Mario Draghi ha sciolto la riserva. Il premier incaricato è salito alle 19 al Colle presentando a Sergio Mattarella la sua lista dei ministri. Questa vede i seguenti nomi: Vittorio Colao alla Transizione digitale e Innovazione tecnologica, Renato Brunetta Pubblica amministrazione. Mara Carfagna per il Sud, Maria Stella Gelmini agli Affari Generali delle autonomie, Fabiana Dadone per le politiche giovanili, Elena Bonetti alle Pari opportunità, Erika Stefani per le Disabilità, Massimo Garavaglia al Coordinamento delle iniziative del turismo, Roberto Cingolani alla Transizione ecologica, Giancarlo Giorgetti al ministero dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio al ministero degli Esteri, Andrea Orlando al Lavoro, il fedelissimo Daniele Franco al ministero chiave dell'Economia, Luciana Lamorgese rimane agli Interni, Marta Cartabia alla Giustizia, Federico D'Incà ministro per i Rapporti con il parlamento, Maria Cristina Messa all'Università, Dario Franceschi alla Cultura, Lorenzo Guerini alla Difesa, Stefano Patuanelli alle Politiche agricole, Enrico Giovannini alle Infrastrutture, Roberto Speranza alla Salute, Roberto Garofoli sottosegretario alla presidenza del Consiglio e Patrizio Bianchi all'Istruzione.
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Mario Draghi dal Colle, ufficializzati i ministri: ecco i nomi del nuovo governo
Dritto e Rovescio, Giorgia Meloni polverizza Arcuri sulle Primule: "Ho denunciato a Draghi lo scandalo padiglioni"
Il Governo Draghi è in dirittura d’arrivo ma Giorgia Meloni ribadisce: "Io con questa gente al Governo non ci vado". A Dritto e Rovescio la leader di Fratelli d'Italia è in collegamento con il conduttore Paolo Del Debbio nella puntata di giovedì 11 febbraio. "A differenza del Movimento 5 Stelle, noi la parola data non la tradiamo mai" spiega confermando la posizione di FdI di stare all'opposizione nel nuovo esecutivo che sarà guidato dall'ex presidente della Bce.
Che cosa cambierà con il nuovo esecutivo? Ancora non è chiaro anche se chiare sono le idee della leader di Fratelli d'Italia che, sulla questione coronavirus e vaccini, tuona e polverizza la gestione del commissario sui famigerati gazebo per la vaccinazione anti-Covid: "Le cosiddette Primule sono costate 400mila euro - denuncia la Meloni - Lo abbiamo detto anche al premier incaricato Draghi - avverte - Se vuole rompere lo schema precedente deve mettere fine anche a questo: si potevano usare le tensostrutture degli italiani e non buttare i soldi degli italiani".
Donald Trump, lo scoop del New York Times: "A un passo dalla morte, cosa ci hanno nascosto"
“Donald Trump ha rischiato di morire”: la notizia – riportata in esclusiva dal New York Times – si riferisce al periodo in cui l’ex presidente degli Stati Uniti si è ammalato di Covid. La gravità della sua infezione è “stata tenuta nascosta” dal suo staff e dalla sua famiglia: il tycoon aveva livelli di ossigeno nel sangue “estremamente bassi e un problema polmonare associato alla polmonite causata dal coronavirus”. Le rivelazioni choc arrivano da quattro persone vicine a Trump, che però hanno preferito restare anonime.
Le condizioni dell’ex capo della Casa Bianca sarebbero state preoccupanti ancor prima del ricovero al Walter Reed National Military Medical Center lo scorso ottobre. I funzionari credevano addirittura che sarebbe stato necessario attaccare Trump a un ventilatore. Stando alle fonti, erano stati scoperti degli “infiltrati polmonari, che si verificano quando i polmoni sono infiammati e contengono sostanze come fluidi o batteri”. A creare preoccupazione, inoltre, sarebbe stato soprattutto il livello di ossigeno nel sangue, sceso fino al valore 80. Una soglia allarmante se si pensa che la malattia è considerata grave quando il livello di ossigeno scende al di sotto di 90.
All’epoca della presidenza, invece, le informazioni sulla salute di Donald Trump erano state molto più vaghe e comunque più rassicuranti. Persone vicine a lui hanno raccontato anche che il tycoon non voleva essere portato in ospedale: ha ceduto solo quando i suoi assistenti gli hanno detto che rischiava di “morire da solo”.
"Hai condiviso un post di Salvini". E le negano la tessera del Pd
Un apprezzamento a un post di Matteo Salvini sarebbe contrario ai valori del Partito Democratcico. Con questa motivazione la richiesta di tesseramento al PD di una pensionata di Tor Bella Monaca, è stata sottoposta al vaglio di un comitato di sezione
‘Inquisizione’ per gli aspiranti tesserati al Partito Democratico che hanno osato condividere sul proprio profilo Facebook qualcosa relativo a Matteo Salvini.
È il singolare episodio avvenuto nel circolo del Partito Democratico Tor Bella Monaca/Torre Angela del VI Municipio a Roma, in barba alle libertà costituzionalmente garantite e a ogni forma di democrazia.
Protagonista della vicenda una pensionata la cui famiglia ha sempre militato in quell’area politica. La donna, recatasi nel mese di novembre 2020, nella sede del circolo per avviare la pratica finalizzata al tesseramento, previa prenotazione via mail a causa dei circoli chiusi, si trova a fare i conti con un nuovo regolamento interno, il quale prevede che le richieste dei nuovi tesserati siano vagliate da un comitato di sezione per comprendere se aderiscano o meno ai valori del partito.
La donna a questo punto invita la militante ad informarsi sul suo trascorso politico e su quello della sua famiglia, indirizzandola verso un comitato di Roma in cui hanno da sempre militato, anche se ritiene – come possibile ascoltare dall’audio in possesso de IlGiornale.it – che libertà risieda anche nel poter e voler cambiare idea sulla fede politica.
La Corte: "Dare il cognome del padre è retaggio patriarcale"
La Consulta si esprime su un caso presentanto dal tribunale di Bolzano: il sistema del cognome paterno "non è più compatibile con il principio costituzionale della parità tra uomo e donna"
Dare ai figli il cognome paterno è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia? A quanto pare ne è convinta la Corte costituzionale, che arriva senza mezzi termini a definire tale sistema, utilizzato sino ad ora, come "una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna". Affermazioni pesanti, che non mancheranno di suscitare discussioni.
Ancora una volta si torna a parlare di famiglia e parità, così come era avvenuto in merito alla questione genitore 1 e 2, tema ancora oggi oggetto di accesi dibattiti. Ma andiamo con ordine. Secondo quanto riferito dall'agenzia Agi, il problema sarebbe stato sollevato nel 2019 dal tribunale di Bolzano, il quale aveva deciso di presentare un'istanza in cui veniva chiesto un chiarimento in merito alla costituzionalità della norma del Codice civile che stabilisce, in caso di mancato accordo fra genitori, di dare ai figli il cognome del padre (articolo 262). In caso di accordo, è possibile dare al figlio il cognome della madre, invece di quello del padre? Quando suddetto accordo non è presente, invece, prevale ancora la trasmissione del cognome paterno?
Matteo Bassetti, le parole che scatenano il panico: "Quando ti chiama uno come Mario Draghi..."
Secondo le ultime indiscrezioni domani, venerdì 12 febbraio, Mario Draghi dovrebbe salire al Quirinale da Sergio Mattarella e presentare la sua lista di ministri, insomma la squadra del nuovo governo. E in questi ultimi giorni sono filtrate molte indiscrezioni sulla possibile partecipazione di virologi, magari dirottati al ministero della Salute, anche se l'ipotesi più probabile sembra quella della conferma di Roberto Speranza. Tra i nomi spuntati nel corso di questa settimana, anche quelli dell'immunologa Viola e della Capua.
E a poche ore dalla lista ufficiale dei ministri, ecco le parole di uno dei virologi più noti, seguiti e apprezzati: Massimo Bassetti. Ospite di Un giorno da pecora su Rai Radio 1, il virologo del San Martino di Genova è sembrato in un qualche modo auto-candidarsi. Come vedrebbe Andrea Crisanti o Ilaria Capua a fare il ministro della Salute?, gli è stato chiesto. E lui: "Mi faccia un'altra domanda". E se glielo chiedessero, lei lo farebbe il ministro: "Quando ti chiama uno come Mario Draghi non si può mai dire di no". E fu subito panico: Bassetti ha ricevuto una telefonata dal premier incaricato? A rispondere il diretto interessato: "... ma non ho ricevuto nessuna chiamata da Draghi". Insomma, niente Bassetti ministro.
Arcuri strapaga persino i like
Mai più spargere denari a fondo perduto, ha detto Draghi. Se intendeva mai più perdere fondi sprecandoli malamente, Domenico Arcuri si deve preoccupare.
L'ultimo caso è la pagina Facebook dell'app Immuni che riesce nel miracolo di essere meno efficace dell'app stessa, ormai caduta nel dimenticatoio.
Arcuri ha affidato l'appalto per la gestione della pagina Facebook a Zenith Italy, società del gruppo Publicis. Il budget non è trascurabile, sostiene un'inchiesta de L'Espresso: 40.720 euro, non male per una semplice pagina Facebook. Eppure i risultati paiono risibili rispetto ai mezzi in campo: i like raccolti attraverso la promozione della pagina attualmente sono poco meno di 19mila. Bazzecole se raffrontati al fatto che l'app, pur ben lontana dagli obiettivi prefissati, è stata comunque scaricata da oltre dieci milioni di italiani e pubblicizzata anche in tv e sui giornali.
«Il costo di due euro a like - commenta Davide Dal Maso, social media coach - è insensato. La media di mercato è 30 centesimi. Che scendono facilmente anche a 20 centesimi a fronte di un marchio che ormai molti conoscono. In più i contenuti della pagina non sembrano all'altezza». Innanzitutto la frequenza dei post: l'ultimo risale a ieri, quello precedente all'1 febbraio. Mediamente uno ogni dieci giorni. Con una lunga pausa di quasi un mese a Natale.
Per non parlare della curiosa avvertenza che «la pagina e le conversazioni sono presidiate 7 giorni su 7, dalle 9:00 alle 19:00». Un «orario da ufficio» che stona con l'uso di Facebook, che non chiude mai ed è comunque molto usato la sera.
Coronavirus, Italia messa peggio di tutti: Conte lascia a Draghi solo macerie
Ora li ha tutti dalla sua meno Giorgia Meloni, e nessuno aveva avuto una maggioranza così larga in Parlamento come Mario Draghi. Qualche maldipancia arriverà nelle prossime ore, quando sarà nota la lista di chi potrà sedere nel consiglio dei ministri. Ma se anche il boccone dovesse essere amaro, alla fine tutti lo trangugeranno perché ormai si sono spinti troppo avanti nell'abbraccio. Da ora in avanti Draghi potrà solo sbagliare e deludere, perché la ola ottenuta come benvenuto non la troverà più, e la strada sarà tutta in salita. Qualcosa si è ben capito ieri quando la commissione europea ha presentato le sue previsioni economiche invernali 2021: Giuseppe Conte ha lasciato in eredità al successore un paese fatto solo di macerie.
L'Italia sarà secondo gli esperti l'ultimo paese (è in gara con la Spagna) a recuperare il terreno perduto dalla fine del 2019. Ci arriverà solo a fine 2022, a patto però che non ci siano altri inciampi sulla strada, e che quindi sia efficace la campagna vaccinale iniziata solo a singhiozzo e si eviti la terza ondata o addirittura la quarta ondata del virus. L'Italia ha mostrato di sapersi rimboccare le maniche e tentare di risalire la china della botta presa da febbraio dell'anno scorso soltanto durante il periodo estivo, quando le misure di restrizione dei movimenti e delle libertà personali sono state ridotte al lumicino. Senza aiuti, ma senza intralci da parte dell'esecutivo gli italiani riescono a farcela da soli e non avrebbero manco bisogno di essere governati, perché sanno come fare. Ma il governo purtroppo c'era e dall'inizio dell'estate in poi tutto quello che poteva ha sbagliato: dai bonus inutili alla riapertura della scuola, alla protezione della salute con il mancato rafforzamento del sistema sanitario. Ogni passo del governo è stato un flop e l'ultimo trimestre dell'economia italiana è stato il peggiore risultato del vecchio continente. Il virus ha di nuovo colpito tutti, ma in quei tre mesi la caduta dell'economia europea è stata dello 0,5% e nella sola area dell'euro un po' più alta: -0,7%.
"Italia hub europeo dei rimpatri". A Fiumicino arriva il team di Frontex
All'aeroporto di Fiumicino arrivano gli specialisti di Frontex a coadiuvare le forze dell'ordine nell'organizzazione dei charter per riportare gli irregolari nel Paese d'origine. La polizia di frontiera: "Così l'Italia diventerà l'hub europeo dei rimpatri"
L’Italia, crocevia dei flussi migratori e avamposto sul Mediterraneo. È qui che Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera con sede a Varsavia, ha inviato una task force del proprio corpo permanente presso le frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione.
Mentre in Sicilia proseguono gli sbarchi, con decine di migranti che approdano a Lampedusa e la nave Ocean Viking della Ong Sos Mediterranée che ha attraccato ad Augusta con a bordo 422 persone, di cui una cinquantina positive al Covid, una squadra di undici persone è arrivata nel nostro Paese per affiancare il personale di frontiera italiano nei controlli, nella sorveglianza e nelle operazioni di identificazione e rimpatrio degli stranieri irregolari.
Il logo dell’Agenzia è già stampato sugli uffici del Terminal 3 dell’aeroporto di Fiumicino, il più importante hub italiano del trasporto aereo e il primo scalo in Europa da cui partono i voli charter con a bordo i migranti espulsi dai diversi Paesi europei.
M5s, su Rousseau il 59% dice "sì" a Mario Draghi: vincono Grillo e Di Maio, Di Battista lascia?
La farsa della votazione sulla piattaforma Rousseau si è conclusa come ampiamente previsto, ovvero con il via libera dei militanti grillini all’ingresso del Movimento nel governo di “alto profilo” che Mario Draghi si appresta a formare su richiesta del presidente Sergio Mattarella. Su oltre 74mila votanti la percentuale dei “sì” è stata pari al 59,3 per cento: abbastanza per far vincere la linea governista di Beppe Grillo e Luigi Di Maio, ma non del tutto per cancellare i mal di pancia interni, ben rappresentati da Alessandro Di Battista.
Nel dettaglio i “sì” al governo Draghi sono stati 44.177, mentre i “no” 30.360: non c’è stata un’espressione netta come nelle due precedenti votazioni che si erano tenute in questa legislatura. La prima risale al 18 maggio 2018, quando 44.796 militanti hanno votato per dire sì al contratto di governo con la Lega, che ottenne il 94 per cento dei consensi; la seconda invece risale al 3 settembre 2019, quando 79.634 iscritti si espressero sull’alleanza tra Pd e M5s, propedeutica alla nascita del secondo governo presieduto da Giuseppe Conte (in quel caso i sì furono il 79 per cento).
Va sottolineato il fatto che il 59% di "sì" è il secondo risultato più risicato della storia delle votazioni del M5s: segno che stavolta la base militante non era in larga maggioranza schierata dalla parte del garante Grillo. A questo punto non è da escludere una possibile scissione nel Movimento tra governisti e non governisti, con quest'ultimi che strategicamente potrebbero rimanere all'opposizione a presidiare uno spazio elettorale che attualmente è occupato soltanto da Giorgia Meloni, intenzionata con Fdi a raccogliere il malcontento di chi avrebbe preferito votare piuttosto che veder nascere il governo Draghi.
Toscani paga caro per gli insulti a Gasparri: ecco quanto dovrà sborsare. E lui: «Non ritiro una parola»
Oliviero Toscani dovrà risarcire con quindicimila euro Maurizio Gasparri per le espressioni utilizzate durante una trasmissione radiofonica. A deciderlo il giudice Cecilia Pratesi del Tribunale Civile di Roma. I fatti si riferiscono al gennaio 2016 quando Toscani formulò una serie di commenti critici sulle posizioni espresse in una precedente puntata dal senatore Gasparri sulla maternità surrogata.
L’esponente di Forza Italia aveva detto: «Quello che Elton John ha fatto è uno schifo. È una vergogna… con l’utero in affitto si arriva facilmente all’eugenetica e al nazismo… quello che ha fatto è l’egoismo di un ricco arrogante che ha sfruttato la disperazione del prossimo… Elton John è un grande artista, se viene a Sanremo, si limiti a cantare e non faccia il guru dell’utero in affitto».
Genova, per la sinistra il comunismo non si condanna. Uno scandalo equipararlo al fascismo…
Genova ritrova il fascino del comunismo. C’era quello buono, non lo sapete? Guai a equipararlo al fascismo. L’Anpi e il Pd, scusandosi per non aver compreso il ‘pericolo’, sono insorti di fronte all’iniziativa di Forza Italia. L’ordine del giorno votato dal centrodestra in consiglio comunale di integrare l’istituzione di un’anagrafe antifascista. Serve un’anagrafe anche “anticomunista”. Contro tutte le ideologie antidemocratiche ed eversive e “a difesa dei valori della Costituzione”.
Genova, polemica sull’anagrafe antifascista e anticomunista
Non si può fare. Uno tsunami di critiche e una lunga scia di polemiche ha accolto l’innocua proposta. L’errore starebbe nella ‘mescolanza’ che – parola dei nostalgici del comunismo – “non tiene conto delle differenze ideologiche. E dell’esperienza storica italiana”. La mozione azzurra sarebbe un’offesa. L‘Associazione partigiani di Genova la ritiene uno scandalo aver equiparato fascismo, nazismo e comunismo. Capito? La guerra civile non è ancora esaurita. Dopo oltre 70 anni dalla seconda guerra mondiale la pacificazione nazionale è lontanissima.
Vaccino, Luca Zaia pronto ad acquistarlo senza passare dall'Ue: "Nessuna legge lo vieta"
Luca Zaia pronto a fare da sè. “Le ragioni sono autorizzate a comprare farmaci anche da Paesi stranieri. Non c'è nessuna legge che vieti l'acquisto. Ovviamente dev’essere un acquisto autorizzato”. Così il Presidente della Regione Veneto al tradizionale punto stampa in diretta su Facebook, parlando del possibile acquisto autonomo di vaccini da parte del Veneto. Il governatore ha deciso di prendere l'iniziativa dopo i flop dell'Unione europea: “Tutta la partita passa attraverso Ministero della Sanità, immagino. Però, prima di fare una richiesta e bene avere - come si può dire - qualcosa di solido in mano. Come vi ho sempre detto, di proposte ne arrivano tante. Scartate quelle che sono poco sostenibili o parlano di vaccini che non sono autorizzati, ne sono rimaste un paio che il dottor Flor sta scandagliando in maniera più profonda. Confermo che abbiamo chiesto per iscritto che ci venga formulata una proposta scritta, quindi una base contrattuale”.
Non sono infatti mancati ritardi, così come riduzioni nelle dosi. Un errore di valutazione per il quale Ursula von der Leyen è addirittura arrivata a chiedere scusa. È un dato di fatto che non siamo dove vorremmo essere oggi nella lotta contro il virus. Siamo arrivati in ritardo con le autorizzazioni. Eravamo troppo ottimisti riguardo alla produzione di massa. E forse eravamo troppo sicuri che quello che abbiamo ordinato sarebbe stato effettivamente consegnato in tempo".
I militanti 5s contro Grillo e compagni: «Avete rotto i cogl***». Valanga di sfottò sui social
«Commedianti», «siete ridicoli». «Avete rotto i cogl***», «la vostra sceneggiata è indigesta». Uno smacco per Di Maio, Grillo e compagni pentastellati. La rivolta dei militanti li smaschera, li umilia, li ridicolizza. Gli uomini del vaffa si beccano il vaffa dai loro elettori, «siete solo poltronari». Se ne sono accorti anche gli ultimi “resistenti” che ancora votavano per i Cinquestelle. Gli “eroi” della “rivoluzione gialla” si sono incollati alle poltrone e non le vogliono perdere. Del resto, politicamente hanno già perso la faccia da parecchio tempo, quindi non gli resta che aggrapparsi a qualche ministero e a qualche posto da sottosegretario.
Grillo, Draghi e il veleno sul Cav
«Volete sostenere il banchiere Mario Draghi», scrivono sui social. E chiaramente, come fa il Fatto, per alzare i toni rispunta il veleno contro Berlusconi, con il ritorno ai termini di Caimano e Psiconano. Il lupo perde il pelo ma non il vizio, dai vertici pentastellati ai militanti.
Giorgia Meloni: «L’Italia è ostaggio di Pd e M5S che non vincerebbero le elezioni. È inaccettabile»
«Penso che se si andasse a votare noi avremmo la maggioranza. Invece si continua tenere il governo ostaggio di una maggioranza che sarà comunque nelle mani del Pd e del M5s. Che, a occhio, non vincerebbero le elezioni. Io spero che comunque Mario Draghi con la sua autorevolezza riesca a imporsi, ma siamo in una Repubblica parlamentare e in Parlamento decideranno Pd, M5s, Leu e Iv». Lo ha detto Giorgia Meloni, ospite a Radio anch’io su Radio Raiuno.
Meloni:«Non si può fare e disfare»
«Io credo che serva un governo autorevole», ha affermato la leader di FdI. «Ma che abbia anche una maggioranza compatta e non debba cercare ogni volta compromessi. La nostra è una democrazia parlamentare. Questa però non vuol dire che si possono fare e disfare governi, mettendo a capo di questi governi persone sulle quali gli italiani non hanno mai avuto la possibilità di misurarsi».
«L’Italia deve avere una visione chiara»
«Prima si diceva che, finché ci fosse stata una maggioranza, non si potevano sciogliere la Camere. Intanto farebbe piacere che qualcuno mi indicasse l’articolo della Costituzione che lo prevede. Poi», ha aggiunto la Meloni, «quando la maggioranza non c’è più stata ci hanno chiesto di sostenere Draghi. Ma questa è un’altra cosa. Ripeto: l’Italia ha bisogno di un governo autorevole ma ha anche bisogno di una visione chiara». Cioè, «di non dover sempre ricercare compromessi tra partiti che non hanno nulla da condividere».
Foibe, il delirio di Gobetti su Norma Cossetto: «Uccisa perché fascista, non perché italiana»
«Uccisa perché fascista» e non perché «italiana». Parliamo dell’istriana Norma Cossetto, sulla quale «si fa propaganda». È solo una delle tante “perle” in bella mostra in “E allora le foibe?“, libro dello storico titoista Eric Gobetti, incredibilmente edito da Laterza. La segnaliamo ai tanti che a sinistra si trastullano a scovare sui social foto di pensionati in orbace o di giovanissimi con il braccio teso. Imbecilli e immaturi dai quali traggono conferme per le loro ossessioni e, quel che più conta, preziose polizze per le proprie rendite di posizione. Definiscono se stessi “nuovi partigiani” e in questa ridicola veste vanno a caccia del fascismo eterno, rinvenendolo appunto nei saluti romani e nell’etichetta del vino (nero) pro-Duce. Capirai.
Da Gobetti falsità e tesi posticce
Il delirio del tovarich Gobetti, invece, non li turba. Né li indigna. È libero di scrivere che la giovane Cossetto, prima violentata e poi uccisa dai partigiani comunisti nell’ottobre del 1943, in fondo se l’era cercata. Era una «fascista convinta», sentenzia il titoista. Già, mica un’italiana. Neanche si rende conto, Gobetti, del precipizio logico nel quale si lancia con sommo sprezzo del ridicolo. Se il fascismo non lasciava libertà, fascisti in Italia (e quindi in Istria) lo erano tutti, volenti e nolenti. E non si capisce come avrebbe potuto non esserlo Norma Cossetto. È evidente che la distinzione dello storico non regge. È posticcia.
Il mare dentro di Stefania Sandrelli
Nascere sul mare e, dovunque andrai, porterai sempre con te un impercettibile grumo di sale sulla punta delle labbra. Il 5 giugno 1946 Otello Sandrelli ruota con foga i numeri del telefono fisso. Sta trasalendo per l’eccitazione. Chiama parenti, amici, conoscenti. Chiama praticamente tutti, dall’ospedale, ripetendo la solita strofa: “Sì, è appena nata! L’abbiamo chiamata Stefania! Che domande, certo che siamo felici!”. Percorrendo quel lungo corridoio di un bianco granulare dribblando medici, infermiere e lettighe, girando a sinistra proprio in fondo, si arriva alla stanza dove si riposa, esausta, mamma Florida. Otello torna in camera sudato, lo sguardo trasecolato. “Sì, stai tranquilla – rassicura la moglie – ho avvertito tutti”. Non è la prima volta – sette anni prima il palcoscenico se l’era preso il fratello Sergio – ma l’emozione è già un diretto che fa spallucce di fronte alle fermate apposte invano dal raziocinio, spettinando i pensieri. La coppia di genitori fissa la piccola con una gioia che circonda il cuore. Otello ancora non lo sa, ma potrà godersela soltanto per otto velocissimi anni: perito agrario e padre amorevole, morirà prematuramente nel 1954.
La vita sa essere un posto polveroso quando appartieni al ceto medio viareggino, tuo padre se n’è andato troppo presto e mamma deve trovare il modo di comprimere il dolore inumidendo ogni giorno il fazzoletto, che c’è pur sempre un lavoro da fare per tirare avanti. Lo sciabordio delle onde che si infrangono sui patini accompagna le tue estati. La sabbia si infila sotto pelle e sfila tra le dita, mentre te ne stai per giornate intere a contemplare l’orizzonte che sfuma in dissolvenza. Malgrado tutto, ami la tua città. Però ti senti come sobbollire. C’è qualcosa che preme da dentro e promette di uscire senza chiedere il permesso. C’è che sei destinata a diventare Stefania Sandrelli, una delle più grandi attrici italiane di ogni epoca. A quindici anni possiedi già due armi invidiabili: una bellezza letale e quel modo di fare ingenuo che contribuisce ad amplificare il tuo fascino. Di lì a poco partecipi ad una sfilata: è il momento che decide una vita. Quante altre persone possono dire di essere entrate dalle grandi porte scorrevoli del Cinema italiano a quell’età? Quante sono riuscite a rimanere aggrappate in scia a quel bolide che fabbrica sogni, ma non si cura di tritare esistenze usandole e accartocciandole lungo la via? “Gioventù di notte”, di Mario Sequi, è il primo gradino di una scalinata luminosa che, adesso, ti porta a salutare Viareggio per coltivare i tuoi sogni.
Caos M5s, 13 parlamentari firmano contro il voto su Rousseau. E Di Maio fa finta di niente
“Ora facciamo tutti finta di essere contenti. Fingiamo di essere felici e soddisfatti”. Lo scrive Barbara Lezzi dei 5 Stelle su Fb. E l’esordio del suo post fotografa la situazione all’interno del M5s. Ma il dissenso esplode: 13 parlamentari hanno firmato contro il voto su Rousseau, definendo il quesito tendenzioso. Mentre Luigi Di Maio, che spera di venire confermato ministro, ha annunciato che voterà “convintamente sì”.
“Su Rousseau un voto al buio”
“La motivazione addotta per il rinvio del voto su Rousseau era l’asserita esigenza di attendere lo scioglimento della riserva sulla composizione della coalizione che sosterrà il Governo Draghi nonché l’imprescindibile necessità di valutare il programma di tale governo. Oggi quel voto è stato indetto senza che nulla di certo si sappia né sull’accozzaglia di partiti che voteranno la fiducia, né su ciò che tale eterogenea maggioranza intende realizzare”. Il deputato M5S Pino Cabras ha pubblicato ieri sera su Facebook un post dal titolo ‘un voto al buio’ di critica alla consultazione prevista domani sulla piattaforma Rousseau, sulla partecipazione del M5S al governo Draghi. Oltre a Cabras, firmano altro dodici parlamentari pentastellati: Crucioli, Granato, Colletti, Lannutti, Angrisani, Abate, Maniero, Volpi, Giuliodori, Costanzo, Corrado, Vallascas. I tredici ritengono “che la votazione indetta” su Rousseau “sia tendenziosa e palesemente volta a inibire il voto contrario alla partecipazione del m5s al Governo Draghi”.
Renzi svela il biglietto segreto al Senato: ecco perché ha fatto cadere Conte
A Matteo Renzi adesso arrivano i bigliettini anonimi. Direttamente sulla propria scrivania del suo ufficio in Senato. E' lo stesso leader di Italia Viva a pubblicare il foglietto che un misterioso sostenitore gli ha recapitato. Il testo sarebbe di Confucio, come si firma lo stesso autore. Ecco la massima: "Quando fai qualcosa sappi che avrai contro quelli che volevano fare la stessa cosa, quelli che volevano fare il contrario e la stragrande maggioranza di quelli che non volevano fare niente".
Renzi ci scherza su: "In ufficio al Senato un anonimo mi ha lasciato questo biglietto. Non so se è di Confucio. Ma in ogni caso mi piace". Questi sono i giorni della rivincita per il senatore fiorentino, che con una strategia "machiavellica", come ha ammesso lui stesso nei giorni scorsi, è riuscito a mandare a casa il governo di Giuseppe Conte e a sostituirlo con Mario Draghi, l'ex presidente della Bce al quale tutti i partiti hanno dato il loro appoggio tranne che Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni.
Parla Egea Haffner: "Non voglio essere strumentalizzata, rifiuto il riconoscimento"
A Bassano la sinistra se ne va per non votare la cittadinanza a una sopravvissuta alle foibe
Oggi ha 78 anni, e vive a Rovereto col marito ingegnere. Ma la storia di Egea Haffner è una come quella di altri 350mila italiani che Tito e gli esiti della Seconda Guerra mondiale trasformarono in esuli, in profughi dalle terre giuliane, istriane e dalmate. E così la piccola Egea fu costretta a lasciare la sua terra natia a 5 anni, a causa di una triste vicenda in cui era stato coinvolto il padre di cui non s'è saputo più nulla. Signora Haffner, come ha accolto la notizia della cittadinanza onoraria di Bassano del Grappa? «Certamente sono onorata di questa iniziativa, ma nessuno mi ha prima avvisato e ho saputo il tutto qualche ora fa. Tuttavia, non ho alcuna intenzione di accettarla. Io ho già ricevuto dall'allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, la "medaglia commemorativa del Sacrificio offerto alla Patria" conferita a mio padre, Kurt Haffner, e mi basta. Adesso non voglio essere strumentalizzata dalla politica». Come si spiega questo rinato interesse nei suoi confronti? «Non si può non vedere in tutto ciò una certa strumentalizzazione politica. D'altronde, vedere consigli comunali che si scontrano su relative mozioni, prima presentate, poi ritirate, non può che avvalorare la tesi. Da quanto mi risulta, inopinatamente, in questi giorni diverse amministrazioni comunali hanno dato vita a simili iniziative nei miei confronti. Una serie di mozioni a cui è stato abbinato il mio nome a quello della senatrice Segre, per un riconoscimento di cittadinanza onoraria. Se qualcuno l'ha fatto ha sbagliato e quando ne verrò a conoscenza, scriverò un "no grazie"». Essere «associata» alla senatrice Segre…? «Sono due storie diverse che devono essere ricordate separatamente se si vuole in qualche modo conciliarle. Nel momento invece in cui vengono contrapposte le persone che ne sono il simbolo - e in questo caso io, mio malgrado, per quella celeberrima mia foto da piccola con la valigia in mano in partenza da Pola - per una lotta politica, si genera confusione e si rischia di essere irrispettosi nei confronti degli stessi protagonisti». Cosa dice ai giovani? «È un dovere informare le nuove generazioni di quello che è il passato. Io ho portato diverse testimonianze nelle scuole, fino a pochi anni fa nessuno ne parlava. Una delle prime grandi iniziative è stata quella del direttore del Museo Storico della Guerra di Rovereto, che grazie alla sua sensibilità nel 1997 organizzò la mostra "Istria: i volti dell'esodo". Per la sua realizzazione, furono raccolti cimeli e foto di quelle tragiche giornate. E a simboleggiare l'evento quella foto di una bimba dai capelli a boccoli, l'Esule giuliana 30001 e che sono io».
Giorgia Meloni, deciso il candidato sindaco del centrodestra per Roma: "È un suo uomo", cosa chiede in cambio la Lega
Il centrodestra avrebbe trovato un nome su cui convergere per la corsa al Campidoglio. Si tratta di Andrea Abodi, presidente dell’Istituto del credito sportivo, che starebbe però valutando se accettare la candidatura: l’indiscrezione arriva dal Corriere della Sera, secondo cui dopo mesi di totonomi il cerchio si è stretto attorno al nome dell’ex presidente della Lega nazionale professionisti di Serie B. A fare il suo nome sarebbe stato Fratelli d’Italia, che in cambio avrebbe dato il suo assenso alla candidatura del deputato leghista Claudio Durigon a presidente della Regione Lazio.
Insomma, si può parlare di una sorta di scambio all’interno della coalizione, che dimostra subito di sapersi mettere attorno a un tavolo e di trovare un accordo nonostante le posizioni profondamente diverse sul governo di Mario Draghi, che sta per nascere con il supporto di Matteo Salvini ma senza quello di Giorgia Meloni, intenzionata a rimanere all’opposizione. Secondo il Corsera la Lega avrebbe riconosciuto a Fdi il diritto di prelazione sulla Capitale, preferendo puntare alla corsa ai vertici della Regione.
Più defilato, invece, il partito di Silvio Berlusconi che, essendo in forte calo di consensi, non ha grande voce in capitolo per quanto concerne la scelta di un candidato a sindaco di Roma. Pare che Abodi si sia preso una settimana per sciogliere le riserve, che sono legate soprattutto alla sfera personale più che politica: da presidente dell’Istituto per il credito sportivo è impegnato in progetti di lunga durata, ma soprattutto il 61enne romano teme possibili ripercussioni sulla moglie, Maria Grazia Russo, che è a capo della direzione Amministrazione finanza e controllo di Atac, la municipalizzata del Comune di Roma.
Salvini e Berlusconi, la strategia per il governo: sostegno a Draghi senza veti
Un incontro per confermare la volontà di dare un contributo senza porre veti al premier incaricato. In un "lungo e cordiale colloquio" avvenuto a Villa Grande la nuova residenza romana del presidente di Forza Italia, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi hanno parlato del nascente governo a guida Mario Draghi.
"I due leader si sono confrontati sulla situazione politica e sui contenuti delle proposte che sono state presentate al Presidente del Consiglio incaricato Professor Mario Draghi. Salvini e Berlusconi hanno ribadito la ferma volontà di dare un contributo, con senso di responsabilità e senza porre alcun veto, per risollevare il Paese da una gravissima crisi sanitaria, economica e sociale", si legge in una nota.
Draghi con le forze politiche incontrate ieri nel secondo giro di consultazioni ha parlato della necessità di ridurre le tasse sul lavoro, di implementare la battaglia contro l’evasione fiscale e confermato che sul processo d’integrazione nell’Unione europea non si torna indietro. Ha spinto per una riforma del fisco progressiva e chiuso la porta alla flat tax. "Se Draghi andrà a Palazzo Chigi si troverà un enorme stanzone con 50 milioni di cartelle esattoriali: la nostra proposta è ripetere la pace fiscale", ha argomentato Salvini che però non pone paletti e ha riscontrato una totale sintonia con l’ex numero uno della Bce.
Berlusconi ha espresso sostegno al governo. "Noi faremo la nostra parte con lealtà e spirito costruttivo: la gravità dell’ora impone a tutti di mettere da parte i calcoli, le tattiche, gli stessi interessi elettorali per mettere al primo posto la salvezza del Paese. Se questo avverrà, sono certo che l’Italia riuscirà ancora una volta a risollevarsi e ad andare avanti". Il Cav però ha sottolineato che non si tratta di un’operazione politica, ma "una risposta a una grave emergenza che durerà per il tempo necessario". Infatti, la "sollecitazione" è quella di "adottare scelte di grande profilo, decidendo in piena autonomia".
Salvini: mi fido di Draghi. Insieme cambieremo l'Italia
Beppe Grillo si sia una calmata, il suo “no” è all’appello del Capo dello Stato e non certo alla Lega. Lo dice netto, e con grande serenità, Matteo Salvini in questa intervista a Il Tempo.
Ma quel che è importante, afferma il leader del centrodestra, è il diritto degli italiani a tornare a vivere, non le formule politichesi. E nemmeno le etichette, come il gioco a chi è più europeista. “I temi identitari torneranno quando vinceremo le elezioni e governeremo col centrodestra”.
Salvini ha chiari gli obiettivi del governo di Mario Draghi, di cui ha fiducia: ora si tratta di salvare l’Italia dalla crisi legata alla pandemia e della ricostruzione. E basta tasse.
Gli alleati di governo sembrano avervi messi nel mirino anziché rispondere a Mattarella: Salvini nell’esecutivo non lo vogliono?
“Ho trovato incredibile il veto di Grillo contro la Lega: noi siamo il primo partito italiano e abbiamo risposto all’appello del capo dello Stato con senso di responsabilità e senza porre veti. È scandaloso che lo facciano altri. A Grillo, che si preoccupa di ambiente e non vuole la Lega, ricordo che la tutela del territorio deve andare di pari passo con la crescita economica. Le regioni dove governa la Lega hanno i migliori risultati per raccolta differenziata e siti bonificati”.
Quindi Grillo sta giocando contro il governo? O chi per lui?
“Guardi, noi ci stiamo occupando di altro, a partire dalla nostra proposta di Pace Fiscale e di taglio delle tasse. Non ho molto tempo di pensare a Grillo, voglio pensare che la sua sia stata una battuta infelice. Dire No alla Lega, in questo momento, significa dire No al Capo dello Stato”.
ILCORTO.EU
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