C’è un tema che sovrasta su tutti, e che porremmo volentieri al presidente Mario Draghi se fosse disponibile a parlare con i giornalisti: quanto ritiene ancora compatibile Domenico Arcuri con l’incarico di commissario all’emergenza? Il governo non ha il dovere di verificarne i fallimenti? Se la campagna vaccinale è un flop chi paga?
Il manager che non riesce ad adempiere al proprio mandato va licenziato oppure no? Il premier non dovrebbe essere insensibile - per cultura e storia personale - al tema dell’efficienza. Ma in questo caso Draghi appare eccessivamente prudente. E fa male. Perché significa chiudere gli occhi di fronte alla realtà. Già ci si siamo dovuti tenere al ministero della sanità Roberto Speranza. E ci sta che non si possa scontentare chi, in alto, ne chiedeva la conferma. La politica è anche questo. Il rischio che corre Draghi nell’accettare quel ministro potrebbe però verificarsi in caso di esplosione incontrollata dell’inchiesta di Bergamo sulla pandemia e le carenze d’azione dell’Italia. Per amor di Patria ci auguriamo di no anche se quelle decine di migliaia di morti della prima ondata - centomila ormai con la seconda - reclamano giustizia. Ora, a protezione di Arcuri, si racconta la favola dei vaccini sui quali ha sbagliato l’Europa. Il che, per un governo che rivendica ad ogni ora del giorno e della notte il proprio tasso di europeismo, non è esattamente il massimo. Ma non è neppure vero che abbia sbagliato solo l’Europa. Perché l’Italia, se ne è parte, ha accettato quelle regole. E ad esse si è adeguato lo stesso Arcuri con un piano vaccinale catastrofico.
Abbiamo accettato tutto, a scatola chiusa. Millantava Arcuri il 5 gennaio al Corriere della Sera a tutta pagina: «A noi tocca il 13,46%» di dosi. Ed esaltava il meccanismo: «Tutti i paesi si sono impegnati a non procedere ad acquisti diretti. È stata ed è una bella pagina dell’Europa». Uno così andava ricoverato subito. Poi informava pure: «È stato attivato l’articolato piano logistico e organizzativo che abbiamo predisposto». Primula morente. Eloquente il titolo del giornale milanese quel giorno: «Non siamo in ritardo. Ecco come funzionerà il piano per le iniezioni». Non ha funzionato, semplicemente. Un mese dopo, il 5 febbraio, ci informa l’agenzia Ansa, col consueto rullo di tamburi: «Il piano vaccinale messo a punto con le regioni e le province "funziona a pieno ritmo"». Arrivano le prime dosi del vaccino di AstraZeneca, mai profezia fu più funesta. Tanto per capirci. Dai dossier sul tema Arcuri, Draghi potrà scoprire che per AstraZeneca si è usata appena una dose su 10. E che in generale sui vaccini, si è registrato un caos incredibile tra le Regioni.
Insulti alla Meloni, il Pd solidale a chiacchiere: ecco come la rossa Toscana tutela chi semina odio
Insulti alla Meloni, il Pd solidarizza solo a chiacchiere: ecco come la rossa Toscana tutela chi semina odio. Van Straten resta al suo posto. Come se nulla fosse… Nella indegna vicenda dei beceri insulti alla Meloni, il Pd perde l’occasione di mostrarsi leale e realmente solidale: nei gesti. Il Partito Democratico, infatti, dopo giorni passanti a profondersi in parole e dichiarazioni dalla parte di Giorgia Meloni. E contro le inaccettabili offese scagliate al suo indirizzo da Giovanni Gozzini – aiutato e punzecchiato nell’indegna impresa anche dallo scrittore Giorgio Van Straten – alla prova dei fatti si muove all’opposto. Tanto che, proprio quando si tratta di dare una dimostrazione concreta di vicinanza e severa bocciatura dell’accaduto, dopo aver tirato il sasso, i dem nascondono la mano. E così, non passa la proposta di rimozione immediata dello scrittore dalla presidenza della Fondazione Alinari per la Fotografia. Chiesta da Fdi e appoggiata da Lega. Forza Italia. E M5s. La mozione all’ordine del giorno è stata bocciata dal Consiglio regionale della Toscana. Così all’insulto si aggiunge l’offesa di una presa di distanza mancata.
Insulti alla Meloni, il Consiglio regionale toscano boccia la rimozione di Van Straten dalla Alinari
Una sanzione che, date le parole spese nei giorni scorsi dalla sinistra a sostegno della leader di Fratelli d’Italia, quanto meno per buon senso e buon gusto. Per coerenza e lealtà politica, avrebbe dovuto andare in porto. E invece, l’occasione di dimostrarsi avversari onesti e non di parte, è persa dal Pd. Miseramente. Non passa la proposta di rimozione immediata dello scrittore Giorgio Van Straten dalla presidenza della Fondazione Alinari per la Fotografia, perché coinvolto nel caso delle pesanti ingiurie rivolte a Giorgia Meloni durante la trasmissione su Controradio con il professore Giovanni Gozzini, ordinario di storia contemporanea dell’Università di Siena.
Vaccini, Bertolaso parte con un nuovo piano: “Dobbiamo correre. Sputnik va approvato presto”
La Lombardia, che oggi è circa al 70% delle somministrazioni rispetto alle dosi ricevute, aumenterà la percentuale di iniezioni, riducendo le scorte che si devono tenere per la seconda dose. E’ l’idea di Guido Bertolaso, ai vertici del comitato guida per la campagna vaccinale della Regione. Scorte ridotte per le seconde inoculazioni- spiega- così da favorire la vaccinazione del maggior numero di cittadini della Lombardia.
“Non possiamo vaccinare tutti, perché non abbiamo i vaccini a sufficienza. Ma questo non è un alibi, molti in Italia lo fanno ma noi non ci rifugiamo dietro a questa situazione, stiamo andando ventre a terra, riducendo le scorte che dovremmo tenere per sicurezza, secondo le indicazioni”, afferma in conferenza stampa, come riferisce l’Adnkronos. “Abbatteremo – continua – la percentuale di scorte disponibili, perché pensiamo che si debba intervenire immediatamente. Bisogna fare e correre di più”.
Vaccini, Bertolaso mette il turbo
Bertolaso mette il turbo. Saranno circa 24mila in tutto le dosi di vaccini che saranno somministrate agli over 60 da domani in pochi giorni nei Comuni al confine tra Bergamo e Brescia scelti per questa prima fase del nuovo piano vaccinale in Lombardia. “In quei centri – ha detto – ci saranno diciotto linee vaccinali in provincia di Bergamo e altrettante in provincia di Brescia. Arriveremo a una media di 2.000 e 2.500 cittadini vaccinati ogni giorno sia in provincia di Brescia che a Bergamo”.
Luciana Lamorgese, poltrone e tappeti: spesa di mezzo milione di euro per il suo ufficio al Viminale
Mancavano i leggii in plexiglass e le vaschette di pelle da mettere sulle scrivanie. Gli armadi degli archivi erano così polverosi che tra quei corridoi spenti del Viminale si poteva girare un film noir oppure una di quelle commedie un po' fantasy tipo Una notte al museo con Ben Stiller e Robin Williams nei panni di Theodore Roosevelt e la mummia del faraone che prende vita. La sfortuna ha voluto poi che nel palazzo sede del Ministero dell'Interno ci sia stata una perdita d'acqua e così divani e tappeti sono andati a bagno: tutto da cambiare. Morale: 470mila euro di lavori liquidati nell'anno 2020, Iva compresa. Sono le spese del Gabinetto della ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese, tutte documentate e presenti anche sul sito del dicastero, alla voce Amministrazione trasparente, ma a scovarle una per una, con tanto di delibera, è stato Andrea Koveos, il segugio di LabParlamento, che ha fatto due conti al restyling ministeriale e ha scoperto che anche nel 2021, anno in corso, parecchi soldini sono stati buttati nel Gabinetto del ministro. Intanto perché l'allagamento è recente (8 febbraio), due giorni dopo è partito l'ordine per il servizio di smontaggio, lavaggio e ripristino in fase di rimontaggio della parte elettrica del lampadario presso la stanza del capo Dipartimento al secondo piano del Palazzo del Viminale; per non parlare del servizio di ritiro, lavaggio e riconsegna di tre tappeti, un salotto e cinque poltroncine, sempre al secondo piano del ministero. Mentre per il materiale di ferramenta sono stati previsti 4.500 euro. Cifre perfino irrisorie per una città come Roma dove non ti regalano niente. Ma infatti, allagamento a parte, è più caro il bilancio degli arredi su misura, sempre liquidati nel 2020, per un totale di 39.280 euro. Solo quelli su misura, perché gli arredi semplici sono costati appena 11mila euro e in totale con il mobilio si superano i 110mila euro in un anno.
Yogurt a pranzo
Artista ebreo e di sinistra. E difende la Meloni che si commuove
Moni Ovadia, artista ebreo e di sinistra, riconosce il valore della leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni. Che si commuove e commenta anche su Facebook. ''Io come visione del mondo sono dalla parte opposta rispetto a Fdi - ha detto Ovadia - ma non posso non riconoscere che Giorgia Meloni è un leader di altissimo livello, che sa argomentare e che ha una sua visione, anche se puoi non condividerla. Penso la stessa cosa anche di Nicola Fratoianni. Detesto la faziosità e riconosco i valori anche di chi non sta dalla mia parte''. L'attore prosegue poi parlando anche di Draghi "Con tutto il rispetto per Draghi e la sua competenza - prosegue Ovadia - a me questo Governo non piace neanche un po'. Io detesto tutte le forme di conformismo, Draghi è arrivato perché c'era una paura fottuta ad amministrare il Recovery Fund. La politica è morta ormai, gli unici gesti politici sono stati quelli di Fratoianni e della Meloni''.
E la Meloni non poteva restare insensibile a queste parole. "Ringrazio Moni Ovadia per le belle parole nei miei confronti e per l'onestà intellettuale che lo contraddistingue - ha detto la leader di Fratelli d'Italia - Voler riconoscere il valore di chi non la pensa come noi è una qualità che appartiene a pochi".
Poi Ovadia spara a zero anche sul Pd: "I partiti ormai sono diventati imprenditori di loro stessi - prosegue - Il Pd è un partito di centrodestra perché un partito che ha dato la segreteria a Renzi può essere di sinistra? Il compito che si è dato Renzi è stato quello di distruggere la sinistra. Se un partito che in parte viene dal partito comunista ha messo "un Renzi" vuol dire che quel partito con la sinistra non ha più niente a che vedere!".
Guai a ricordare alla Lucarelli che minimizzava sul virus cinese. Lei s’infuria e dice: FdI mi odia…
Selvaggia Lucarelli prende d’aceto. Non le è piaciuto un articolo scritto poche ore fa sul Secolo d’Italia in cui non si faceva altro che riavvolgere il nastro a un anno fa, quando scoppiava il Covid in Italia. Vi si descriveva l’atmosfera “svagata” di quei giorni in cui c’era chi ne minimizzava la portata; e con spavalderia proponeva di abbracciare un cinese; chi come il sindaco di Milano Sala proponeva aperitivi e chi si recava a Milano a tenergli compagnia, come Nicola Zingaretti. L’articolo registrava anche che c’era chi come Selvaggia Lucarelli bacchettava -ospite di ‘Piazza Pulita’ da Corrado Formigli- chi diffondeva “irrazionalità” : come evitare i ristoranti cinesi, ad esempio. Dunque, portò in studio un bell’involtino primavera per rendere plasticamente la sua avversione ai tanti – tra cui molti governatori di regioni che ci avevano visto lungo – che chiedevano di stare accorti . “Di cosa abbiamo paura? Dell’involtino primavera radioattivo?”.
Il veleno di Selvaggia Lucarelli
Ma la descrizione della realtà e la tragedia pandemica che dopo ci ha schiantato non sono sufficienti a farle riconoscere che aveva avuto torto e che aveva ragione chi invitava alla cautela. E non occorre essere di destra o di centrodestra o di sinistra per rendersi conto che a lungo si è data la caccia al razzista e non al virus. Basta essere semplicemente obiettivi. Ma l’obiettività non porta “like”, non soddisfa la fame di narcisismo come la cattiveria gratuita. E così Selvaggia Lucarelli ha ripreso l’articolo del Secolo sul suo profilo twitter e ci ha “ricamato” un commento acido e offensivo: “Ecco qui come Fratelli d’Italia FA LEVA SULL’ODIO tutti i giorni avvelenando i pozzi. Gli involtini furono un invito a non discriminare i ristoranti cinesi PRIMA del paziente 1 di Codogno, quando sui evitavano solo quelli mentre si andava tranquillamente a cena fuori altrove”, scrive la giornalista del Fatto Quotidiano. Secondo lei descrivere gli eventi così come si sono delineati e come le cronache del tempo hanno registrate è sinonimo di odio. Ora, parlare di “odio” e di avvelenatori di pozzi” in riferimento allo scritto è quanto mai fantomatico, per non dire altro.
Annunciano la morte del marito. Mara Venier si sfoga così
«Mio marito è vivo e sta benissimo (solo mal di denti!!!). Ma che cazz..scrivete! Vergognatevi!». Un sito web ha diffuso la fake news della morte del marito di Mara Venier, Nicola Carraro.
Durissima la reazione della conduttrice, che nelle sue stories di Instagram commenta seccamente l’episodio e pubblica i numerosi messaggi di solidarietà ricevuti, che prendono le distanze e criticano aspramente la "bufala".
Su Instagram, infatti, sono giunti i messaggi di solidarietà a "zia" Mara da parte di tanti personaggi dello spettacolo come Laura Pausini, Elisabetta Gregoraci, Max Giusti e Elena Santarelli.
Putin usa il vaccino Sputnik come arma politica in Europa. E dà fastidio al colosso Pfizer
Fonti sempre più autorevoli affermano che il vaccino Sputnik è ottimo. Lo ha sottoscritto il prestigioso istituto Spallanzani, lo ha ribadito il virologo Massimo Clementi. Eppure Ursula von der Leyen ancora cerca di mettere i bastoni tra le ruote al vaccino prodotto dallo zar Putin con l’obiettivo di ritardarne l’arrivo in Europa.
Sputnik annunciato lo scorso agosto
Già dall’annuncio dello Sputnik V, lo scorso agosto, si era capito che l’Europa guardava con freddezza all’arma anti covid che viene dalla Russia preferendo optare per i vaccini anglosvedese (Astrazeneca) e americano (Pfizer).
Il giudizio della rivista Lancet
Poi però è arrivata la prestigiosa rivista Lancet che ha certificato che l’efficacia del vaccino Sputnik è del 91,6%. Impossibile ignorare la circostanza. La repubblica di San Marino ha così rotto gli indugi e sta trattando per avere il siero russo. Seguendo l’esempio dell’Ungheria che, stanca dei ritardi dell’Ue, ha deciso di approvarne la vendita sul suo territorio. Ancora, il presidente di Intesa Russia, Antonio Fallico, ha sottolineato che «le aziende italiane hanno la capacità, e in alcuni casi sarebbero già pronte, a produrlo ma serve capire qual è l’agenda del governo italiano che non appena avrà completato la sua compagine al livello dei sottosegretari potrà esprimersi al riguardo».
“Famiglia Cristiana” solidarizza con la Meloni: “Cara Giorgia, avanti con coraggio”
Arrivano da “Famiglia cristiana” parole importanti per esprimere solidarietà piena alla presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, in merito agli insulti del professor Gozzini. E’ Suor Anna Monia Alfieri a scrivere direttamente una lettera aperta alla leader di FdI. E’ irrituale che la rivista dei Paolini entri nel vivo di polemiche politiche così aspre. Stavolta evidentemente si sono toccati estremi che non potevano rimanere inesplorati. “Cara onorevole Meloni“, inizia suor Anna Monia una lettera piena di dolcezza e di sapienza al tempo stesso. “Ha ricevuto solidarietà da tutto il mondo politico, istituzionale, dai cittadini. Da tutti noi che desideriamo che l’ultima parola sia data alla ragione, al garbo, alla gentilezza, all’eleganza”.
Il discorso entra nel terreno pedagogico. La suora che è un’educatrice avverte la responsabilità delle parole, il loro peso nel rapporto con i ragazzi. E’ la differenza che passa tra un educatore e un cattivo maestro. ” Lei è una persona che vive il suo impegno politico e istituzionale con grinta, determinazione. Le sue idee possono essere condivisibili o non (come quelle di tutti in realtà),. D‘altronde ciascuno di noi ha il suo pensiero e nel gioco della democrazia c’è lo spazio e il luogo per i confronti anche densi ma sempre nel rispetto delle persone”.
Foibe, «Stop contributi ai negazionisti»: in Veneto passa la mozione di FdI. Batosta per l’Anpi
Stop ai contributi alle associazioni «che si macchiano di riduzionismo e di negazionismo nei confronti del dramma delle Foibe». È quanto prevede la mozione approvata dal consiglio regionale veneto, primo firmatario il capogruppo di FdI Raffaele Speranzon. La mozione, che esorta la giunta del Veneto a dare un segnale concreto ai negazionisti delle foibe, ha ricevuto il voto contrario della sinistra.
Dal Veneto una batosta ai negazionisti delle foibe
Speranzon ha parlato di «enorme soddisfazione» per il sì al testo che chiede la sospensione dei contributi ai negazionisti delle foibe. E ha stigmatizzato come «vergognoso» il voto contrario dell’opposizione. «È la dimostrazione che in consiglio regionale siede un’opposizione che ancora oggi – ha sottolineato l’esponente di FdI – non sa fare i conti con la propria storia». Speranzon quindi ha ricordato la pratica diffusa a sinistra di omettere «di riconoscere le gravissime responsabilità dei comunisti, anche italiani, che dopo aver simpatizzato per i loro compagni jugoslavi infoibatori, hanno prima discriminato i profughi giuliano dalmati e poi per decenni insabbiato il dramma vissuto da nostri connazionali».
Mascherine, fuga di notizie. Porro: Benotti sapeva da mesi dell’inchiesta per questo non ha più visto Arcuri…
Indagare sulle rivelazioni di Mario Benotti, indagato insieme ad altre 7 persone nell’inchiesta della procura di Roma sulle maxi commesse delle mascherine comprate dalla Cina. Lo chiede Nicola Porro, ascoltato sulla questione da AdnKronos.
Mascherine, cosa ha rivelato Benotti a Quarta Repubblica con Porro
“Non voglio entrare nel merito dei messaggi, dei rapporti con Arcuri, ma ieri Benotti a ‘Quarta Repubblica’ ha detto una cosa che se è vera, e qualcuno dovrà indagare, è gravissima, e cioè che lo hanno avvertito dal 7 maggio che si stava indagando nei suoi confronti. Nel passato, per fughe di notizie molto meno gravi, abbiamo visto indagini, titoli e aperture di giornali”.
Mascherine, dal 7 maggio interrotti i rapporti tra Benotti e Arcuri
Nel corso della puntata, infatti, Benotti, presidente del Consorzio Optel, ha affermato di aver interrotto i rapporti con il commissario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, dal 7 maggio, perché “il Commissario mi incontrò in una via di Roma (…) sotto il mio ufficio, e mi dice che c’era una difficoltà, che a Palazzo Chigi lo avevano informato che c’era un’indagine su tutta questa situazione (…), che c’era un approfondimento in corso, un’indagine in corso, adesso non ricordo con precisione le parole perché non ho documenti di questa cosa…chiaramente a Palazzo Chigi lo avevano informato sull’indagine”.
Tre gialli sull’agguato: il rapimento, lo scontro a fuoco e la mancata scorta. Wfp sotto accusa
Un possibile “riscatto“, uno “scontro a fuoco” tra ranger ed esercito da una parte ed un commando dall’altra e il ruolo del Wfp, il World Food Program, nella mancanza della scorta e nell’organizzazione del convoglio.
Col passare delle ore iniziano a emergere nuovi dettagli sulla dinamica che ha portato all’assassinio dell’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo, Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci (nella foto la casa della famiglia) e dell’autista congolese, che secondo fonti locali si chiamerebbe Mustapha Milambo.
Ma, soprattutto, sembra intravedersi l’irritazione della Farnesina verso il World Food Program, l’Agenzia delle Nazioni Unite che aveva organizzato la visita invitando l’ambasciatore, trascinato in un’avventura tragica, senza scorta, in una zona pericolosissima del Paese.
E se nell’immediatezza sembrava che fosse stato il governo locale ad autorizzare la missione del convoglio senza scorta, ora piovono le smentite.
Villa Borghese, la foto del degrado fa il giro del mondo. La Raggi oltre il ridicolo: «Colpa di Veltroni»
Il degrado di Villa Borghese è sotto gli occhi dei romani da tempo. C’è voluto un giornalista internazionale per far saltare alla ribalta mondiale l’ennesima brutta pagina di questa città. Il giornalista Crispian Balmer, corrispondente in Italia dell’agenzia di stampa britannica Reuters e già inviato a Gerusalemme, Parigi, Madrid, domenica 21 febbraio ha postato su Twitter una foto dell’ingresso a un parcheggio sotterraneo di Villa Borghese.
Villa Borghese, la denuncia del giornalista Reuters
Scale mobili abbandonati all’incuria e ormai ridotte a una selva da Indiana Jones. Queste scale non sono più utilizzate da anni: tanto tempo fa erano state previste per collegare la superficie cittadina con l’area del parcheggio per le auto, sotto al Galoppatoio. Sotto il post di Balmer, si è accesa la polemica.
Ma la cosa più imbarazzante è che per i fan della Raggi, quelle scale mobili non sono l’ennesima prova della sua incapacità. La giunta grillina ha risposto con una nota. “La manutenzione delle scale mobili di Villa Borghese vicino il Galoppatoio è di competenza di Saba Italia, gestore del parcheggio sotto Villa Borghese. Scale mobili per l’accesso al parcheggio in disuso da 30 anni. L’area è stata delimitata per sicurezza”. Questa la nota di Roma Capitale. Tanto per lavarsi le mani.
E tra i grillini c’è chi rimpalla ulteriormente la questione. “Il Comune nn è responsabile del funzionamento di quelle scale. Quel parcheggio sotterraneo a cui esse portano è in gestione ad un privato grazie ad una concessione di 50 anni firmata da Veltroni sindaco Pd. Attualmente c’è un contenzioso in corso. Grazie Veltroni, grazie Pd!”. E poco importa se con quel Pd ormai si è alleati stabilimente a livello nazionale. E, probabilmente, anche a livello locale.
Congo, il governo di Kinshasa: «Attanasio e Iacovacci uccisi da un commando di sei persone»
Un commando di sei persone, armati di fucili «tipo Ak47 e un machete». È questo “l’identikit” del gruppo di fuoco autore dell’attentato in Congo costato la vita all’ambasciatore Luca Attanasio, al carabiniere Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milamb. È quanto sostiene il governo di Kinshasa in una nota – citata da Cas-Info – della commissione di crisi indirizzata al ministro dell’Interno congolese. La nota ricostruisce anche la dinamica dell’attacco. I sei avrebbero «proceduto con colpi di avvertimento prima di costringere gli occupanti dei veicoli a scendere e seguirli fino in fondo al Parco, dopo aver sparato a uno dei conducenti per creare panico». A quel punto avrebbero «sparato a bruciapelo alla guardia del corpo, morta sul posto, e all’ambasciatore ferendolo all’addome».
Scaricabarile tra Congo e ribelli del Ruanda
L’attacco, precisa la nota, sarebbe cominciato alle 10,15. A quell’ora il convoglio sarebbe caduto «in un’imboscata a circa 15 km da Goma e 3 km prima del Comune rurale di Kibumba. Più precisamente a Kanyamahoro sulla Rn2 nel territorio del Nyiragongo». Continua, nel frattempo, il rimpallo delle responsabilità. Kinshasa indica nei ribelli Hutu del FdlR (Forze democratiche liberazione della Ruanda) i responsabili dell’agguato. Ma questi negano e in un comunicato chiedono alle autorità congolesi e all’Onu di fare tutto il possibile per accertare «le responsabilità di questo ignobile assassinio».
Grillo candida la Raggi. Mossa obbligata contro altre spaccature
"Aridaje Virginia". Slogan sbagliato, piano chiaro: al secondo turno appoggiare il Pd
Curare, lenire, andare avanti. I 5 Stelle non hanno superato indenni la conversione al governo Draghi ma tutto sommato è accaduto quel che voleva Grillo: sono ancora al governo.
E Dibba, Lezzi, Morra non paiono disponibili a guidare una scissione. Sarà più che altro un nuovo sgretolamento: alla fine pare che solo alla Camera nascerà un gruppo autonomo degli espulsi 5s. «Domani ci riuniamo, dovrebbe chiamarsi L'alternativa c'è», annuncia Andrea Colletti.
Ieri il Garante ha risposto al minaccioso appello che Virginia Raggi aveva lanciato nel pieno della crisi che ha dilaniato i 5 stelle. La sindaca aveva minacciato di invocare un voto di Rousseau se il Movimento non le avesse dato piena investitura come candidata alle comunali. Passata la buriana della fiducia al governo Draghi, Grillo ha risposto a modo suo sui social: una foto che lo ritrae sorridente con la sindaca, una frase che non lascia dubbi («Roma ha ancora bisogno di te! Chi sta con Virginia sta con il Movimento») e pazienza per lo slogan involontariamente comico. «Aridaje» in romano non è il rafforzativo dell'incoraggiante «daje», suona piuttosto come la perplessità di fronte a un evento indesiderato che si ripete una volta di troppo.
Una sciagura chiamata Romano: dall'Iri all'euro, la cronistoria di 30 anni di guai dell'uomo che fu due volte premier
Prodi è ricordato per il folle cambio della lira e per le super tasse. Una volta fu anche ministro
Nel suo discorso al consiglio nazionale della Dc, il senatore Fanfani ha citato l'Aida (“Se il mio sogno si avverasse”) e ha auspicato l'arrivo di un esercito di prodi. Un cronista distratto ha completato il concetto: “Un esercito di Prodi e di Andreatta”». Correva l'anno 1981, e a teorizzare che l'impegno politico di Romano Prodi non si sarebbe rivelato un toccasana per il Paese era un certo Giulio Andreotti. Che, avendo avuto il professore reggiano come ministro dell'Industria tre anni prima, forse un minimo di cognizione di causa ce l'aveva. Il guaio è che nessuno gli diede retta. Un anno dopo, Spadolini nominerà Prodi alla presidenza dell'Iri, dove rimarrà per dodici anni, gestendo tra l'altro (con risultati non esattamente spettacolari) il maxi-pacchetto di privatizzazioni dei primi anni '90. Dimessosi dall'Iri a metà del '94, il Professore è pronto per la discesa in campo («Adesso ho mente e animo liberi. Un impegno in politica diventa un dovere, vista la situazione»). A inizio '95 l'Ulivo è realtà, ed un anno dopo Prodi vince le elezioni. I danni iniziano da subito. Perché col Professore i comunisti tornano al governo. Non tanto nella stanza dei bottoni (assai affollata di ex freschi di trasformazione in Pds: i comunisti veri incassano solo un sottosegretario agli Esteri in quota Movimento comunista unitario) quanto nelle immediate vicinanze: a tenere su il primo gabinetto del Professore, infatti, concorrono l'appoggio esterno ma decisivo dei venti deputati eletti da Rifondazione comunista. I quali, dopo averlo tenuto a bagnomaria per un paio d'anni, gli staccheranno la spina il 9 ottobre del '98. Nel frattempo, però, il governo Prodi troverà il tempo di negoziare con l'Europa un concambio lira/euro oltre lo svantaggioso (offrendo il fianco, quando si dicono i corsi e i ricorsi, a quanti non gli perdoneranno l'acquiescenza ai voleri del «direttorio franco-tedesco»):
Destra da "civilizzare"? Bettini replica a Storace ma continua a sbagliare
Goffredo Bettini replica all'articolo di Francesco Storace pubblicato oggi domenica 21 febbraio sul nostro sito "Adesso Bettini vuole 'civilizzare' la destra". Di seguito l'intervento di Bettini e la controreplica del vicedirettore de Il Tempo.
Sono di solito attento alle polemiche promosse da Francesco Storace, uomo intelligente e dalla grande passione politica. Dispiace, tuttavia, che egli abbia inteso il termine "civilizzazione" riferito alla destra populista (da me utilizzato nella intervista alla Stampa di oggi) come un'offesa di carattere personale o persino di una mia presunzione nel dare patenti di inciviltà. Ci mancherebbe. Il termine in questione è di tipo sociologico e politologico. E si riferisce a quei popoli che non riescono ad essere al passo con i tempi e rifiutano l'innovazione in senso lato. Così è stato inteso da insigni studiosi e ricercatori. Voleva significare, quindi, un possibile superamento da parte del complesso della destra di una resistenza, per esempio, all'Europa e a quelle concezioni di chiusura, fondate sulla paura, sul pregiudizio, sulla diffidenza verso lo straniero. Tutti qui. Pareri opinabili, i miei, ma nulla di offensivo e tutto riferito a un normale dibattito pubblico.
Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci, una morte terribile. Senza auto blindata, portati nella foresta dai ribelli. "L'Onu ce li ha sulla coscienza"
Passato lo sgomento iniziale per la morte di Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci, sono molte le domande scottanti sulla triste vicenda dei due italiani uccisi brutalmente mentre stavano viaggiando su un convoglio dell'Onu in Congo, diretti a un evento del "Programma alimentare mondiale". Dagospia è il primo a porsele, non nascondendo un velo di polemica: "Qualcuno al palazzo di vetro di New York dovrà rispondere della loro morte. Come mai le Nazioni Unite non hanno fornito un'auto blindata, o garantito una scorta al diplomatico italiano?".
La strada era stata precedentemente controllata e dichiarata sicura per essere percorsa anche senza scorte di sicurezza, ha fatto sapere il Programma alimentare mondiale in una nota ufficiale. Resta il fatto che era nota quella zona per la presenza di diversi gruppi armati che spesso prendono di mira i ranger del parco: fonti sostengono che la milizia responsabile appartenga ai ribelli ruandesi, che superano il confine per rubare, uccidere e rapire. L'ambasciatore Attanasio pare sia stato raggiunto da colpi di arma da fuoco, mentre il carabiniere Iacovacci sarebbe stato preso dai ribelli, che dopo un chilometro e mezzo circa lo avrebbero ucciso, lasciando il corpo nella foresta.
"E' questo il modo di proteggere il personale diplomatico in una zona che da 15 anni è epicentro dell'instabilità del Congo?", si chiede ancora Dagospia. Il quale tra l'altro fa notare che questo potrebbe essere il terzo "contenzioso" con l'Onu nel giro di un anno e mezzo: ancora si attendono notizie su Mario Paciolla - trovato morto il 15 luglio 202 in Colombia - e su Francesco Zambon - il ricercatore che ha ricevuto pressioni dall'Oms per il rapporto critico sulla gestione italiana del Covid. "Speriamo di non dover aspettare altri mesi per sapere la verità sul decesso dei due cittadini italiani in Congo, morti mentre dovevano essere tutelati proprio dalle Nazioni Unite", è la chiosa di Dagospia.
Varianti, Arcuri, lockdown... Il "cambio di passo" di Salvini, cosa chiede a Draghi
Poco prima del Cdm convocato da Mario Draghi per la proroga del divieto di spostamento tra regioni, Matteo Salvini torna a delineare le priorità della Lega nella gestione della pandemia. "Occorre un cambio di passo, meno comunicazione da parte di virologi e consulenti, occorre una voce unica nel Cts e per quanto riguarda Arcuri lascio giudicare da chi ci ascolta quali siano i risultati sulle mascherine, sui banchi a rotelle, sui vaccini", ha detto il leader della Lega a 24Mattino su Radio 24. "Draghi ha ben chiara la situazione e penso sarà lui a segnare il cambio di passo".
Sul completamento della squadra di governo con la nomina dei vice ministri e dei sottosegretari, la Lega "è tranquillissima, noi abbiamo già individuato una serie di tematiche di cui vorremmo occuparci. Ma, come per i ministri, attendiamo che sia il presidente Draghi a decidere. Noi non abbiamo chiesto nulla", ha aggiunto Salvini che ha spiegato che la Lega è interessata "all’Interno, o all’Agricoltura o all’Ambiente", come settori nei quali punterà la propria attenzione, nella determinazione degli incarichi di sottogoverno, «perché la transizione ecologica - ha specificato Salvini - sarà un aspetto fondamentale dell’azione del governo".
Ma ora cosa va fatto? Il bivio è il solito: chiudere o aprire. "C’è un’enorme voglia di ritorno alla vita. Se ieri, tantissimi sindaci, anche di colore politico diverso, hanno chiesto la riapertura sera dei ristoranti, non lo chiedono perché sono matti, ma perché ci sono le condizioni per tornare a una vita quanto più normale possibile", ha detto Salvini nella puntata di oggi lunedì 22 febbraio di Mattino 24.
"Il virus di oggi, anche con le sue varianti, non è quello dello scorso anno. Quindi è chiaro che occorre essere sempre più precisi al livello territoriale. Misure prese a livello nazionale, lockdown nazionale o zona arancione su tutto il territorio, non hanno senso. Se ci sono realtà comunali o provinciali più colpite di altre, si deve intervenire, senza penalizzare l’intera popolazione". "
L'aria che tira, Matteo Bassetti e l'errore imperdonabile sul vaccino in ritardo: "Lo ha dovuto dire Draghi"
Matteo Bassetti è stato ospite di Myrta Merlino nella puntata di lunedì 22 febbraio de L’aria che tira, andata in onda su La7. L’infettivologo del San Martino di Genova ha offerto il suo punto di vista sulla campagna di vaccinazione che procede ancora troppo a rilento in Italia, dove non si arriva a somministrare 500mila dosi a settimana. “Un mese fa eravamo primi in Europa, tolta ovviamente l’Inghilterra”, ha esordito Bassetti che poi ha aggiunto: “Siamo partiti bene ma non stiamo dando seguito, abbiamo sbagliato troppe cose. Lo abbiamo detto dal primo giorno che le primule erano inutili, ci sono voluti due mesi per capirlo, l’ha dovuto dire il presidente Mario Draghi”.
La ricetta di Bassetti è semplice: “Bisogna portare i vaccini ovunque, non nelle primule che sono un’idea che non porta da nessuna parte. Bisogna avere una potenza di fuoco straordinaria, dobbiamo arrivare a fare almeno 350mila vaccinazioni al giorno, è questo il minimo a cui arrivare al primo di aprile. Gli inglesi hanno avuto la variante ma l’hanno combattuta con i vaccini (sono a oltre 17.5 milioni), noi dobbiamo correre perché stiamo ancora passeggiando”.
Infine Bassetti ha voluto fare una precisazione sul modello inglese e sulle polemiche nate sul vaccino di AstraZeneca: “Io lo dico da oltre un mese, è stato sbagliato dire che quel siero andava bene per gente con meno di 55 anni. Non è il paziente che deve scegliere ma il medico, invece in Italia è arrivato il messaggio che AstraZeneca è di serie B rispetto a Pfizer e Moderna. Non è mica la gente che decide quale vaccino fare. Se il sistema sanitario e chi decide fa confusione, come avvenuto nel nostro caso, poi il cittadino non ha più fiducia nelle istituzioni”.
Giorgia Meloni, il professor Gozzini che le ha dato della "scrofa"? All'università insegna "diplomazia politica"
Ci sarebbe da ridere se il fatto non fosse di una gravità enorme. Giovanni Gozzini, il professore che ha insultato pesantemente Giorgia Meloni durante un programma alla radio in cui la ha apostrofata con parole come "scrofa" e "vacca", quest'anno, all'università di Siena, tiene un ciclo di lezioni inserito nel corso di laurea in "diplomazia pubblica culturale", rivela il Giornale, ergo l'insegnamento di un certo rispetto per le idee altrui.
Andiamo bene. Gozzini, in realtà, come abbiamo ben visto tutti, è tutto fuorché un maestro di "diplomazia". Perché il professore ha il vizio di straparlare da molto tempo, e già in passato gli è costato il posto. "La mia testa è a disposizione del rettore", ha detto ieri domenica 21 febbraio, Gozzini, tra il mea culpa e la paura di perdere la sua amata cattedra all'Università. Perché appunto, qualche anno fa, esattamente nel 2008, quando era assessore alla Cultura a Firenze e si parlava del progetto per il nuovo stadio, Gozzini propose che i Della Valle "col progetto facessero un rotolino e se lo ficcassero su per la tromba del cosiddetto". Allora, però, il sindaco Dominici si infuriò e lo cacciò dalla giunta.
Ora staremo a vedere se il rettore dell'Università prendrà dei provvedimenti e se servirà a qualcosa il comunicato in cui il Professore chiede scusa. Anche perché poco prima di offrire la sua testa aveva cercato di minimizzare la sua vergognosa uscita a Controradio: "Chi segue la trasmissione sa che abbiamo questo tono poco formale ma sempre sullo scherzoso e quindi capita di eccedere".
Vittorio Sgarbi, l'annuncio sui social: "Ci siamo: la mia candidatura a sindaco di Roma è ufficiale"
"Ci siamo: la mia candidatura a sindaco di Roma è ufficiale - così Vittorio Sgarbi annuncia di essere in corsa per la guida della Capitale -. Domani la conferenza stampa con i movimenti e le liste che mi sosterranno. Ridaremo a Roma la dignità di Capitale". A sostenere la sua candidatura sarà il suo stesso movimento politico, "Rinascimento". "Prima penseremo a migliorare i servizi essenziali, cosi come chiedono i romani. Poi un grande piano per la cultura che restituisca a Roma la dignità di Capitale, rimettendo al centro dei programmi culturali l’immenso patrimonio artistico e archeologico della città”, ha continuato il critico d'arte.
Come riportato da Il Riformista, poi, Sgarbi si vorrebbe occupare innanzitutto di alcuni problemi di tipo amministrativo, come la riorganizzazione della manutenzione ordinaria: raccolta dei rifiuti, rifacimento del manto stradale, miglioramento del decoro ambientale delle periferie e potenziamento della sicurezza. Il critico d'arte, al momento, è deputato, ma anche sindaco di Sutri, in provincia di Viterbo. Molte, inoltre, le cariche ricoperte in passato: è stato assessore ai beni culturali della Regione Sicilia, sindaco di Salemi, sottosegretario al ministero dei beni e delle attività culturali, eurodeputato, sindaco di San Severino Marche.
A correre per il posto di primo cittadino di Roma è anche l'attuale sindaca, Virginia Raggi. Che ieri ha ricevuto la benedizione ufficiale da parte del garante del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo. In un post pubblicato sui social, infatti, il comico genovese ha scritto: "Roma ha bisogno di te. Chi sta con Virginia sta con il Movimento". L'endorsement alla Raggi da parte di Grillo era arrivato anche l'estate scorsa: il fondatore del Movimento le aveva dedicato una poesia "Roma non ti merita". In corsa, infine, c'è anche il leader di Azione Carlo Calenda.
Matteo Bassetti attacca Domenico Arcuri: "La sua campagna vaccinale è un flop, cambiamolo"
La campagna di vaccinazione di Domenico Arcuri è stata un flop, per questo il super commissario va sostituito. Parola di Matteo Bassetti, che attacca: "La campagna vaccinale con i tendoni e le primule è un fallimento e questo è evidente. Non voglio esprimermi sul commissario per l'emergenza Covid Arcuri ma ci sono figure del mondo medico (virologi, infettivologi, microbiologici o igienisti) che avrebbero dovuto essere ascoltati di più e invece non è avvenuto". Quindi, continua il direttore della Clinica Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, "ora è il momento di cambiare perché è evidente che, per quanto riguarda i vaccini, serve ascoltare di più i tecnici e meno la parte ingegneristica e organizzativa che è importante ma secondaria".
"Nei mesi passati, quando eravamo ancora in tempo", spiega Bassetti all'Adnkronos, "non è mai stata avviata una campagna mediatica seria per spiegare agli italiani l'importanza delle vaccinazioni anti-Covid. Oggi ne vediamo i risultati con molti che nutrono dubbi. Anche l'assunzione di medici e infermieri è naufragata. Con il nuovo Governo Draghi si arriva dove avevamo detto, ovvero ad un certo pragmatismo e quindi si punta ad aprire alla vaccinazione nelle fiere, nei cinema e nei teatri, nelle farmacie e nelle caserme".
Sempre secondo il professore, anche per il Comitato tecnico scientifico "è arrivato il momento di un restyling con una presenza più importante rispetto alla componente oggi presente di virologi, microbiologi e infettivologi".
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