La brigatista Mara Cagol, compagna di Renato Curcio e uccisa in un conflitto a fuoco con i carabinieri nel 1975, può stare accanto a Pertini e Berlinguer nel pantheon della sinistra? La domanda è lecita dopo che il gruppo Repubblica-L’Espresso, pubblicizzando una iniziativa editoriale sui 100 anni del Pci, nella manchette accosta le tre figure: “La travagliata fine del Pci attraverso le figure di Cagol, Berlinguer, Craxi, Bobbio e Pertini”. A scrivere di Mara Cagol è Benedetta Tobagi, figlia di una vittima del terrorismo rosso.
L’accusa di Rossana Rossanda nel 1978
Finalmente senza più imbarazzi Repubblica ammette ciò che a destra e in tutto il paese sapevamo da tempo: le Br fanno parte a pieno titolo della storia della sinistra italiana. Lo scrisse Rossana Rossanda nel 1978 sul Manifesto, suscitando un vespaio: “Chiunque sia stato comunista negli anni Cinquanta riconosce di colpo il nuovo linguaggio delle Br. Sembra di sfogliare l’album di famiglia: ci sono tutti gli ingredienti che ci vennero propinati nei corsi Stalin e Zdanov di felice memoria. Il mondo, imparavamo allora, è diviso in due. Da una parte sta l’imperialismo, dall’altra il socialismo”.
Giorgia Meloni "scrofa"? Si dimette il direttore della radio da cui il prof la insultava: "Devo metabolizzare gli insulti"
C'è il primo addio dopo gli insulti a Giorgia Meloni. Raffaele Palumbo, direttore editoriale di Controradio, si è dimesso. Nella trasmissione da lui condotta, Bene bene Male male, il professore Giovanni Gozzini aveva definito la leader di Fratelli d'Italia una "scrofa", "rana dalla bocca larga" e "pescaiola". Non è dunque bastata la sospensione del docente dall'università di Siena, anche Palumbo ha voluto fare la sua parte. "Lo faccio per riflettere su quanto accaduto, per metabolizzare gli insulti, le minacce e le offese ricevute, talvolta inferiori per lesività a certe analisi di persone che non sanno di cosa parlano. Ma soprattutto, sopra ogni altra cosa, per difendere l'onorabilità e la credibilità di una radio che ha 45 anni di storia e una storia che parla, e che racconta una vicenda completamente e sempre diversa da quanto accaduto in quei 27 minuti di trasmissione", ha giustificato il suo gesto lasciando l'amaro in bocca all'emittente.
Il cda di Controradio - ha replicato - "prende atto con rammarico di tale decisione e, nell'accettare le sue dimissioni, desidera ringraziare Raffaele Palumbo per il lavoro fin qui svolto, auspicando la possibilità di una prossima, nuova e proficua collaborazione" e la redazione "nel prendere atto della decisione di Raffaele Palumbo, e nel comprendere le sue sincere e sofferte motivazioni", sottolinea "l'onestà intellettuale e umana che ha sempre contraddistinto il suo modo di operare".
A far battaglia affinché si prendessero provvedimenti Leonardo Batistini, consigliere della Lega e presidente della Commissione di garanzia e controllo, insieme al responsabile di FdI Claudio Gemelli. I due avevano annunciato la convocazione di "una commissione di garanzia e controllo per valutare i rapporti di consulenza che il Comune ha con Raffaele Palumbo". Non solo, Gemelli aveva chiesto "che il Comune valuti se mantenere i rapporti col conduttore di quella trasmissione. Quanto avvenuto è davvero molto grave; certi episodi vanno stigmatizzati sempre, non solo se le vittime sono affini alla sinistra".
Vaccino, la rinuncia di un 91enne commuove l'Italia: "La dose prima a questa signora". A chi la offre (senza riuscirci?)
Un uomo di 91 anni a Massa ha offerto la propria dose di vaccino anti-Covid a una madre con un figlio disabile, che si chiama Mattia. Una donna che deve proteggere se stessa per proteggere suo figlio. «Vaccinate prima lei - ha detto il 91enne - È una mamma con un bambino disabile, lei davvero non può ammalarsi, e non può permettersi di portare il virus in casa. Io ho 91 anni...». La donna ha infatti spiegato che nonostante il figlio, 22 anni e affetto da una grave disabilità, sia stato chiamato dal centro Anffass che frequenta a Massa per essere sottoposto a vaccinazione, hanno deciso di rifiutarla perché «la vaccinazione potrebbe essere pericolosa» per il giovane. L'anziano ha appuntamento dal medico curante di famiglia per la vaccinazione giovedì e vorrebbe lasciare il suo posto rinviando a un altro momento il suo turno per vaccinarsi.
Così l'anziano ha appuntamento dal medico curante di famiglia per la vaccinazione il prossimo giovedì e vorrebbe lasciare il suo posto rinviando a un altro momento il suo turno per vaccinarsi. Resta però ancora da comprendere se il gesto di generosità possa superare i protocolli, insomma, non è chiaro se sarà approvato dalla autorità sanitaria.
Nel dettaglio, la donna ha spiegato che nonostante il figlio, 22 anni e affetto da una grave disabilità, sia stato chiamato dal centro Anffass che frequenta a Massa per essere sottoposto a vaccinazione, hanno deciso di "declinare l'invito" perché "la vaccinazione potrebbe essere pericolosa" considerate le condizioni del ragazzo. Da qui la proposta di vaccinare loro, i genitori, per proteggere il figlio disabile, cosa che dovrebbe essere diritto di tutte le famiglie che hanno a che fare con la disabilità in casa. "In uno scenario come questo il vaccino per noi genitori che lo assistiamo potrebbe essere una soluzione alle nostre paure e come noi anche altre famiglie vivono la nostra stessa ansia. Mattia vive in una bolla al riparo da ogni possibile contagio", ha spiegato la madre di Mattia in un toccante appello.
I 10 errori più clamorosi della storia
Quando l'abbaglio può costare carissimo...
JK Rowling (Olyccom)
La bozza di Harry Potter è stata rifiutata da ben 12 case editrici prima che la figlia di 8 anni del presidente di Bloomsbury convincesse il padre che quel maghetto aveva dei numeri. I libri, tradotti in oltre 60 lingue, hanno fatto guadagnare alla Rowling circa un miliardo di dollari.
Immigrazione, la procura di Ragusa indaga sulla Ong Mare Jonio: "Soldi in cambio del trasbordo di migranti"
Soldi in cambio del trasbordo. È questa l'accusa ipotizzata alla Mare Jonio, la nave operante per conto della ong Mediterranea saving humans. I fatti risalgono all'12 settembre scorso quando 27 migranti, dalla nave danese Maersk Etienne che li aveva soccorsi 37 giorni prima, sono saliti sulla Mare Jonio. Secondo la Procura di Ragusa il trasbordo sarebbe avvenuto "dopo la conclusione di un accordo di natura commerciale tra le società armatrici delle due navi, in virtù del quale" quella "della Mare Jonio ha percepito un'ingente somma quale corrispettivo". Al momento sono quattro le persone indagate, tra soci, dipendenti o amministratori, di fatto o di diritto, della società proprietaria ed armatrice del rimorchiatore Mare Jonio.
Nell'inchiesta che ipotizza i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di violazione alle norme del codice della navigazione, la Procura ha disposto perquisizioni a Trieste, Venezia, Palermo, Bologna, Lapedona (FM), Mazara Del Vallo (TP), Montedinove (Ap) e Augusta (SR). L'obiettivo è quello di "ricercare ed acquisire ogni elemento documentale e/o su supporto elettronico utile a comprovare i rapporti tra gli indagati e tra essi e la società danese armatrice della Maersk Etienne, nonché di eventuali altre società armatoriali".
Fino ad ora le indagini hanno fatto "emergere che il trasbordo dei migranti effettuato dall’equipaggio della Mere Jonio" sarebbe avvenuto "senza nessun preventivo raccordo con le sutorità maltesi, competenti per l’evento Sar, o con quelle italiane ed apparentemente giustificato da una situazione emergenziale di natura sanitaria, "documentata" da un report medico stilato dal team di soccorritori imbarcatosi illegittimamente a bordo del rimorchiatore". La motonave danese era infatti in attesa di un porto sicuro dopo un evento Sar disposto da Malta. Tutti dettagli che generano sospetti su come siano andate davvero le cose.
Coronavirus, crollano i casi Covid in Gran Bretagna: venti milioni di vaccinati. E nell'Ue scoppia la rivolta
Aumentano le critiche nei Paesi dell'Est Europa all'Ue per i ritardi nella campagna vaccinale. Dopo lo strappo dell'Ungheria, che per prima ha avviato la somministrazione del vaccino russo Sputnik V e di quello cinese Sinopharm, a bypassare Bruxelles questa volta è la Repubblica Ceca. Il presidente Milos Zeman ha inviato una lettera al suo omologo Vladimir Putin per chiedergli di fornire a Praga il siero russo, mentre il primo ministro Andrej Babis ha affermato che il Paese non aspetterà il via libera dal regolatore europeo - l'Agenzia europea per i medicinali (Ema) - per utilizzare lo Sputnik V.
I due Paesi, che fanno parte del gruppo di Visegrad, sono più volte andati allo scontro con Bruxelles, su vari temi, e ora al centro delle discussioni ci sono i ritardi sulle immunizzazioni. Un problema che il blocco dei 27 si è impegnato a colmare accelerando lo sviluppo, la produzione e la distribuzione dei sieri, e invitando però gli Stati membri ad aumentare il coordinameto nella lotta al virus. Ma Repubblica Ceca e Ungheria sono decise a marciare da sole. "Se sono stato informato correttamente, la mia richiesta" a Putin "sarà soddisfatta", ha detto il presidente ceco Zeman, specificando che "ovviamente, ci sarà bisogno di una certificazione (per lo Sputnik V)" ma che questa "non dovrà venire necessariamente dall'Ema". "Per me sarà sufficiente un certificato del regolatore dei farmaci ceco", ha specificato il presidente. La stessa posizione è stata espressa dal premier Babis.
Lo Sputnik V, ma anche il siero Sinopharm sono stati già somministrati alla popolazione ungherese. Lo stesso premier Viktor Orban oggi ha ricevuto il vaccino cinese. "I vaccini riservati dall'Ue semplicemente non stanno arrivando o stanno arrivando più lentamente del previsto. Se non avessimo i vaccini russi e cinesi, saremmo in grossi guai", ha detto il primo ministro durante un'intervista radiofonica.
L'Ue nei giorni scorsi ha assicurato che, se fosse stata presentata richiesta, l'Ema avrebbe valutato lo Sputnik V seguendo la procedura prestabilita ma la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva avvertito che in aggiunta si sarebbero dovute tenere delle ispezioni nei siti di produzione visto che questi erano all'esterno dell'Ue.
Donald Trump, il tycoon si riprende il partito dopo la show a Orlando
"Torneremo, in qualche modo" aveva promesso Donald Trump lasciando la Casa Bianca. A poco più di un mese di distanza il tycoon si riprende la scena e rientra nell'agone politico dopo settimane di silenzio intervallate da sporadiche dichiarazioni. Forte dell'assoluzione al processo di impeachment per l'assalto al Campidoglio del 6 gennaio, l'ex presidente ha parlato alla convention dei conservatori a Orlando, in Florida, nel primo intervento in pubblico dalla fine del suo mandato. E proprio ad Orlando per l'annuale Conferenza dei conservatori americani (Cpac) è andato in scena il mega show.
Il messaggio arriva forte e chiaro: sono tornato e non ho alcuna intenzione di farmi da parte. I vertici del partito repubblicano sono avvertiti. Così come sono avvertiti Joe Biden e i democratici: "Ho vinto io", è il suo mantra, lungi dall'abbandonare la tesi delle elezioni rubate e dal rinnegare le sue parole prima dell'assalto al Congresso del 6 gennaio. Secondo un ultimo sondaggio, il 59% lo vuole ancora leader e il 54% afferma che lo voterebbe comunque se si candidasse nel 2024. Il tradizionale `straw poll` alla fine della kermesse non può che confermare questa tendenza. Abbandonata l'idea di creare un terzo partito (almeno per il momento) Trump si concentra nel cementare i repubblicani attorno alla sua figura, indicando intanto un obiettivo più ravvicinato rispetto alle presidenziali: le elezioni di metà mandato nel 2022, in cui i repubblicani possono riconquistare la maggioranza al Senato azzoppando Biden.
Orban saluta l'Europa, l'Ungheria si vaccina con i cinesi
Viktor Orban, premier ungherese, non vuole perdere tempo con l’Europa e si vaccina direttamente con il Sinopharm contro il Covid-19. L’Ungheria è il primo Stati della Ue ed acquistare e autorizzare l’uso di vaccini cinesi. "I vaccini riservati dall'Ue semplicemente non stanno arrivando o stanno arrivando più lentamente del previsto. Se non avessimo i vaccini russi e cinesi, saremmo in grossi guai", ha detto il primo ministro durante un'intervista radiofonica. E dopo lo strappo dell'Ungheria, che per prima ha avviato la somministrazione del vaccino russo Sputnik V e di quello cinese Sinopharm, a bypassare Bruxelles è anche la Repubblica Ceca. Il presidente Milos Zeman ha inviato una lettera al suo omologo Vladimir Putin per chiedergli di fornire a Praga il siero russo, mentre il primo ministro Andrej Babis ha affermato che il Paese non aspetterà il via libera dal regolatore europeo - l'Agenzia europea per i medicinali (Ema) - per utilizzare lo Sputnik V.
Le regole Ue consentono a uno Stato membro l'autorizzazione per uso di emergenza di un medicinale e quindi anche di un vaccino in circostanze eccezionali come una pandemia. Lo Stato membro però si prende la responsabilità della scelta e decide autonomamente quali dati sono necessari per l'autorizzazione e quali requisiti imporrà per l'uso.
Anche l’Austria accelera per lo Sputnik. Italia ancora ferma al palo
Il Guatemala è diventato il 37esimo Paese ad aver rilasciato l’autorizzazione all’uso di emergenza per lo Sputnik V. Adesso la lista degli Stati che hanno approvato il vaccino russo inizia a farsi consistente, ed è impossibile non prendere atto della diffusione mondiale del siero sviluppato dall’istituto Gamaleya di Mosca. Se in un primo momento persisteva uno scetticismo di fondo sull’efficacia del farmaco, spesso derivante da motivazioni geopolitiche, adesso quelle incertezze stanno lentamente evaporando come neve al sole.
Anche perché Pfizer-BioNTech, Moderna e AstraZeneca, ovvero le Big Pharma benedette dall’Unione europea, hanno annunciato un improvviso taglio nella consegna delle fiale. E poi perché i vaccini realizzati dalle altre case farmaceutiche sono ancora in attesa di ricevere il via libera da Bruxelles. Insomma, i Paesi membri dell’Ue, seguendo lo scellerato piano vaccinale di Ursula von der Leyen, si sono ritrovati a secco di dosi. Perché – iniziano a chiedersi molti governi – non sopperire all’emergenza approvando anche altri vaccini, come quello russo o quelli cinesi?
Lo scatto di Vienna
Finché era San Marino a battere i pugni sul tavolo per chiedere lo Sputnik, quasi nessuno, ai piani alti di Bruxelles, prestava attenzione alla richiesta della piccola Repubblica incastonata nel cuore dell’Italia. Ora che altri Paesi, più influenti, iniziano a muoversi per ottenere il vaccino russo, la partita potrebbe presto cambiare. Sebastian Kurz, cancelliere austriaco, ha intrattenuto una conversazione telefonica con il presidente russo, Vladimir Putin, discutendo delle forniture e della produzione congiunta dello Sputnik V.
La notizia è stata riportata dall’ufficio stampa del Cremlino, il quale ha specificato che la conversazione si è svolta su iniziativa austriaca. Tradotto: è l’Austria che ha chiesto alla Russia informazioni sul vaccino. Un segnale evidente, questo, del fatto che in giro per l’Europa ci sono diversi Stati pronti ad autorizzare il siero russo, o quanto meno ad aprire le porte al suo utilizzo. L’iniziativa di Vienna potrebbe cambiare le carte in tavola, mettere pressione sull’Agenzia europea del farmaco (EMA), e spingere altri Stati a interessarsi dello Sputnik. A quel punto, Bruxelles non potrà restare inerme.
Vienna e Mosca hanno quindi allacciato i primi contatti ufficiali per valutare l’uso del siero russo nel territorio austriaco, anche attraverso una produzione congiunta. “Molti Paesi europei sono interessati e, come sapete, stiamo discutendo con la Germania l’opportunità di produrre il vaccino localmente”, aveva dichiarato l’amministratore delegato del Russian Direct Investment Fund (RDIF), Kirill Dmitriev, in un incontro con la stampa. Tra i Paesi interessati troviamo Germania, con Berlino interessato a produrre il vaccino localmente, Spagna, che ha tuttavia vincolato l’uso dello Sputnik all’approvazione dell’Ema, Slovacchia, Repubblica Ceca e Croazia.
Sprechi e consulenze d'oro, i conti pazzi del Teatro di Roma
Non c’è due senza tre. E così il Collegio dei Revisori dell’Associazione Teatro di Roma è tornato a bocciare, per la terza volta di seguito, appunto, il Bilancio preventivo del 2021. E non solo, ribadendo nella missiva inviata ai soci, ovvero Roma Capitale, Regione Lazio, Ministero dei Beni Culturali, che le osservazioni rilevate dagli esperti contabili nelle precedenti occasioni non sono state prese in considerazione.
Del Teatro di Roma, che gestisce il Teatro Argentina, il Teatro India, il Teatro Torlonia e il Teatro Valle, si era già occupato questo giornale poco più di un mese fa con una denuncia su appalti «sospetti» e perquisizioni da parte dei carabinieri, e un question time del deputato FdI e componente della Commissione Cultura alla Camera dei Deputati, Federico Mollicone. Adesso la relazione del Collegio dei revisori e soprattutto l’informativa ai soci, nella quale i contabili hanno riscontrato, tra l’altro, «macroscopiche anomalie di saldi contabili doppi». Tra le evidenze, i ricavi da sponsorizzazione da «Bonus Art». In proposito «il Collegio ha segnalato al Consiglio - si legge nella relazione - che nella nota del 24 novembre, la società incaricata di supportare l’Associazione nella redazione del previsionale, riporta che per il 2021 questa voce sarà pari a zero. Nella nota esplicativa al Budget 2021 è invece riportato che la voce "ricavi da sponsorizzazione" accoglie un importo di circa 70mila euro per l’Art Bonus 2021. Tale stima - spiegano i Revisori - è stata effettuata tenendo conto dell’Art Bonus previsto da Acea nel 2021 per 50mila euro e che, in vista di una campagna di promozione dell’Art Bonus, si possano ottenere almeno ulteriori 20mila euro». Una previsione che tuttavia era stata già ridimensionata, causa pandemia, con un piano «progressivo» al quale si garantiscono al momento 10mila euro. E balza agli occhi, sempre in tempo di emergenza Covid e con l’attività ferma praticamente da un anno, la voce «consulenze e collaborazioni». Nella stesura di gennaio «pesava» sul bilancio dell’Associazione per ben 560.430 euro, per poi scendere - dopo un forte richiamo dei revisori - a 468.928. Un «ribasso» guarda caso "riassorbito" nella voce «costo del personale» aumentata, spiccio più spiccio meno, della stessa cifra.
Il vaccino russo Sputnik arriva a San Marino
Si apre la campagna vaccinale a San Marino, secondo stato in Europa ad utilizzare il vaccino russo Sputnik che, nel mentre, prende accordi per la produzione in Spagna.
È al nastro di partenza la campagna vaccinale della Repubblica di San Marino, secondo paese in Europa, dopo l’Ungheria, a utilizzare lo Sputnik V sviluppato in Russia che a differenza dei vaccini a mRNA di Pfizer-BioNTech e Moderna sfrutta la tecnologia a vettore virale come quelli di AstraZeneca e Johnson & Johnson.
La notizia dell’arrivo del vaccino russo ha destato particolare attenzione nell’opinione pubblica europea e molte regioni italiane hanno guardato con interesse alla scelta sammarinese che diventa un test e un campione territoriale di riferimento. Tutto nasce dal mancato arrivo della dotazione Pfizer garantita dall’accordo di mutua collaborazione sottoscritto l’11 gennaio con l’Italia per fronteggiare l’emergenza Covid. I vaccini non sono arrivati e il Governo sanmarinese ha scelto di richiederli alla Russia.
Covid, tasso di positività al 5.8%, ma ci sono più morti. Bassetti: “Sul vaccino sì al metodo inglese”
Si registra una flessione del numero dei contagi e del tasso di positività, aumentano però i morti. È quanto emerge dai dati odierni sull’andamento del coronavirus in Italia. Nelle ultime 24 ore i nuovi casi di Covid sono stati 18.916, a fronte dei 20.499 di ieri. Un calo che si riscontra a numero di tamponi pressoché invariato: 323.047 tra molecolari e antigenici contro i 325.404 di ieri. Intanto, si fanno sempre più insistenti gli appelli nella comunità scientifica a cambiare protocolli per la somministrazione del vaccino. La richiesta è di adottare il metodo inglese: la prima dose a quante più persone possibile, posticipando la seconda. Guardiamo ai «meravigliosi dati della Scozia», è stato l’invito di Matteo Bassetti.
Cala il tasso di positività, ma aumentano i morti
Il tasso di positività passa così dal 6,3% di ieri al 5,8% di oggi. Sale, invece, il numero di morti che passa dai 253 di ieri agli attuali 280. Dall’inizio della pandemia il totale delle vittime arriva così a 97.507, avvicinandosi drammaticamente alle 100mila.
Stellantis, Tavares: “Fabbriche italiane costano il doppio”
Il CEO di Stellantis ha avvertito che i costi di produzione presso i siti italiani sono il doppio di quelli presso gli impianti di Francia e Spagna
Carlos Tavares inizia a mettere i primi punti sulle “i” nella sua gestione di Stellantis, il gruppo nato dalla fusione di FCA e PSA: il CEO del nuovo colosso dell’auto ha infatti sottolineato come le fabbriche italiane abbiano costi troppo elevati rispetto a quelli che si registrano negli altri stabilimenti, in particolare sarebbero il doppio di quelli presso i siti di Francia e Spagna. L’analisi di Tavares sarebbe emersa proprio nel corso della sua visita in Italia lo scorso martedì, quando il CEO di Stellantis ha visitato Torino e le fabbriche di Mirafiori e Grugliasco dove vengono prodotte nuova Fiat 500 e le Maserati Levante, Quattroporte e Ghibli.
Nel corso dell’incontro avuto con i rappresentanti sindacali, il manager portoghese avrebbe infatti sottolineato come i costi presso le fabbriche italiane fossero troppo elevati rispetto a quelli registrati in altri paesi in cui opera Stellantis. L’amministratore delegato vorrebbe subito agire per ridurre questi costi aggiuntivi, che secondo una fonte sindacale non sarebbero legati alla forza lavoro. Secondo quanto trapelato dall’incontro tra i rappresentati dei lavoratori e Tavares, il manager portoghese avrebbe mantenuto il confronto su un piano molto generale, senza entrare nel dettaglio delle scelte future ma rassicurando comunque i sindacati su come le problematiche non fossero strettamente legate alla forza lavoro.
Vaccino anti Covid, lo Sputnik V è già approvato in 38 Paesi
Il siero russo è utilizzato, tra gli altri, in Turchia. L'Ungheria è l'unico Paese europeo che ha già autorizzato la somministrazione, su iniziativa di Orban. Anche l'Austria è interessata a un possibile acquisto del prodotto e ad un'eventuale produzione congiunta. Ma ancora Mosca non manda i dati sugli studi clinici all’Agenzia Europea del farmaco, che così non può dare il via libera
Miki Mantakas vive e lotta nei nostri cuori.
Io mi ricordo della tragica morte di Miki Mantakas, giovane studente greco di cui oggi ricorre l’anniversario della morte, che aderì, appena giunto in Italia per studiare, al FUAN.
Il giovane camerata era a Roma, e partecipò ad una manifestazione, in cui scoppiarono forti scontri, durante il processo agli accusati per il rogo di Primavalle. Alla televisione raccontarono che al culmine di una mattinata di tensione, intorno alle 13, la teppaglia comunista decise di raggiungere la sede del MSI di via Ottaviano. All’interno dei locali vi erano una decina di giovani militanti missini, che sentirono distintamente i numerosi colpi di pistola esplosi contro la sezione.
Miki Mantakas uscì dalla porta sul retro, e si diresse verso l’ingresso principale, ma appena svoltò l’angolo, fu colpito mortalmente da un proiettile sparato da Alvaro Lojacono, un comunista già noto alle forze dell’ordine. Io mi ricordo che furono tempi duri per noi militanti di destra. Tempi, in cui, la caccia al fascista era l’attività preferita specie nelle scuole e nelle università.
In particolare lo furono per me che da pochi mesi frequentavo il Liceo Vincenzo Cuoco di Napoli e da subito mi ero unito ai camerati del nucleo di istituto. Una lotta continua con la mia mamma che, spaventata da quanto accaduto, voleva che io smettessi di fare politica. Anche la mattina successiva all’assassinio di Mantakas tentammo di distribuire un volantino tra gli studenti per denunciare l’accaduto ma fummo quasi subito aggrediti da quelli di Lotta Continua. Paradosso dei paradossi, per il governo e la magistratura, il problema eravamo noi con la nostra determinazione a voler rappresentare la nostra idea e a difendere i nostri valori, non chi vigliaccamente ci aggrediva per impedirci di parlare.
L’effetto-Draghi è già un ricordo. Piero Angela: «Un uomo solo non basta a cambiare un Paese»
L‘effetto-Draghi è solo un ricordo. La formula del “governo dei migliori” già trascolora in quella dei “migliorabili” mentre più d’uno comincia a chiedersi se davvero sia sufficiente un premier a fare la differenza. È una schiera di italiani sempre più folta. E che ora si arricchisce anche della presenza di un big della cultura come Piero Angela. «Guardo a Draghi con grandi speranze, ma non credo che basti un uomo a cambiare un intero Paese», ha infatti risposto il principe dei divulgatori all’Huffington Post. Che è un po’ come dire che la squadra di ministri e sottosegretari non è all’altezza di chi la dirige.
Piero Angela: «Guardo al premier con speranza, ma…»
Le parole di Piero Angela sono emblematiche. Perché rendono autorevolmente l’idea della velocità con cui il giudizio che separa Draghi dai suoi collaboratori vada diffondendosi. Se ne trova significativa conferma anche nell’odierno sondaggio del Corriere della Sera. Ne emerge infatti che il governo sia tutt’altro che in deficit di fiducia. Ma precisa anche che il gradimento è quasi interamente legato alla figura del premier. È come se gli italiani scindessero l’aspettativa che hanno riposto nell’ex-presidente dalla Bce dalla rassegnazione nel vederlo a capo di una squadra meno discontinua di quanto auspicassero.