"Il giudice Amedeo Franco ha detto cose gravi e non ci sono motivi per dubitare delle sue affermazioni". Così Franco Coppi commenta all’agenzia stampa Adnkronos gli audio di Amedeo Franco, il magistrato e giudice relatore della sezione feriale della Cassazione presieduta dal magistrato Antonio Esposito che emise la sentenza definitiva di condanna nel cosiddetto processo Mediaset nei confronti dell'ex premier, nell’agosto 2013.
L’avvocato penalista, tra i difensori del Cavaliere, ha aggiunto: "L’impressione è che Franco si sia trovato in minoranza in camera di consiglio". Quindi non ha nascosto di essere da sempre rimasto sorpreso da quella sentenza contro l’ex tre volte presidente del consiglio arrivata sette anni fa. Una sentenza grazie alla quale, con l’entrata in vigore susseguente della controversa Legge Severino, il Cav è stato estromesso dal Parlamento.
"Franco è sempre stato considerato come un giudice preparato e un galantuomo. È evidente che si sia trovato in minoranza in camera di consiglio, una camera di consiglio dove, a sentire lo stesso relatore, non ci fu neanche discussione. Non va sottovalutato che in calce a quella decisione c'era la firma di tutti i giudici", ha proseguito Coppi, che ha infine chiosato con la seguente considerazione: "Cosa abbia spinto Franco a raccontare tutto allo stesso Berlusconi, questo non lo so. Una cosa è certa: una cosa del genere nella mia carriera non mi era mai capitata...".
Malagiustizia, malapolitica, malavita: una cricca di criminali ha ordito – e taluni continuano a farlo – contro Berlusconi e il Centrodestra. Colpendo il suo fondatore, anzitutto. E poi i suoi protagonisti successivi.
Le parole di Palamara contro Salvini sono state indicative. Ma ora che viene alla luce il vero scandalo Berlusconi pretendiamo che si scoprano i mandanti. Che confessino. Stefania Prestigiacomo ha detto la cosa più sensata: “Individuare le responsabilità. Anche quelle dei burattinai politici”.
Criminali contro Silvio Berlusconi
Oppure ci volete far credere che nelle istituzioni, a sinistra, nessuno sapeva nulla delle trame? Esattamente come oggi. “Il Parlamento ha il dovere di alzare la testa”, dice l’altra lucida analisi di Guido Crosetto, ma non senti una voce che sia una dal campo rosso. O meglio parla Renzi per farfugliare che “qualcosa non va”, forse per farsi perdonare l’orrendo “game over” con cui salutò vergognosamente la defenestrazione di Silvio Berlusconi dal Senato.
Difficile sapere se Berlusconi sarà risarcito istituzionalmente dai criminali che pretesero di estrometterlo dalla politica. Lo spedirono tra gli anziani di Cesano Boscone per liberarsene. Avevano bisogno della “giustizia”. Quante volte l’hanno usata…
Si chiama Giuliano Granato lo scalmanato che ieri ha capeggiato i manifestanti a Mondragone che hanno impedito a Salvini di parlare. Potere al Popolo di Napoli. Come mai da Napoli sono andati fino a Mondragone? La domanda che circola in Rete è in effetti la dimostrazione che c’è un’organizzazione rossa, che fa della intolleranza e dei metodi violenti il suo credo. Va in tour appresso ai leader sovranisti e tende loro degli agguati.
Se lo facesse CasaPound contro Zingaretti?
Immaginate se domani mattina, CasaPound andasse a manifestare contro i comizi di Zingaretti. Se i giovani di Fratelli d’Italia o della Lega tendessero agguati simili a Di Maio o alla Azzolina. Sarebbero già intervenuti il Quirinale, la Fnsi, l’Anpi e magari pure Amnesty international per denunciare lo squadrismo fascista.
Contro Salvini non è il primo assalto programmato da esponenti di estrema sinistra. Il tentativo, piuttosto maldestro, è quello di far credere che i sondaggi siano fasulli. Che la maggioranza degli italiani sia con i vari Zingaretti, Boldrini e con questi gruppuscoli di estrema sinistra. Come appunto Potere al Popolo, irrilevante sotto ogni punto di vista, tranne quando si tratta di mostrare i muscoli e vomitare odio contro gli avversari politici. Servi sciocchi del potere vero. Perché non si è mai vista una contestazione organizzata contro gli esponenti dell’opposizione. O meglio, si è vista, ma in Paesi come il Venezuela. Regimi che stanno assai simpatici agli esponenti della maggioranza.
Un “settebello” per Stefano Caldoro nella sfida che vede opposto l’ex-ministro del Berlusconi III a Vincenzo De Luca, governatore uscente della Campania. È la terza volta che i due si sfidano per la guida della Regione. A settembre disputeranno una sorta di “bella“, degli incontri precedenti: Caldoro se lo aggiudicò nel 2010, De Luca nel 2015. È quest’ultimo a partire con i favori del pronostico. Ha cavalcato bene i social durante la fase acuta dell’epidemia intestandosi il merito del contenuto contagio a Napoli e dintorni. In realtà il virus ha risparmiato l’intero Sud, isole comprese.
Caldoro sostenuto al momento da 7 liste
Ora, però, il centrodestra è pronto a ripartire e a dare battaglia. Sette, al momento, le liste a sostegno di Caldoro: Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi con l’Italia, Cambiamo, Udc e Alleanza di Centro. Ma nella conferenza stampa tenutasi in mattinata, lo stesso candidato ha precisato che presto ci saranno anche «liste tematiche» oltre a quella del candidato presidente. Che assicura: «Il centrodestra è unito». Il colpo d’occhio lo conferma. Seduti accanto a lui, infatti, i segretari regionali di FdI, FI e Lega. Un’occasione troppo ghiotta per non assestare qualche colpo al rivale. A cominciare proprio sul terreno dove si sente più invulnerabile: il virus. «Su Mondragone – ha esordito – la Regione ha nascosto la verità».
La grande fuga dai 5S. Potrebbe essere il titolo di un film dell’orrore, quello a cui stanno assistendo gli elettori grillini, spettatori dell’esodo di massa degli esponenti del Movimento. l’ultimo protagonista di fughe, defezioni e strappi è Marco Cacciatore, Presidente Commissione X Urbanistica, Politiche abitative, Rifiuti della Regione Lazio. Il quale, senza troppi giri di parole, per spiegare il suo addio senza possibilità di recupero ai colleghi pentastellati, dichiara: «Ho deciso di uscire dal MoVimento 5 Stelle. Molte, troppe le contraddizioni che hanno portato il M5S a perdere la propria natura nel corso degli ultimi anni, a tutti i livelli istituzionali». E più chiaro di così…
Fuga dai 5S, Cacciatore lascia la Regione Lazio
Dunque, anche Marco Cacciatore abbandona il M5S. E nell’andarsene sbattendo la porta, recrimina e asserisce: «In particolare, due sono i passaggi che hanno determinato in modo definitivo la mia scelta. Innanzitutto, ho ricevuto un provvedimento di sospensione da parte del M5S, dopo aver presentato un esposto alla Procura di Roma sulla questione discarica a Monte Carnevale (Malagrotta 2). Non si trattava, come mi si è contestato, di un gesto contro la Giunta capitolina, né ostile nei confronti di alcun esponente politico. Piuttosto, era un atto a tutela di un territorio oggetto di vera e propria violenza ambientale negli anni. Inoltre, mi è stato chiesto di ritirare alcuni emendamenti al Piano regionale Rifiuti, attualmente in discussione nella Commissione che presiedo. Nello specifico quelli riguardanti l’ambito a sé stante di Roma Capitale».
Più del rischio sanitario, temono il rischio di aggressioni. Per questo, alla vigilia della riapertura degli uffici al pubblico, prevista per il 1° luglio, i dipendenti Inps hanno annunciato uno sciopero. I lavoratori, infatti, non ci stanno a fare da capro espiatorio per le carenze dimostrate in questi mesi dall’Istituto, nonostante – e non a causa, come qualcuno vorrebbe far credere – il loro impegno. In particolare, i sindacati puntano l’indice contro “una campagna che mira a convincere l’opinione pubblica che i lavoratori dell’Istituto non stiano lavorando sufficientemente”.
I vertici dell’Inps sotto accusa
La mobilitazione è stata indetta unitariamente da Fp Cgil, Cisl Fp, Confintesa Fp e Confsal Unsa. I sindacati lamentano “la palese violazione dell’accordo del 3 giugno” da parte dell’amministrazione. L’intesa serviva per affrontare la Fase 2 con l’obiettivo di “coniugare i diritti dei lavoratori dell’ente con quelli della cittadinanza”. Le quattro sigle denunciano, invece, come i vertici dell’Inps “abbiano disatteso quanto previsto, non convocando il tavolo di monitoraggio, né fornendo alcun dato sullo stato delle lavorazioni dei prodotti Covid e sul servizio di informazione agli utenti reso in questo periodo di emergenza. Ma limitandosi a informarci della propria volontà di aprire gli sportelli al pubblico con accesso fisico a partire dal prossimo 1° luglio”.
Come avevamo anticipato pochi giorni fa sul Secolo d’Italia, puntualmente si avvera quanto denunciammo. In cambio di un tardivo inchino sulla foiba di Basovizza del Presidente sloveno Pahor, si mercanteggia la dignità nazionale: ecco allora la “restituzione” – non dovuta – di un edificio bruciato 100 anni fa, il Balkan; e un omaggio da parte del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella a 4 terroristi slavi. Membri del Tigr (acronimo di Trst, Istra, Gorica, Rijeka: organizzazione che mirava all’annessione delle nostre terre orientali alla Jugoslavia); fucilati nel 1930 a seguito di condanna per una serie di attentati dinamitardi, incendiari e omicidi.
Il tutto, è chiaro, servirà solo a coronare la ricostruzione ideologica e giustificazionista per cui le foibe sono state il risultato del fascismo e delle responsabilità storiche italiane. Si noti la cronologia: 1920 (anche se c’era Giolitti), 1930, 1945. Nessuno chiede scusa per le decine di migliaia di esuli italiani. Nessuno restituisce un mattone delle case ad essi rubate, le migliaia di morti innocenti infoibati vengono “parificati” a quattro terroristi infami.
La luna di miele tra il popolo italiano e il suo autoproclamato avvocato Giuseppe Conte è finita. Basta vedere la rivolta social contro l'ultimo post del premier, ennesima sfilza di "faremo" e promesse varie ed assortite. Il tutto dopo nove giorni di Stati Generali dell'Economia dai quali, almeno nelle intenzioni del capo del governo, sarebbero dovute uscire le soluzioni per la crisi.
Conte su Facebook spara l'ennesima articolessa su quanto si è lavorato in questi giorni sul dossier Alitalia e sulla sottoscrizione della nuova società, con relativa nomina dei vertici (Francesco Caio presidente e Fabio Lazzerini ad), sul rilancio della Banca Popolare di Bari e sul caso Ilva.
Insomma tante parole con i verbi coniugati al futuro che hanno fatto indignare anche i fan dell'avvocato del popolo. "Altri soldi regalati ad Alitalia? Non sarebbe meglio sollevare dall’incarico i dirigenti e perseguirli nei limiti della legge? Non è possibile ogni tot anni rifinanziare questo pozzo nero", si chiede un tente. Non è il solo, anzi. "Complimenti per la supercazzola introduttiva su Alitalia e altrettanto per la vergognosa decisione di continuare a tenere in vita un insignificante baraccone con altri miliardi che difficilmente potrebbero essere spesi peggio", rincara la dose un altro utente.
"Le roi" è nudo. Stordito, indebolito, bocciato dai francesi insofferenti della sua aristocratica distanza dalla gente e alla mercé dell' amica - o ex amica - Angela Merkel nella difficile trattativa che attende l' Europa il 17 e il 18 luglio sul Recovery Fund che non piace ai quattro paesi "frugali" (ed egoisti) del Nord vicini alla Germania: Austria, Olanda, Svezia e Danimarca.
Lo sconfitto numero uno di queste elezioni municipali che hanno trasformato il volto della Francia delle città è lui, Emmanuel Macron, il presidente damerino. Hanno vinto l' astensionismo da record, il disamore, la scarsa voglia degli elettori di presentarsi a votare in urne trasformate in barricate anti-Covid. Politicamente hanno brillato i verdi, vero fenomeno nuovo del panorama della protesta transalpina, e a Parigi - la capitale inquieta e problematica - l' abile socialista Anne Hidalgo, spagnola naturalizzata francese, confermata con una certa facilità alla guida della metropoli con il sostegno determinante proprio dei "green", cresciuti a dismisura sull' onda del movimento ecologista che attraversa ormai tutto il mondo, e diventati il primo partito della sinistra. La loro avanzata, parzialmente prevista, è stata poderosa. Hanno strappato ai socialisti, o alla destra dei "republicains", le città più importanti d' Oltralpe dopo Parigi, a partire da Marsiglia, Bordeaux e Lione. Risultato impensabile fino a pochi anni fa. D' ora in poi non si potrà non fare i conti con loro. E Macron lo sa bene, senza nascondere al riguardo un evidente disappunto.
Definire il perdono non è semplice, perché si tratta di un complesso fenomeno affettivo, cognitivo e comportamentale nel quale le emozioni negative e il giudizio verso il colpevole vengono volutamente ridotti, ed è un processo nel quale la vittima sceglie volontariamente di ampliare il senso di comprensione e di porsi in una posizione diversa od opposta rispetto a quella istintiva vendicativa. Molto spesso alcuni atteggiamenti vengono percepiti come affronti od atti di disprezzo quando in realtà si tratta di un semplice disaccordo o malinteso, ma non tutte le persone sono disposte a perdonare, ritenendo ciò un atto di debolezza anziché di forza e di coraggio, per cui restano avviluppate in uno stato emotivo tossico e intrappolate in un concentrato di infelicità e stress cronico. Il perdono può essere definito "emotivo" quando si attiva una trasformazione delle emozioni negative, quali ostilità e rabbia, in positive quali compassione o empatia, con un calo della motivazione di rivalsa, ma assume anche un aspetto "decisionale" che coinvolge quello cognitivo, quando il soggetto violato decide di controllare i propri comportamenti impulsivi e deviarli rispetto a quelli motivazionali interpersonali che in un primo momento vorrebbe mettere in atto per vendicarsi.
La capacità di perdonare però non è un sentimento comune, e soprattutto non si mantiene stabile negli anni, perché in ognuno di noi cambia nel corso della vita e si diversifica a seconda del momento vissuto. Per alcuni, per esempio, è possibile perdonare solo dopo aver ottenuto vendetta, ovvero dopo una restituzione del torto subìto, per altri invece esso avviene quando insistono regole morali, religiose o sociali che creano pressione psicologica e condizionano il soggetto nel modo di reagire ad un'ingiustizia, senza dimenticare coloro che perdonano a prescindere, per esprimere o sottolineare il proprio amore incondizionato. La capacità di perdonare non significa dimenticare il torto o minimizzare l'esperienza, e non si riferisce solo a quel comportamento di compassione o benevolenza riservato al trasgressore, ma riguarda anche l'atteggiamento che una persona può avere verso se stessa, qualora sia la responsabile di un'azione dannosa verso altri e necessiti di liberarsi di un peso morale.
L’amore di Enzo Salvi per i suoi pappagalli è tale che il popolare comico è divenuto anche vice-presidente di un’associazione di settore. Li ama e li tratta come fossero dei figli. Come il suo Fly, di razza Ara Ararauna, che di tanto in tanto porta a praticare il volo libero, come molti altri uccelli che lo stesso Salvi ha educato. Ma l’altra mattina, qualcuno ha voluto rovinare quell’attimo di libertà di Fly, a Ostia Antica, in località Pianabella. «Quando il pappagallo si è riposato su un palo, un ragazzo straniero – racconta l’attore – lo ha colpito con un sasso». Come fosse un gioco perverso, lo ha centrato in pieno. Fly cade immediatamente a terra, mentre l’amico di Salvi riprende la scena con il cellulare, incluso l’autore del gesto. E’ a quel punto che lo straniero, non pago di aver quasi ucciso l’animale, prende a schiaffi chi aveva osato riprendere la scena e colpisce con un calcio lo stesso Salvi. Il pappagallo è stato subito trasferito in una clinica veterinaria, dove gli è stata riscontrata una grave frattura cranica seguita a collasso e alla perdita di equilibrio dovuta al colpo. Salvi ha sporto denuncia ai carabinieri di Ostia, che hanno individuato il responsabile: è un cittadino del Mali, di 26 anni. «Ho reagito così perché ero spaventato», si sarebbe giustificato l’uomo.
«Ottimista riguardo al futuro? Io non lo sono mai stato in vita mia, si figuri se lo divento ora. Sono portato a sottolineare gli aspetti di difficoltà e mi tengo su posizioni sempre più pessimiste del necessario. L'unico mio motivo di sollievo, guardando la situazione attuale, è non essere più al governo».
Quindi è d'accordo con le previsioni negative del Fondo Monetario Internazionale, per il quale l'economia italiana crollerà quest' anno del 13% e non dell'8% come auspicato da Gualtieri, uno dei suoi successori al ministero dell'Economia?
«La previsione dell'Fmi coincide con quella più pessimista di Bankitalia. Io mi auguro che andrà meglio, ci sono i primi segnali di ripresa industriale, ma i consumi non ripartono. Il problema è strutturale: l'economia, da vent' anni, funziona sempre peggio».
Guarda caso c'era lei...
«Nel 2000, quando ero all'Economia, in Italia il prodotto interno lordo salì del 3,6%. Fu il canto del cigno, poi siamo sempre finiti all'ultimo posto in termini di crescita». Non avevamo ancora l'euro «Ma avevamo già fatto la convergenza verso la Ue, il rapporto euro-lira era stabilizzato. La verità è che vent' anni fa l'economia era flessibile, avevamo ancora della grandi imprese, la Fiat era in Italia e non in Olanda. Il Paese ha perso il treno quando il tessuto produttivo non è riuscito ad adeguarsi alla globalizzazione, alle nuove tecnologie digitali e ai mutamenti strutturali dell'economia mondiale. Abbiamo perso le grandi imprese, emigrate all'estero o comprate dagli stranieri, e non siamo riusciti a tutelare e dare forza alle piccole».
Il giudice della Cassazione Antonio Esposito che nel 2013 condannò Silvio Berlusconi a 3 anni e 8 mesi di carcere per frode fiscale nella vicenda Mediaset-Agrama inguaiato, 7 anni dopo, dal collega Amedeo Franco. Il magistrato, morto nel maggio 2019, dopo quella sentenza (che decise di non firmare) incontrò Berlusconi alla presenza di testimoni e quell'audio, registrato, ora è finito nelle mani di Piero Sansonetti, direttore del Riformista, e pubblicato in parte da Nicola Porro a Quarta Repubblica. Si tratta di una bomba, perché Franco motivava quella condanna come frutto di "pressioni dall'alto" contro Berlusconi e sullo stesso Esposito.
"Berlusconi deve essere condannato a priori perché è un mascalzone! Questa è la realtà, a mio parere è stato trattato ingiustamente e ha subito una grave ingiustizia… - spiegava Franco - L’impressione che tutta questa vicenda sia stata guidata dall’alto. In effetti hanno fatto una porcheria perché che senso ha mandarla alla sezione feriale? Voglio per sgravarmi la coscienza, perché mi porto questo peso del… ci continuo a pensare. Non mi libero. Io gli stavo dicendo che la sentenza faceva schifo". E qui il riferimento diretto a Esposito, presidente di sezione: il giudice secondo il collega sarebbe stato "pressato" per pilotare la sentenza perché suo figlio anch’egli magistrato era indagato dalla Procura di Milano per "essere stato beccato con droga a casa di...". Una storia nota e scomoda, ma che alla luce della ricostruzione di Franco va letta sotto un'altra e più inquietante luce
Auto blu, mi piaci tu. Sono oltre trentamila le auto di Stato ancora in circolazione, una su dieci è una supercar, ovvero 3.366. Ma il numero delle auto blu continua ad aumentare e presto potrebbe sfiorare la soglia delle 4 mila unità.
È in arrivo il nuovo censimento delle autovetture di servizio delle pubbliche amministrazioni condotto dal dipartimento della Funzione Pubblica: dal ministero della pentastellata Fabiana Dadone fanno già sapere che, complice l’aumento degli enti rispondenti all’indagine, pure quest’anno la quota delle supercar non arretrerà, anzi.
Risultato? Ci si aspetta che le auto blu censite aumentino del 30 per cento rispetto al 2018, quando erano 3.068. Circa una su due si trova nei garage degli enti locali.La pubblicazione del report di quest’anno era attesa per aprile, ma a causa del lockdown viaggia con tre mesi di ritardo. A meno di sorprese il nuovo censimento sarà pronto entro la fine del mese di luglio.
Dodici persone sono state arrestate dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano nell’ambito di un’inchiesta della Procura milanese su presunte tangenti e appalti truccati. Tra i coinvolti ci sarebbero alcuni dirigenti dell’Atm, l’azienda di trasporti milanese.
Nell’indagine sono stati ricostruiti episodi di corruzione e di turbativa d’asta in particolare nel settore degli appalti per l’innovazione e la manutenzione delle Metropolitane milanesi.
Un carabiniere di 48 anni è ricoverato all'ospedale Maggiore di Bologna in prognosi riservata dopo essere stato investito questa mattina attorno alle 4 da un'auto in fuga nella zona di Mordano, comune della provincia. Secondo quanto appreso, i militari avevano allestito un posto di blocco per intercettare una banda di ladri che poco prima aveva tentato una spaccata a Lugo, nel Ravennate. I carabinieri sono riusciti a intercettare l'Alfa 159 con a bordo quattro occupanti: due sono scappati a piedi mentre gli altri sono rimasti a bordo puntando agli uomini in divisa. Il 48enne ferito è in gravi condizioni ma non sarebbe in pericolo di vita: ha riportato un forte trauma cranico e diverse contusioni. Sono in corso le ricerche della banda di cui si sono perse le tracce.
Un tunisino di 40 anni, Fadhel Moncer, capo di un gruppo criminale dedito al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e al contrabbando di tabacchi lavorati esteri e formato da cittadini tunisini e italiani attivi tra il Nord Africa e le province di Trapani, Agrigento e Palermo, era pronto per un attentato in Italia contro i carabineri. II finanzieri del Comando provinciale di Palermo con il supporto dei colleghi di Trapani hanno dato esecuzione a un provvedimento emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani su richiesta della Procura di Palermo. I sigilli sono scattati per aziende, terreni, immobili e disponibilità finanziarie.
Al tunisimo il fermo, con altre 13 persone, è già stato notificato lo scorso gennaio dalla Direzione distrettuale antimafia nell'ambito dell'indagine "Barbanera" del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo. Per la Dia Moncer era il capo di un gruppo criminale dedito al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e al contrabbando di tabacchi lavorati esteri e formato da cittadini tunisini e italiani attivi tra il Nord Africa e le province di Trapani, Agrigento e Palermo.
Nel periodo monitorato dalle indagini, ossia da 2017 al 2019, l'organizzazione capeggiata da Moncer ha dimostrato di disporre di "una solida e radicata struttura organizzativa e di adeguate risorse umane e materiali, potendo contare su numerosi mezzi nautici in grado di effettuare, stabilmente, traversate sulla rotta marittima dalla Tunisia alla Sicilia finalizzate all'ingresso illegale nel territorio italiano di migranti e consistenti quantitativi di tabacchi esteri di contrabbando". Per ogni "viaggio" gli extracomunitari arrivavano a pagare anche 3.000 euro.
Ma c'è di più, "Fadhel Moncer", si legge nei verbali anticipati da Il Giornale, dalle indagini venne fuori anche il progetto di un attentato. "Era stato posto - scrivono i pm nel fermo dell'anno scorso - alla custodia cautelare in carcere dal 27 giugno 2012 al 13 gennaio 2015. Lo stesso era stato anche intercettato mentre progettava un attentato dinamitardo a danno della caserma dei Carabinieri di Marsala (poi non consumato in quanto impedito dall'intervenuto arresto in flagranza), mostrando un'allarmante ferocia ("faccio saltare la caserma, già sto mettendo da parte, ogni volta, uno-due chili appena cominciano ad essere cinquanta, cento chili, ti faccio sapere com'è ti faccio spostare tutta la caserma a mare omissis tu dici, arrivo a scoppiare una bomba dietro la caserma dei carabinieri a Marsala, che succede? Sai, gli sbirri scappano da Marsala").