Quando il primo imperatore romano morì aveva quasi 77 anni e per circa mezzo secolo aveva regnato indiscusso. Il 19 agosto del 14 d.C. da Nola, vicino Napoli, il suo corpo fu portato a Roma a spalle dai notabili delle città situate lungo il cammino. Il viaggio si fece di notte per evitare che il corpo si decomponesse troppo rapidamente a causa dell’intenso calore estivo. Furono i cavalieri romani a incaricarsi di introdurre le spoglie dell’imperatore nella capitale. Tiberio, figlio adottivo e successore designato, pronunciò l’elogio funebre durante una sessione del senato.
Quindi la salma fu trasferita al Campo Marzio, dove Augusto si era costruito il suo mausoleo. La pira funeraria fu accesa da alcuni centurioni su ordine del senato. Mentre il rogo ardeva, un’aquila si alzò in volo dalle fiamme per trasportare in cielo l’anima del defunto imperatore. L’ex pretore Numerio Attico giurò davanti al senato di aver assistito all’evento miracoloso, facilitando in questo modo l’apoteosi di Augusto, che fu decretata il 17 settembre. A Roma era nato un nuovo dio.
Iniziò così una consuetudine che sarebbe proseguita per almeno due secoli: il senato divinizzava gli imperatori se ne giudicava positivamente l’operato. Era un’usanza nuova, che rompeva con le antiche tradizioni politiche e religiose dell’Urbe. La repubblica romana si era sempre definita una “città”, una comunità di persone che condividevano la cittadinanza e veneravano gli dei locali, in particolare Giove Capitolino, divinità suprema connessa alla fondazione dello stato.
L’imam in carcere voleva la testa di Souad Sbai. FdI: “Lamorgese le assegni subito una scorta”
“Non temo le minacce dell’imam, ma i rischi per la sicurezza del nostro Paese”. Lo dichiara Souad Sbai, giornalista ed ex parlamentare del Popolo della Libertà, da sempre in prima linea contro l’estremismo religioso, dopo la notizia dell’arresto di Bouchta El Allam.
Il 42enne di origini marocchine, detenuto e Imam nel carcere di San Michele ad Alessandria, “nei suoi sermoni usati per la preghiera all’interno dell’istituto penitenziario, proferiva parole di odio anche contro la sottoscritta. Auspicava la mia decapitazione come accaduto al professore francese Samuel Paty”.
Chi è l’imam che voleva decapitare Souad Sbai
Bouchta El Allam, noto come ‘Bush’, invocava la distruzione del Vaticano, inneggiava alla Jihad e augurava per Israele “la venuta di un nuovo Hitler”. È accusato di istigazione a delinquere finalizzata al terrorismo, propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa. “Ancora una volta l’estremismo islamista si scaglia contro chi lo combatte”, afferma Sbai. La giornalista in passato è già stata aggredita e minacciata di morte da terroristi islamici. “Da anni denuncio la deriva di un certo Islamismo, ma come in passato, anche questa volta non mi lascerò intimorire”.
“La vicenda di questo personaggio fa rabbrividire e deve riportare necessariamente l’attenzione sugli istituti penitenziari e su quello che accade tra la popolazione carceraria islamista e filo jihadista. Perché personaggi come “Bush”, all’interno delle nostre carceri ce ne sono tanti – avverte Sbai – Non possiamo lasciare che imam con ideologia jihadista, continuino a fare proselitismo in cella. La politica e le istituzioni devono farsi carico di questo problema una volta per tutte”.
Trump scrive ai giornali: “Biden non ha meriti per il successo coi vaccini. Ringraziate me”
“È incredibile che il mio nome non venga neanche menzionato in quello che tutti chiamano il miracolo moderno dei vaccini”. Così Donald Trump rivendica il fatto che è stata l’azione impressa dalla sua amministrazione con Operation Warp Speed a permettere che si arrivasse ai vaccini anti Covid. Il tutto “con anni di anticipo”.
Trump: “Abbiamo sviluppato i vaccini in tempo record”
“Senza i vaccini, il mondo avrebbe avuto un’altra influenza spagnola come nel 1917. All’epoca ha fatto 100 milioni di vittime. Grazie ai vaccini che abbiamo spinto e sviluppato in tempo record niente di questo accadrà. Chiedo solo di ricordarlo per favore!”.
E poi l’attacco finale a Joe Biden. “L’amministrazione Biden ha avuto zero merito in questo, tutto quello che hanno fatto hanno continuato il nostro piano di distribuzione che stava funzionando bene sin dall’inizio”.
"Hai mentito". Ma l'attacco della Lucarelli alla Meloni finisce male
La Lucarelli attacca la leader di Fratelli d'Italia: "L'aborto nel 1976 era un reato". Ma un avvocato la zittisce: "Era legale, volgare viperetta"
Continua a far discutere l'autobiografia di Giorgia Meloni. In particolare è stato un passaggio del libro, scritto dalla leader di Fratelli d'Italia, a sollevare una polemica sul mondo del web. La presidente di FdI ha rivelato i racconti di sua madre, di quando era una giovane donna, ferita, spaventata, con una storia d'amore ormai agli sgoccioli. L'intenzione era quella di interrompere la gravidanza, ma alla fine decise di dar vita alla sua creatura e di crescerla negli anni a seguire.
In sostanza la Meloni non sarebbe dovuta nascere perché sua madre - quando rimase incinta di lei - pensò seriamente ad abortire, cambiando però idea per poi portare avanti la gravidanza. Ma per Selvaggia Lucarelli c'è qualcosa che non torna: secondo la giornalista in quel periodo "la legge sull'aborto non esisteva". La Meloni è nata il 15 gennaio 1977; dunque la madre rimase incinta verso aprile dell'anno prima. La giornalista sostiene che "nel 1976 l'interruzione volontaria di gravidanza era una pratica illegale". La legge 194 sull'aborto, grazie a cui oggi l'interruzione di gravidanza in Italia è consentita entro i primi tre mesi, "è del 22 maggio 1978". Così la scrittrice ipotizza, tra gli altri scenari, che la Meloni possa aver mentito "infiocchettando un racconto e dunque questo è un romanzo e non una biografia".
Carmen Russo e Enzo Paolo Turchi denunciati dai loro domestici: "Sfruttati e pagati 2 euro l'ora, in nero"
Carmen Russo e Enzo Paolo Turchi hanno a carico due cause di lavoro e una denuncia penale per violenza privata. È quanto emerge dal Fatto Quotidiano, che ha dato conto della storia di sfruttamento del lavoro irregolare, che sarebbe documentata da video e messaggi vocali con la coppia vip. Il tutto si sarebbe svolto a Formello, nella grande villa di proprietà di Turchi e Russo. Fino a qualche mese fa a occuparsi di quella tenuta erano due italiani, che erano stati ingaggiati per pulire la casa e curare il giardino.
“Un rapporto di lavoro che in otto mesi, nonostante le promesse, non è mai stato regolarizzato”, è la denuncia della coppia. La quale svolgeva il proprio lavoro sette giorni su sette, festivi compresi: per documentare il lavoro svolto dai due, l’avvocato Gabriele Colasanti si è rivolto ad un ufficiale dei carabinieri in congedo, consulente investigativo e analista digitale forense che dai loro cellulari ha estratto messaggi, foto e video. Dalla ricostruzione emerge che la retribuzione prevedeva l’ospitalità in due stanze e un salario di 700 euro a testa, poi diventati 500.
Stando al calcolo del consulente del lavoro, i due hanno guadagnato 4.625 euro per sette mesi e messo di lavoro, ovvero 17,65 euro per ognuno dei 262 giorni lavorati: poco più di due euro all’ora, meno della metà di quanto previsto dai contratti di categoria. Il tutto in contanti, senza busta paga: in pratica a nero. Sul Fatto si legge anche che Turchi ha staccato il telefono, mentre Russo ha risposto ma ha dichiarato di non saperne nulla.
DOPO “SOLO” UNA SETTIMANA, ‘CORRIERE’ E ‘REPUBBLICA’ SI ACCORGONO CHE WEINSTEIN ERA L’IDOLO DEI DEMOCRATICI, CHE LA FIGLIA DI OBAMA HA LAVORATO PER LUI QUEST’ESTATE E CHE 36 STAR DEL PARTITO SONO STATE COPERTE DI SOLDI DAL PORCELLONE - DA QUANDO I DEM NON
DOPO “SOLO” UNA SETTIMANA, ‘CORRIERE’ E ‘REPUBBLICA’ SI ACCORGONO CHE WEINSTEIN ERA L’IDOLO DEI DEMOCRATICI, CHE LA FIGLIA DI OBAMA HA LAVORATO PER LUI QUEST’ESTATE E CHE 36 STAR DEL PARTITO SONO STATE COPERTE DI SOLDI DAL PORCELLONE - DA QUANDO I DEM NON OCCUPANO PIÙ CASA BIANCA E DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA, WEINSTEIN HA PERSO LE COPERTURE POLITICHE. E SI SONO ‘STAPPATE’ INCHIESTE PRONTE DA 10 ANNI
1. IL CASO WEINSTEIN SCUOTE I DEMOCRATICI - IL PRODUTTORE HA FINANZIATO 36 STAR DEL PARTITO, HILLARY RESTITUISCE I SOLDI. SI INDAGA A LONDRA E NEW YORK
Rula Jebreal, Guido Crosetto la smaschera con una foto: "Offesa da Diego Bianchi? Meglio Harvey Weinstein"
Rula Jebreal non si è presentata a Propaganda live di Diego Bianchi su La7 per questioni di principio, perché sarebbe stata l'unica donna ospite tra sette uomini. E da femminista oltranzista quale è, insomma, sarebbe stato qualcosa di inaccettabile. Peccato che non sia sempre stato così per la giornalista. Guido Crosetto infatti ha pubblicato sul suo profilo Twitter una foto di Rula con Harvey Weinstein, il produttore di Hollywood arrestato per molestie sessuali, e ha commentato ironico: "In effetti Makkox e Zoro sono molto meno inclusivi e molto meno rispettosi nei confronti delle donne rispetto al buon vecchio Harvey".
Una brutta storia per la Jebreal. Ieri sera 14 maggio Diego Bianchi ha aperto la puntata dando una vera e propria lezione alla giornalista: "Rula Jebreal non conosce Propaganda Live: "Avevamo deciso di raccontare quello che sta succedendo tra Israele e Palestina con un’ospite, la giornalista Rula Jebreal. Non la conosco, ci siamo parlati ieri sera ed eravamo molto contenti di avere la sua competenza in trasmissione. Il venerdì mattina utilizziamo i social per comunicare quali sono gli ospiti della puntata. Noi inseriamo un po’ tutti quanti", dice Diego Bianchi. L'"errore" sarebbe stato inserire l’ospite, in questo caso Rula Jebreal, insieme ad un elenco e a parti del cast che si compone con dinamiche casuali. Morale della favola, Rula Jebreal ha visto questo post stamattina e si è trovata unica donna tra 7 uomini. Per coerenza ha scelto di non venire, Rula Jebreal non conosce la nostra trasmissione altrimenti saprebbe che questo programma, tra tante difficoltà e tanti errori, ha vinto il Diversity Award", afferma ancora.
La trappola infernale contro Hamas
L’annuncio dell’operazione via terra da parte delle Israel Defense Forces non è stato un errore. All’inizio il portavoce delle forze dello Stato di Israele ha parlato di un’incomprensione scusandosi con i media internazionali. Ma a poche ore dalla smentita, l’ipotesi che prende sempre più forza è che non si sia trattato di un “misunderstanding”, ma di una precisa tattica di guerra.
La storia è andata più o meno così. Poco dopo la mezzanotte, i media internazionali hanno affermato quasi simultaneamente che le truppe dell’esercito israeliano avevano fatto il loro ingresso nella Striscia di Gaza. In effetti, il giorno prima, il comando meridionale delle Idf aveva presentato i piani di attacco per un’operazione di terra e – anche se l’annuncio appariva più come un avvertimento che come una reale possibilità di attacco – molti parlavano della possibilità di un’incursione su larga scala quantomeno delle forze speciali.
Dopo qualche ora, i siti internazionali e i telegiornali hanno cambiato la notizia. Non c’era più l’annuncio dell’invasione di terra ma di bombardamenti con l’utilizzo di carri armati all’interno del territorio israeliano. Un dietrofront importante perché, naturalmente, cambiava completamente la descrizione di quanto stava avvenendo ai confini tra Israele e la Striscia di Gaza. Ma è sembrato abbastanza difficile credere che i reporter, i giornalisti che avevano contatto con le forze armate e i commentatori più attenti avessero preso un abbaglio inventando una presunta invasione da parte dello Stato ebraico.
Viva i comunisti (e i radical chic) col Rolex. E abbasso l’ignoranza (e i populisti) senza Rolex
Viviamo in un mondo in cui dare dell'intellettuale a qualcuno è diventato un insulto, in cui chi sa le cose è diventato un comunista col rolex, Ma la vera ipocrisia sta nel fatto che anche gli idoli del “popolo” sono radical chic. Eppure l'unica soluzione è affidarsi a chi ha le competenze
È tutta colpa di Fedez e J- Ax. Soprattutto di Fedez.
Questo è il primo assunto. Il primo dogma. Prendiamolo e mettiamolo lì, da una parte.
Ricominciamo.
Avete rotto il cazzo. Sì, avete rotto il cazzo con questa faccenda che se uno vi fa tanto tanto notare che state dicendo idiozie, e che le state dicendo in una modo esteticamente orripilante, beh, allora è un radical chic, un comunista col Rolex.
Non ho il Rolex. Non ho neanche l’orologio, figuriamoci.
Di più, avessi i soldi da buttare non sarebbe certo in un Rolex che li investirei. Mi comprerei, piuttosto, una chitarra Noah, da 17mila euro. Numerata. Fatta apposta per me. E fanculo il Rolex. Ma non ho neanche niente contro chi ha il Rolex. E a differenza vostra so bene cosa significa Radical Chic. Ho letto Tom Wolfe. L’ho anche conosciuto. L’ho studiato. E l’ho fatto perché ambivo a essere un intellettuale. Un intellettuale riconosciuto come intellettuale. Erano altri tempi, è vero, i ministri non irridevano chi studiava e ambiva a fare cultura dicendo che “pane e Dante non si mangia”. I sottosegretari ai Beni Culturali non si vantavano di non essere mai andati a teatro o di non leggere un libro da tre anni. Essere ignoranti non era nulla di cui andar fieri. Non lo è mai stato. Non dovrebbe esserlo neanche adesso. Perché l’emancipazione passa anche e soprattutto dalla cultura. E la cultura ci offre gli strumenti per decodificare il presente, l’oggi, per confrontarci con esso e uscirne illesi.
La Jebreal a Sanremo parla di violenza sessuale. Ma si dimentica di quella volta con Weinstein…
Sanremo, 5 feb – E’ passato senza infamia e senza lode il monologo sanremese della Jebreal, che ieri ha portato sul palco dell’Ariston il tema della violenza sulle donne. Moscio negli argomenti toccati, come quello, ormai bolso, delle domande rivolte alle vittime di stupro, («Lei aveva la biancheria intima quella sera?», «Si ricorda di aver cercato su internet il nome di un anticoncezionale quella mattina?», «Se le donne non vogliono essere sfruttate devono smetterla di vestirsi da poco di buono»), che da Sotto accusa in poi sa davvero di muffito. Moscio e scontato nel diktat finale agli uomini (“Lasciateci libere di essere ciò che vogliamo essere: madri di dieci figli e madri di nessuno, casalinghe e carrieriste, madonne e puttane, lasciateci fare quello che vogliamo del nostro corpo e ribellatevi insieme a noi, quando qualcuno ci dice cosa dobbiamo farne.”), in cui si ribalta la tesi iniziale: nella società patriarcale le donne non sono mai innocenti, lavoriamo insieme perché non siano mai più colpevoli – leggi: deresponsabilizzazione a 360° –, gli uomini e i bimbi vittime di violenza domestica causati da moglie e madri ringraziano.
Rula Jebreal, spunta una foto con Weinstein. Insulti sessisti sul web: “Se l’è scop***”
Rula Jebreal, spunta una foto con Weinstein. Insulti: “Se l’è scop***”
È bastata una foto (Larry Busacca/Getty Images) del 2011 in cui Rula Jebreal è in compagnia di Harvey Weinstein, Julian Schnabel e Joseph Deiss per far scatenare il web.
In questo momento caldo di polemiche intorno a Rula Jebreal e la sua partecipazione al Festival di Sanremo tutto fa brodo, ed ecco che i sovranisti da tastiera hanno sfoderato il meglio del loro repertorio.
Hillary Clinton è il politico che ha ricevuto più soldi da Weinstein
L'ex produttore cinematografico recentemente incriminato per stupro e crimini sessuali, è sempre stato un generoso donatore del Partito democratico americano. Hillary Clinton il politico preferito dal magnate
L'ex Segretario di Stato americano Hillary Clinton, l'icona femminista che avrebbe dovuto sconfiggere Donald Trump e diventare così la prima presidente donna degli Stati Uniti d'America, ha ricevuto più soldi durante la sua carriera dall'ex produttore cinematografico Harvey Weinstein rispetto a qualsiasi altro politico sulla piazza. Lo rivela il New York Post. I dati della Federal Election Commission dimostrano che Weinstein ha raccolto ben 1,4 milioni di dollari per Hillary Clinton nella sua corsa presidenziale del 2016 e altri 73.380 dollari per la sua elezione al Senato degli Stati Uniti del 1999. Nei giorni scorsi, l'ex first lady si era difesa dalle domande circa la sua lunga amicizia con il fondatore di Miramax recentemente incriminato per due reati su cinque: crimine sessuale e stupro di terzo grado (assolto invece dall'accusa peggiore: quella di "predatore sessuale", alla base del #MeToo).
Migranti, Giovannini: «Mai porti chiusi». Meloni: «Occupati dei bus, lì corre il Covid»
I migranti sbarcano, Lampedusa si affolla, l’Europa nicchia, il governo sta a guardare. Peggio: attraverso il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini diffonde sul tema sbarchi le stesse note degli esecutivi del passato. «Bisogna salvare le persone e metterle in sicurezza dal punto di vista sanitario. Non ci sarà spazio per dinieghi agli sbarchi», ha infatti detto in un’intervista alla Stampa di Torino, ripresa dal Giornale. Sulla prima parte nessuno sostiene il contrario. Sui dinieghi c’è di che discutere. Il problema è che occorrerebbe più energia con la Ue. Esattamente quel che al ministro ha ricordato Giorgia Meloni invitandolo ad occuparsi dei trasporti.
Così Giovannini alla Stampa
«Che non sono quelli di immigrati dalla Libia all’Italia, ma quelli dei pendolari stipati ogni giorno in centinaia», ha puntualizzato la leader di FdI dagli studi di Dritto e rovescio, in onda stasera su Rete 4. A suo giudizio, bus e treni stipati sono i migliori alleati del contagio. È così, ha accusato, che «corre il Covid da un anno e mezzo senza che nessuno faccia niente». «Credo – ha aggiunto – che questa dovrebbe essere la priorità di Giovannini». Quanto agli ultimi sbarchi, la Meloni non ha mancato di bollare come «irragionevole» la situazione di disparità in danno dei cittadini costretti dai divieti a stare in casa.
The Bay of Silence, in anteprima su Sky CINEMA 1
The Bay of Silence (La Baia del Silenzio) diretto da Paula Van Der Oest è un thriller ambientato in Italia, Francia e Inghilterra con un cast eccezionale, Claes Bang, Olga Kurylenko ed il vincitore del Golden Globe Brian Cox, è andato in onda in prima serata il 14 Maggio alle 21.15 su Sky Cinema UNO ed è in programmazione per oggi alle 14.15.
Il film narra la storia di una coppia che dopo il ritrovamento del figlio ucciso in un villaggio di pescatori vive sconvolta questa realtà, Will (il padre) crede nell’innocenza di sua moglie (Rosalinda), ma in seguito scopre una verità inquietante, nel passato di Rosalinda c’è un legame sospetto con un altro crimine rimasto irrisolto.
Prosegue con successo la programmazione di film di Enrico Pinocci che di recente ha distribuito “King Lear” con Anthony Hopkins prima della vincita di un’altro Oscar dell’attore.
Inoltre sono andati in onda dal 19 aprile “The Love Punch” con il nominato a due Golden Globe Pierce Brosnan e la due volte premio Oscar Emma Thompson su Sky Uno, “The Bounce Back” e “Forever” su Tv8 e “Salt and Fire” diretto dal nominato al premio Oscar Werner Herzog e con il due volte nominato al premio Oscar Michael Shannon su Rai Movie.
Mps e quel mare di sponsorizzazioni. Così la politica foraggiava il consenso
“Guardate, questo è tutto monte, tutto monte!”. Il tassista guida veloce per portare una ragazza, poco più che ventenne, dalla stazione all’albergo in centro dove ha prenotato una stanza. Siamo a Siena nei primi anni Ottanta. La giovane ha vinto un concorso e ottenuto un posto in banca. Non è mai stata nella città del Palio e, quel tassista, le fa da Cicerone. Lei si guarda intorno ma vede solo palazzi. Poi capisce: non ci sono colline o montagne da ammirare, è il Monte dei Paschi di Siena quello a cui fa riferimento il tassista. Sghignazza con sua mamma che l’ha accompagnata per non farla sentire troppo sola nel suo primo giorno di lavoro lontana da casa. Il sogno di avere un lavoro in banca, un posto di lavoro sicuro. Inizia la sua avventura, che la porterà a Milano e poi di nuovo nella sua terra, in Toscana.
Mps è una delle banche più importanti d’Italia, con sedi di rappresentanza anche a New York e a Londra. Secoli e secoli di storia, l’orgoglio di una città, e non solo. Poi, all’improvviso, il patatrac. Tutto inizia con un’acquisizione: Mps rileva dalla spagnola Santander il 55% di Banca Antoveneta, sborsando la bellezza di 9 miliardi di euro. Un blitz a sorpresa, nessuno se lo aspettava. Il prezzo finale sarà di quasi dieci miliardi di euro. Quasi raddoppiato in pochi mesi. Per tutti quei soldi l’antica banca senese si indebitò fino al collo, con un aumento di capitale sottoscritto dal principale azionista, la Fondazione Mps, governata dalla politica. Per decenni il controllo della Fondazione, e quindi della banca, ha voluto dire che Mps è stata una cassaforte per Siena e la sua provincia. Nel 2009 c’è un altro caso altrettanto grosso: i dirigenti di Mps decidono di negoziare con la banca giapponese Nomura, operando su due operazioni in derivati. Si vuole speculare sui titoli sperando di ottenere un utile, in futuro, che serva alla Fondazione. La banca è in difficoltà, ricorre agli aiuti di Stato (Tremonti bond) e negli anni a seguire viene declassata più di una volta dalle agenzie di rating. Com’è andata a finire? A guidare sono entrati, una volta per tutte, manager esterni, provenienti dal mondo delle banche. Il controllo è definitivamente passato sotto lo Stato, intervenuto per scongiurare un tracollo che avrebbe potuto trascinarsi dietro una bella fetta dell’economia italiana.
Terrorismo rosso, la Consulta: «Non si può pretendere il diritto alla fuga. Pena da scontare»
Era prevedibile che l’acuto mediaticamente più succulento del presidente della Corte costituzionale Giancarlo Coraggio riguardasse il terrorismo. I recenti arresti in Francia di storici latitanti delle Brigate Rosse hanno risvegliato la memoria e rinfocolato tensioni. Lo stesso Mattarella ne ha fatto oggetto di una lunga conversazione con Repubblica, nel corso della quale ha ribadito la necessità di ricostruire con esattezza quei fatti e accertarne le responsabilità. Al palazzo della Consulta, ad ascoltare la relazione sugli indirizzi della giurisprudenza della Corte costituzionale nel 2020, c’era anche il Presidente. Accanto a lui anche i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico ed Elisabetta Alberti Casellati.
Così il presidente Giancarlo Coraggio
Inevitabile, dunque, che il presidente Coraggio accennasse al terrorismo. Meglio, ai risvolti giuridici legati all’esecuzione della pena per chi si è reso latitante dopo condanne decise dai tribunali italiani. Altrove non ci sarebbe stato il minimo dubbio circa la potestà dello Stato di punire chi ha pesantemente violato le sue leggi. Da noi è diverso. Anche per le larvate ingerenze esercitate in merito dalla Francia, interrotte (almeno si spera) solo ora da Macron. Oltralpe, infatti, i terroristi italiani sono stati coccolati dall’intellighenzia di sinistra e protetti dalla cosiddetta dottrina Mitterrand.
Luigi Pirandello - Biografia e opere
Con Henrik Ibsen e August Strindberg, Luigi Pirandello ha rivoluzionato il dramma moderno in tutti i suoi aspetti, dalla messa in scena alla forma dello spettacolo. Il suo contributo specifico al teatro moderno è stato il fatto che Pirandello ha imposto alla forma d'arte del teatro, i principi della "decomposizione analitica", quelli che il suo collega Ibsen cercava di applicare alla psicologia umana, constatando la presenza di "più persone" in un'unica persona.
Le opere di Pirandello, che sono state criticate all'inizio per essere troppo "cerebrali", sono state poi riconosciute per la loro sensibilità e compassione di fondo. I temi principali delle opere sono la necessità e la vanità dell'illusione, e le molteplici apparizioni, tutte irreali, di quella che si presume essere la verità. L'essere umano non è ciò che crede di essere, ma è "uno, nessuno e centomila". Le opere di Pirandello riflettono il verismo di Capuana e Verga nel narrare di persone di modeste condizioni, ma dalle cui vicissitudini vengono tratte conclusioni di significato umano generale.
Migranti, l’Eurispes stronca la Bellanova: sulla regolarizzazione la sua sanatoria ha inciso poco e male
Migranti, anche l’Eurispes stronca la Bellanova: sulla regolarizzazione la sua sanatoria ha inciso poco e male. A detta del report in oggetto, infatti, per gli stranieri che sbarcano nel Belpaese il business dell’accoglienza e i caporali continuano a farli rimanere nella loro condizione di soggetti sottopagati. Sfruttati. E spesso ridotti in una condizione di schiavitù. Una fotografia della situazione occupazionale dei migranti in Italia, decisamente a tinte fosche, quella che l’ultimo Rapporto Eurispes scatta e consegna. E che, nel capitolo dedicato a “Immigrazione e lavoro“, tra le altre cose sottolinea: «I migranti continuano ad essere inseriti in una sorta di inclusione subordinata di lungo periodo. Come pure ad essere impiegati in attività manuali, in cui il complesso di diritti vigenti, a partire dall’equa retribuzione, è spesso anch’esso subordinato a logiche di profitto e abuso». Aggiungendo in calce: «Subordinazione e sfruttamento che possono giungere anche a casi di riduzione in schiavitù».
Migranti, anche l’Eurispes boccia severamente la sanatoria della Bellanova
Una condizione che l’istituto di ricerca non esita a definire di «segregazione occupazionale e sociale». E sulla quale la regolarizzazione prevista dal precedente Governo con la sanatoria Bellanova, «ha inciso poco e male». Infatti, a fronte delle oltre 207.000 domande presentate dai datori di lavoro (l’85 per cento riguarda il lavoro domestico e il 15 per cento l’agricoltura), sono stati rilasciati solamente 1.480 permessi di soggiorno, lo 0,71 per cento del totale. Non solo. Proseguendo a sfogliare il report nel dettaglio, anche l’Adnkronos evidenza e riferisce che: «In Italia nel 2019 gli immigrati occupati hanno superato i 2 milioni e mezzo. Su una popolazione in età lavorativa di oltre 4 milioni», scrive l’Eurispes.
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