di Fuorigrotta che includeva anche il centro storico della città, nonostante le promesse di dare più reddito di cittadinanza a tutti e i voli da aeroplanino nelle trattorie, poco consoni al ruolo di ministro degli Esteri, Luigi Di Maio ha perso clamorosamente, nonostante il sostegno a naso turato del Pd. E rischia di non entrare neanche in Parlamento, proprio lui, “rotto” a qualsiasi poltrona.
Di Maio non decolla neanche con il suo partito
Il suo partitino, Impegno Civico, infatti, è dato intorno allo 0,7%, ben sotto quella soglia dell’1% che consentirebbe di portare voti al centrosinistra di Letta ma che in caso di mancato raggiungimento di quello “sbarramento” farebbe distribuire quei resti agli avversari. Un vero e proprio “schianto”, per il Di Maio “volante”, ma i conti si faranno solo domani mattina. Secondo il primo Instant Poll Quorum/Youtrend per SkyTg24 il collegio di Napoli Fuorigrotta dove la sfida è fra Di Maio (centrosinistra) Sergio Costa (M5s) e Maria Rosaria Rossi di Forza Italia: i tre sono separati da pochissimi punti. Costa è accreditato del 29,6%, Di Maio del 28,1%, Rossi del 27,7%. Più staccata, al 6,1% Mara Carfagna di Azione/Italia Viva. Secondo le proiezioni, poi, Di Maio è già ufficialmemte ko.
“Luigi Di Maio sconfitto nel collegio di Napoli Fuorigrotta”, scrive su Twitter Lorenzo Pregliasco, direttore di YouTrend, che ha postato il tweet di YouTrend. Una sentenza vera e propria.
Senato, questi i dati aggiornati. In base ai dati del Viminale, quando sono state scrutinate 57.679 sezioni su 60.399, è in testa la coalizione di centrodestra con il 44,43% mentre quella di centrosinistra è al 26,18%. Il Movimento 5 Stelle è al 15,24% e il terzo polo al 7,68%. Italexit è all’1,88%, Unione Popolare all’1,33%.
Claudio Lotito è stato eletto senatore in Molise. Il presidente della Lazio ha vinto la sfida nel collegio uninominale dove era candidato per il centrodestra. Lotito ha atteso i risultati nell’albergo di Campobasso che nell’ultimo mese è stata la sua residenza molisana. Poi nel, cuore della notte, ha commentato la vittoria. “Io in questa campagna elettorale ho messo cuore, passione e sentimenti autentici – ha detto – che sono stati recepiti dai molisani. Gli abitanti di questa regione mi sono entrati nel cuore e hanno capito la mia totale disponibilità. Ora porterò le loro istanze in Parlamento con la stessa determinazione che ho impiegato nella campagna elettorale”. Lotito infine ha ribadito che manterrà gli impegni presi nelle ultime settimane: “I molisani non saranno traditi perché lo meritano, questa è una terra fantastica che è stata troppo dimenticata negli ultimi anni e che ha bisogno di una voce in Parlamento”.
«Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso, vi sorprenderete a fare l’impossibile».
Con una frase di San Francesco, Giorgia Meloni ha concluso il suo intervento all’Hotel Parco dei Principi, sede del comitato elettorale di FdI.
A far da colonna sonora al suo intervento due brani di Rino Gaetano (Il cielo è sempre più blu e A mano a mano). Il santo d’Assisi e la colonna sonora pop deve aver spiazzato molti dei duecento giornalisti stranieri, suggestionati dalla “mostrificazione” di FdI e della sua leader, una narrazione dettata dalla sinistra italiana per tutta la campagna elettorale.
Il discorso di Giorgia Meloni, accompagnato e dagli applausi dei militanti di FdI, molti con gli occhi lucidi per l’emozione, è stato quello di un premier in pectore. «L’Italia ha scelto noi e noi non la tradiremo, come non l’abbiamo tradita mai. È importante capire che, se saremo chiamati a governare questa Nazione, lo faremo per tutti, per tutti gli italiani, con l’obiettivo di unire questo popolo. Di esaltare quello che lo unisce piuttosto che quello che lo divide».
La sintesi estrema del messaggio arrivato da piazza del Popolo la fa oggi Libero in prima pagina: «È la volta buona». All’interno è spiegato che «il centrodestra è pronto». Un messaggio sempre restituito dai leader in questa campagna elettorale e ora certificato anche dai cittadini che si sono ritrovati nella più simbolica delle location politiche romane: «Libertà, orgoglio e unità: è la piazza che ci crede». Di «clima di festa», che azzera «le tensioni che hanno segnato altri comizi, complici le azioni di disturbo organizzate da vari gruppi di oppositori» parla anche Il Giornale. La manifestazione di ieri è stata senza sbavature, con l’unica pecca di un certo ritardo nell’avvio del comizio vero e proprio.
Quelli che… «la piazza era piena, ma non pienissima»
Una circostanza che non ha smorzato l’entusiasmo delle migliaia e migliaia di persone che in un pomeriggio lavorativo hanno raggiunto l’impervio centro di Roma per dire, anche loro, che «siamo pronti». Una roba che ha fatto venire più di qualche mal di pancia ad altre latitudini politiche e deve aver provocato qualche grattacapo a chi quella piazza doveva raccontarla puntando su criticità che non ci sono state. Come uscirne, allora? Uno dei leitmotiv di questa ardua, se non impossibile narrazione è stato la consistenza dei numeri. «Piena, ma non pienissima», ha sentenziato Repubblica. Stesso racconta anche su La Stampa: «La piazza in verità non è proprio strapiena. Anzi». E, vabbè, ognuno cerca le consolazioni che può, anche a dispetto di un colpo d’occhio che non lascia dubbi sulla partecipazione.
Matteo Salvini contro Ursula Von der Leyen. La presidente della Commissione europea ha minacciato malcelate ritorsioni nei confronti dell'Italia nel caso in cui le elezioni del 25 settembre porteranno il Paese in una situazione difficile. «Se l’Italia andrà in una situazione difficile - ha detto Von der Leyen - ci sono gli strumenti come nel caso di Polonia e Ungheria».
Le parole della presidente della Commissione europea hanno mandato su tutte le furie Matteo Salvini che ha attaccato frontalmente l'esponente Ue. «Quelle di Ursula Von der Leyen sono parole disgustose - ha tuonato Salvini ai microfoni di Radio Capital - Cosa vuol dire "se le cose vanno in una direzione difficile?" Se non vince la sinistra? Questa signora rappresenta tutti cittadini europei. Pensi piuttosto a mettere un tetto al prezzo del gas».
Il leader della Lega ha parlato anche ai microfoni di Mattino 5. Tema la futura squadra di governo e la lista dei ministri: «Squadra di governo? - ha risposto Salvini - Aspetto il voto degli italiani. Qualche nome comunque» per i ministri «ce l’ho. Penso che un avvocato come Bongiorno sarebbe una garanzia. È una donna con gli attributi». Salvini ha affrontato anche il tema delle imminenti elezioni e del futuro del centrodestra al governo. «Il centrodestra penso sia in vantaggio di oltre 15 punti e la Lega farà un ottimo risultato, specialmente dove governa - ha detto Salvini a Radio Capital - E il centrodestra avrà l’onore e l’onere di governare questo Paese e aiutarlo finalmente a risollevarsi. Cambiare la Costituzione? Vediamo cosa votano domenica gli italiani. Per la Lega, prima di pensare a una modifica che, per essere attuata, necessita 2 o 3 anni, ci sono altre priorità, come le bollette. Serve un decreto per bloccare il caro bollette subito». Il leader della Lega ricorda anche che «la Costituzione riguarda tutti e dovrà essere cambiata coinvolgendo tutte le forze politiche».
A guai a chi glieli tocca. Enrico Letta prende malissimo le critiche alla gestione del Covid e a Roberto Speranza che ne è stato l’artefice. Del resto, in questa campagna elettorale il segretario dem ha più volte rivendicato che lui, Speranza, «è una delle nostre risorse più importanti», che è «il nostro punto di riferimento». Va da sé, che ieri, quando Giorgia Meloni ha avvertito che «l’Italia non sarà più un esperimento del modello cinese per il Covid» e ha detto «basta con il ”modello Speranza”», Letta si sia sentito colpito nel vivo.
Letta prende d’acido quando gli toccano Speranza
«E così, a 3 giorni dal voto, Meloni getta la maschera sul Covid. Parole agghiaccianti sul modello cinese. I vaccini e la gestione Speranza hanno salvato decine di migliaia di vite. Questa sera in un colpo solo la destra offende i nostri morti e si butta in pasto ai novax», ha scritto Letta su Twitter. Per la verità Meloni le critiche al “modello Speranza” le esprime da sempre e non ora, a tre giorni dal voto. Da quelle fatidiche prime giornate, in cui si chiusero i voli dalla Cina, ma non quelli che vi arrivavano facendo scalo, fino a poche settimane fa, quando ancora si parlava di come rientrare a scuola e ricordava la prolungata sordità del governo sulla ventilazione meccanica. Tra questi due estremi temporali, c’è tutto il resto: la vigile attesa; le chiusure; il Green pass; i soldi spesi non per la campagna vaccinale, ma per un numero di dosi di entità incomprensibile; il paragone con gli altri Paesi per il numero di morti straordinariamente alto a fronte di restrizioni straordinariamente forti.
Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, sarebbe accusato dalla Corte dei Conti di un danno erariale di oltre 11 milioni di euro. Il segretario del Pd e candidato al Parlamento, insieme al responsabile della Protezione Civile Tulumello, avrebbero provocato la voragine nei conti pubblici affidando alla Ecotech Srl di Frascati la fornitura di milioni di mascherine. I contratti sarebbero stati pagati in anticipo ma in larga parte non onorati. Di tutto questo si parla nell'articolo pubblicato da Giacomo Amadori su La Verità. Per questo la Corte dei Conte sarebbe pronta a chiedere la restituzione del denaro direttamente a Zingaretti e Tulumello.
In passato i riflettori sulla vicenda erano stati accesi anche da Chiara Colosimo di Fratelli d'Italia. E' una storia fatta di affidamenti, revoche e nuovi affidamenti di contratti. Sulle colonne de "La Verità" parla anche il coordinatore dell'avvocatura della Regione Lazio che conferma: «Queste cose sono cose personali eh, sono investiti personalmente Zingaretti e Tulumello, la Regione come ente non c'entra nulla. Si difendono con avvocati privati. La responsabilità per danno erariale è personale di Zingaretti e Tulumello».
La morte di Mahsa Amini massacrata di botte e uccisa perché dal suo velo spuntava una ciocca di capelli, “intollerabile” per i precetti islamici, ha infiammato le piazze reali e virtuali: le donne iraniane hanno inscenato proteste senza precedenti. Una pagina drammatica ed eroica dei diritti delle donne, che tuttavia non interessa alle nostre “sinistre” paladine. Come scrive Libero, «lorsignorine sono impegnate da settimane a spiegarci il rischio di un’affermazione del fascismo patriarcale immaginario nel caso in cui vinca le elezioni l’unica donna leader di partito in Italia. È un compito che le assorbe a tal punto, da far loro perdere per strada le gesta delle donne iraniane, che contro l’effettivo patriarcato nazislamico mettono in gioco la vita». Le donne iraniane non interessano alle donne del Pd. Non una parola a distanza di oltre 48 ore da parte di Laura Boldrini. L’emerita presidente della Camera dei deputati, candidata con il Pd alle elezioni del 25 settembre, è troppo presa dalle contestazioni contro la Meloni e dalla campagna elettorale. «Meloni, auspicando la vittoria di Vox, getta la maschera di moderata», ha twittato la Boldrini. Le donne iraniane non la appassionano.
Michele Santoro torna a L'aria che tira nel giorno in cui il presidente russo Vladimir Putin annuncia una nuova fase nella guerra in Ucraina con la "mobilitazione parziale" e il richiamo dei riservisti. Il giornalista che si batte da mesi contro l'invio di armi all'Ucraina commenta gli ultimi sviluppi del conflitto nella puntata di mercoledì 21 settembre del programma condotto da Myrta Merlino su La7. Innanzitutto il discorso di Putin è più che altro un messaggio "interno" rivolto all'ala "più guerrafondaia" del potere di Mosca, dice Santoro secondo cui molti "falchi" in patria imputano al presidente la colpa non aver chiuso il conflitto quando c'era l'opportunità. Un discorso di propaganda, è vero, ma "c'è un elemento di verità. Non è la guerra tra Ucraina e Russia, ma è la terza guerra mondiale come ormai dice solo Papa Francesco dove anche la controffensiva ucraina viene pianificata dagli Stati Uniti". Per Santoro l'America c'è dentro con tutte le scarpe, basti pensare ai missili a medio raggio che hanno cambiato il corso della guerra nelle ultime settimane. "I cannoni ucraini colpiscono grazie ai satelliti e alle analisi dei flussi telefonici", tutte attività coordinate dagli americani. "In Ucraina per la prima volta si sta facendo una guerra senza la presenza in campo degli Usa ma gli americani questa guerra la stanno combattendo", argomenta l'ex volto di tanti programmi Rai.
Ma «dire queste tre parole, Dio, Patria, Famiglia» non «significava intendere una sola, patriarcato»? Almeno questo sosteneva Letta l'altro giorno, prima di cambiare idea all'indomani. Intervistato da Il Sole 24 Ore, Enrico (non esattamente un patriota come quell'altro Enrico, Toti) riscopriva d'emblée il patriottismo, ma a modo suo. E diceva che bisogna votare il Pd per due ragioni: la prima è «il patriottismo, quello di chi persegue l'interesse della nazione ben sapendo che esso passa dall'Europa. Europeismo è patriottismo. Credibilità è patriottismo. Reputazione internazionale è patriottismo». Detto da uno che il giorno prima era andato in Germania a chiedere sostegno a un Paese che fa alla grande i propri interessi e mica i nostri, a cominciare dal gas, non pare esattamente la strada migliore per difendere gli interessi nazionali. Ma la verità è che Letta è talmente a corto di idee e di parole d'ordine che finisce per rubarle agli altri. Prima le critica, anzi le demonizza, e poi le fa proprie, rovesciandone il significato. Ci aspettiamo che ora Letta adotti anche i concetti di Dio e di Famiglia, intendendo il primo come sinonimo di Ateismo e il secondo come Unione esclusiva tra persone dello stesso sesso.
Una risposta lapidaria. Giorgia Meloni congela le polemiche riesplose dopo il voto contrario di Fratelli d'Italia e della Lega ad una relazione del Parlamento europeo che contro l'Ungheria, ritenuta non più una democrazia. A margine di un comizio elettorale a Bari, una giornalista inviata della trasmissione In Onda su La7, chiede a Meloni un chiarimento riguardo la sua posizione su Viktor Orbán.
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