Giallo sullo sgombero della sede di CasaPound a Roma. A leggere ciò che scrivono la sindaca Virginia Raggi e la viceministra dell'Economia Laura Castelli, entrambe esponenti del M5s, sembra cosa fatta. Invece, le cose non stanno così. Il gruppo di estrema destra sarebbe stato invitato a lasciare lo stabile in via Napoleone III, all'Esquilino, ma la questura non avrebbe ancora notificato nulla. In realtà, ad una piccola rappresentanza di CasaPound i poliziotti avrebbero detto che devono fare le valigie al più presto. La situazione, però, è ancora in stallo, probabilmente per cercare di risolvere la questione senza tensioni sociali e problemi di ordine pubblico
La sindaca Raggi scrive su Twitter : "Finalmente qualcosa si muove su sgombero palazzo occupato abusivamente da
Casapound in centro a Roma. Ripristiniamo la legalità".
Dal Grande Fratello alla domenica di Canale 5, rivoluzione a Cologno Monzese.
Alfonso Signorini detronizza Barbara D'Urso dai palinsesti Mediaset. Il direttore del settimanale "Chi" tornerà a settembre con il Grande Fratello Vip 5 e guiderà anche la versione classica del reality show di Canale 5. Poiché non c'è due senza tre, avrà un programma tutto suo, dedicato proprio ai gieffini, la domenica pomeriggio.
A Barbara D'Urso restano "Pomeriggio Cinque" e forse "Live - Non è la D'Urso". Tuttavia, al momento è ufficiale solo il ritorno del GFVIP, ma le indiscrezioni su una rivoluzione a Cologno Monzese sono sempre più insistenti. Vale la pena ricostruire la vicenda partendo dallo scoop del sito davidemaggio.it di una settimana fa: boom! Alfonso Signorini cala il tris. A lui i reality e lo spazio che fu di "Domenica Live". Poche ore dopo, il diretto interessato smentí con un post sulla sua pagina Instagram: "Dite a Davide Maggio che mi mancano le previsioni del tempo. Fake news". Il blogger però confermò con un tweet: "Non dica bugie...".
Per sputtanare le balle che Roberto Saviano spara da giorni su tutte le televisioni senza contraddittorio è sufficiente guarda con attenzione questo breve video di Luca Donadel, il giovane studente universitario diventato celebre per aver smascherato per primo il business delle navi Ong e gli scafisti del nord Africa.Dedicate 2 soli minuti alla visione di questo video per comprendere come sia facile prendere per i fondelli i telespettatori
L'inchiesta giornalistica di Panorama su Roberto Saviano: l'autore di Gomorra ai raggi x, dagli incassi fino alla scorta
Roberto Saviano, scrittore simbolo, ai raggi x. Gli incassi, le relazioni, le minacce dei Casalesi. L'autore di Gomorra ha ormai avviato la sua battaglia contro il ministro dell'Interno Matteo Salvini sul tema dell'accoglienza e delle Ong. Famosa la sua difesa a spada tratta del sindaco di Riace, Mimmo Lucano. Tutto lecito, per carità. Ma questa volta è lui a finire sotto la lente di ingrandimento: l'ultimo numero di Panorama contiene infatti una lunga inchiesta sullo scrittore, dal reddito fino ad arrivare alla tanto contestata scorta.
Partiamo dalle vendite dei libri. Secondo quanto scrivono Giacomo Amadori e Simone Di Meo nella loro inchiesta, gli incassi di Saviano sarebbero cresciuti nel tempo dopo la pubblicazione del libro che l'ha reso famoso. "Nel 2006 - si legge l'anticipo e le prime ingenti vendite di Gomorra, gli fruttarono meno di 50.000 euro". Poi una crescita. "Nel 2009 - spiegano gli autori dell'inchiesta - il reddito imponibile era già salito a quasi 2 milioni, per stabilizzarsi intorno al milione negli anni successivi. Ma la stagione d'oro è stata il 2017, quando ha addirittura totalizzato un imponibile che si aggirava sui 2,3 milioni".
Roma, 23 giu – Saviano non è un simbolo, perché il nulla non simboleggia alcunché. Saviano è fine a sé stesso, è il tormentone di ogni estate che tutti ascoltano ma che nessuno balla tanto è inascoltabile, banale, profondamente retorico e melenso. È una mela cotta che può essere ben voluta solo da chi pensa che i talk televisivi siano una vera piattaforma di informazione, chi pensa che Mamma Rai sia un servizio pubblico e non uno scatolone al servizio perenne dell’indignazione e del perbenismo di sinistra. Saviano è costruito su misura per quella parte civilissima dello strapaese Italia, attentissima alle cose futili, che due o tre volte a settimana ha bisogno di sentirsi parte di una grande lotta ai grandi problemi esistenziali, sempre onestissima e dalla parte del bene inequivocabile, inattaccabile, come è l’antimafia o l’umanitarismo degli umanitaristi di origine-non-governativa, Ong appunto. Saviano, detto ‘o scrittore, è buono per le visite nelle scuole medie e superiore, nelle aule magne colme di studentelli sfaccendati che vogliono applaudire ad un eroe della società civile, indotti a questa soporifera idiozia dagli insegnanti pubblici ammaestrati e appiattiti su posizioni perbeniste e de’ sinistra. Potremmo scriverci sopra un romanzo, intitolandolo “Le lingue di legno”, perché è proprio quel genere di costante correttezza politica che caratterizza Saviano e i suoi seguaci, i filantropi, gli intellettuali impegnati, i giornalisti salottieri, sempre buoni, supereroi minacciati dalle mafie e dai politici cattivi di destra, proprio come pare stia accadendo all’autore del romanzo Gomorra, tanto per tornare alla cronaca giornaliera.
Due medici che hanno eseguito un'autopsia indipendente sul corpo di George Floyd, l'uomo afroamericano la cui morte la scorsa settimana, durante un controllo della polizia di Minneapolis, ha scatenato proteste a livello nazionale, hanno detto che la causa della morte è stata “asfissia meccanica” e che la sua morte è stata un omicidio.
Il dottor Michael Baden, uno dei medici che hanno eseguito l'autopsia per volere della famiglia dei Floyd, ha dichiarato durante una conferenza stampa a Minneapolis che Floyd non aveva condizioni mediche di base che hanno contribuito alla sua morte. Baden ha detto che la morte di Floyd è stata causata da una pressione delle ginocchia degli agenti sia sul collo che sulla schiena.
La risposta di Trump
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha esortato i governatori statali a reprimere le proteste che sono seguite alla morte di Floyd. “Dovete dominare”, ha detto Trump ai governatori in una chiamata privata ottenuta dai media tra cui Reuters. “Se non dominate, state sprecando il vostro tempo - vi passeranno sopra, sembrerete un mucchio di cretini.”
Trump ha detto che il governo federale avrebbe represso in modo “molto forte” la violenza. In dozzine di città negli Stati Uniti, tra cui la capitale Washington, rimane valido il coprifuoco e il livello dei disordi, secondo alcuni osservatori, è al livello di quello che seguì l'assassinio di Martin Luther King nel 1968. La Guardia Nazionale rimane schierata in 23 stati e a Washington DC.
Il capitolo sul movimentismo americano, un capitolo sempre attuale, prosegue con la saga dei membri di Black Lives Matter, che però sta evolvendo in qualcosa a cui non eravamo ancora o del tutto abituati.
La protesta portata avanti dopo il caso della morte di George Floyd sta montando. Altre nazioni, oltre agli Stati Uniti d’America, hanno assistito alla comparsa tra le strade di persone che si richiamano a quella organizzazione o, più in generale, alla tutela dei diritti dei neri. “Black Lives Matter”, però, è un nome che non basta a spiegare quello che sta succedendo. “Riots”, rivolte è un termine che descrive molto meglio la fotografia scattata in queste ore.
Anzitutto la portata complessiva: bisognerà vedere per quanto tempo i manifestanti continueranno ad occupare alcune tra le principali città occidentali, Londra per esempio. La storicità di un fenomeno dipende pure dalla partecipazione e dalla durata del moto, che può essere idealistico o sfociare – come sta già accadendo – pure in altro. La natura pacifica non è una costante di queste manifestazioni. Incendi, scontri, devastazioni e saccheggi che interessano negozi: gli episodi stigmatizzabili, almeno negli Usa, non si contano più. C’è anche chi si limita alla non violenza, e non si può generalizzare.
Il presidente Donald Trump domenica ha affermato che il governo federale dichiarerà Antifa un’organizzazione terroristica. Il gruppo è noto per la sua ideologia di estrema sinistra, e per essere strettamente legato ai movimenti comunisti e quasi marxisti; l’annuncio di Trump è arrivato mentre le proteste violente continuano ad attanagliare le città di tutti gli Stati Uniti, dopo la morte di un uomo di colore a Minneapolis.
«Gli Stati Uniti d’America designeranno l’Antifa come organizzazione terroristica», ha scritto Trump in una serie di messaggi su Twitter, accusando le rivolte di Antifa e di altri elementi della ‘sinistra radicale’ durante le proteste per la brutalità della polizia.
In aggiunta a questo, commenta Trump, i notiziari del mainstream stanno «facendo tutto quel che è in loro potere per fomentare l’odio e l’anarchia» in tutti gli Stati Uniti.
«Finché tutti capiscono quello che stanno facendo, che sono FALSE NOTIZIE e persone veramente cattive con scopi malati, possiamo facilmente contrastarli fino alla GRANDEZZA», ha scritto il presidente degli Usa.
Ho aspettato un poco prima di esprimermi sull’omicidio che si è consumato a Minneapolis e, anche se per lavoro spesso mi sono trovato davanti a scene di violenza e ho visitato siti di attentati terroristici a distanza di pochi minuti dai fatti, sinceramente non riesco a guardare la fotografia di Derek Chauvin, il poliziotto assassino, che sta uccidendo George Floyd a sangue freddo e, come si è venuto a sapere dopo, anche per futili motivi.
Ciò che fa male nel guardare quell’immagine, almeno nell’anima di chi ha un cuore e che sente dentro sé il valore immenso della vita umana, oltre alla disperazione della vittima è la postura dell’assassino. Gli occhiali da sole ben poggiati sulla fronte e, addirittura, una delle mani nelle tasche dei pantaloni come se mentre uccideva, o almeno procurava la morte un altro essere umano, Derek Chauvin si stesse riposando. Secondo il Coroner del Dipartimento di Polizia di Minneapolis, l’autopsia su George Floyd ha accertato che ‘non ci sono elementi fisici che supportano una diagnosi di asfissia traumatica o di strangolamento’, pertanto, secondo i risultati dei primi esami sul corpo, la vittima non è morta né per asfissia né per strangolamento. Secondo quanto si legge nel referto, ‘gli effetti combinati dell’essere bloccato dalla polizia e le sue preesistenti condizioni di salute (ipertensione arteriosa e problemi coronarici) con potenziali sostanze tossiche dallo stesso ingerite o auto-iniettate hanno contribuito alla sua morte’.
Come dire che se l’era cercata e che un ginocchio sul collo per ben nove minuti, durante i quali l’uomo, prima di morire, aveva più volte ripetuto di non riuscire a respirare, siano stati per la vittima, e questo lo scrivo io, una vera passeggiata di salute. Se Derek Chauvin anziché tenere quella mano comodamente in tasca l’avesse usata per immobilizzare il fermato senza causare danni, oggi George Floyd sarebbe ancora vivo e starebbe scontando la vera pena per ciò che aveva fatto. Ma le considerazioni sugli eventi vanno fatte a mente fredda, con la logica del cervello e non con le emozioni del cuore e, vagliando i fatti, il ragionamento porta a varie considerazioni.
I dati ufficiali dei morti per coronavirus in Cina mentono? Il mistero dei 21 milioni di cellulari spenti negli ultimi 3 mesi solleva nuovi dubbi sul vero bilancio delle vittime.
Il numero dei morti per coronavirus in Cina potrebbe essere molto più alto di quello riportato dai dati ufficiali. Della probabilità che le autorità cinesi abbiano mentito sul bilancio delle vittime di COVID-19 ne avevamo parlato in questo articolo già a fine gennaio. Adesso, però, la notizia della chiusura di ben 21 milioni di conti telefonici nel Paese fa aumentare i sospetti.
In Cina il coronavirus ha fatto più morti di quelli annunciati?
Coronavirus: il mistero dei 21 milioni di cellulari spenti in Cina
Il partito di Xi Jinping, che in Cina ha il controllo totale dell’informazione e dei media, afferma che nel Paese il virus ha infettato 81.093 persone e ne ha uccise 3.270. Tuttavia sono trapelati documenti che mettono in dubbio queste cifre, apportando un dato molto interessante: negli ultimi 3 mesi si è avuto un calo di 21 milioni di utenti cellulari. Ad annunciarlo sono state le autorità di Pechino il 19 marzo.
In Cina continua a tenere banco il caso della censura nei confronti di quelle persone che avevano cercato di lanciare immediatamente l'allarme del coronavirus. Le autorità le avevano costrette a tacere, salvo poi chiedere loro scusa, ma le polemiche non si placano: dopo la morte di Li Wenliang, il medico-eroe che per prima aveva avvisato del pericolo di una nuova epidemia polmonare, spunta il caso di Chen Qiushi. Quest'ultimo è un avvocato, famoso anche come blogger, che è sparito nel nulla: il Giorno riporta che di lui non c'è traccia in casa, in ufficio e in rete. Per approfondire leggi anche: I 5 giorni in cui il quadro clinico degrada "Ho paura, ho il virus davanti e le forze dell'ordine cinesi alle spalle", aveva dichiarato per l'ultima volta lo scorso 30 gennaio. Adesso anche Amnesty International si interroga su che fine abbia fatto. Il 7 febbraio la madre ha denunciato la scomparsa, convinta che sia stato messo in quarantena con la forza per nascondere ragioni mediatico-politiche: l'avvocato era infatti seguitissimo sui social cinesi, toccava anche il milione di visualizzazioni a video. D'altronde è risaputo che Wuhan e la provincia dell'Hubei sono state sottoposte ad un ferreo controllo militare, che prevede anche la segregazione degli abitanti. Inoltre circolano tante voci riguardo ad arresti sanitari mirati: l'ordine è di mettere in quarantena tutti i casi sospetti di contagio. Secondo il Giorno, la tensione è così alta che bastano due linee di febbre e la denuncia di un vicino per trovarsi fuori di casa.
Oltre il 90% delle
persone più ricche in Cina sono funzionari e membri del Partito Comunista. La crescita economica finisce con l’arricchire solo
una ristretta cerchia di persone. Aumentano i poveri e nell'ultimo decennio il reddito di 400 milioni di cinesi ha subito una forte stagnazione
Pechino - Indovinate chi se la passa meglio in Cina. I funzionari del Partito comunista, ovviamente. Oltre il 90% delle persone più ricche in Cina sono funzionari e membri del Partito Comunista. Lo rivela la rivista Forbes. E, anno dopo anno, aumenta il numero di super miliardari all'ombra della Grande muraglia.
Secondo John Lee, studioso presso l’Hudson Institute di Washington, "i risultati di questa ricerca costituiscono un segnale preoccupante in un paese dove la cricca al potere pretende di servire il popolo disinteressatamente e con spirito di servizio, mentre uno sguardo più ravvicinato a come la ricchezza creata sia realmente distribuita dissipa completamente l’idea che il suo modello autoritario sia benefico per la maggioranza della popolazione cinese".
Lee ha anche osservato come le imprese private in Cina siano molto svantaggiate dalle politiche che riservano un trattamento di favore alle imprese a proprietà statale i cui ricavi ammontano a circa la metà dei ricavi generati da tutte le imprese cinesi ogni anno e che possiedono i due terzi di tutte le immobilizzazioni in Cina. "I settori più importanti e redditizi dell’economia sono riservati alle aziende di Stato - prosegue Lee - e quello che emerge poi senza molta sorpresa è che i due terzi dei membri del consiglio e tre quarti dei dirigenti di aziende di Stato sono funzionari o membri di partito".
Ovunque ci siano tracce di democrazia, la sinistra non può che farla da padrona, non per merito dei politici o della loro politica, ma per l’immutabile composizione delle classi sociali.
In Italia il rapporto numerico lavoratori padroni nella peggiore delle ipotesi è 83 a 17 (di fatto è anche peggio, posto che le finte partite IVA si sprecano).
E questo incancellabile squilibrio numerico fra dipendenti e autonomi rende qualunque democrazia sbilanciata a sinistra, (FINTA) comunista a prescindere.
Ma non è merito dei comunisti se incassano consenso anche dormendo come i Banchieri profitto. Di questo deve vergognarsi la destra perché la sinistra ha saputo accaparrarsi il consenso dei lavoratori, in quanto schiacciante maggioranza, mentre la destra non ha saputo conservarsi nemmeno quello dei grandi padroni, che da decenni hanno capito che il vento del consenso soffia sempre a sinistra, e, fiutato l’affare, votano, tifano, finanziano, sempre e solo comunista.
I "Comunisti col Rolex" in fondo sono loro. Che non si vergognano di aver guadagnato con il loro lavoro e che per presentare il nuovo album aprono le porte dell'attico più discusso di tutti i tempi. J-Ax e Fedez sono due generazioni a confronto che si uniscono - dopo aver fondato la casa discografica Newtropia - e danno vita al loro primo disco insieme. Non era facile, eppure il risultato è molto interessante. Tra punk, rap e melting pop. Con tante collaborazioni. Da Loredana Bertè (forse la più difficile) ad Arisa, da Stash e Levante ad Alessia Cara. "Ci si può ancora arricchire onestamente, e non c'è niente di male", raccontano a Tgcom24.
Ma partiamo dall'inizio. L'appuntamento è nel cuore della City Life milanese, nei nuovi grattacieli dove Fedez ha recentemente acquistato un attico al 13esimo piano che ha fatto molto discutere: "Ho invitato il nemico in casa, voi giornalisti - ironizza - avete scritto che l'ho pagato due milioni di euro, sono molto offeso. In realtà è costato molto di più... Di Tiziano Ferro, invece, che ha preso casa qui di fianco, nessuno ha scritto nulla. Forse perché non porta click ai siti o forse perché pensano che io non me lo meriti e lui sì. Se uno ha un passato fiscale torbido, nessuno dice niente".
L'Italia riparte. Siamo a Roma, la manifestazione del centrodestra unito, tutti in piazza per suonare la sveglia a un governo immobile nel gestire l'emergenza coronavirus. Ecco Matteo Salvini, Giorgia Meloni ed Antoni Tajani, per Lega, FdI e Forza Italia, promotori dell'iniziativa. Tutti in piazza del popolo. Tante persone. Difficile, anzi impossibile, mantenere le distanze di sicurezza. Un assembramento, sì, contro le regole di sicurezza. Un assembramento che è anche un grido, quello di un'Italia rabbiosa, che vuole ripartire e non ha i mezzi per farlo. Centinaia di militanti hanno risposto alla chiamata dei leader. "L'Italia non si arrende", il nome della manifestazione. I leader si radunano attorno a un enorme Tricolore che da Piazza del Popolo si snoda per 300 metri lungo via del Corso.
La stampa progressista si scandalizza, ovviamente. Punta il dito. Repubblica parla di "gioco d'azzardo con la sorte". E non si interroga su cosa significhi questa piazza, dove le persone protestano contro una limitazione delle libertà che per certi versi e in certe misure è stato difficile comprendere. Dove le persone protestano contro un governo che ha promesso molto e, ad ora, dato zero. Salvini, dunque, abbassa la mascherina: "Se la sinistra era in piazza il 25 Aprile, perché noi no? Vedete bandiere di partito? Solo tricolori". Al suo fianco la Meloni, mascherina sul volto. Dalla folla si alza il coro: "Libertà, libertà". E ancora: "Elezioni subito". Il messaggio è arrivato, forte e chiaro. La manifestazione era solo per rappresentanti di partito, ma in questo momento è impossibile contenere la folla.
È bellissima, giovane, nobile ed è sposata con Pierre Casiraghi, figlio della principessa Caroline e del secondo marito Stefano Casiraghi e settimo nella linea di successione al trono del Principato di Monaco. A Beatrice Borromeo non manca proprio nulla, anzi, con lei la vita è stata davvero generosa. Figlia di Carlo Ferdinando Borromeo e Paola Marzotto, l’ultima entrata nella famiglia Casiraghi, ha sempre frequentato l’alta società italiana e quella internazionale.
Del resto, quel portamento così raffinata e la spontaneità con cui si mostra in pubblico, non fanno che confermare che la ragazza è nata per vestire questo ruolo. Pochi giorni fa è stato il giorno della festa Nazionale di Monaco e Beatrice Borromeo è apparsa più bella che mai. In una giornata di musi lunghi, a partire da quelli di Carolina di Monaco e Charlene Wittstock, Pierre e Beatrice hanno tenuto alta la bandiera monegasca, presentandosi al gran completo, in compagnia dei loro due bellissimi figli. (Continua a leggere dopo la foto)
Una happy family fatta e finita. Dal balcone del palazzo reale, Francesco e Stefano, rispettivamente 1 e 2 anni, hanno salutato i sudditi e si sono fatti coccolare dai genitori. La Borromeo, particolarmente affettuosa, non ha perso occasione per baciare e abbracciare il più piccolo di casa e i loro scatti hanno fatto sognare gli appassionati della casa reale. Stupenda Beatrice, che ha scelto una cappa a quadri abbinata alla gonna. Per lei forme molto ampie, si vocifera che sotto al cappotto nascondesse il terzo pancino. (Continua a leggere dopo la foto)
Vi raccontiamo in otto curiosità tutto quello che c'è da sapere su Beatrice Borromeo, dalla carriera di modella a quella di giornalista fino al ruolo di mamma
Beatrice Borromeo è una delle giovani donne più in vista del nostro Paese, per via del suo nome, del matrimonio con Pierre Casiraghi, ma anche della doppia carriera prima da modella e poi da giornalista che le hanno attirato l'invidia di diversi addetti ai lavori.
Lei, però, ha saputo dimostrare intelligenza e coraggio da vendere (forse anche troppo), oltre a una bellezza fuori dal comune.
Le sue nozze, due anni fa, hanno conquistato gli amanti del gossip, che hanno potuto ammirare i suoi tanti cambi d'abito e i look impeccabili.
Ora, però, è arrivato il momento di conoscerla meglio.
Ecco dunque otto cose da sapere su Beatrice Borromeo.
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Ogni cosa ha dei suoi “pro” e dei suoi “contro”, anche se il multiculturalismo ha solo dei “contro”, che solo i radicalchic non vedono o fanno finta di non vedere. L’attrice lo ha visto con i suoi occhi quali sono, ma potete star certi che questo episodio non le farà cambiare assolutamente idea, perché soprattutto nel mondo dello spettacolo sono tutti indottrinati al liberalprogressismo.
Tra l’altro ai medesimi radicalchic che vivono ai Parioli, a Prati, o in altri quartieri “alti” di Roma o di altre città italiane, pensano che dal degrado portato dall’immigrazione ne vengono travolte solo le classi meno abbienti che con gli immigrati ci stanno più a contatto. Poiché paradossalmente gli italiani delle classi meno abbienti fanno meno figli di quelli abbienti, se non riprendono a figliare essi si estingueranno e verranno sostituiti da una massa proletaria formata da soli immigrati e loro discendenti, che per i ricchi italianissimi rappresenteranno un problema e ne verranno certamente travolti. Conviene anche a loro essere anti-immigrazionisti.
Simone Di Stefano: il leader di Casapound condannato
Il vicepresidente nazionale di Casapound ha patteggiato una pena di un anno e 4 mesi per il blitz compiuto all'interno di un appartamento da un gruppo di attivisti di destra. Intanto a Bari la procura rinvia a giudizio 28 dei Fascisti del Terzo Millennio
Simone Di Stefano, vicepresidente nazionale di Casapound ha patteggiato una pena di un anno e 4 mesi per il blitz compiuto all’interno di un appartamento da un gruppo di attivisti di destra per protestare contro lo sfratto di una famiglia che risiedeva da anni nel palazzo di proprietà del Comune di Roma: la vicenda risale al settembre 2016.
Simone Di Stefano: il leader di Casapound condannato
I reati contestati dalla procura erano invasione di edifici, violazione di sigilli e resistenza a pubblico ufficiale i reati contestati dalla procura. Stando alle accuse Di Stefano e gli altri (circa 15 persone per le quali è stato chiesto il rinvio a giudizio) avrebbero violato i sigilli apposti dall’autorità giudiziaria per due volte. La prima si sarebbero asserragliati nell’edificio e, per evitare che i vigili urbani eseguissero il sequestro, avrebbero utilizzato una bombola del gas come spauracchio, azionandola ogni volta che gli agenti della municipale tentavano di tagliare con la sega circolare la serratura del portone. Il solo Di Stefano, inoltre, avrebbe lanciato dalla finestra verso gli agenti, al fine di scacciarli, oggetti come uova, pomodori, detersivi e pezzi di mobilio. Venti giorni dopo, il leader di CasaPound, con altri militanti, sarebbe tornato nello stesso edificio violando di nuovo i sigilli che erano stati apposti. Di Stefano, assistito dall’avvocato Domenico Di Tullio, ha deciso per il rito alternativo durante l’udienza preliminare davanti al gup Vilma Passamonti. Il Comune ha presentato istanza di costituzione di parte civile nei confronti degli altri imputati.
La “mafia” di San Gallo dietro l’elezione di papa Francesco
San Gallo, 75mila abitanti, è l’ottava città della Svizzera, sede del cantone e della diocesi omonima. Qui, a partire dal 1996, vescovi e cardinali progressisti cominciarono a riunirsi per determinare un cambiamento radicale in seno alla Chiesa Cattolica: una vera rivoluzione, per portare avanti un’agenda che finisce per sconfessare il cristianesimo cattolico come lo si è sempre conosciuto. Perché San Gallo? Qui nel 1995 fu nominato vescovo Ivo Fürer, su invito del quale si costituì un gruppo operativo di lavoro, vera e propria “lobby” all’interno della Chiesa. Niente di segreto: l’esistenza del gruppo era diffusamente nota in Vaticano. Tuttavia, all’atto pratico, l’azione di questa “cordata” si rivelò efficace portando al soglio pontificio un uomo loro gradito, il cardinale argentino primate di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio.
L’esistenza di questa lobby sarebbe probabilmente stata dimenticata se il cardinale progressista Godfried Danneels, nel settembre 2015 non avesse illustrato nella sua biografia ed in una intervista televisiva ad una rete belga, che Bergoglio era stato eletto in seguito ad una «mafia» liberale[1]: un gruppo di vescovi e cardinali ultra-progressisti che ha agito nell’ombra per portare al soglio di Pietro proprio Jorge Mario Bergoglio. Danneels parlava sapendo il fatto suo: lui aveva avuto un ruolo di protagonista in quelle riunioni, che avvenivano a San Gallo, in Svizzera. «In realtà chiamavamo noi stessi e quel gruppo: ‘la mafia’», precisò il cardinale.